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Chantal Mouffe: Un modello agonistico di democrazia

MouffeAbstract

La riflessione di Chantal Mouffe si colloca nel dibattito sui fondamenti e la natura della democrazia come sistema politico e argomenta a sostegno di essa da un presupposto filosofico di realismo politico. Per questo, critica il modello deliberativo contemporaneo di democrazia e ne propone uno che tenga conto dei rapporti di potere nella politica, ovvero del suo aspetto conflittuale ed ‘agonistico’. Applica poi questo modello al contesto globale, che auspica basato su un ordine plurale e multipolare.


Indice

1. Democrazia deliberativa e liberalismo

2. Critiche all’ideale “neutro”

3. Considerazioni preliminari alla nuova proposta

4. La proposta: un “pluralismo agonistico”

5. Un caso applicativo urgente: la questione dei diritti umani

Bibliografia


1. Democrazia deliberativa e liberalismo

Il paradigma liberale democratico più recente e diffuso è quello della democrazia deliberativa. Il suo tratto caratteristico consiste nel voler inserire il discorso pubblico in un contesto di natura morale. Questo è ciò che viene fatto da J. Habermas e da J. Rawls.

La teoria del discorso del primo si propone di riformulare la base della democrazia, cioè la sovranità popolare, attraverso termini comunicativi-linguistici. Questa condizione di legittimità pubblica democratica, con cui realizzare il bene comune, può verificarsi solo attraverso un processo di deliberazione collettiva condotta razionalmente da individui liberi ed eguali. Nel modello dell’etica del discorso, ciò presuppone una partecipazione equa e simmetrica, in cui tutti hanno la stessa possibilità di aprire il dibattito e discutere; in questo modo si realizza quello che viene definito un consenso razionale, ossia attraverso condizioni di ‘discorso ideale’.

Trattando la questione della giustizia e del liberalismo politico, Rawls vuole fondare le istituzioni sociali democratiche sui principi di equità e libertà. Questo può esser fatto solo attraverso un overlapping consensus su una concezione politica ragionevole di giustizia, ovvero quella stessa proposta da Rawls. In quanto politica non è e non può essere moralmente controversa, ma anzi rispetta il pluralismo delle varie posizioni morali presenti nella società. Di conseguenza, l’idea della giustizia come equità è un’idea intrinsecamente implicita nella cultura pubblica della democrazia, che considera la società democratica come un sistema equo di cooperazione tra individui pari e liberi. Tale immagine della società deriva strettamente dalla teoria del ‘velo d’ignoranza’ di Rawls, in cui gli individui sviluppano un sistema di equa distribuzione dei beni pubblici grazie alla loro singola volontà di soddisfare il proprio interesse.

Inoltre, in quanto il criterio del giusto è definito indipendentemente da ogni concezione del buono, quindi morale, il primo finisce inevitabilmente a prevalere sul secondo e a delimitarlo, nel caso in cui il perseguimento di un ideale morale particolare collida con la concezione politica sociale della giustizia. Così facendo, Rawls ricalca la separazione moderna tra politica e morale, delineando una forma di democrazia in cui il pluralismo di valori etici sia inerente alla sfera privata dei cittadini, mentre il dominio pubblico è esente da una qualunque idea di bene morale.

2. Critiche all’ideale democratico ‘neutro’

Secondo Mouffe, gli autori precedenti intendono definire lo stato democratico come moralmente neutro, cioè rispettoso e super partes rispetto alle varie concezioni morali sostantive. Questa loro credenza è però infondata, dato che da subito le nozioni di giusto e di ragionevole, da loro introdotte, hanno un carattere morale e sono regolative degli interessi individuali in modo  conforme all’idea di democrazia delineata dagli autori. Questa idea rappresenterebbe quella occidentale e liberale contemporanea, la quale vorrebbe (senza potere) delegittimare gli ‘avversari’ restando però neutrale. Per questo motivo essa incarna una concezione morale specifica e unilaterale, che attribuisce certi significati alla giustizia e alla libertà (solo illusoriamente impliciti nella cultura democratica) e non può esser un sistema neutro applicabile a ogni contesto storico-politico.

