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La mente e le menti – Daniel Dennett

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Daniel Dennett è un filosofo della mente di stampo analitico, grande interprete della filosofia di David Hume, del quale è debitore onesto. La posizione in filosofia della mente di Dennett è una possibile versione dell’approccio teorico del più grande filosofo empirista della modernità, Hume. Ne La mente e le menti Dennett tratteggia uno dei suoi temi più cari: l’analisi della mente, in relazione alle altre possibili menti.

L’analisi del filosofo americano si fonda su due capostipiti, del primo s’è già detto, il secondo non è un filosofo ma un biologo: Charles Darwin. Se David Hume offre a Dennett l’idea, ormai pienamente condivisa nel mondo accademico filosofico e scientifico, secondo cui la “mente” è un’attività che va spiegata attraverso esperimenti, ipotesi e verifiche empiriche; Darwin ispira l’analisi ontogenetica e filogenetica della mente. La mente non è, dunque, un’attività estranea al mondo biologico, una res totalmente scissa dalla realtà che la circonda. Dennett, non a caso, sceglie come avversario teorico il Cartesio delle Meditazioni Metafisiche: lo è a tal punto dall’esserlo sia ne La mente e le menti che nel più corposo La coscienza. Che cosa è, libro nel quale il filosofo americano delinea la sua proposta teorica in modo più esteso.

Dennett inizia con un capitolo introduttivo (Quali tipi di mente esistono?), nel quale delinea le problematiche attraverso una fitta serie di domande alle quali, sottolinea, non è tanto importante poter dare una risposta immediata, quanto poterle formulare in modo che possano essere verificate attraverso i sistemi empirici offerti dalle scienze naturali. L’obbiettivo dev’essere rendere la mente (e la coscienza) trasparente all’analisi scientifica.

Nel secondo capitolo, Intenzionalità: l’approccio dei sistemi intenzionali, il filosofo analizza il problema dell’intenzionalità che, come ci ricorda egli stesso, non va confuso con il concetto semantico di intenzionalità. Dennett scompone il concetto di intenzionalità fino a raggiungere il cuore di quello che, non solo secondo lui, è uno dei tratti fondamentali del pensiero: la capacità di riferirsi a qualcosa di esterno, di esistente nel mondo. L’essere intenzionale di un pensiero è la sua capacità di rimandare a qualcosa di esterno alla mente. In questo senso, quasi tutti i pensieri hanno questa caratteristica. Attraverso questo attributo, il pensiero può essere indirizzato verso la comprensione di ciò che accade nel mondo, non solo di fatti naturali, ma anche dei più complessi comportamenti organici, animali e umani. Dennett parla di vari sistemi di spiegazione a nostra disposizione e, in particolare, del nostro modo di concepire i comportamenti complessi: il problema è la previsione di tutto ciò che accade che, a seconda del fatto, richiede una maggiore o minore informazione integrata per essere spiegato. Si potrebbe ridurre tutto alla spiegazione di carattere fisico, mostrando che l’ipotesi materialista è, in astratto, valida: è possibile scomporre ogni problema in modo tale che ciascuna previsione sia esclusivamente trattata dalla scienza fisica. Tuttavia, i sistemi utilizzati dalla nostra mente per avere delle attendibili previsioni del comportamento di entità complesse divergono da quei sistemi, troppo costosi, che riducono ogni fenomeno a fatti puramente materiali. E’ possibile, in linea di principio, prevedere il comportamento di un cane o di un personaggio nella scena di un teatro a partire dalla conoscenza di tutte le particelle che li compongono, dalla loro posizione, velocità e interazione reciproca, tuttavia, tale procedimento non è possibile in via di fatto e non è sempre disponibile. La mente umana, vecchia di milioni di anni, ha elaborato dei sistemi alternativi, ma non necessariamente meno efficaci, per produrre previsioni: essa produce dei resoconti postulando l’intenzionalità degli avvenimenti che intende prevedere. Nel caso di un cane, ad esempio, penserà come se il cane fosse un libero agente, con intenzioni, bisogni, volontà simili a quelle dell’uomo. Oppure, quando l’uomo gioca a scacchi contro il computer deve pensare e procedere proprio come se stesse giocando contro un uomo. Dennett, a questo punto, precisa che tale genere di spiegazione non necessita la presenza di cause finali simili a quelle concepite da Aristotele, e, anzi, bisogna stare molto attenti e ricordarsi che non bisogna scambiare questi “resoconti narrativi”, la base delle nostre spiegazioni, come l’espressione della mente, o dell’attività cosciente, di ciò che andiamo a spiegare. Si tratta di modelli astratti che ci servono per interpretare i comportamenti di entità altrimenti incomprensibili.

