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La fine dell’età degli Antonini e l’avvento della dinastia severiana: analisi della figura di Settimio Severo

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Impero Romano nel 210 D.C. Da Wikipedia

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Prima di poter parlare dell’avvento della dinastia dei Severi, dobbiamo analizzare la situazione precedente il 193 d.C., anno in cui prese il potere il primo esponente della dinastia dei Severi, vale a dire, Settimio Severo. Senz’altro, nel secolo precedente, si era avuta una fiorente crescita per lo meno in campo civile con gli imperatori Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio: il secondo secolo è stato infatti l’arco di tempo in cui si è cominciata a mettere in discussione per la prima volta la questione dell’estensione della cittadinanza anche ai non romani, dovuta soprattutto dal fatto che l’espansionismo che fece dell’Impero romano un impero coloniale (anacronisticamente parlando) portò i limites romani verso la Britannia, dove Adriano costruì il vallo omonimo, e ancora verso la Dacia nell’odierna Romania, verso la zona danubiana e nella regione dei Parti in oriente attorno alla zona mesopotamica e nell’attuale zona turco-iranica. Non a caso, in queste regioni si ritrova la più alta frequenza di guerre e i più aspri conflitti anche nel terzo secolo. Il secondo aspetto da analizzare e da sottolineare che riguarda gli imperatori del secondo secolo fu la successione al potere da parte dei principi non per onori dinastici, ma la successione per scelta sulla base delle capacità dei possibili candidati, capacità quali la intelligenza militare e la buona gestione sociale.


Dopo Marco Aurelio che regnò dal 161 al 180 d.C. si ritornò a una successione di tipo dinastico: il figlio Commodo si dimostrò, a contrario del padre, un imperatore non adatto a gestire gli affari di un impero. Fu considerato un imperatore che rispetto ai suoi predecessori si contraddistinse per gli eccessi a cui era dedito e per essere amante dei combattimenti fra gladiatori, nonché pronto a far uccidere i suoi oppositori per qualunque quisquiglia. Pur non occupandosi mai degli affari di Stato riuscì a rovinare i risultati ottenuti dal padre: sciolse l’accordo di pace stabilito con i confinanti sul Danubio senza un serio lavoro diplomatico, che arrecò solo danni al sistema militare romano, non pronto a contrastare il continuo arrivo di popolazioni barbare. Tra il 190 e il 192 d.C. lasciò il suo potere in mano al “cortigiano” Eclecto, che poi ordinò una congiura proprio contro Commodo, uccidendolo. Ed è dall’anno successivo che la dinastia dei Severi si affermò al potere.
L’assassinio di Commodo arrivò proprio al culmine di una profonda crisi: il prefetto del pretorio Leto nel 192 d.C. conferì il potere ad Elvio Pertinace, un senatore che si era contraddistinto nei decenni precedenti come generale in Pannonia contro i Germani, in Dacia, in Siria e infine nella guerra contro i Mauri in Africa nel 190 d.C. La crisi investì in campo politico il senato che si trovo esautorato a vantaggio dei militari; mentre in campo fiscale la svalutazione della moneta impoverì i ceti medi, portando con sé la decadenza economica delle città ed una profonda crisi morale dovuta alla sfiducia da parte della popolazione nei confronti dei valori tradizionali. Problemi territoriali erano legati al fatto che i barbari, fra cui i Marcomanni, Quadi, Goti, Vandali, pressavano sempre di più lungo le frontiere, mentre problemi di tipo sociale sorgevano all’interno delle città, nelle quali andavano istituendosi le prime strutture e gerarchie primitive della Chiesa, quest’ultime inizialmente non del tutto unitive a livello sociale, ma piuttosto portatrici di disordini e sollevazioni popolari. Elvio Pertinace fu costretto, a causa delle stravaganze finanziarie di Commodo negli anni del suo imperato, ad attuare una politica finanziaria molto restrittiva, di austerità, si direbbe con termine corrente e anacronistico ma chiarificatore. Di fatto, perse da subito l’appoggio dei pretoriani e l’imperatore venne assassinato il 28 Marzo del 193 d.C.

Il suo successore fu Didio Giuliano, il cui regnò duro appena due mesi: eletto dai pretoriani per ragioni economiche (Didio Giuliano offrì a ognuno di loro la somma di 25.000 sesterzi), fu da subito messo in disparte da Pescennio Negro (governatore della Siria), e da Settimio Severo a capo delle legioni Pannoniche e di quelle poste nei confini con la Germania. Questa situazione di anarchia politica culminò quindi con un’altra esautorazione a favore di Pescennio Negro che riscosse il predominio delle provincie orientali e fondamentalmente di Settimio Severo in Occidente che si impadronì del potere e ottenne il consenso del senato, che gli consegnò il mantello purpureo. Convenzionalmente, dunque, è a partire dal giugno del 193 d.C. che si fa iniziare la storia della Dinastia dei Severi.

