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Categoria: Spiegazioni per una Filosofia più Easy!

La questione dell’infinito: uno spunto di riflessione ad amplissimo raggio.

Di Pili G., www.scuolafilosofica.com

Vale la pena di riflettere un attimo sulla delicata questione dell’infinito: cosa è infinito?

L’infinito ammette diverse definizioni, al variare della definizione varia anche la sua stessa concezione. Innanzi tutto bisogna notare come dell’infinito noi non abbiamo mai esperienza diretta. Di fatti si tratta sempre di una supposizione quella dell’esistenza dell’infinito: che lo spazio cosmico sia infinito è tutto da dimostrare ( tanto che si dice che l’universo non sia infinito ma in continua espansione… -dove si espanda una cosa in continua espansione non mi è chiaro- ) e anche che la retta o i numeri siano infiniti è una questione di parole, soprattutto. Che io sappia, ancora non sono riuscito ad arrivare ad un termine ultimo per dire: di questo so per certo che è infinito.

Il problema delle descrizioni: un problema logico?

Di Pili G., www.scuolafilosofica.com

La descrizione è di tre tipi: definita, indefinita e impropria. I tre tipi di descrizione denotano tre cose distinte, nel primo caso un oggetto, nel secondo caso un insieme e nel terzo caso un insieme vuoto ( un individuo che non esiste è un insieme vuoto ). Il problema della descrizione è il problema di stabilire cosa sia l’elemento atomico del linguaggio, ovvero cosa possa essere l’enunciato atomico minimale dotato di senso compiuto.

Il grande miraggio: la prova ontologica – Una spiegazione introduttiva al problema.

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Consigliamo La prova ontologica di San Anselmo La prova ontologica spiegata ad un amico


Le prove ontologiche dell’esistenza di qualcosa, le più celebri sono quelle di Dio, sono tutte volte a dedurre l’esistenza di qualcosa (l’essere-stare ) dall’essenza (l’essere-qualità ).

Il problema per i pensatori cristiani era quella di non poter dimostrare l’esistenza di Dio. Infatti, a Dio bisogna credere e di Lui non si può sapere con esattezza se esista o meno. Tuttavia, non è facile, per tutti coloro che ragionano, doversi rassegnare ad una più pacata visione delle cose: Dio non è dimostrabile. Ebbene, proprio perché non ci si rassegnava e si aveva necessità di dare un “fondamento stabile” alle proprie dottrine, tutte incentrate sull’esistenza di un Essere sommo, si imponeva da sé il problema di dimostrare l’esistenza di Dio. Non a caso, pensatori quali Cartesio e Spinoza, pur fuoriuscendo dal pensiero “medioevale”, fanno riferimento alle varie versioni della prova ontologica. La fortuna di tale “dimostrazione dell’esistenza” arriverà fino a Hegel, nonostante Kant si fosse prodigato a chiarificarne l’insensatezza.

Essenza e presenza, la questione dei due modi di “essere”

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Consigliamo La prova ontologica di san AnselmoDante di G. Pili


Una delle cose che, da che studio filosofia, mi sono reso conto è che i filosofi hanno imparato a usare due termini diversi per quel che normalmente diciamo con un solo verbo: quello “essere”. Le parole “essenza” e “presenza” possono essere riscritti nei termini del solo verbo “essere”: “essenza” = “ciò che una cosa è” = “la definizione di una cosa”, mentre “la presenza” = “l’esistere di una certa cosa nel mondo”.

Per esempio: “l’uomo è un animale sociale”, come vediamo fatta con il verbo essere, è la definizione dell’essenza di una cosa. La parola che abbiamo dedotto da questa nel luogo comune è, giusto per dirne una, “essenziale”.

La delicata questione degli universali: una cosa che difficilmente vi verrà spiegata con chiarezza

Grafiker61, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Capire cosa è la perfezione nell’età Classica di G. Pili


Gli universali sono la riproposizione medioevale dell’antico problema degli archetipi platonici. Noi conosciamo le proprietà degli oggetti e le definiamo secondo qualità. Gli oggetti sono, in ultima analisi, riconosciuti a partire dalla loro definizione, cioè l’enumerazione delle loro proprietà essenziali.

La questione sembra non avere problemi, ciò solo in superficie. Cosa sono queste qualità? Possono essere inerenti all’oggetto o indipendenti. Possono essere delle descrizioni comode ma non avere corrispettivo reale, come un meridiano è una linea immaginaria ma utile, allo stesso modo potrebbero essere le proprietà delle cose.

Dall’individuo allo stato – La parabola di Hobbes

https://www.flickr.com/photos/66351465@N00/13888108157/

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Consigliamo Thomas Hobbes – Vita e Opere e Percorso di filosofia moderna di G. Pili


L’individuo è indirizzato ad una soddisfazione dei suoi desideri. Secondo Hobbes, l’egoismo individuale è universale e necessario e, di per sé, illimitato. Universale perché è comune a tutti gli uomini, necessario perché è determinato dalla nostra sola esistenza.