Un problema fondamentale per questi autori è quello classico della filosofia politica occidentale contemporanea: quello di riuscire a conciliare l’ideale democratico di sovranità popolare con i principi del liberalismo politico, quali diritti civili, divisioni dei poteri etc., dato che il rispetto dei secondi escluderebbe il rispetto e la legittimazione di ogni proposta politica, come invece sembrano consigliare i principi della democrazia.  La proposta liberale di Rawls prova a dare una risposta a questo problema, ma è evidente come la sua concezione del pluralismo democratico incorpori i valori liberali occidentali, derivati dalla tradizione illuminista e razionalista e, pertanto, escluda gli aspetti propri del ‘politico’ , caratterizzato dal conflitto e dal pluralismo (si tornerà poi più precisamente sul significato di ‘politico’).

Questo indica che tale approccio assuma una dimensione prettamente morale nel conferire un ruolo centrale e regolatore ai valori liberali rispetto al principio di sovranità democratica popolare. Così si comprende come le teorie deliberative si basino su una razionalità normativa, che, al contrario di quanto questi autori presentano, non può essere neutrale ma anzi propone e difende una concezione morale forte, che rende legittime le sole istituzioni liberali della società occidentale, escludendo ogni opposizione a queste.

3. Considerazioni preliminari alla nuova proposta

Proprio sul concetto di ‘politico’ si possono evidenziare le maggiori difficoltà delle teorie deliberative e si può iniziare a comprendere il punto centrale di Mouffe. Si deve prima di tutto tracciare la differenza tra i due termini di ‘politics’ e ‘political’:

[La ‘politics’ è] l’insieme delle pratiche, discorsi e istituzioni che provano a stabilire un certo ordine e  ad organizzare la coesistenza umana in condizioni che sono sempre potenzialmente conflittuali dato che son influenzate dalla dimensione del ‘politico’.

[Il ‘political’ è] la dimensione di antagonismo inerente le relazioni umane, un antagonismo che può prendere diverse forme ed emergere in diversi tipi di relazioni sociali. (Mouffe 2000, p.101, trad. nostra)[1]

Si deve quindi partire dal riconoscimento imprescindibile della dimensione del potere e del conflitto, ineliminabile dal contesto pubblico. Il ‘politico’ si spiega così con il concetto dell’antagonismo, caratterizzato dalla presenza di esclusioni e frizioni, ineliminabili dalla vita sociale e politica. Infatti, “any social objectivity is constituted through acts of power” (Mouffe 1999, p. 752), ossia i significati e le identità politico-sociali condivise dagli individui si costituiscono non attraverso quel consenso razionale e quindi morale che porta ad una società armoniosa e uniforme, bensì necessariamente attraverso rapporti di potere e conflitti ideologici che permeano il ‘politico’ e di cui non si può non tener conto.

Questa costruzione delle identità attraverso il potere stesso è il processo che avviene in quella che Mouffe definisce ‘egemonia’. Questa si esprime come una specifica configurazione del potere, sempre presente in ogni ordine politico, e ciò nega la posizione deliberativa che non intende conferire alla democrazia alcun rapporto con il potere. Una società democratica non è una perfetta o trasparente armonia, regolata da criteri sempre e comunque razionali, ma anzi, in quanto il potere non è esterno alla società, il potere stesso costituisce le identità e i significati da dare alla vita pubblica, in un orizzonte teorico di fatto costruttivista.

Mouffe arriva così a delineare una caratterizzazione del rapporto tra legittimità e potere. Rawls fondava la prima esclusivamente sulla pura razionalità, dal momento in cui elabora una teoria razionalista riguardo alla costituzione originaria delle istituzioni democratiche. Mentre Mouffe nega che ogni potere sia di per sé legittimo, ma sottolinea che:

  • se un potere è stato capace di imporsi, allora significa che è stato riconosciuto come legittimo in qualche modo;
  • se la legittimità non è basata su una qualche base aprioristica, allora è basata su qualche forma di potere di

Il riconoscimento da un lato del carattere egemonico di ogni ordine politico e dall’altro della base di potere della legittimità di questo presuppone come assunzione teorica di sfondo un’antropologia che ‘deuniversalizza’ i soggetti politici. Mouffe rifiuta così ogni forma di essenzialismo e ogni forma di kantismo nel descrivere gli individui di una comunità politica, ma rifiuta anche le posizioni più estremamente post-moderne, che enfatizzano l’incommensurabile eterogeneità dei singoli e non riescono a render conto della costruzione di relazioni differenti tra gli individui, che abbiamo visto esser presenti in ogni pratica sociale.

