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1. La colonizzazione agricola tra XVII e nel XVIII secolo

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Colonia, colonialismo, colonizzazione sono termini che nel corso della storia hanno avuto plurime interpretazioni. All’inizio del ventesimo secolo, il termine fu talvolta usata per indicare la condizione di dipendenza di territori politicamente subordinati. Più tardi, esso è stato soppiantato dalla parola ‛imperialismo’ che, a partire dall’ultimo decennio dell’Ottocento, venne usato, dai critici ostili al dominio europeo su altri popoli, quale sostantivo generico indicante sia la condizione di predominio europeo che le sue cause economiche.La parola ‘colonialismo’ ha dunque indicato il dominio esercitato da un popolo su un altro popolo estraneo mediante lo sfruttamento economico: proprio l’aspetto economico è di primaria importanza per poter comprendere al meglio l’aspetto del colonialismo penale in Italia, in Europa e negli altri continenti.

Si parla di colonialismo interno per indicare un colonialismo che ha avuto luogo entro i confini di una comunità chiusa: per esempio “nel Galles, da parte dell’Inghilterra, o i Russi sui Kazachi”.[1] Dunque il colonialismo pone le sue radici logiche, nelle colonie di “ascendenza romana”[2] laddove si indica semplicemente il luogo fisico dove veniva costruito un nuovo centro, e nella colonizzazione, ovvero quel processo con cui si indica la fondazione di nuove colonie. In senso ancora più ampio ha nome di colonia “qualsiasi possedimento separato dalla madrepatria, soprattutto se possedimento d’oltremare. […] la colonia varia da un grado minimo di insediamento o dominio, a un grado massimo di insediamento e dominio.”[3]

‘Colonia’ è una parola che deve le sue origini al verbo latino colo, la cui ricchezza semantica ha richiesto numerosi studi da parte dei grammatici: il verbo colo in latino si usò per indicare la coltivazione di una terra, e successivamente per indicare il prendersi cura di qualcuno/qualcosa. Colo, a sua volta, deriva dal sanscrito kula, che significa famiglia. La parola ‘colonia’ indicava, in origine, un numero di uomini cui si associava, in una regione più o meno lontana, una terra da coltivare; essi prendevano il nome di ‘coloni’. In seguito si diede il nome di ‘colonia’ al paese colonizzato, e poi alle regioni lontane possedute da una nazione.

Nella storia gli storici hanno individuato tre tipologie fondamentali di colonia:

1) la colonia come ‘base di appoggio’, destinata al commercio, o a base militare, o ancora a entrambi gli scopi, come per esempio fecero le potenze marinare occidentali, quali Portogallo e Spagna, i primi nell’Oceano Indiano, i secondi nelle Americhe;

2) la colonia ‘d’insediamento’[4], in questo caso, essa aveva in sé la prospettiva di un lento e progressivo popolamento e bonifica della terra da parte di un numero crescente di uomini e donne. Questo tipo di colonia, nella sua evoluzione, vide ben poche terre di nuovo insediamento del tutto spopolate: dall’America all’Australia, dalla Palestina al Brasile, il più delle volte le terre erano abitate da uomini con delle tecnologie arretrate rispetto al paese colonizzatore; essi spesso dovettero abbandonare la propria terra, o in alternativa, finire sotto il giogo della schiavitù. Così popolazioni semi-nomadi divennero popolazioni stabili che si specializzarono nell’agricoltura creando una cultura economica basata appunto sugli insediamenti agricoli;

3) i ‘domini coloniali’, in cui la colonizzazione non si limitava e non mirava alla costituzione di singole basi di appoggio, o di colonie agricole, ma all’acquisizione totale di un intero paese, come nella prima fase di colonizzazione spagnola in America.Si giunse così alla divisione del globo in un certo numero di sistemi coloniali. Il colonialismo, dunque, è stato il riflesso di una fase oggettiva dell’evoluzione della società mondiale, allorché le grandi potenze trovarono vantaggioso esprimere la loro superiorità governando i paesi più deboli.

Fra il 1500 e il 1900 assistiamo a una massiccia colonizzazione del resto del mondo da parte delle principali potenze europee. Si trattò del cosiddetto colonialismo interno europeo, negli Stati Uniti, in Australia, nel Sudafrica o in Brasile, l’Occidente fece rotte verso il west, il far west.Qui gli europei volevano trovare terre da coltivare, nuove merci da introdurre nei mercati europei e risolvere i problemi interni nel vecchio continente.

