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Stalin e il cinema: pratiche e memorie dello stalinismo nella cinematografia sovietica e post sovietica, attraverso l’analisi dei film La caduta di Berlino (1949) e Quando volano le cicogne (1957).

Per poter affrontare una sincera analisi di questi due film targati URSS, è prima doveroso e necessario fare una scheda accurata di entrambi per poi trovarne somiglianze e divergenze critiche, accennando ai due registi che hanno firmato queste importanti pellicole cinematografiche che ci tramandano quale fosse la visione, distorta dalla propaganda dittatoriale nel primo film, oppure contorta e rivisitata dalla visione chrusceviana nel secondo film, dello stalinismo stretto e delle vicende che caratterizzarono la seconda guerra mondiale, con le sue atroci sofferenze, vissute specialmente dalle donne, come avremo modo di analizzare nelle schede dei due film.

MICHAIL ČIAURELI

Il regista de “La caduta di Berlino” film uscito nella sale nel 1949 fu Michail Čiaureli (1894-1974). Egli come Stalin era un russo di origini georgiane e forse per questo il suo film è denso di propaganda e grandi temi celebrativi verso il dittatore. Dopo aver partecipato in gioventù al momento di fervore creativo che accompagnò la nascita del cinema georgiano, dalla fine degli anni Trenta divenne il cantore ufficiale di Stalin e uno dei maggiori rappresentanti del realismo socialista. Dal 1950 al 1960 insegnò al VGIK di Mosca e alla scuola di recitazione degli studi cinematografici di Tbilisi. Fu autore di diverse pellicole fra cui molte di queste improntate nello svelare al pubblico la realtà storica della Georgia che è facile immaginare in che stato di miseria potesse vivere negli anni trenta: Pervyj kornet Strešnev (Primo sottotenente Strešnev,1928) e Saba (1929), Poslednij maskarad (L’ultima mascherata, 1934) e Arsen (1937). La sua definitiva consacrazione avvenne con le tre pellicole che costituivano una “trilogia staliniana”: Kljatva (Il giuramento, 1946), Padenie Berlina (La caduta di Berlino, 1949) e Nezabyvaemyj 1919 g. (L’indimenticabile anno 1919, 1951 ma uscito nel maggio 1952). Realizzò anche un ultimo film Otarova vdova (1956), ma dopo la morte di Stalin, con la conseguente caduta dei suoi più alti idelai politici, il regista era prossimo al declino e da quell’anno perse la fama e la notorietà che lo avevano caratterizzato dall’inizio della sua carriera, facendolo cadere in disgrazia

IL FILM: LA CADUTA DI BERLINO

Il film è basato sull’intreccio di due filoni narrativi: nella prima parte si contraddistingue l’impegno patriottico del fonditore Aleksej Ivanov, che dopo la cattura da parte dei nazisti della fidanzata Natasa, si arruolerà volontario nell’esercito staliniano, combattendo eroicamente a Stalingrado e contribuendo alla riscossa sovietica sino ad arrivare nella capitale del Fuhrer. Nella seconda parte invece sotto la guida strategica di Stalin, l’Armata rossa avanza verso la Germania, sferrando l’attacco definitivo a Berlino, mentre Hitler cercava ancora risorse negli alleati, invano, visto l’esito della battaglia, che porterà a far sventolare sul Reichstag la bandiera rossa. Il film si conclude col dolce e romantico ritrovamento dei due innamorati Ivanov e Natasa.

Il film potrebbe risultare mediocre e alle volte “allappante”, ma agli occhi dello storico risulta di certo interessante come viaggio dentro il regime staliniano, la sua iconografia, i suoi stereotipi, i suoi miti, i suoi valori e la sua agiografia: infatti, il regista Ciaureli non trascura affatto, ma affida al dettaglio, ogni piccolo simbolismo che potesse raffigurare il “grande Stalin”. Questo film insieme al Giuramento (1946) è stato quello che più a contribuito nel costruire il mito di Stalin politico e stratega incivile, attraverso l’esaltazione senza sfumature del patriottismo sovietico e dell’unità e della compattezza dell’esercito staliniano. Ciaureli per valorizzare tutti questi aspetti girò un film ricco di effetti speciali: il regime gli mise a disposizione dei grandi mezzi per poter ricostruire le grandi scene di battaglia, prima fra tutte quella in cui i nazisti bruciano il campo di papaveri, simbolo questo di una guerra inevitabile. È inoltre evidente una differenziazione dei colori nelle due diverse parti, questa volta quella nazista e quella stalinista: la prima dettata da colori freddi e grigi, la seconda invece da colori chiari (come la divisa di Stalin sempre bianca). Stalin viene rivisto dal regista come un portatore di pace: vestito sempre con abiti bianchi che sta attento all’armonia di tutto ciò che gli sta attorno e si dedica persino al giardinaggio immerso in un paesaggio idilliaco, tra fiori colorati e uccellini cinguettanti: tutto questo appare ai nostri occhi come un atto di esagerata propaganda. Tutto ciò culmina con il suo discorso conclusivo che è tutto incentrato sulla pace da conservare per dare un senso alle vittime del conflitto. Il buon storico deve mantenere le distanze e sapere trarre dal film gli elementi più veritieri e reali di quello che accadde realmente in quegli anni sotto il regime staliniano.