2.1 La figura di Settimio Severo, il padre fondatore di una dinastia

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Settimio Severo

“After the Severans, the whole Roman world, it seemed to collapse”. Dopo i Severi, l’intero mondo Romano sembrò collassare. In questo modo Michael Grant, fra i più importanti studiosi di numismatica dell’impero romano del secolo scorso, descrive ciò che fu dopo la dinastia dei Severi: il collasso. Per comprendere la situazione post-severiana, non sarà fuori luogo considerare quanto operato da Settimio Severo e successori.
Come detto, nel 193 d.C., il potere imperiale passò nelle mani di Settimio Severo e della moglie Giulia Domna, con la quale inaugurò un periodo di “restaurazione”, cercando di riassestare l’impero dopo tutti gli anni di cattivo governo. Da subito, dovette affrontare ancora i seguaci di Pescennio Negro soprattutto nelle provincie siriane, tanto che fu obbligato a suddividere l’enorme provincia della Siria, in due minori: a nord la Syria Coele, unita alla Commagene, con due legioni di presidio, e a sud con una sola legione di presidio, la Syria Phoenice. Settimio Severo aveva ben chiaro il ruolo delle legioni: ormai da tempo non erano solo un apparato militare, ma bensì erano anche un forte apparato politico. Settimio Severo concesse dunque ai soldati delle concessioni importanti fra cui il diritto di matrimonio e gli aumentò il salario per la prima volta dopo Domiziano (81-96 d.C.) facendolo salire da 300 a 450 denarii. Considerata l’importanza delle legioni, è doveroso notare che l’imperatore di questo periodo doveva essere prima di tutto un generale per necessità: Settimio Severo sarà il primo ad attuare questo legame stretto e più o meno normato tra la politica e l’esercito mantenendo su di sé il comando delle sue legioni durante le battaglie, contro i pericoli esterni e contro i pericoli interni, anche se fino ad allora non aveva mai avuto un’esperienza militare attiva sul campo. Riassumendo, Anthony Birley, storico britannico, scrive:

L’esempio di Severo divenne poi una norma a cui era impossibile sottrarsi. L’imperatore doveva comandare il proprio esercito, qualunque fossero la sua età e le sue inclinazioni personali, e se non aveva successo, un generale migliore avrebbe preso il suo posto.

