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Categoria: Filosofia Politica

Gramsci e i quaderni del carcere

 

Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo.

Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza.

Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza.

 

Antonio Gramsci, da “L’ordine nuovo”.

  1. Gramsci sardo

L’identità isolana ha rappresentato una caratteristica fondamentale ed ineludibile nella formazione di Antonio Gramsci. Il suo peculiare pensiero si è sviluppato anche attraverso la conoscenza di persone e ambienti culturali eterogenei, spesso notevolmente distanti (sia geograficamente che culturalmente) dalla sua terra natia, senza però dimenticare le sue origini. Anzi, si può in un certo senso affermare che la sua identità ha costituito il filtro attraverso il quale Gramsci ha metabolizzato e rielaborato in maniera originalissima il pensiero dei principali teorici socialisti (Marx, Engels, Labriola,…) giungendo a coniugare l’internazionalismo con il sardismo.

Sui movimenti politici del XXI secolo

Ispirati dalle numerose e prestigiose conferenze tenute da Ivan Krastev, Chairman of the Centre for Liberal Strategies in Sofia, proponiamo una analisi ad ampio raggio sui vari movimenti politici del XXI secolo che si sono affermati o che vanno ad affermarsi soprattutto, ma non solo, in Europa. Gran parte delle osservazioni contenute in questo articolo sono, appunto, riprese dai risultati dell’ascolto di varie conferenze e su alcune riflessioni personali.

I movimenti politici sono sempre esistiti nella cultura politica europea, almeno dalla rivoluzione francese del 1789 in avanti. Da un punto di vista filosofico, le parole “un movimento politico” stanno per una descrizione definita che si riferisce ad un insieme di oggetti sociali vaghi e diversificati. Infatti, la dicitura “movimento politico” non solo non è un nome (un designatore rigido nei termini di Saul Kripke o, differentemente, come termine per un individuo singolo nella teoria di Frege e Russell) ma non è neppure una locuzione che si riferisce ad un solo tipo di insieme di individui. Il termine è vago ma anche l’oggetto identificato è sfuggente perché l’oggetto sociale in questione non è unico. L’insieme dei gatti è unico ed è chiaro, l’insieme dei movimenti politici include molte cose diverse all’interno. Il lettore avrà subito osservato che non ho impiegato la parola “organizzazione” e ciò è di proposito. Solamente alcuni movimenti finiscono per diventare vere e proprie organizzazioni. In particolare, proprio i movimenti politici più diffusi nel XXI secolo, distinti ad esempio dai partiti tradizionali (quindi per natura verticali), si autocaratterizzano come non-organizzati, come insieme di individui che partecipano alla stessa attività spontaneamente.

Storia della follia nell’età classica – Michel Foucault

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Storia della follia nell’età classica (1961) è un trattato di Michel Foucault, scritto come dissertazione dottorale, per altro rifiutata prima da una università scandinava e poi accettata, ma senza grandi elogi, in Francia. Si tratta probabilmente di uno dei testi fondamentali del filosofo francese, già pienamente espressione di quella “archeologia del sapere” che egli intendeva proporre come sua prospettiva filosofica, a suo modo, neo-illuministica.

Uno dei valutatori della tesi di Foucault aveva osservato che il libro non è né propriamente una “storia” né propriamente una analisi filosofica. E’ difficile non concordare con questo giudizio, per quanto non si possa negare il peculiare valore dell’opera. Non si tratta di una analisi storica perché, per quanto Foucault si rifaccia anche a materiale archivistico e a opere di “esperti” e medici dell’età classica (XVI-XVIII secoli), non sono comunque sufficienti fondare una narrativa esclusivamente fondata su fatti o su ricostruzioni causali di essi. Non solo i fatti riportati vengono continuamente analizzati da un punto di vista filosofico, ma molto spesso vengono presentati proprio come conseguenze di contenuti culturali. Foucault si industria per mostrare quanto la nozione stessa di follia (che è una categoria della sragione, concetto più ampio e mai pienamente chiarito ma ripreso continuamente) sia culturally laden. Quindi, in questo senso, proporre una “storia” della follia è anche scavarne i significati culturali. Ma anche da questa prospettiva può essere un’esperienza frustrante quella di cercare di districarsi nella densissima analisi dei “significati” della follia, senza mai giungere ad un risultato chiaro e distinto.

La banalità del male – Hannah Arendt


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Malgrado gli sforzi del Pubblico ministero, chiunque poteva vedere che quest’uomo [Eichmann] non era un “mostro”, ma era difficile non sospettare che fosse un buffone.