4. La proposta: un ‘pluralismo agonistico’

Avendo compreso le basi della politica, diventa imperativo per la filosofia politica democratica trovare una soluzione che inserisca le configurazioni di potere in un contesto compatibile con i valori democratici. Questo è quello che deve fare la ‘politics’, come definita precedentemente, ossia stabilire istituzioni che organizzino la coesistenza degli individui in modo democratico in un mondo sociale caratterizzato dagli aspetti del ‘political’, quali l’antagonismo, il conflitto. La politica democratica deve cioè istituire forme di unità e identità politica limitando l’ostilità presente nelle relazioni umane, in modo da rendere le stesse compatibili con una società democratica plurale.

Questo viene così ad esser il modello alternativo migliore a quello deliberativo: il ‘pluralismo agonistico’. Il passaggio necessario all’attuazione di questo modello è quello dall’antagonismo all’agonismo: smettere di percepire l’altro come un nemico da distruggere, per considerarlo un avversario da fronteggiare e combattere, in quanto avente idee diverse ma pur sempre degne d’esser espresse e difese. L’avversario viene legittimato nel contesto plurale di agonismo, cioè di scontro/ confronto tra diverse posizioni, poiché anch’egli si riconosce nei principi democratici comuni, ovvero libertà e eguaglianza. A differenza di Rawls e di Habermas, il significato di questi due principi viene definito grazie al conflitto, che permea la democrazia, e non attraverso la deliberazione o discussione razionale. E’ nel diverso processo di definizione dei principi della democrazia e di caratterizzazione della democrazia stessa che i due modelli democratici divergono in modo evidente.

Il pluralismo di stampo agonistico si propone di incanalare le passioni collettive e le lotte di potere, ineliminabili dalla vita sociale e politica, in disegni istituzionali democratici. Infatti, tale modello agonistico ha il merito di costituire la stessa condizione d’esistenza della democrazia moderna, dato il suo riconoscimento disincantato del conflitto alla base del confronto politico. Per questo vengono rifiutate le posizioni che intendono sopprimere il conflitto e organizzare la vita sociale secondo un ordine superiore che determini un consenso sicuro e ragionevole tra tutti gli individui riguardo alla definizione dei principi e delle leggi democratico-liberali. Al contrario, questi principi vengono ad esistere in un contesto democratico solo attraverso diverse interpretazioni:  quindi il consenso tra i soggetti politici di una democrazia non può che essere una sorta di ‘consenso conflittuale’, che vede avversari confrontarsi sui termini di tali principi.

Le dinamiche agonistiche si sviluppano così in un terreno di scontri tra posizioni politiche divergenti sul significato di bene comune e sulla forma di egemonia da realizzare, cioè come delineare i rapporti di potere e come dare significato al campo dell’azione pubblica. Di conseguenza è evidente che un consenso stabile fondato su principi razionali non potrà mai esser raggiunto; anzi si dovrà accettare l’esistenza di ogni consenso come risultato temporaneo di una egemonia contingente, di una stabilizzazione di potere pur sempre potenzialmente conflittuale, in quanto implica alcune forme di esclusione.

Il pluralismo è di fatto caratterizzato da una indecidibilità intrinseca dovuta alla natura perennemente conflittuale del ‘politico’ che permea la democrazia moderna. Tale illustrazione realistica confuta quella immaginata dal liberalismo, che si illude nel rappresentare una sfera pubblica priva di esclusioni e rapporti di forza, in cui sia possibile un consenso razionale e un’azione sempre prevedibile grazie ai principi morali generali. Al contrario, si è visto come il consenso dipenda sempre da decisioni, seguite a un confronto agonistico, che escludono realmente altre possibilità e interpretazioni e che quindi mantengono la pace in un clima potenzialmente conflittuale. Ciò che si crea è un ‘mixed game’, parzialmente collaborativo e parzialmente conflittuale, in cui vi è lo spazio sia per il dissenso sia per le istituzioni (democratiche) attraverso cui ospitarlo.

In questo modo, il modello agonistico risulta maggiormente ricettivo delle sfide odierne derivanti dalla molteplicità di voci diverse nella società plurale contemporanea e dalla nuova complessità delle strutture di potere di questa società.

