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Discordanza

Di Corona A. www.scuolafilosofica.com

Abbondava il verde, nella zona residenziale. Verdi i prati, verdi le siepi, talvolta verdi i volti di chi non esternava in altro modo la nausea, la repulsione che provava per quella vita sorridente. Rigogliosa. Verde.

I marciapiedi simmetrici, una simmetria che ipnotica guidava i passi di chi vi camminava. Tombini si succedono a intervalli regolari, cerchi neri quasi quanto l’asfalto, mimetizzati. Nessuna buca. No alle imperfezioni. Agli inestetismi della cellulite. Ai brufoli, ai peli, alle unghie spezzate. Dal parrucchiere una volta alla settimana, vestito alla moda, rasoio ogni mattina, TAC una volta all’anno, che-il-cancro-non-guarda-in-faccia-a-nessuno. E nessuno aveva i capelli verdi. I tombini, i bottoni della giacca che copre le nostre fogne, perfetti. E le fogne, verdi anche quelle. I sorci anche loro verdi e tanti. Scarafaggi, oddio! Quelli, neri quanto l’asfalto, ancor di più. Ma non entravano nelle belle case, in quelle residenze dagli angoli perfetti. Angoli, trapezi, quadrati, e regolari, regolari! All’interno, poi, le vite procedevano con armonia, a intervalli regolari. Regolarità. Segui le regole, segui le leggi e se lo fai giudica. Giudici perfetti, in tutto il verde centro residenziale. Tutti verdi i giudici. Tutti innocenti gli armoniosi, alla mattina: sveglia, spazzolino, vestiti, in quattro quarti. I padri erano padri, le madri erano madri, e mogli; e i figli, figli soltanto. I comodini stavano ai lati dei letti, il mobilio simmetricamente disposto, e se possibile in coppia. Abat-jour identiche, le rotture si buttano nell’ immondizia e se una ci lascia, via la gemella! Due specchi all’ingresso, che finezza! Ospite suvvia specchiati, con perfetta dualità. Specchiati davanti e guarda, magia! Allo stesso tempo che bell’ effetto ha il jogging mattutino su quel sedere! E nota l’ effetto cera del tuo viso, così espressivo. Botox. Armonia, simmetria, proporzione, coordinazione. Canoni di bellezza. Gradazioni di colore, coordinazione di colori. Pesantezza! Tonalità di verde, che si fanno più forti e accese, dalle case verso i marciapiedi: chiare le case, poi il prato, e per finire le ben potate siepi. Un verde forte, che riluceva orgoglioso, ben irrigato, certo riluceva, risplendeva, quasi s’illuminava e illuminava. Non verde, ma green quello era di certo, quello di Wimbledon, certo chiaro, curato-curato, ovvio.

E là,

Sull’asfalto perfetto, veramente nero, perfettamente levigato, una maschera.

Bianca.

Non una faccia, non un volto o un viso. Occhi, naso e bocca, la semplicità. E solo bianca. Guardava il cielo la maschera, lei lo vedeva il cielo. Si capiva che lo vedeva.

Scherzo di un bimbo? O magari fuggita da un carico assurdo di maschere assurdamente bianche? Camionista poco attento, carceriere di scarso livello, o lei, abile evasore? Semplice apparizione casta e pura, nel nero. Forse sacra, magari profana, magari, il nulla. Assenza di senso. Eppure, bella. E un auto, un auto si, poi, il grido della plastica lieve e infine sotto il rapido pneumatico, feroce e impetuoso, imperioso. Impietoso pneumatico. Il salto; il volo, sulle ali del vento. Difesa fu l’armonia, spazzata via, in un attimo, la discordanza.

 Volò via.


Andrea Corona

Andrea Corona nasce a Cagliari nel 1991. È un appassionato ciclista e lettore, divoratore di storie in ogni coniugazione. Il suo film preferito è Pulp Fiction, il suo libro preferito sarà il suo quando vedrà luce, almeno per i primi 5 minuti. Ha recentemente scoperto il mondo degli audiobook e non smetterà di parlarvene qualora gli diate corda. Vive a lavora a Padova.

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