La banalità del male – Hanna Arendt

 

La banalità del male è una riflessione sull’olocausto, incentrata e sviluppata sulla base del reportage sul processo a Adolf Eichmann (1906-1962), tenuto a Gerusalemme, sotto un tribunale israeliano. Hannah Arendt non si limita solamente a riportare i fatti emersi all’interno del processo, ma amplia continuamente il discorso sulla storia dei fatti principali dell’olocausto. Non è un libro che ricostruisce la storia degli eventi della Germania Nazista e non ha l’intento di esaurire nessun genere di argomento, ma solo di considerare il ruolo di un uomo all’interno dell’organizzazione nazista dell’olocausto.

Dei delitti e delle pene – Cesare Beccaria

[Q]uando la norma del giusto o dell’ingiusto, che deve dirigere le azioni sì del cittadino filosofo, non è un affare di controversia, ma di fatto, allora i sudditi non sono soggetti alle piccole tirannie di molti, tanto più crudeli quanto è minore la distanza fra chi soffre e chi fa soffrire, più fatali che quelle di un solo perché il dispotismo di molti non è correggibile che dal dispotismo di un solo e la crudeltà di un dispotico è proporzionata non alla forza, ma agli ostacoli.

Qual esempio alla nazione sarebbe poi se si mancasse all’impunità promessa, e che per dotte cavillazioni si strascinasse al supplicio ad onta della fede pubblica chi ha corrisposto all’invito delle leggi! Non sono rari nelle nazioni tali esempi, e perciò rari non sono coloro che non hanno una nazione altra idea che di una macchina complicata, di cui il più destro e il più potente ne muovono a lor talento gli ordigni…

Cesare Beccaria – Dei delitti e delle pene


  1. Introduzione ai fondamenti del trattato

Dei delitti e delle pene (1764) è uno dei più importanti studi filosofici del secolo dei Lumi e rimane ancora oggi una pietra miliare della filosofia del diritto e della filosofia politica. L’autore, Cesare Beccaria, era un nobile facoltoso che, grazie all’educazione religiosa e rigida dell’epoca, unita ad un’intelligenza fuori dall’ordinario, era riuscito a vivere una vita irta di problemi: aveva preso le distanze (anche economiche, dettaglio diremmo indice dello spirito di Beccaria) dalla famiglia e sposato una donna, da alcuni definita “volubile”. Alle difficoltà della vita e di un carattere complesso, sicuramente inadatto a mantenersi nella società mondana, Beccaria studia i principali autori illuministi, tra cui Diderot e Hume. Di quest’ultimo senza dubbio deve aver letto il Trattato sulla natura umana, perché si trova continuamente traccia della nozione di idea come aggregato di percezioni sensibili e di come, di fatto, la stessa conoscenza umana sia esclusivamente un aggregato di percezioni e sentimenti correlati ad esse. Infine, dopo aver lavorato anche come maestro, Beccaria diventa infine un magistrato. [Se vuoi scaricare l’articolo in pdf.: vai qui]

Marx, il comunismo e il totalitarismo di sinistra

Preambolo

I leader e l’ideologia dei totalitarismi di sinistra si richiama al “comunismo”. Si può discutere che la filosofia comunista, fondata sugli scritti di Karl Marx (1818-1883) e Friederich Engels (1820-1895), sia di per sé sufficiente a spiegare il fenomeno del totalitarismo di sinistra. Già Max Weber (1864-1920) anticipava l’idea che lo stato socialista o il comunista, con la loro pretesa di regolamentare l’economia, si sarebbe trasformato, anche solo nel migliore dei casi, in un gigantesco apparato burocratico.

Inoltre, come cercheremo di vedere, i principali totalitarismi di sinistra del XX secolo sono di matrice leninista, la cui interpretazione del marxismo, oltre a non essere un unicum, è quella considerata “ortodossa”. Rimane il fatto che tutti i principali leader “comunisti” si rifacevano alle teorie di Marx e Engels, implicitamente o esplicitamente. Tuttavia, qui il plurale è d’obbligo in quanto le interpretazioni del marxismo, sia anche nella forma del marxismo ortodosso di matrice leninista, variano in modo significativo. Questo è emerso in modo chiaro durante la guerra fredda e hanno portato alla separazione dei vari regimi comunisti, da Tito a Mao.

La democrazia liberale – Un modello

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La democrazia liberale è un’etichetta per un insieme di teorie che, soltanto nella loro somma, hanno costituito un corpus unitario oggi noto come “democrazia liberale”. A differenza che nella democrazia ateniese, il modello della democrazia liberale è stato oggetto di una lunga analisi teorica, quando ancora la prassi politica era tutt’altro che democratica. Il primo pensatore fondamentale per la definizione della democrazia liberale è stato Thomas Hobbes (1588-1679), fautore dell’assolutismo. Tuttavia, già in Hobbes abbiamo la definizione di alcuni diritti naturali, che verranno ripresi ed ampliati dalla successiva analisi di John Locke (1632-1704), il primo vero teorico liberale quand’anche ante litteram.