Nel terzo capitolo Il corpo e le sue menti Dennett incomincia la sua storia  dell’evoluzione della mente, la quale non è concepita come un miracolo ma come un fatto della storia naturale, composta e indirizzata dalla selezione naturale. Tuttavia, molti dispositivi intenzionali, così chiamati gli organismi o tutte le entità capaci di riprodursi automaticamente (come i virus), possedendo una mente (per quanto diversa dalla mente umana), necessitano di un corpo adeguato che la possa ospitare. Per meglio dire, a ciascuna mente, a ciascun tipo diverso, corrisponde un corpo adeguato: l’attività mentale nasce dal bisogno di smistare le informazioni necessarie alla sopravvivenza dell’organismo. Avere una mente, dunque, è qualcosa di molto utile, tanto più l’organismo avrà necessità di interagire con l’ambiente, tanto più le sue necessità, i suoi bisogni, saranno complessi e tanto più avrà bisogno di un’attività mentale capace di smistare le informazioni e decidere quali sono quelle utili e quali no. Gestione dei dati in ingresso, dei dati in uscita, degli algoritmi di decisione e dei bisogni: tutto ciò deve essere fatto da una qualche forma di elaborazione. Naturalmente, la base mentale degli organismi semplici non richiede in alcun modo la presenza di una libertà o di una coscienza, in qualche modo paragonabile alla nostra. Semplicemente, l’evoluzione pre-dispone l’organismo in modo tale che possa avvalersi delle informazioni corrette e comportarsi di conseguenza e la cui evoluzione sarà relazionata dalla presenza di altri organismi competitivi i quali, a loro volta, avranno la capacità di selezionare l’informazione pertinente più o meno bene degli altri dispositivi intenzionali. Ad esempio, un carnivoro deve poter distinguere una preda commestibile da quella non commestibile e deve poterla vedere nello spazio e avere un’idea del suo comportamento: in questo modo, le probabilità di successo del carnivoro saranno tanto migliori quanto le sue informazioni e le sue previsioni saranno sensibilmente più accurate di quelle del competitore erbivoro. Bisogna, però, ricordarsi che l’evoluzione modifica gli organismi in tempi molto lenti, per cui non bisogna immaginare che lo sviluppo di queste strategie avvenga in tempi molto rapidi, come possono variare le idee nel mondo della cultura. Il livello di sviluppo delle attività informative degli animali, cioè delle variazioni del loro corpo e della loro mente, avviene in modo parallelo allo sviluppo globale dell’animale.

L’intenzionalità messa a fuoco, quarto capitolo, prosegue nella storia dell’evoluzione delle menti e dei vari generi di animali. Dennett inizia il capitolo ponendo al centro dell’attenzione del lettore il problema del “sentire”, proprietà ritenuta, da molti, distintiva della nostra mente, qualità che, in generale, non viene associata a quelle di molti altri dispositivi intenzionali. Tuttavia, il filosofo americano è, in generale, molto critico nei confronti di questa fantomatica proprietà che ritiene l’espressione di una falsa concezione della coscienza. La critica a questo concetto fondamentale avviene attraverso una storia immaginaria dell’evoluzione degli organismi. Dennett sottolinea la natura metaforica (o, forse, allegorica) di tale proposta, ciò non di meno, essa può essere molto utile per comprendere la realtà storico-biologica dell’evoluzione delle menti, fino a giungere alla nostra. Si tratta di un processo evolutivo nel quale le versioni più semplici non sono eliminate da quelle più nuove: la prima versione di word è stata sensibilmente modificata nel tempo, ma la base è sostanzialmente rimasta la stessa perché è molto meglio aggiungere su una serie di istruzioni già testate e riconosciute utili piuttosto che creare programmi dal nulla ogni volta; allo stesso modo, procede l’evoluzione biologica, essa conserva cambiando.