Ritratto di Caracalla, inv. S 464
Ritratto di Caracalla

Fu dunque impegnato dal 193 al 195 d.C. sul fronte orientale dove ottenne degli importanti successi, conquistando l’Arabia mesopotamica e l’Adiabenetranstigrina. Intanto, dalla sua posizione estrema rispetto a Roma, Settimio Severo venne a sapere che Clodio Albino stava prospettando una presa del potere. Settimio Severo fu costretto da questa evenienza a tornare in Occidente, affinché la situazione politica non degenerasse. La guerra civile (la seconda affrontata da Settimio dopo quella contro la fazione di Pescennio Negro) fu però inevitabile: dichiarato nel 195 d.C. hostispopuli Romani Clodio allestì una propria legione, sapendo appunto dell’imminente ritorno dell’imperatore. Gli eserciti di Clodio erano stanziati in Gallia e in Britannia. Prima del suo ritorno in Europa per contrastare Clodio, Settimio dichiarò la sua parentela (fittizia e di semplice comodità) con la famiglia degli Antonini e elevò al rango di Cesare il figlio Caracalla .
Geta, secondogenito di Settimio Severo e Giulia Domna, ricevette questa onorificenza soltanto qualche tempo più avanti. Con la moglie di Settimio, Giulia Domna, naturalmente imperatrice, ma anche mater castrorum , si chiudeva così il cerchio della domus imperiale esaltata nelle cerimonie e nei titoli.
Nel febbraio del 197 Clodio Albino venne definitivamente annientato in una battaglia vicino Lugdunum, l’odierna Lione. Settimio Severo poteva nuovamente tornare a gestire un impero senza guerre intestine. Le città che fino ad allora erano state fedeli a Clodio dovettero versare pesantissimi tributi e tutti i seguaci puniti con la pena di morte. Come racconta Dione Cassio, alla prima seduta in senato di Settimio Severo, dopo che fece ritorno da Lugdunum, l’imperatore tenne un discorso su come i metodi applicati da Silla, a suo tempo, non fossero del tutto fuori luogo in determinate circostanze: ogni colpevole della guerra civile andava proscritto e giustiziato. Settimio Severo, per adozione un Antonino, assumeva sempre più le caratteristiche di Commodo: un imperatore violento e crudele, che mantenne un impatto dittatoriale al suo impero, per lo meno nei confronti degli oppositori: tuttavia se il primo possiamo dichiararlo uno scellerato che agiva e prendeva decisioni fuori di senno, Settimio Severo aveva invece un progetto politico che reggeva le sue decisioni proscrittive. Sembrerebbe che Settimio Severo avesse emanato anche un editto di persecuzione contro i Cristiani del Nord Africa, area in quel periodo di maggiore diffusione. Tertulliano scrisse anche un’opera di protesta contro i metodi violenti e perseguitori dell’imperatore dei Severi .
Nel luglio del 197, dopo un mese di permanenza a Roma durante la quale Settimio Severo poté ristabilizzare la sua autorità, l’imperatore con la moglie e i due figli si vide costretto a partire per l’Oriente in Mesopotamia, dove i Parti erano nuovamente avanzati, assediando Nibisi. Questo sarà l’inizio della seconda guerra partica. Ispirandosi alla leggenda di Alessandro Magno (il quale per il figlio Caracalla era una vera e propria fonte di ispirazione, nonché modello di comportamento e di attitudine al governo degno di imitazione) e dalle gesta di Traiano, che vantava nel suo cursus honorum delle gloriose campagne militari in Oriente, Settimio Severo si imbarcò da Brindisi con degli importanti contingenti arrivati dalla Gallia, alla volta di Ctesifonte, la capitale dei Parti, dove nell’autunno di quello stesso anno marciò trionfalmente. Più di 100.000 prigionieri divennero schiavi, merce per ricompensare le legioni, oltre le ingenti quantità di denaro e di bottino ottenuto dalle razzie sul territorio, e da subito l’imperatore si prodigò nello spedire delle lettere al senato Romano dove esaltava le capacità dell’esercito, come pure le sue grandi qualità di condottiero militare. Il senato acclamò così l’imperatore ParthicusMaximus, con grande soddisfazione di Settimio. La grandezza della figura del padre della dinastia dei Severi stava proprio nel fatto che pur avendo instaurato una vera e propria dittatura militare, riuscì ad essere, un personaggio molto popolare e amato dalla popolazione: di fatto, infatti, aveva condannato la corruzione e la degenerazione morale endemica durante il principato di Commodo. Nel 199 d.C. istituì la provincia della Mesopotamia, e fece dell’Osroene , a cui capo era Abgar IX, uno stato vassallo.
Prima che venissero scoperti dei recenti papiri, si pensava che ci fosse stata a cavallo fra il secondo e il terzo secolo una guerra che interessava la zona giudaica: oggi tutto ciò è stato smentito. Piuttosto Settimio, dopo la guerra contro i Parti, si interessò di visitare la zona della Palestina e dell’Egitto, promulgando, tra gli altri, editti a favore degli ebrei con la costruzione di sinagoghe e leggi che difendessero i loro diritti. Passò per Alessandria (ex baluardo di PescennioNigro) dove fece costruire un tempio dedicato a Cibele, le terme, un ginnasio e un Pantheon, proprio per ristabilire ancora una volta le gerarchie e per rendere esplicito alla popolazione nativa che Pescennio Negro apparteneva ormai al passato. Fra il 200 e il 201 d.C. la famiglia imperiale, proseguì il suo itinerario nell’impero: si recarono con una flotta verso Antiochia. Qui consegnò la toga virile al figlio Caracalla, proclamandolo console per l’anno seguente.
Un anno dopo, nel 202 d.C., la famiglia imperiale ripartì verso l’Occidente, seguendo delle tappe così ricostruite da Aristide Calderini : Tiana, Nicea, Bisanzio, Perinto, Filippopoli, Foro Pizus, Anchialo, Nicopoli e infine Sirmio , quest’ultima un importante città della Pannonia romana posta lungo il fiume Sava. Da qui Settimio Severo e la famiglia ripartirono verso Roma, dove vennero accolti trionfalmente nell’aprile del 202. Grandi feste e celebrazioni vennero organizzate nell’Urbe. Non solo, vennero imbanditi banchetti senatoriali, si organizzarono grandi giochi all’interno degli anfiteatri e si disposero grandi battute di caccia con animali esotici mai visti dai romani: fu questo l’apice e la consacrazione ufficiale della dinastia dei Severi, i quali si ingraziarono la popolazione romana elargendo grandi quantità di frumento e altre derrate alimentari, e continuarono il loro rapporto di complicità coi pretoriani devolvendo ingenti quantità di denaro. Al compimento del suo tredicesimo anno di età Geta ricevette la toga virile. Venne costruito a partire dal 202 d.C. l’arco che ancora oggi possiamo ammirare nel Foro romano, alla fine dedicatogli dal Senato, come riporta l’iscrizione, ancora oggi leggibile nello stesso:

“[…] ob rem publicamrestitutamimperiumquepopuli Romani propagatuminsignibusvirtutibus… domi forisque”

Nel frattempo le condizioni di salute di Settimio Severo andavano degenerando. Il figlio Caracalla lo aiutava, ormai sempre più, ad amministrare e a gestire gli affari pubblici. Lo affiancava anche nei viaggi in cui doveva fare i normali controlli di governo: Settimio Severo infatti era un alacre controllore, e raramente nel suo governo delegò questo importante compito. Nel 203 d.C. dovettero effettuare un importante viaggio in Africa, laddove probabilmente, proprio nella terra d’origine di Settimio Severo era in atto una serie di tentativi di ribellione e di assalto ai magazzini e ai granai. Da questo viaggio l’Africa ottenne molti vantaggi amministrativi tra cui la possibilità al mondo contadino di inurbarsi e costruire nuovi villaggi. Inoltre l’imperatore fornì alle popolazioni poste vicine al limes, il confine, un importante stimolo motivante: costruì nuovi accampamenti militari con il compito di difendere le compagnie carovaniere accrescendo le responsabilità di quelle popolazioni che fino ad allora non avevano potuto esprimere la loro importanza all’interno dell’impero romano. La corte imperiale diede ulteriori ruoli di responsabilità a quelle popolazioni che mai fino a quel momento avevano avuto tanta considerazione.
Intanto, tornati a Roma dalla spedizione nel 204, nel maggio di quello stesso anno, Settimio Severo organizzò i giochi secolari che non si tenevano dall’epoca di Augusto, aumentando così il favore generale per le sue gesta imperiali.
Tuttavia all’interno della domus imperiale iniziavano a sorgere problemi di una certa gravità: Plauziano, prefetto del pretorio e inizialmente grande amico di Settimio Severo, era il suocero di Caracalla (il quale nel 202 aveva sposato la figlia Plautilla); Caracalla era timoroso nei confronti della figura di Plauziano, di cui temeva la popolarità e la conseguente influenza sull’urbe, in vista della sua successione imperiale. Questi rapporti incrinati portarono il 22 gennaio del 205, dopo l’approvazione dell’imperatore, all’assassinio di Plauziano, il quale ora non era più una minaccia per la concordia della domus imperiale che però d’innanzi ai fatti accaduti aveva visto una progressiva perdita della sicurezza e del self confidence che si era contraddistinta nel decennio precedente.

