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Valutazioni strategiche – Il primo capitolo de L’arte della guerra

By vlasta2, bluefootedbooby on flickr.com – https://www.flickr.com/photos/bluefootedbooby/370458424/, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1616406

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Il primo capitolo de L’arte della guerra parla delle valutazioni strategiche e dei sistemi di valutazione del generale. Esso è rivolto al sovrano, colui che ha in mano le decisioni di uno Stato.

Un sovrano virtuoso sa far assumere il Tao (la Via) alle sue truppe, vale a dire che egli sa trasmettere il proprio scopo a tutti coloro che devono partecipare alla sua realizzazione, così che un pugno di uomini possa agire come un sol uomo: “Il Tao è ciò che induce il popolo a condividere lo stesso obbiettivo del governante al punto di non darsi pena di vita o morte per non deluderlo”.[1] Sun Tzu assume la sussistenza di un principio unificante e agente in modo che non si dia una dissipazione di energia nel contenere le singole spinte individuali o di sottogruppi, spinte che costituirebbero delle forze non perfettamente indirizzate verso un unico obbiettivo. Se questa condizione è violata, allora il generale avrebbe a che fare con dei problemi di sedizione interna, così che ciascuna componente dell’esercito costituirebbe un elemento ostile a se stesso, in quanto parte di un insieme, imponendo, così immediate difficoltà pratiche nella realizzazione delle operazioni militari: “Se impieghi un generale che segue le mie valutazioni, egli sarà sicuramente vittorioso. Fallo dunque rimanere. Se impieghi un generale che non segue le mie valutazioni egli sarà sicuramente sconfitto. Allontanalo”.[2] Il generale, dunque, deve essere valutato in base alle sue capacità relative a quanto detto.

I principi esposti da Sun Tzu sono sia descrittivi che prescrittivi e normativi per il generale: essi pongono le basi di analisi dell’arte della guerra (e dell’arte del conflitto in generale), essi forniscono una definizione della bontà e negatività delle azioni intraprese e forniscono dei precetti da tener presente nell’organizzazione, pianificazione e esecuzione delle azioni militari. Tali principi rimangono fissati su un piano generale e, per tanto, non intendono fornire una teoria esaustiva, così come l’intendiamo noi occidentali, vale a dire una serie ordinata di assiomi da cui dedurre tutti i possibili teoremi: “Gli stratagemmi non possono essere tramandati in anticipo”.[3] Data la natura della concezione ontologica di fondo di Sun Tzu, questo è decisamente impossibile e, di fatto, estranea alla stessa visione corrispettiva della didattica del Maestro. In questa dimensione, i precetti di Sun Tzu non intendono fornire i dettagli delle operazioni, ma intendono dare un quadro parziale da cui riuscire a comprendere l’atteggiamento globale con il quale indirizzarsi verso il raggiungimento dello scopo finale: la vittoria mediante la conquista del nemico intatto. Questo è il motivo per cui Sun Tzu si limita a dire che le condizioni del Cielo e della Terra determinano ogni singola circostanza, di modo che tutte le singole condizioni reali non possono descriversi a priori, ma solo per grandi categorie, cosa che Sun Tzu fa in altro luogo (Capitolo 4, Capitolo 8, Capitolo 10).

In questo primo capitolo introduttivo, per così dire, vengono esposti i principi su cui si deve scegliere il proprio comandante e su come questi debba essere giudicato. Il comandante deve conoscere i principi della realtà tali per cui egli può essere giudicato epistemicamente virtuoso. I principi della realtà sono cinque e, qui, ci limitiamo a riportarli senza darne un’analisi, cosa che facciamo in altro luogo. Con le parole di Sun Tzu: “Il primo fattore è il Tao, il secondo è il cielo, il terzo è la terra, il quarto è il generale, il quinto è il metodo”.[4] La capacità di adattamento e inquadramento delle singole situazioni risulta una delle principali virtù del generale: “Riguardo a questi cinque fattori, nessun generale non ne ha mai sentito parlare. Colui che li conosce bene sarà vittorioso. Colui che non li conosce sarà sconfitto”.[5]

Sun Tzu indica esplicitamente e implicitamente che l’unica strada per il dominio dell’arte del conflitto e dell’arte della guerra è la conoscenza, conoscenza intesa in triplice senso: dominio su di sé, dominio sull’avversario e dominio sulle circostanze (si veda l’analisi del Capitolo 3). Per esercitare un positivo dominio su se medesimi è necessario essere molto consapevoli di sé, dei propri limiti (svantaggi) e difetti (imperfezioni), delle proprie virtù (vantaggi) e capacità (perfezioni); per esercitare un positivo dominio sull’avversario è necessario conoscerne limiti e difetti e virtù, solo a questa condizione è possibile trarre vantaggio dai suoi errori che, secondo Sun Tzu, è l’unica fondamentale base per vincere ogni conflitto (essere imbattibili noi e colpire sul difetto o svantaggio dell’avversario); in fine, per avere pieno dominio di sé e dell’avversario è necessario avere la giusta visione della realtà, non solo delle sue basi immutabili (i cinque fattori), ma, soprattutto, delle loro forme contingenti che si configurano di volta in volta nel tempo e nello spazio.