Nel quinto capitolo, La creazione del pensiero, Dennett analizza gli psicologi naturali cioè il pensiero di tutti gli animali che sono in grado di operare alcune previsioni sul comportamento di altri organismi. Dennett porta molti dati empirici che confermano l’idea secondo cui erbivori e carnivori basino le loro strategie di attacco e difesa sull’apprendimento e sulla previsione, fondata su alcune informazioni pre-determinate dall’evoluzione, del loro avversario. La capacità mimetica di alcuni insetti è il frutto di questo genere di evoluzione, giacché si fonda esclusivamente sulla possibilità di ingannare il proprio predatore, confondendogli la capacità di riconoscere la forma delle sue vittime. Ma, in modo più sofisticato, è ciò che fa un gallo che apre le ali alla volpe: egli non sta “dicendo” che egli stesso non possa morire dall’attacco del suo avversario ma che tale tentativo sarebbe reso vano dall’enorme rischio e del grande dispendio di energie che la volpe dovrebbe correre; in molti casi simili, il carnivoro cede le armi e preferisce un’onorevole ritirata.

Il capitolo finale, La mente  e le altre menti costituisce una breve conclusione del libro nel quale Dennett propone la sua versione naturalizzata della mente umana, come un’attività integrata di vari sistemi informativi in competizione per l’attenzione generale del sistema. La mente non è altro che un centro di analisi e smistamento dati, che conserva tutte le proprietà delle “versioni precedenti” con, in più, nuove e più sofisticate abilità. Tuttavia, la coscienza non sarebbe altro che la focalizzazione dell’attenzione su un solo fiume di dati: quando sentiamo un rumore forte, riconosciuto come dannoso, subito ci interrompiamo da ciò che stiamo facendo per assicurarci l’entità del pericolo. Tale esempio banale, mostra che molte delle nostre attività, apparentemente coscienti, siano gestite a livello subcosciente che, spesso, reinterpretiamo con narrazioni successive come se le avessimo fatte con l’attenzione della coscienza.

La mente e le menti è un ottimo libro, chiaro e preciso, nonostante lo stile quasi informale scelto dall’autore. L’opinione dell’autore è sostenuta da una serie limitata ma importante di prove empiriche che confermano le ipotesi, nel pieno della tradizione aperta da D. Hume. Altrettanto importante è il lascito darwiniano, del quale Dennett padroneggia pienamente lo spirito più profondo. E in particolare in quest’ultimo tragitto il filosofo americano riesce maggiormente ad illuminare ciò che ancora oggi costituisce uno dei più grandi misteri aperti. Egli stesso, ne La coscienza, ricorda che l’analisi di ciò che è la mente umana, nella sua peculiarità di “essere-cosciente” è uno dei pochi temi, ancora aperti, nei quali quasi tutti gli uomini, filosofi o scienziati o uomini comuni, siano ancora quasi incapaci di ragionare in modo lucido e non parziale, ma, ancora, c’è molto sentimentalismo suscitato dall’emozione e dalla paura di sollevare il coperchio del mistero. In ciò, difficilmente si può dar torto a Dennett che, invece, cerca di offrire proprio ciò che un filosofo deve proporre: una visione non pregiudiziale, libera da precostituite ideologie, di un argomento, possibilmente decostruendo tutte le “vecchie opinioni” che si oppongono ad una corretta e adeguata visione delle cose.

La mente e le menti è un libro da leggere, sia come introduzione ad una materia non semplice, sia come introduzione al pensiero di un grande filosofo contemporaneo che come libro capace di suggestionare e stimolare il proprio pensiero e la propria riflessione. Un libro prezioso, un esempio di filosofia virtuosa.


DENNETT DANIEL

LA MENTE E LE MENTI. VERSO UNA COMPRENSIONE DELLA COSCIENZA

RIZZOLI

PAGINE 199

EURO 7,23


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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