Ritratto di Geta
Ritratto di Geta

Soprattutto la discordia fra Geta e Caracalla, che analizzeremo al meglio nel capitolo successivo, andrà ad acuirsi. Lo sgretolamento dell’unità imperiale portò anche a un progressivo disciogliersi della coesione all’interno delle provincie stesse dell’impero, portando Settimio Severo, ormai consumato dalla malattia, ad attuare riforme sempre più restrittive, soprattutto a livello economico, che portarono le provincie imperiali a fronteggiare continue sommosse antimperiali.
Il sintomo più grave della cattiva situazione finanziaria dell’impero era il preoccupante stato della valuta romana, che andò sempre più svalutandosi. Il valore del denario scese in media al 50% d’argento, con dei picchi del 47% . Probabilmente, alla base della svalutazione della moneta c’era l’esaurirsi progressivo delle miniere d’argento che non trovavano sostitute, in congiunzione con lo sperpero di denaro che gli imperatori dovevano sostenere per mantenere le legioni.
La storia del governo di Settimio Severo ha come epilogo la spedizione in Britannia, la quale occupò appunto gli ultimi anni di vita dell’imperatore. La partenza per la terra britannica si ebbe nel 208 d.C., dopo che il governatore stesso di questa regione chiese esplicitamente aiuto contro le sobillazioni e i saccheggi degli indigeni: Settimio Severo che ormai non era più capace di camminare, trasportato sopra una lettiga notte e giorno, sperava comunque col suo talento di stratega militare, acquisito e consolidato nelle passate campagne militare, di poter concludere gloriosamente il suo governo imperiale. Così, come nella campagna contro i Parti, si recò in Britannia con tutta la domus imperiale e il prefetto del pretorio Papiniano. La campagna è suddivisa dagli storici in tre momenti: la prima fase combattuta nel 209 d.C. vide Geta lasciato a York dove divenne ufficialmente Augusto. Settimio Severo accompagnato da Caracalla si spinse ben oltre il Vallo di Adriano fino ad arrivare come racconta Cassio Dione “in quelle terre dove il sole tramonta solo per poche ore”, quindi si immagina che si spinse verso le spiagge settentrionali della Scozia, al di sopra della regione oggigiorno chiamata Highlands. I contingenti romani faticavano assai a combattere contro gli indigeni britannici – da sempre i romani avevano difficoltà a combattere gli indigeni in condizioni non ottimali per condurre spedizioni militari incentrate sullo scontro diretto, specialmente in situazioni in cui l’orografia del terreno era svantaggiosa all’avanzata cospicua delle legioni, come mostra il caso emblematico degli scontri con i sardi della Barbagia (nome attribuito non invano) – e nella seconda campagna nel 210 d.C. assunse il comando dell’impresa Caracalla: il padre, infatti, prostrato ormai dalla malattia, dovette fermarsi ad Eburacum. Anche la seconda campagna non portò grandi risultati. La terza campagna si combatté nel 211 d.C., quando dovette interrompersi improvvisamente, con una pace di circostanza, per la morte dell’imperatore Settimio Severo: la guerra non portò nessun rafforzamento nel confine con gli indigeni, né fu di alcun vantaggio per il prestigio romano. Cassio Dione ricorda le ultime parole di Settimio Severo rivolte verso ai figli:

“Procurate di andare d’accordo, arricchite i vostri soldati, disprezzate tutti gli altri…”

Di fatto, fu questa la filosofia di vita di Settimio Severo praticata con mezzi che non escludevano l’uso della forza e della violenza, tanto da far denominare dagli storici questo periodo una “monarchia militare”. Ma le parole del defunto imperatore non furono profetiche. La successione si dimostrò un affare complicato e sanguinoso, malgrado come ci racconta Erodiano: “egli cercò continuamente di riportare fra i suoi figli l’affetto, e di indurli a una sincera concordia; e sempre ricordava loro antiche storie e soggetti di tragedie, mostrando quanti mali avevano procurato le discordie tra principi fratelli” .
Grazie a Settimio Severo rimangono comunque diciotto anni di principato fra i più importanti e decisivi della storia imperiale romana. Tuttavia Michael Rostovzev, eminente studioso di storia economica romana, scrive che: “non possiamo parlare dell’età di Severo come di un periodo di pace e di prosperità. Non vi fu pace, quindi neppure prosperità”.
Lo stesso studioso però considera positivamente gli ultimi anni del governo di Severo, nonostante la triennale e tripartita campagna in Britannia.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Michael Grant, The severans the changed Roman empire, Routledge, 2011
Attilio Mastino, Magnus nella titolatura degli imperatori romani, 2011 articolo reperibile su www.uniss.it
Attilio Mastino, I Severi nel Nord Africa, 1999 articolo reperibile su www.uniss.it
Francesco de Martino, Storia economica di Roma antica, Varie edizioni, 1980
Michael Rostovzeff, Storia economica e sociale dell’impero Romano, Varie edizioni, 1953
Valerio Marotta, La cittadinanza romana in età imperiale,Giappicchelli Editore, Torino, 2009
Autori vari, The Crisis of Empire 193-337, Cambridge University, 2005
Aristide Calderini, I Severi La crisi dell’impero nel III secolo, Licinio Cappelli Editore, Bologna, 1954
A. Sherwin- White, The romanCitizenship, Oxford Press, 1973
Pat Southern, The roman Empire from Severus to Constantine, Oxford University, 2001
M. Mazza, Lotte sociali e restaurazione autoritaria nel III secolo d.C., Laterza, Bari, 1970

SITOGRAFIA ESSENZIALE

www.scuolafilosofica.com

Cronologia dell’Impero Romano

Storia Romana (III). L’Impero: da Augusto a Costantino.

Dai Severi a Diocleziano (193 – 305 d.C.) – l’affermarsi del Cristianesimo


www.romanoimpero.com


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

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