La conoscenza è acquisibile mediante un preciso metodo (Capitolo 4) ma, in questo capitolo, si tratta più di mostrare quale atteggiamento bisogna avere nei confronti della conoscenza stessa, vale a dire, quale attitudine sia la più idonea per pervenire alla conoscenza delle basi del dominio di sé, del nemico e delle circostanze:

E così, valutando per mezzo delle comparazioni,

Si determina la vera natura della situazione.

Chiedi –

Quale governante segue il Tao?

Quale generale è più abile?

Chi ha a suo favore cielo e terra?

Chi osserva più rigorosamente il metodo e gli ordini?

Quale esercito è più forte?

Quali sono gli ufficiali e i soldati meglio addestrati?

Da che parte i premi e le punizioni sono più equi?

tramite queste comparazioni si possono prevedere la vittoria e la sconfitta.[6]

Questa linea di “conoscenza per comparazioni” è fondamentale e bisogna cercare di comprenderla in tutta la sua portata sin da subito. Ad esempio, riportando la questione nel piano più ristretto degli scacchi, un abile giocatore valuterà e deciderà in base alla comparazione delle alternative, secondo la loro singola valutazione. Così che bisogna scegliere solo le mosse in grado di garantirci il massimo vantaggio. In questa dimensione, Sun Tzu sta ancora rivolgendosi al sovrano, ma, come sempre, le sue istruzioni sono generalizzabili.

Nella strada della vittoria è la conoscenza delle alternative a costituire la chiave. Così che è necessario notare il principio sovrano della conoscenza di Sun Tzu: “E così, valutando per mezzo delle comparazioni, si determina la vera natura della situazione”.[7] Così, nella realtà per giungere alla strada del massimo vantaggio, che è l’unica ragione per cui valga la pena di combattere (secondo Sun Tzu, ma pure secondo una visione razionale della natura dei conflitti), bisogna necessariamente concentrarsi nell’analisi delle alternative mediante comparazioni, per valutare le singole possibilità in base alle quali prendere una decisione. Così che il processo consiste nel computare le possibilità, qualificale, ordinarle per massimizzazione dell’utile, scartare le perdenti e eseguire il compito.

L’arte della guerra è l’arte dell’inganno, che consiste nel saper dissimulare le proprie intenzioni e saper simularne di false: induci l’aspettativa che frustrerai, sappi mantenere segreto ciò che pensi; massimizza le informazioni in tuo possesso e minimizza quelle del tuo avversario, rendendolo incapace di credere a quello che vede, cosicché finirà per diffidare anche di ciò che sa. Questa è la massima virtù nell’arte della guerra. Questa condizione è esplicitamente reiterata in molti passi de L’arte della guerra, e in questo capitolo viene enunciata così:

Le operazioni militari seguono un Tao di strattagemmi –

Così, quando sei capace, fingi di essere incapace.

Quando sei attivo, fingi di essere inattivo.

Quando sei vicino, fingi di essere lontano.

Quando sei lontano, fingi di essere vicino.

Così, quando il nemico cerca il vantaggio, getta l’esca per ingannarlo.[8]

In altre parole, è necessario cercare di rendere il nemico incapace di leggere le nostre intenzioni: renditi impossibile da conoscere! Quando prima si diceva, infatti, che per avere il dominio dell’avversario bisogna conoscerlo, ciò, negativamente, implica che noi dobbiamo renderci ‘inconoscibili’ (Sun Tzu usa l’espressione “invisibile”). Per fare questo, bisogna rendere illeggibile la nostra mente e le nostre intenzioni in modo tale che l’avversario non possa nutrire alcuna aspettativa. Definiamo con “aspettativa” quella credenza sulle azioni dell’avversario sulla quale, pur non sapendo se essa sia vera o falsa, saremmo disposti a scommettere. Ad esempio, in una partita a scacchi giocata contro un giocatore che ha una sola variante nel sistema di apertura per il nero, pur non disponendo della certezza assoluta, siamo disposti a scommettere che giocherà come nel passato. Questa prevedibilità è l’essenza della debolezza in relazione alle intenzioni ed è esattamente ciò che noi dobbiamo evitare, se vogliamo essere in vantaggio nei confronti del nostro avversario. Scompigliargli le sue aspettative non significa averlo battuto, significa averlo confuso, il che implica un evidente condizione di vantaggio nei suoi confronti. Un nemico confuso lascia intravedere debolezze, il nostro obiettivo, il punto dove andrà colpito con tutta la nostra forza, nel momento di massimo Shih (vedremo di cosa si tratti, Capitolo 5).

