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Autore: Simone Di Massa

Disse il linguista Noam Chomsky che nella vita "è importante imparare a stupirsi dei fatti semplici", ciò è esattamente quanto i miei lavori di linguistica, filologia e letteratura cercano di apportare a SF, il culto degli studi e della ricerca e la meraviglia della semplicità, fino alla minima parola poetica. Studioso di Lettere Moderne a Milano, da sempre vivo con l'ambizione di tenere alti i valori sacri del mondo delle lettere, donando con i miei lavori quanto il panorama letterario ha donato a me, apportando alla mia vita nuovi colori e la consapevolezza che la totalità non è che un insieme di dissonanze.

Intervista al dr. Vladimiro Giacché – Hegel. La dialettica. Introduzione al pensiero hegeliano (Diarkos, 2023)

Giacché - Hegel (Diarkos, 2023)
Copyright: Diarkos, https://diarkos.it/index.php?r=catalog%2Fview&id=278

Introduzione:

Il completamento di un corso di studi filosofici, che abbia come prospettiva quella di abbracciare l’interezza della vastità del panorama, passa immancabilmente per l’idealismo tedesco, e in particolare per la figura di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831), caposaldo della filosofia d’Ottocento e a lungo analizzato e criticamente studiato secondo punti di vista variegati. Inquadrare il pensiero filosofico di Hegel è fondamentale per comprendere i rapporti di derivazione con i filosofi antecedenti, e ancor di più per comprendere quanto questi abbia lasciato in eredità alle filosofie successivamente sviluppatesi. Un inquadramento iniziale delle coordinate di filosofia hegeliana è fornito dal volume Hegel. La dialettica. Introduzione al pensiero hegeliano (Diarkos, 2023) ad opera di Vladimiro Giacché, che si è reso disponibile per la presente intervista. Il volume presenta una sinossi del pensiero hegeliano nelle diverse sfaccettature, proponendo peraltro interconnessioni con correnti filosofiche ulteriori e con quesiti che tutt’ora compongono l’interrogativo filosofico dei pensatori, per infine concludere con una raccolta di estratti da testi hegeliani. A nome di tutto il team di Scuola Filosofica, dei lettori e mio, Simone Di Massa, dottor Giacché, grazie per la sua disponibilità.

 

La poesia lucana di Flora Gilda Pianta – Studi Lucani

Copyright: “Paesaggio Innevato di Rapolla in provincia di Potenza alle prime luci del mattino.”; Autrice: Rossella Castellano, 28 febbraio 2018; https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Paesaggio_di_Rapolla.jpg

Una lettura della raccolta Tra me e il mare (2022) di Flora Gilda Pianta.

Avvertenza dell’articolista:

Il presente articolo propone un’analisi letteraria della raccolta Tra me e il mare (2022) di Flora Gilda Pianta, al fine di esaltarne le qualità strutturali e interne dei componimenti. I versi che sono riportati come citazioni sono in totale 65 e corrispondono all’11% .ca del totale della raccolta. Tutti i versi citati fanno riferimento all’edizione 2022, citata in bibliografia, e sono corredati di opportuna menzione dei versi e delle pagine di riferimento (cfr. Nota 4). L’autore, il cui unico intento è quello di proporre un’analisi dell’opera per inserirla nel ciclo di studi denominato “Studi Lucani”, si dichiara disponibile ad apportare modifiche all’articolo qualora richiesto.   

Introduzione:

Una Basilicata di poeti, di gente piena di passione per l’arte di vivere e di far poesia con la quotidianità, così ha immaginato la sua terra Rocco Scotellaro quando, nell’opera Contadini del Sud, ha dato voce ai più umili e semplici contadini della Lucania, a dimostrazione di come sia proprio nella semplicità campagnola che nasca la poesia più sublime. Una poesia giocata sul distendersi dei colori della campagna lucana, sullo «zirlìo dei grilli»[1], propriamente una poesia che fosse figlia della meravigliosa realtà contadina dei piccoli paesetti lucani. A quasi un secolo dall’attività poetica di Scotellaro, di cui peraltro ancora si avverte un forte eco di ispirazione, la situazione non è certo mutata nel panorama dei poeti. Sulla scorta di poeti lucani illustri, tra cui è doveroso menzionare Leonardo Sinisgalli, Albino Pierro e Mario Trufelli,[2] nei paesini lucani che giacciono in frantumi[3] tra monti e colline, la produzione poetica è ancora viva. Certo è mutata la realtà socio-culturale, ma non è venuto meno lo spirito poetico dei lucani, che ancora si dilettano a versificare il loro quotidiano, descrivendone le più fini emozioni.

