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Categoria: Scienza

Neuroetica. Intervista a Priori e Fumagalli

La neuroetica, intesa come studio neuroscientifico dell’intuizione e del senso morale, è una disciplina ormai affermata nel vasto panorama della ricerca neuroscientifica. Nata, cresciuta e coltivata per lo più all’estero (USA in testa), la neuroetica inizia a trovare spazio anche in Italia. A garantirlo, autorevoli studiosi, fra i quali Alberto Priori e Manuela Fumagalli del Policlinico di Milano.

Il Prof. Alberto Priori, neurologo e neurofisiologo, è direttore del Centro Clinico per la Neurostimolazione, le Neurotecnologie e i Disordini del Movimento della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dell’Università degli Studi di Milano, presso cui la Dr. Manuela Fumagalli, neuropsicologa, svolge attività di ricerca. Li abbiamo intervistati.

Etnocentrismo e ossitocina

L’ormone ossitocina medierebbe il comportamento cooperativo e altruistico all’interno del gruppo di appartenenza, poiché media la propensione a favorire il proprio gruppo sugli altri. Questo implica che l’ossitocina ha un ruolo nello sviluppo del comportamento etnocentrico, con i suoi effetti, positivi verso il simile e negativi verso l’estraneo. L’etichetta di “ormone dell’amore” non sarebbe dunque precisa…

Vittime e giudizio morale

La presenza di una vittima sembra essere una condizione necessaria per la formulazione di un giudizio morale. A sostenerlo era già Turiel che, nel trarre la distinzione morale – convenzionale, affermava che solo i casi di violazione morale implicano l’esistenza di una vittima. Un recente studio apparso su Psychological Inquiry sviluppa ulteriormente questa tesi, rendendola ancora più interessante.

Dilemmi e scelte morali, oltre Greene?

Il modello teorico proposto da Joshua Greene a spiegazione delle scelte morali in situazioni dilemmatiche è ormai diventato paradigmatico. Jonathan Baron e colleghi, in uno studio pubblicato l’anno scorso sulla storica rivista Synthese dal titolo “Use of a Rasch model to predict response times to utilitarian moral dilemmas”, propongono un modello esplicativo differente.

Antropologia e scienze cognitive

Devono scienza cognitiva e antropologia collaborare a stretto contatto nella realizzazione dell’obiettivo di comprendere la cognizione umana? A dare risposta affermativa a questa domanda, non priva di controversia, è un articolo scritto dai filosofi Stich e Laurence con l’antropologo Barrett, “Should the Study of Homo sapiens be Part of Cognitive Science?”, pubblicato su Topics in Cognitive Science.

Mutamento climatico, questione morale?

La risposta al problema del mutamento climatico non sembra, attualmente, essere considerata un imperativo morale. Poiché il mutamento climatico antropogenico (quello causato per lo più dall’uomo) non genera intuizioni morali solide, non pone come urgente la necessità di agire (moralmente) per arginare il problema. Questa era la tesi sostenuta da Markowitz e Shariff in “Climate change and moral judgment” (Nature Climate Change, Vol.2).

Elettori e classe dirigente politica

Come spiegare i risultati delle ultime votazioni nazionali in Italia? Come spiegare la disattesa delle aspettative di netta vittoria del centrosinistra e netta perdita del centrodestra? Può la scienza suggerire qualche via esplicativa di questi fatti o almeno dare qualche elemento su cui ragionare? Sembrerebbe che gli elettori del centrodestra siano più influenzabili di quelli del centrosinistra.

Religione e neuroscienze, dialogo possibile?

Fede e neuroscienze. Questo il tema del contributo del cardinale Angelo Scola al volume collettaneo “Neuroetica. La nuova sfida delle neuroscienze”. Edito da Laterza e curato da Vittorio Sironi e Michele Di Francesco, il libro fa il punto sullo stato dell’arte della neuroetica, così come è emerso dall’omonimo convegno tenutosi nell’Aula Magna della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Milano Bicocca nel giugno del 2009.

Fattori irrilevanti e giudizio morale

L’ordine temporale di presentazione degli scenari morali è una variabile che influenza la valutazione morale degli stessi da parte del soggetto. A confermare questa osservazione arriva uno studio del tedesco Alexander Wiegmann dell’Università di Göttingen e colleghi, pubblicato recentemente su Philosophical Psychology col titolo “Order Effects in Moral Judgments”.