5. Un caso applicativo urgente: la questione dei diritti umani

Mouffe considera il problema dei diritti umani a livello internazionale e rileva come l’imposizione del loro rispetto da parte dei paesi occidentali ad altri sia ingiustificata. Infatti questa pratica è pienamente coerente con gli assunti del liberalismo rawlsiano, il quale dà una formulazione dei diritti umani particolare e specifica della società liberale occidentale e la considera poi come quella universale, come se dovesse essere accettata da tutti gli individui razionali. Questa posizione universalista esclude ancora una volta l’aspetto del ‘politico’ e del conflitto dalle pratiche politiche e non considera l’esistenza invece di un ‘pluriverso’ di significati che diversi popoli e civiltà danno alla nozione di diritti umani.

Con questo caso esemplare Mouffe evidenzia da un lato l’idealismo fallace delle teorie liberali e dall’altro i presupposti estremamente realistici della sua proposta, in quanto gli scenari globali attuali dimostrano chiaramente le possibili divergenze politiche e sociali e la loro entità. Di conseguenza si deve affermare un pluralismo di concezioni di diritti umani come di democrazia, e per questo motivo si deve concepire un ordine mondiale diverso da quello auspicato dai teorici liberali. Infatti, come in politica interna, anche nella politica internazionale si dovrebbe rispettare la molteplicità di opinioni e posizioni differenti e questo scopo esclude di fatto la proposta di creare una democrazia cosmopolita, che costituirebbe una mera espansione del sistema e dei valori liberali occidentali agli altri popoli e paesi.

Dunque Mouffe propone un ordine globale multipolare, in cui non viene affermata arbitrariamente la superiorità del modello occidentale né viene sostenuta una posizione relativistica che non permette di formulare giudizi politici riguardo a diversi regimi. Al contrario la sua proposta riconosce gli aspetti intrinseci del ‘politico’ e l’innegabile pluralismo di valori esistenti. Si costituirebbe così un mondo in cui unità regionali differenti coesistono e in cui diverse concezioni di democrazia e dei diritti umani vengono ritenute ugualmente legittime. Tale pluralismo dovrà esser garantito da istituzioni, che, in quanto ‘politics’, si preoccupano di stabilire un ordine sociale sensibile al contesto precario e potenzialmente conflittuale della politica. Il conflitto non verrà eliminato, ma semplicemente prenderà la forma agonistica delineata per la democrazia stessa; solo in questo modo si potranno evitare, o comunque ridurre, le guerre globali. Infatti l’imposizione ed espansione della particolare concezione dell’occidente, come l’unica legittima, porta a definire quelli che non la accettano come veri nemici, non legittimati a difendere le loro concezioni, e ciò crea inevitabilmente le condizioni per uno scontro antagonistico tra civiltà. Al contrario, sostenendo la legittimità di una pluralità di concezioni di democrazia, di cui quella occidentale liberale è solo un esempio storico, si vuole dar vita ad una coesistenza agonistica tra diversi poli regionali con le loro diverse istituzioni e valori, quindi ad un vero e proprio ordine globale multipolare.

Bibliografia

Gray, J., “Where Pluralists and Liberals Part Company”, in International Journal of Philosophical Studies, vol.6 (1998), No.1, pp. 17-36.

Mouffe, C., The Return of the Political, Verso, London, 1993.

Mouffe,  C.,  “Deliberative  Democracy  or Agonistic  Pluralism?”,  in  Social  Research,  vol.66 (1999), No.3, pp. 745-758.

Mouffe, C., The Democratic Paradox, Verso, London, 2000.

Mouffe, C., “The limits of John Rawls’s pluralism”, in Politics Philosophy Economics, vol.4 (2005), No.2, pp. 221-231.

Mouffe, C., “Which world order: cosmopolitan or multipolar?”, in Ethical Perspectives, vol.15 (2008), No.4, pp. 453-467.

Rawls, J., A Theory of Justice, Harvard University Press, Cambridge, 1971.

Rawls, J., Political Liberalism, Columbia University Press, New York, 1993.


 

[1] [Politics is] the ensemble of practices, discourses and institutions which seek to establish a certain order and organize human coexistence in conditions that are always potentially conflictual because they are affected by the dimension of ‘the political’.

[Political is] the dimension of antagonism that is inherent in human relations, antagonism that can take many forms and emerge in different types of social relations.


Matteo Bucalossi

Matteo Bucalossi è nato nel 1994 e vive a Brescia. Ha conseguito la laurea in filosofia all’Università San Raffaele. Attualmente è iscritto alla Georgetown University di Washington (US) in data analysis e sempre alla stessa università a conseguito un MA in Security Studies. E' autore di un pezzo nel volume La guerra fredda - Una guida al più grande confronto del XX secolo.

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