MICHAIL KALATAZOV

Nome d’arte di Michail K. Kalatozišvili, regista cinematografico georgiano, nacque a Tiflis (Georgia) il 28 dicembre 1903 e morì a Mosca il 26 marzo 1973. Cominciò a lavorare nel cinema nel 1923, svolgendo inizialmente diverse mansioni: regista, attore, montatore, direttore della fotografia, sceneggiatore. Dopo aver lavorato a tutto tondo nel mondo del cinema pubblicò le sue prime pellicole. Si fece notare con Sol′ Svanetij (1930, Il sale della Svanezia), sua prima regia, un documentario girato nella località omonima nel mezzo della catena montuosa del Caucaso, in cui si narra la difficile esistenza di un popolo prima e dopo la rivoluzione. Trasferitosi a Leningrado, continuò la sua attività di regista di documentari e l’opera Gvozd′ v sapoge (1932, Il chiodo nella scarpa) gli procurò contrasti con le autorità sovietiche. Per questo motivo ebbe qualche anno di ferma e si ritirò nella vita politica a Tiflis per poi tornare a girare una pellicola nel 1941 con il film  Valerij Čakalov. Trasferitosi negli Usa per qualche anno come rappresentante del Comitato del cinema dell’Unione Sovietica, fece ritorno nell’URSS ancora più arricchito ed è in questi anni postbellici e caratterizzati dalla guerra fredda che diresse i suoi principali capolavori: Quando volano le cicogne (Letyat zhuravli, 1957), La lettera non spedita (Neotpravlennoye pismo, 1959), Soy Cuba (1964), La tenda rossa (Krasnaya palatka, 1969). Quest’ultimo film fu  una coproduzione italo-sovietica basata sull’impresa del comandante Nobile e del dirigibile Italia al Polo Nord. Michail Kalatazov è considerato ancora oggi uno dei più grandi registri della storia del cinema russo.

IL FILM: QUANDO VOLANO LE CICOGNE

L’amore tra due giovani moscoviti, Veronika e Boris, è tragicamente interrotto dalla guerra. Boris parte per il fronte e Veronika provata dalle difficoltà dell’ingiustizia della guerra, cederà alle avances insistenti del cugino di Boris, apparentemente più intelligente e dotato, Mark, e lo sposa pur non amandolo. Boris morirà solo nel fango in mezzo alla steppa fredda che divide la Germania dalla Russia, ma Veronika lo scoprirà solo alla fine in una scena struggente ed emozionante allo stesso tempo che lascia allo spettatore un nodo in gola irrisolvibile.

Quando volano le cicogne è un film appassionante, denso di emozioni, che bada più ai piccoli dettagli quotidiani di chi viveva al di fuori della guerra, più che ai grandi temi della stessa: questa è già una delle differenze col film analizzato precedentemente. Il film, girato nel 1957, apre l’epoca del disgelo raccontando gli aspetti dolorosi del dramma esistenziale vissuto da milioni di donne sovietiche in un paese sconvolto della guerra. Lo stalinismo non aveva solo nuociuto a tutta la popolazione russa, ma dal punto di vista cinematografico, ne aveva ridotto al minimo la fantasia: è proprio questa la grandezza di questo film. Il regista è riuscito a chiudere le porte a quegli ideali grigi e antidemocratici che avevano caratterizzata tutta l’epoca stalinista, aprendone delle altre romantiche, libere e senza troppa avidità politica: il film sembra avere paura di tutto ciò, ma alla fine nella sua enorme drammaticità, apre le porte a un futuro cinematografico russo più roseo e sereno, che però non dimenticherà mai il suo passato da stato oppresso e non libero.

