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Categoria: Filosofia Orientale

Lo spionaggio – Il tredicesimo capitolo de L’arte della guerra


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Ogni singolo scontro armato richiede grandi investimenti in denaro e risorse. Questo comporta che si diano sia problemi interni che esterni. Lo sforzo di guerra impone il distoglimento della manodopera da settori chiave. Il problema principale delle conseguenze dello sforzo consiste nell’imprevedibilità del tempo in cui si consegue la vittoria perché è imprevedibile il momento in cui lo Shih impone di attaccare. La vittoria e i grandi risultati sono conseguiti mediante l’accurata precisione, pur nei limiti nel possibile. Sun Tzu rifugge l’idea che la previsione sia da operarsi sulla base di superstizioni o di credenze religiose. I tipi di spie sono cinque: spia locale, interna, convertita, morta, viva. “Non c’è nessun affare in cui non si possano impiegare spie. Lo spionaggio è essenziale per le operazioni militari”.

Morale, gli insegnamenti dell’Induismo

Uno stimolante articolo apparso recentemente sull’Indian Journal of Psychiatry col titolo “Morality and moral devolopment: Traditional Hindu concepts”, ci fornisce l’occasione di richiamare l’attenzione sui punti centrali della visione indù tradizionale. Gli autori definiscono la morale come un costrutto che permette la differenziazione tra le intenzioni, le decisioni e le azioni buone (o giuste) e cattive (o sbagliate).

Attacco col fuoco – Il dodicesimo capitolo de L’arte della guerra


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I modi di attacco col fuoco sono cinque: il fuoco diretto contro persone, contro le provviste, contro gli equipaggiamenti, contro gli arsenali, contro i magazzini. Bisogna trovare una misura nelle proprie azioni tale che sia commisurata all’evento che sta accadendo.

Il capitolo tratta di ciò che può essere distrutto e, per tanto, che costituisce un vantaggio e uno svantaggio. E’ di vantaggio saper cosa colpire, è di svantaggio essere colpiti dove fa più male. Il fuoco è da intendersi come principio distruttore generale, come arma in grado di determinare la capitolazione di una forza nemica:

In breve, ci sono cinque modi di attaccare col fuoco –

Il primo è detto “dar fuoco alle persone”.

Il secondo è detto “dar fuoco alle provviste”.

Il terzo è detto “dar fuoco agli equipaggiamenti”.

Il quarto è detto “dar fuoco agli arsenali”.

Il quinto è detto “dar fuoco ai magazzini”.[1]

 

I nove terreni – L’undicesimo capitolo de L’arte della guerra

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Nove terreni fondamentali. I tipi di terreno: terreno di disunione, facile, conteso, aperto, di intersezione, pericoloso, difficile, chiuso, di morte. Il terreno di disunione è quello sul quale si sfidano due feudatari. Il terreno facile è la zona di penetrazione lungo i confini nemici. Il terreno conteso è quello vantaggioso per chi lo occupa. Il terreno aperto è quello in cui tutti gli eserciti possono raggiungerlo e occuparne una parte senza che l’altro possa evitarlo. Il terreno di intersezione è il luogo in cui tutti gli stati sono parte del confine del terreno. Il terreno pericoloso è il luogo ad alta penetrazione nel quale alle spalle ci sono molti pericoli. Il terreno difficile è quello nel quale la strada da percorrere è densa di ostacoli fisici. Il terreno chiuso è quello nel quale è difficile accedervi e ritirarsi così che anche una forza superiore di numero può essere facilmente sconfitta. Il terreno di morte è il luogo in cui si può sopravvivere solo grazie alla propria rapidità. L’osservatore è causa parziale dei mutamenti dello stato di cose, così che al cambiamento delle proprie decisioni e attività segue una infinita catena di effetti da prevedere così da poterli sfruttare. Quando si attacca bisogna tenere concentrata la propria forza d’attacco. Rendere imprevedibili le proprie intenzioni è uno degli obbiettivi principali del grande generale. Quando lotti per uno scopo non lasciare ai tuoi uomini la libertà, ma fagli credere di averla e, allo stesso tempo, fa illudere il nemico di aver preso delle decisioni che egli stesso credeva di aver preso per solo suo ingegno. E’ fondamentale saper sfruttare lo stato d’animo degli uomini, in modo da trasformare le sconfitte in vittorie.

Il capitolo undicesimo è dedicato alla descrizione dei tipi di terreno nei quali ci si può imbattere. Come sempre, la loro descrizione non è limitata all’aspetto geofisico, ma a tutti quelle caratteristiche che bisogna tener presente non solo per conoscere, ma per poter trarre vantaggio dalla nostra stessa conoscenza. Sun Tzu non riconosce il primato della conoscenza pura, se non nella sua stessa potenziale concretizzazione in un vantaggio tangibile. Egli non vuole educare un filosofo, egli vuole addestrare un generale.

