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Categoria: Filosofia Applicata

Sentimenti che ruotano attorno ai software di scacchi

No machine-readable author provided. Erachima assumed (based on copyright claims)., CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Il piccolo Cavaliere del Re degli Scacchi di C. A. Cavazzoni


Capita che gli esseri umani vogliano misurarsi coi computer che hanno creato in qualche attività di tipo intellettuale, come quando si fa giocare il tal campione di scacchi contro un software scacchistico (…). Man mano che aumentano la potenza e le capacità dei calcolatori elettronici, molte persone si sentono rassicurate dal fatto che un campione del mondo di scacchi riesca ancora a battere il computer, e viceversa, avvertono una sorta di disagio se, invece, è la macchina a spuntarla. (…) Il fatto è che a molti dà fastidio l’idea che un computer possa essere più intelligente di noi.[2]

Francesco Berto

Attorno al computer scacchistico, vivono due generi di opinioni distinte e contrastanti: da una parte ci sono i “luddisti”, quelli che vedono nell’arrivo del computer la fine dell’intelligenza e la vittoria del meccanicismo negli scacchi. Generalmente i “luddisti” sono dei nostalgici e vorrebbero tornare all’ingenuità, persa con il computer.

Dalla letteratura scacchistica agli scacchi come fenomeno sociale

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La letteratura scacchistica si può dividere in due categorie: la letteratura scacchistica tecnica e la letteratura scacchistica culturale. La letteratura scacchistica tecnica si può, a sua volta, suddividere in almeno altri due generi, a loro volta, partizionati: la letteratura tecnica del centro partita e la letteratura tecnica del resto. La prima può essere, a sua volta, divisa tra tattica e strategia; la seconda, invece, in aperture e finali. All’interno della categoria di letteratura tecnica, ai confini di essa, si situa la didattica.

La letteratura scacchistica culturale si divide, invece, in due categorie, perché questa grande classe di scritti è molto ampia i cui confini, però, non son netti: la letteratura culturale si divide in dissertazioni analitiche sul gioco e sulla storia.

Neuroeconomia scacchistica – Tema – perché sbagliamo quando giochiamo a scacchi

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Tutti gli scacchisti seri si saranno soffermati spesso in sede di analisi su una questione di importanza primaria: perché abbiamo sbagliato proprio in quel momento, proprio quella mossa così importante? Quando diciamo di “aver sbagliato”, generalmente intendiamo due cose: o di non aver giocato la mossa vincente o di non aver evitato una mossa perdente. La domanda si snoda in due problemi, talvolta diversi, ma uniti dalla stessa radice.

Molti riducono la questione al puro dato di fatto: abbiamo sbagliato perché invece di giocare una mossa ne abbiamo fatto un’altra per ragioni più o meno sensate (o più o meno insensate). Quello che accade, sempre e comunque, è che di fronte all’errore cerchiamo dei resoconti coerenti che spieghino l’insensatezza, assoluta o relativa, del nostro agire. Per le mosse vincenti non ragioniamo così perché già sappiamo il motivo del nostro comportamento. Tuttavia, ben pochi si sono sforzati di andare oltre questo livello e domandarsi perché in generale compiamo determinati errori piuttosto che altri e perché taluni ricorrono più spesso.

Maestro, perché gli scacchi sono così complessi?

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Parte 1. Il primo ordine di complessità – Ovvero la fattualità

La settimana scorsa andavo ad una lezione di scacchi al mio attuale circolo di Milano, la magnifica Accademia a pochi passi dal Duomo in via laghetto. Orbene, andavo di fretta, come al solito in ritardo e, nel poco tempo a mia disposizione dovevo anche mangiare. Inghiottendo i bocconi, quasi strozzandomi, mi capitò pure di sporcarmi il mio giaccone blu scuro, quello buono. Studente fuori sede, privo delle piacevoli cure di una donna, lontane seicento miglia da me l’amata e la madre, questo è un guaio serio al quale si può scegliere o di indossare il cappotto primaverile o spendere una ventina di euro in una buona lavanderia. Sto ancora decidendo.

Accidenti, il Tempo! Temi – Teoria della semplicità e definizione del “Tempo”

Ajepbah, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

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Ernesto guardò stupito Evaristo, dopo l’ultima dichiarazione. La loro teoria sembrava avere i requisiti giusti per essere accettabile, ma prim’ancora di sottoporla a verifica con posizioni concrete, Evaristo pronunciò una frase profetica: “Secondo me, abbiamo trascurato un dettaglio: il tempo!”

Ernesto non riusciva a capire. Ma non volle prender per pazzo l’amico. Se avesse avuto un attacco improvviso di follia, ci sarebbe stato qualche altro dettaglio a manifestarlo. Preferì ricapitolare dentro di sé la loro teoria per vedere se avessero trascurato qualcosa:

L’università italiana, un mondo ai confini con la realtà. Analisi critica della “Peculiare Istituzione”.

Che cosa si debba ottenere dal proprio corso di studi è una questione dibattuta. I più considerano lo studio post-diploma come un investimento sul tempo e sulla qualifica, piuttosto che esperienza formativa. In linea di massima, chi si iscrive all’università lo fa con l’idea di ottenere un “futuro”, indipendentemente dalla propria capacità e conoscenze. E’ una scommessa.