Perché si può dire che i film La caduta di Berlino e Quando volano le cicogne, pur raccontando fatti della seconda guerra mondiale dalla prospettiva sovietica, sono due film fortemente diversi ed  espressione di due fasi differenti del cinema e della storia dell’Urss?

In questi giorni in cui sentiamo fortemente parlare di dittatura totalitaria di stampo stalinista (vedi Corea del Nord), è più semplice cercare di argomentare quei caratteri che differenziano il punto di vista della dittatura visto dai due registi, uno che ha avuto la sfortuna di lavorare in un periodo di forte censura e condizionamento idealistico, l’altro che invece ha avuto la fortuna di rivivere la nuova avventura russa: quella della libertà di pensiero. Quest’ultima però oggi è purtroppo sempre messa in discussione dai politici opprimenti e troppo egoisti di fronte alle esigenze del popolo.

Quindi le differenze sostanziali fra i due film sono date proprio dal fatto che i due registi hanno lavorato in contesti politici e sociali molto differenti: sono due film che segnano epoche differenti. Il primo vuole osannare a tutti i costi la figura di Stalin, il secondo ne rivaluta criticamente la sua figura; se ne La caduta di Berlino Čiaureli raffigurerà un dittatore pulito, bianco che vuole la guerra per tendere alla pace, Kalatazov in Quando volano le cicogne demistifica la guerra e mette in mostra tutti gli aspetti negativi di guerra, facendo vedere quale fosse la sofferenza di tutto il popolo che lavorava in patria, le donne in particolar modo, ancora più sofferenti per la partenza dei loro amati. In tutti e due i film c’è l’intreccio della storia d’amore, ma se nel primo è un amore che valorizza la potenza staliniana, sembra quasi un amore sorretto dagli ideali tronfi di Stalin, nel secondo film invece l’amore verrà distrutto e soffocato da una guerra distruttiva.

È dunque questa la grande differenza fra i due film: il primo girato fra il 1948 e il 1949, il secondo invece fra il 1956 e il 1957. Il primo film girato nel periodo conclusivo della dittatura staliniana (questo finì nel 1953) è intriso di tutte le sue ideologie, Ciaureli miticizza al massimo in tutte le occasione la figura del dittatore; il secondo film è girato in tutt’altro periodo del cosiddetto disgelo: dopo la morte di Stalin e l’eliminazione di Berija (prosecutore della politica stalinista), Chruscev divenne primo segretario del Comitato centrale del partito comunista dell’URSS, cioè il personaggio di maggior rilievo fra i successori di Stalin. Dopo le dimissioni di G. Malenkov (febbr. 1955) e la nomina di Bulganin a primo ministro, Chruscev ebbe di fatto il potere nelle proprie mani. Da quel momento egli impresse alla politica interna ed estera dell’URSS un’impronta personale, che si accentuò quando nel marzo 1958 assunse anche la carica di primo ministro. La sua fu una politica molto diversa da quella stalinista: aprì le porte al dialogo con il governo americano di Nixon ed ebbero entrambi modo di visitare i rispettivi paesi e segnò l’epoca del disgelo. Dunque Quando volano le cicogne è un film “libertino”, in confronto al film di Ciaureli, dove c’è grande spazio agli intrecci melensi e romantici, momenti in cui i giovani potevano sognare il matrimonio liberamente e parlare di amore con tutti: tutto questo ne La caduta di Berlino film militarista e propagandistico non sarebbe mai stato possibile.  È doveroso citare Giuseppe Buttafava, il più importante critico italiano del cinema sovietico:

“è una tranche de vie che si trasforma in un manifesto lirico, grazie all’apparato formale che Kalatozov, usufruendo dell’operatore Sergej Urusevskij (vero coautore del film), spinge a limiti mai raggiunti di virtuosismo e dinamismo. Nell’accademismo irrigidito del linguaggio cinematografico sovietico degli ultimi decenni, Quando volano le cicogne ha un effetto dirompente, come un’esplosione inattesa. Il film di Kalatozov rimette letteralmente in moto il linguaggio cinematografico in URSS.”

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

www.scuolafilosofica.com

www.treccani.it

Mereghetti P., Dizionario dei film 2006, Baldini Castoldi Dalai editore, Milano, 2005


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

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