Le forme del terreno – Il decimo capitolo de L’arte della guerra

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Tipologie di terreno: accessibile, a trappola non risolutivo, stretto, scosceso, distante. I sei pericoli delle operazioni militari: la fuga per errato uso della forza; insubordinazione per via di ufficiali inetti; debolezza per via di ufficiali abili e truppe incapaci; frana per via dell’eccesso di audacia di alcuni; disordine per via di ordini confusi; sconfitta per la mancata valutazione corretta. Lo scopo delle azioni militari non consiste nel quello di conseguire maggiore o minore fama per puro sfoggio di abilità. Il generale deve essere capace di fermezza e di essere ammirato, perché nessuna delle due virtù è sufficiente di per sé.

Le nove trasformazioni – L’ottavo capitolo de L’arte della guerra

https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Auklet_flock_Shumagins_1986.jpg

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Non ti piazzare laddove puoi essere attaccato, ovvero non ti fermare in un luogo in cui sei vulnerabile. Stringi alleanze quando il luogo non costituisce uno svantaggio strategico, così da aprire trattative già compromesse a tuo vantaggio. Non rimanere in un punto in cui puoi essere attaccato da più fronti. Elabora i tuoi piani da una posizione protetta, non esposta dalle pressioni del nemico. Saper sfruttare la propria conoscenza è la base della forza del grande generale. I generali sono esposti a cinque pericoli: se è risoluto a non morire, può essere ucciso; risoluto a vivere, può essere catturato; se è puro e onesto, può essere oggetto di infamia; se l’amore per i suoi uomini è grande, può essere apprensivo e ansioso.

Lo scontro armato – Il settimo capitolo de L’arte della guerra


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Passi per la determinazione delle azioni militari: deliberazione del fine, pianificazione dei mezzi, dislocazione delle forze e esecuzione degli ordini. Il problema dello scontro: seguire lo Shih, sicché prima confondi il nemico formando false tracce e prospettagli vantaggi che, saranno, invece, la causa delle sue ferite mortali. La pianificazione dello scontro implica la pianificazione delle risorse necessarie allo scontro futuro: “E così, nelle operazioni militari ci si basa sull’astuzia, si agisce a seconda delle circostanze; si operano trasformazioni dividendo e unendo”. Saper agire diretti versi un solo scopo è il principale problema sul piano individuale.

Il pieno e il vuoto – Il sesto capitolo de L’arte della guerra

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Per avere un vantaggio ottimale sul nemico bisogna essere primi ad arrivare sul campo di battaglia. Il nemico andrà dove vuoi se saprai fargli immaginare di trarre vantaggio operando una certa mossa, ovvero il nemico è suscettibile alla logica dei premi e delle punizioni, tanto quanto lo sei tu: “Ciò che fa muovere il nemico dove vuoi tu, e di sua iniziativa è la prospettiva dei vantaggi. Se invece vuoi impedirgli di andare in un certo luogo, prospettagli un danno”. Per colpire un nemico attaccalo dove non si può difendere e scegli di difendere ciò che sai che ti attaccherà. Per combattere un nemico non dargli mai delle tue intenzioni e valuta e compara sempre tutte le alternative: “E così, se desidero intraprendere la lotta, il nemico non potrà sottrarvisi: perché attaccherò ciò che è costretto a salvare”. Non dare la possibilità al nemico di leggere le tue mosse implica che il nemico dovrà difendere tutto e contemporaneamente, così egli dovrà concedere debolezze: la guerra non si vince se non sfruttando le debolezze dell’avversario. Bisogna temere il nemico in ristrettezza numerica perché tenderà ad organizzarsi con più precisione che se avesse molte truppe: “La scarsità di forze induce a preparare la propria difesa. Persino un nemico superiore numericamente può essere indotto a non combattere”. La tattica prevede la scoperta dei piani dell’avversario attraverso ricognizioni e pungolamenti che costringono il nemico a effettuare mosse che mostrino i suoi piani. Così “la vittoria si consegue adattandosi al nemico”.

Capitolo 22. Agni

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Di Francesco Margoni I veda – Capitolo 1


Agni, il Fuoco, è, per noi, che crediamo sentire come sentirono gli antichi, una delle metafore o delle figure più interessanti e affascinanti del pensiero vedico. In questo scritto, oltre a dire qualcosa per fissare la figura di Agni, proverò a spiegare alcuni motivi della nostra fascinazione per essa. L’inno di riferimento è I,145 dal Rg-veda.

Capitolo 21. Il Signore – l’Essere Supremo vedico

Prarthana1830590, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – Di Francesco Margoni I veda – Capitolo 1


La sezione che ora affronteremo con un serie di pubblicazioni, la quarta del primo capitolo (titolato “Aurora e nascita”), posteriore a il preludio alla nascita dell’essere, la parola e gli elementi, è dedicata alla chiarificazione della figura del Signore per la concezione vedica. “Chi è il Signore per i Veda?” è la domanda a cui cercheremo di fornire una risposta. Con il termine ‘Signore’ s’intende indicare, genericamente, un qualunque potere (divino) superiore al e indipendente dal singolo uomo, ovvero, non un dio particolare ma il concetto stesso di dio considerato nel modo più ampio possibile. I vari dèi vedici rappresentano il Signore, anche se ognuno è come lo vedesse da un angolatura differente: ogni dio racchiude in un simbolo un aspetto di quel potere superiore ed estraneo che è la divinità stessa. Ogni dio è insieme Dio e un aspetto di esso.