Le nuove matricole, secondo dati ISTAT (2008), sono 308.000. C’è un leggero calo. Ciò è dovuto anche alla diminuzione dei ragazzi dell’età di 19 anni. Che i giovani siano alla ricerca di lavoro e siano indirizzati verso corsi di Laurea di “formazione professionale” è un dato ricavabile dalla loro scelta: nella hit parade vediamo al primo posto le lauree del gruppo economico con una quota di iscritti pari a 41.000 nel 2007. Al secondo posto abbiamo il gruppo giuridico con 36.000 iscritti e al terzo la facoltà di Ingegneria con 31.000 persone. Al quarto posto c’è il polo letterario con iscritti pari a 24.000. Va tenuto presente che in “Lettere” sono inseriti molti corsi di studio che far rientrare nella categoria letteraria è almeno discutibile. Dopo il polo letterario abbiamo Medicina con 19.000 iscritti. Si tenga conto che quasi tutti i corsi per lauree attinenti ad attività mediche sono a numero chiuso. Per esempio, esiste un corso di studi per insegnare ad usare i macchinari di cardiologia presente in tre università (di cui una è privata) e ha un totale massimo di iscritti che non supera i quaranta per regola. Se ci fosse libertà di iscrizione è probabile che i medici supererebbero tutte le altre facoltà.

Siamo tutti una stessa gente – Scacchi e carcere

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Il dodici dicembre di quest’anno era una domenica qualunque. A Milano faceva un freddo pungente, sebbene senza i picchi dei momenti peggiori. Eppure per nove scacchisti non fu una giornata come tutte le altre: stavano per andare in carcere, a Bollate. Si trattava di andare a sfidare alcuni ragazzi che avevano seguito un corso grazie agli istruttori dell’Accademia di Scacchi di Milano: Elia Mariano, Andrea Bracci e Francesco Gervasio.

Questa non era una manifestazione estemporanea e non era neppure un’iniziativa rapsodica, sebbene pur sempre importante. L’Accademia, infatti, ha stretto una collaborazione con l’organizzazione carceraria fin dal 2008 e si va consolidando nel tempo. Tutto iniziò da una richiesta di un giudice in pensione, Franco Cecconi, ex socio dell’Accademia. Egli faceva volontariato nel carcere tenendo lo sportello giuridico. Egli lavorava proprio nelle carceri e aveva sostenuto, non senza qualche fondamento, che se per mestiere aveva fatto di tutto per tenere i delinquenti al fresco, aveva, adesso, l’esigenza di fare qualcosa di buono per loro e, magari, di tirarli fuori.

Scacchi e filosofia Per una introduzione alla filosofia degli scacchi

da “Noumenologia” di Emanuele Franz (Bastogi Editrice, luglio 2004)

Per avere maggiori informazioni su Emanuele Franz e la sua casa editrice: www.audaxeditrice.com.

Il gioco degli scacchi nel corso della storia è stato preso in esame sotto diversi punti di vista ed è stato analizzato sotto molteplici prospettive. La storia, la psicologia e la tecnica del gioco hanno un influenza veramente determinante nella bibliografia scacchistica esistente. Le discipline più disparate hanno avuto pregio di accostarsi a questo secolare gioco. Ma per quanto questo gioco possa aver contribuito allo sviluppo di una concezione del mondo, a un modo di intendere la vita e l’universo, difficile mi è pensare che in passato si sia data forma ad una vera e propria filosofia degli scacchi.

La scacchiera – John Brunner


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Consigliamo – Gli scacchi come scacchiere geopolitico mondialeL’Eterna Battaglia della Mente di Giangiuseppe Pili


Il signor Haklyut è il miglior esperto di viabilità stradale la cui reputazione si è fondata su lavori appaltati nelle più difficili situazioni del globo: dagli Stati Uniti all’India. Egli è uno di quei pochi professionisti che, oltre a possedere un’indiscutibile abilità, è anche dotato di uno stile individuale, una peculiarità di pochissimi. Egli è stato scelto per un lavoro molto delicato e difficile: la riprogettazione della viabilità di alcune zone della città di Vados, capitale dello Stato dell’Aguazul, uno Stato immaginario del sud America. Sebbene il lavoro di Haklyut sia, apparentemente, una faccenda d’ordinaria amministrazione, in realtà, verranno presto a galla questioni molto delicate: Vados è la città ideale per gli ingegneri, un agglomerato urbano quasi perfetto, se non fosse per la presenza di quartieri slum e baraccopoli, abitati dal popolo delle campagne giunto subitaneamente nella nuova grande città, voluta dal presidente Juan Sebastian Vados.

Il giocatore di scacchi di Maelzel – Edgar Allan Poe


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Il giocatore di scacchi di Maelzel è un saggio breve del grande scrittore americano, Edgar Allan Poe. Il giocatore di scacchi in questione, com’è suggerito dal titolo, non è un uomo, bensì un automa. Si trattava del celebre marchingegno inventato dal tedesco Von Kempelen, poi comprato e revisionato da Maelzel, che lo adoperò a scopo di lucro, tenendo incontri con il pubblico, chiamato a sfidare la macchina.

Gli artefatti meccanici sono tra gli oggetti che più hanno affascinato la mente umana sin dai tempi antichi. Testimonianza di ciò, nella mitologia classica, è il colosso bronzeo Tantalo, un essere antropomorfo semovente. E il sogno finale è sempre stato la replicazione dell’intelligenza umana.