Prima della metà del 1700, il colonialismo europeo caratterizzò molti angoli del globo: il primo insediamento inglese in Australia data al 1735, mentre quello in Nuova Zelanda è del 1749. La Gran Bretagna fu una delle potenze più dinamiche e organizzate dal punto di vista coloniale. Nel 1700, nelle colonie inglesi d’America, si assiste ad un’enorme crescita demografica soprattutto grazie all’immigrazione europea del XVII e XVIII secolo.

L’incremento demografico delle colonie inglesi fu determinato anche dall’elevata produttività dell’agricoltura. L’equilibrio tra popolazione e risorse fu raggiunto anche grazie alla differenziazione produttiva delle colonie, del nord, del centro e del sud America. La funzione economica produttiva del sud, in particolare quella della Virginia andò strutturandosi intorno alla piantagione del tabacco. Si andò formando un ceto di grandi proprietari che investivano cospicui capitali in terre e schiavi. Completamente diversafu la colonizzazione del nord: nelle colonie del New England, la piccola chiesa-comunità puritana era la base economica della società[5]. Il colono si muoveva alla ricerca di terre verso l’ovest, e una volta insidiatosi, fondato un nuovo villaggio, i terreni venivano divisi equamente tra le diverse famiglie. Questa era la vera mentalità coloniale del 1700, basata però su un’economia domestica che non avrebbe mai potuto trovare sbocchi di mercato. Il dinamismo di questa zona era dato dalla vitalità delle città: piccoli e grandi porti, industria della cantieristica, residenze della burocrazia imperiale contribuirono ad accrescere le funzioni urbane e a differenziare una struttura sociale fatta di mercanti, professionisti, pubblici ufficiali, artigiani e salariati. Al centro incontriamo una regione-cerniera di cui le colonie di New York, della Pennsylvania, del New Jersey costituirono la parte più dinamica. Esse avevano un sistema di agricoltura mista e una rete portuale in grado di rafforzare il rapporto tra agricoltura e commercio.

Attraverso le colonie, secondo uno dei concetti cardini di rapporto fra colonia e colonizzatori, l’Inghilterra si assicurò la piena autosufficienza alimentare. A partire dalla prima metà del 1700, la crescita economica delle colonie, la nascita e la formazione di una potenza coloniale sempre più cosciente dei suoi diritti e autonomia, l’accentuarsi dei motivi di conflitto con la madre patria crearono le premesse per una seconda fase del rapporto tra colonia e madrepatria, sfociata nelle guerre civili che portarono all’indipendenza degli Stati uniti americani.

Vari fattori influenzarono poi, nei decenni successivi, fino a metà del 1800, la colonizzazione europea, o meglio quella corsa al dominio che costituì i tratti idiomatici dell’imperialismo europeo. A stimolarla fu certamente la spinta esercitata dagli interessi economici, (fra i quali la ricerca di materie prime a basso costo e gli sbocchi per i prodotti industriali), ma non meno importante fu l’affermarsi di tendenze politico ideologiche che legarono il nazionalismo, all’idea della superiorità della razza europea. Le potenze colonizzatrici fecero generalmente un uso indiscriminato della forza contro le popolazioni indigene, sconvolgendo fra le altre cose le economie interne dei paesi colonizzati, che conobbero periodi di grande sfruttamento.

Infine, chiudendo il discorso della colonizzazione europea “come un tempo, la domanda di fondo a livello economico rimane ancora oggi la seguente: in quale misura i guadagni delle colonie […] hanno contribuito al decollo economico dell’Europa e reso possibile l’industrializzazione?”[6] Senz’altro i metalli preziosi americani favorirono il commercio mondiale europeo, però non costituirono il suo fondamento; per ciò che riguarda gli altri profitti coloniali e gli investimenti su di essi effettuati, raramente Stato e società ne beneficiarono direttamente. Dal punto di vista politico, il colonialismo interno europeo determinò modifiche nell’equilibrio fra le potenze: se fino alla metà del 1600 la Spagna non ebbe rivali assieme al Portogallo, nel 1700, senza il suo impero coloniale, l’Inghilterra non sarebbe mai diventata la “prima potenza marittima e mondiale”[7].Anche gli Stati Uniti devono la loro importanza alla colonizzazione nelle Americhe, che portò tanti atrocità, ma anche tanti benefici, come la costruzione di città e la bonifica di terreni incolti.


[1] Reinhard W., Storia del colonialismo, Einaudi, Torino, 1966, pag.4.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Questo modello di colonia, come vedremo più avanti nella tesi, è la tipologia che prevarrà nella colonizzazione agricola in Sardegna e in Italia.

[5] Reinhard W., La nuova Europa dell’emisfero nord e la prima decolonizzazione bianca in Storia del colonialismo, Einaudi, Torino, 1966.

[6] Ibidem.

[7] Ibidem.


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

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