Come specificato più sopra, i principi di Sun Tzu possono essere analizzati su un piano molto più vasto che non la semplice dimensione dell’arte della guerra. Essi sono la base per comprendere quali atteggiamenti gli individui debbano avere nella dimensione più generale del conflitto. Dopo la seconda guerra mondiale e dopo l’introduzione della società di massa nelle sue varie declinazioni, con il conseguente individualismo, la guerra è stata introiettata all’interno di quella che è la sfera quotidiana del vivere. Non si può fare a meno di questa considerazione per comprendere la realtà che ci circonda. Lungi dall’aver realizzato le condizioni per poter vivere serenamente, le dimensioni conflittuali individuali sono andate a far parte dello stesso bagaglio dell’individuo contemporaneo. Non perché nelle precedenti ere storiche questa realtà non fosse già un dato di fatto, ma la proprietà peculiare della nostra epoca è quella di aver fatto rientrare i costi del benessere (vero o presunto) sulle spalle delle coscienze individuali le quali devono aver a che fare con nuove e più sofisticate forme di soprafazione. Non solo, ma indicheremo anche una seconda ragione: piuttosto che aver posto le basi per superare quelle che erano le principali motivazioni per una vita inappagante, giocata sulla realizzazione della sussistenza di base per l’esistenza, oggi siamo ancor meno giustificati di ieri per tutta questa competizione intestina, amorale e logorante, condita di cinismo e rabbia. Per questo la dinamica e la statica dell’arte della guerra va considerata nel quadro più ampio della dinamica e della statica dell’arte del conflitto ed è in questa luce che gli insegnamenti di Sun Tzu rivelano tutta la loro terribile importanza.

Procedendo per particolarizzazione, possiamo dire che è un sovrano virtuoso di se stesso quell’individuo che sa adottare un unico principio unificante della volontà (Tao individuale) sulla base del quale prendere decisioni razionali (generale) per agire come se fosse un unica mente in un unico corpo (esercito). La violazione del principio comporta una volontà vacillante, continuamente distolta dai suoi obbiettivi e continuamente rivolta a quelle che sono le sue voglie del momento. Una volta assunto un principio unificante della volontà, l’individuo deve saper conoscere gli altri quattro principi fondamentali della realtà, solo nella sua peculiare prospettiva individuale: il suo cielo, la sua terra, il suo generale e il suo metodo. Per un giocatore di scacchi, ad esempio, non solo è necessario focalizzare che la vittoria è il suo unico scopo, ma pure che la sua terra è la scacchiera, il suo cielo è il tempo necessario all’organizzazione dei suoi pezzi, il suo generale deve essere la pianificazione strategica della partita, unita alla capacità di realizzare tatticamente i suoi progetti e, in fine, avere un metodo di lavoro (come saper determinare il momento in cui giocare il mediogioco e quando, invece, comprendere che il mediogioco è finito e bisogna pensare come se si fosse nel finale).

Così che l’individuo deve conoscere la sua realtà, nel suo complesso statico e dinamico per poter leggere la contingenza. In questa dimensione, la capacità di comprendere quali sono i propri “avversari” e poterne leggere in anticipo le intenzioni senza far trapelare le proprie è l’arte del saper vivere con il nemico. Questo è quanto siamo riusciti a intuire da questo primo denso capitolo.


[1] Sun Tzu, L’arte della guerra, Mondadori, Milano, 2003, p. 5.

[2] Ivi., Cit., p 6.

[3] Riduzione nostra della massima contenuta nel passo “Questi sono gli stratagemmi militari vittoriosi dei nostri avi. Non possono essere tramandati in anticipo”. Ivi., Cit., p. 7.

[4] Ivi., Cit., p. 5.

[5] Ivi., Cit., p. 6.

[6] Ivi., Cit., p. 6.

[7] Ivi., Cit., p. 6.

[8] Ivi., Cit., p. 7.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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