La libertà è la risultante delle forze resistenti alla possibilità di ciascuno. Essa è l’attività possibile, il potere dell’uomo di operare all’interno della realtà. Nella condizione di natura, l’uomo tende ad esercitare le proprie possibilità anche a scapito degli altri, qualora ciò sia necessario per la soddisfazione dell’istinto soggettivo. Dunque, lo scopo di ogni individuo è la ricerca del proprio bene, un bene che non ha nulla di astratto (morale cristiana) o determinato mediante una regola intersoggettiva (morale kantiana) né attraverso la conoscenza (morale platonico/socratica). Il bene è un oggetto capace di migliorare la condizione di un soggetto, dunque è qualcosa di concreto e, allo stesso tempo, di soggettivo che non si conquista a partire da una riflessione ma da un’azione pratica posta da un’intenzione non-razionale. Hobbes, prima di Locke e Hume, teorizza l’impossibilità della ragione nel determinare intenzioni, esse determinano la ragion-pratica, non viceversa.

Critica alla dottrina morale di Aristotele

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Consigliamo Aristotele, Vita e Opere e La felicità in Aristotele di G. Pili


Aristotele non ritiene che la conoscenza della vita quotidiana attenga alla ragione scientifica. La ragione ha la possibilità di conoscere ciò che è necessario, ovvero, ciò che è insostituibile per vivere, per arrivare a determinare un fine, la premessa per una definizione, la deduzione logica ecc.. Ma la conoscenza attiene sempre ad un’osservazione e, in quanto tale, decide ciò che capita più spesso.

Come osserva Aristotele, nell’etica non ci può essere posto per una trattazione interamente razionale della questione in quanto non è data conoscenza a priori dei fini particolari delle deliberazioni nella vita quotidiana: essi sono, assai spesso, unici, per ciò non oggetti di osservazione ripetibile. Da un lato, è vero, il fine sommo della vita umana è quella di essere felici. Ciò, certo, non è un’ovvietà, ma è anche vero che, generalmente, sono assai pochi che ne sono coscienti e assai pochi che davvero cercano umanamente di vivere una vita beata: è questione, guarda caso, di esperienza che siano assai pochi quelli in grado di condurre una vita felice.

La conoscenza di ciò che sta fuori di noi – La versione di Platone

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Consigliamo Una analisi della conoscenza in Platone e Percorso di filosofia moderna di G. Pili


La soluzione del problema “cosa significa essere-proprietà”, implica procedere in modo molto differente, a seconda di come si voglia intendere la materia. Abbiamo detto: da un lato si sostiene che le proprietà non esistono indipendentemente dagli oggetti, dall’altro, che esse sono indipendenti dagli oggetti e costituiscono la vera essenza di quelli.

Inoltre, è bene notare che il problema si articola in almeno due questioni: prima di tutto cosa significhi “esser qualcosa”. Da un lato, coloro che propenderanno per gli oggetti, concepiranno le proprietà come in sé inesistenti. Gli altri riterranno che le idee sono entità reali indipendenti dagli oggetti[1].

Perfezione o imperfezione nella filosofia antica, medievale e moderna

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Consigliamo Cosa è l’Essenza Capire la “Critica della ragion pura” di G. Pili


Un’altra delle cose che sempre si incontrano nella storia della filosofia e che mai viene spiegata è la questione della maggiore o minore perfezione delle cose. Infatti, da Platone, almeno, in poi questo è uno dei temi ricorrenti. Basti pensare a tutta la diatriba sul Dio come l’ente dotato di ogni somma perfezione e la sua relativa dimostrazione, nel medioevo e in tutta l’età moderna: problema di fatto accantonato solo agli inizi del novecento.

Ad ogni modo, cosa significa che una cosa è perfetta? Significa che una cosa è “compiuta”. Quando chiedo a mio fratello:

“hai finito i compiti?”

E lui: “Si, li ho finiti…”

Voglio sapere se ha portato a compimento il suo dovere. In questo senso “perfezione” è ciò che non abbisogna di altro per esistere, esso esiste, punto.

L’amore – Che parola oscura – Analisi di una parola

Megagreenleopard, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Felicità nell’età Classica E’ giusto mettere al mondo un figlio? di G. Pili


“Vivo attaccamento per una persona, che ci fa desiderare il suo bene. || Intensa attrazione sentimentale o sessuale per persona di sesso diverso. || Nel pensiero cristiano, l’essenza di Dio che si manifesta anche nella creazione: Amor che muove il sole e l’altre stelle (Dante). ||  Carità verso il prossimo. || Desiderio, brama L’a. di potere, di denaro. || Attaccamento, vivo interesse per qualcosa: Avere, porre a. allo studio. || Di persona o cosa particolarmente graziosa.||”[1]

Queste definizioni sono prese da un buon dizionario, tuttavia esse sono molto povere di contenuto esplicativo. La parola “amore” è un termine molto vago e, per ciò, contiene dei significati abbastanza diversi, come si può vedere da queste definizioni. Innanzi tutto, non possiamo essere soddisfatti dai concetti del dizionario, se esso è vago o complesso. Dobbiamo cercare di raggiungere una chiarezza maggiore. Cercheremo di rintracciare un nucleo di significati comuni.