John Locke ribadisce la presenza di alcuni diritti inalienabili e la necessità di fondare la politica su di essi. Locke non è il teorizzatore della separazione dei poteri in diverse aree di attività politica (potere esecutivo, legislativo e giudiziario). La distinzione viene proposta da Montesquieu (1689-1755), sebbene anche lui non arrivi ad una definizione netta e definitiva del discrimine delle varie tipologie di azione di governo, poi diventate canoniche nelle varie democrazie liberali e nel pensiero teorico liberale democratico stesso. Infine, John Stuart Mill (1806-1873) propone una complessa teoria dello stato democratico liberale ed è proprio Mill ad essere considerato il pensatore del modello liberale par excellence.

La democrazia ateniese – Un modello

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Dai uno sguardo ai servizi editoriali di Scuola Filosofica!


La democrazia ateniese è il primo modello di forma di governo democratica della storia occidentale. La democrazia ateniese è senza dubbio uno degli esempi storici di modello politico a cui tutta la politica successiva, tanto democratica quanto non democratica, ha dovuto considerare. Nonostante si possano adombrare dei dubbi sulla natura e sostanza di tale modello, che lasciava esclusi gli schiavi e le donne (perciò va da sé che ben oltre il 50% delle persone non faceva parte della vita politica), rimane il fatto che la democrazia ateniese rimane ancora oggi un esempio di governo, buono o cattivo, ma pur sempre storicamente funzionante.


Scopi e valori politici della democrazia ateniese

La democrazia ateniese si costituisce come una forma di governo “dei molti”. Non si trattava semplicemente di un mezzo attraverso cui prendere decisioni, ma di un vero e proprio valore politico. In prima istanza, un valore politico x è un obiettivo F di una società O tale per cui F è riconosciuto come buono da O per via di x. In altre parole, un valore politico è la proprietà associata ad uno stato di cose ottenuto mediante l’esecuzione della forma di governo tale per cui l’obiettivo è anche riconosciuto come politicamente desiderabile. Ovvero, il valore politico è l’interpretazione intersoggettiva di un bene pubblico, definito e riconosciuto come tale: questo vale in qualsiasi forma di governo, dove ciò che cambia è solamente quanto ristretta o ampia questa intersoggettività debba essere. In questo senso, la forma di governo dei “molti” non è soltanto un mezzo attraverso cui prendere decisioni politiche (struttura formale o procedurale del governo) ma è anche il valore ultimo che giustifica la forma di governo. Quindi, la decisione dei molti è sia mezzo che scopo.

Tecnocrazia e Democrazia: il paradosso della selezione

Technocracy

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Abstract

In questo breve articolo porteremo alcuni argomenti contro l’ideale tecnocratico. Va ben specificato sin da subito che la tecnocrazia è sempre e solamente un idea di limite, un ‘assunto della ragion pura’ e non qualcosa che sia mai esistito o che potrebbe mai esistere. Cercheremo, dunque, di caratterizzare questa tesi portando argomenti a suo sostegno.


Esiste un paradosso semantico, vale a dire il paradosso della selezione. Se io seleziono x lo faccio in base al fatto che x ha la proprietà y, io riconosco la proprietà y e scelgo così x rispetto ad altri candidati, a…n. La proprietà y è inerente a x, cioè le è propria, ma è anche la ragione per cui io discrimino x rispetto ad a…n ed è anche la stessa ragione per cui lo giudico migliore. La proprietà grazie alla quale selezione è dunque riconosciuta nell’oggetto ed è intersoggettivamente cogliibile dalla comunità politica di riferimento. Quindi, prima di tutto, occorre stabilire quale proprietà sia da ascrivere ai tecnocrati. Essi potrebbero essere intesi come degli esperti della politica. Tuttavia, chi è un esperto della politica? Quale è la proprietà che discrimina un esperto della politica da un non esperto della politica?

Tre modelli di democrazia

democracy

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Abstract

In questo articolo proponiamo tre modelli di democrazia (il teorema della giuria di Condorcet, il teorema delle abilità diversificate e lo sperimentalismo di Dewey), enucleati in chiave epistemica. La sfida della democrazia alle altre forme di governo consiste anche, se non principalmente, nella sua maggiore efficienza nella capacità di produrre, disseminare e aggregare conoscenza. Su questo punto esiste ormai una letteratura filosofica variegata che nasce dai problemi dell’epistemologia sociale e della filosofia politica, inquadrata in un tentativo di superare certe questioni relativa alla teoria di John Rawls. La nostra analisi ricalca alcune parti di Anderson (2006), la quale propone queste tre possibili modellizzazioni, tre condizioni di valutazione dei modelli e anche alcune critiche.