Nell’ambito dei miei personali sforzi di “studi lucani”, con il presente lavoro intendo dare lustro e risalto all’opera di una poetessa lucana contemporanea, Flora Gilda Pianta, sollevando l’attenzione della critica alla raccolta Tra me e il mare (2022).[4] Si proporrà di seguito un’analisi quanto più puntuale della strutturazione interna della raccolta, tramite cui porre in risalto le corrispondenze tematiche e strutturali dei componimenti, nonché la loro ragionata mise en recueil, per proporre infine l’analisi di alcuni dei passaggi maggiormente profondi e toccanti, il loro rapporto con la tradizione poetica e le tematiche fondamentali della raccolta.

Pasquale Vitale – Filosofia Medievale

Filosofia Medievale. Storie, opere e concetti. I saperi fondamentali che hanno plasmato la società occidentale (Diarkos)

Al fine di rivelare i fondamenti della società occidentale moderna, sviscerandone le basi di pensiero per comprenderne a pieno l’essenza, è buona norma far poggiare i propri sforzi di studio sui grandi nomi della trattatistica filosofica medievale. Una prospettiva compendiale del settore della medievalistica, puramente filosofica, richiede di concentrare le principali teorizzazioni di pensatori diversi, anche piuttosto distanti nel tempo e nello spazio, al fine di rivelare una soggiacente base comune concorrente alla formazione, in diacronia, del pensiero occidentale.

Petrarca, madrigale RVF 121: una sinossi filologica e un inquadramento delle problematiche

Nota metodologica circa le problematiche riguardo la tradizione manoscritta del madrigale petrarchesco RVF 121 per mano di messer Pietro Bembo nel ms. Vat. Lat. 3197.

Avvertenza: Il presente lavoro, di ecdotica e analisi comparata e in compendio del madrigale RVF 121 nell’insieme delle testimonianze, manoscritte e a stampa, parte da un’operazione paleografica[1] del componimento sulla base di manoscritti rilevanti delle varie fasi della gestazione del Canzoniere.[2] In fase paleografica si è tentato di rimanere quanto più fedeli possibile a quanto attestato sul manoscritto di partenza. Non avendo tuttavia un intento di edizione diplomatica nel presente lavoro, quanto più interpretativa, le trascrizioni paleografiche di seguito presentate hanno subito emendazione rispetto i seguenti fenomeni: il contoide fricativo labiodentale sonoro /v/, la cui grafia è resa con quella del vocoide posteriore alto /u/, è emendato alla grafia moderna [v]; il contoide affricato dentale /ts/ o /ds/, la cui grafia è resa con quella del contoide fricativo palatale sordo /ç/, è emendato alla grafia moderna [z]; qualsivoglia grafema che nel manoscritto sia sottinteso mediante l’impiego grafico di un titulus è reso graficamente tra parentesi tonde; la punteggiatura, qualora non si sia fatto riferimento a un’edizione interpretativa, è disposta dall’autore dell’articolo sulla base delle scelte effettuate da Gianfranco Contini (1964).

Recensione: Salvatore Grandone – Duelli Filosofici. L’arte di dibattere sui concetti

Duelli filosofici - Copertina
Copyright: Diarkos Editore, https://diarkos.it/index.php?r=catalog%2Fview&id=246

In fase di approccio alla materia filosofica, sia esso per scopo di ricerca, insegnamento e divulgazione, è buona pratica affidarsi alla trattatistica dei nomi illustri dell’ars philosophandi, ma è altrettanto buona norma non sottovalutare perciò il proprio potenziale in fase di produttività ragionativa.

Il principio base dell’opera del dottor Salvatore Grandone[1] (Duelli filosofici. L’arte di dibattere sui concetti, Diarkos editore, Reggio Emilia, 2023, N.d.R.) è propriamente sradicare la convinzione che la materia filosofica sia fatta di riverente osservazione ed apprendimento, senza mai giungere alla pratica del ragionamento e della formulazione del pensiero proprio del lettore. In particolar modo, la necessità di una rivoluzione in tal senso risulta fondamentale dinnanzi al rapido ed inarrestabile divenire generazionale, in direzione di una frenesia della produzione che ostacola il ragionamento personale in favore dell’immediatezza delle opinioni e del riconoscimento, ed ancor peggio ostacola l’interazione intellettualmente onesta tramite piattaforme sociali (social media in particolare, N.d.R.) apparentemente predisposte al rispettoso dibattito, sebbene in realtà “l’imperativo è asfaltare l’interlocutore. A ogni costo” (Grandone 2023:9).[2]

Linguistica Italiana – Minimi linguistici in “Fontamara” di Ignazio Silone

  • 1. Introduzione:

Ponendo come massima d’ispirazione generale, ed assunto fondamentale del carattere d’indagine, l’idea che il socialismo sia naturalmente intrinseco alla classe proletaria[1], appare necessario conciliare questo caposaldo con un accurato ricamo del tessuto linguistico quando la finalità è quella di romanzare la realtà contadina di un piccolo paesino, fondato interamente sul lavoro nei campi ed improvvisamente portato in rovina dall’oppressione fascista. Tale è lo spirito fondamentale del romanzo Fontamara di Ignazio Silone, pubblicato nel 1930 in Svizzera[2] con l’intento di raccontare, in termini vagamente autobiografici ed amaramente ironici, una realtà in cui l’autore stesso crebbe, da cui scaturirono gli ideali rivoluzionari che lo portarono ad aderire nel 1921 al Partito Comunista (Cassata in Silone 1978:7).

Dantedì 2023 – Una prospettiva sociologica del Dante uomo del Trecento

E. Delacroix - La Barque de Dante
Copyright: https://jenikirbyhistory.getarchive.net/amp/media/the-barque-of-dante-506ac6

 

Lettura di Inferno VIII in occasione del Dantedì 2023.

Introduzione:

In occasione del Dantedì[1] 2023, rivolto alla diffusione della meraviglia dantesca in ogni sua forma, è mia premura presentare un lavoro di analisi del celebre canto VIII dell’Inferno secondo una prospettiva più ampiamente sociologica, volta a dimostrare la peculiarità, di interesse storico, della mentalità dantesca che traspare. Si procederà dapprima ad una sinossi filologica di presentazione del lavoro dantesco per poi passare all’analisi interessata del celebre episodio di dialogo tra Dante e Filippo Argenti. Lo studio in questione è volto a creare dei ponti di collegamento con altri episodi tratti dalle tre cantiche, al fine di dimostrare come la mentalità dantesca, di impronta essenzialmente cristiana, differisse dai valori che, nella contemporaneità, sono attribuibili a tale etichetta. Fine ultimo del presente lavoro è presentare le sublimi peculiarità di Inferno VIII e, seguitamente, dimostrare come vi sia una netta ed insormontabile demarcazione tra l’ideologia politico-religiosa di un uomo del ‘300, puramente un uomo del suo tempo[2], e una qualsivoglia linea di pensiero, altrettanto politico-religiosa, della contemporaneità.

 

Inferno, canto VIII – una sinossi filologica e tematica

Ricostruire una sinossi filologica nello spazio di un articolo del presente calibro è impresa ben più che ardua, forse addirittura irrazionale. La tradizione di attestazione della Commedia (poi Divina a seguito del commento Boccaccesco) è caratterizzata da una sorprendente complessità a fronte delle innumerevoli attestazioni[3], tanto nella tradizione manoscritta quanto nella tradizione dei testi a stampa. Si tenterà pertanto di seguito di presentare una sinossi filologica delle prime attestazioni manoscritte, prendendo in esame due celebre manoscritti per un’analisi di taglio paleografico-filologico.

14 febbraio 842: i giuramenti di Strasburgo – Pillola linguistica

https://en.wikipedia.org/wiki/Strasbourg#/media/File:Strasbourg_Cathedral.jpg

Introduzione:

Pur non di meno valutando l’importanza della festa degli innamorati, di celebrazione ricorrente il 14 febbraio in onore di San Valentino[1], l’occhio di passion filologica non potrà mancar di notare come il medesimo giorno sia anche ricorrenza della sottoscrizione del patto di alleanza difensiva, conosciuto come Serments de Strasbourg (Giuramenti di Strasburgo), tra Lodovico il Germanico e Carlo il Calvo, figli dell’imperatore Lodovico il Pio (778-840), contro il fratello imperatore Lotario I. Il documento in questione, di datazione 14 febbraio 842 ma attestato unicamente dal posteriore ms. lat. 9768 BnF, di cui di seguito si propone la sinossi filologica, è riconosciuto come il primo documento cancelleresco di lingua romanza. La presente pillola linguistica si premura di presentare il documento dapprima sotto un punto di vista filologico e successivamente analizzando la patina linguistica che lo contraddistingue, dimostrandone l’importanza nella diffusione della lingua romanza di riferimento. Volendo dare un taglio romanzo alla presente pillola linguistica si andrà ad analizzare la varietà francese antica riportata nel giuramento di Lodovico il Germanico.

Manzoni e il manoscritto ritrovato – un falso lombardo a regola d’arte

Introduzione:

Sin dalla pubblicazione della ventisettana, il romanzo di Manzoni è stato ampiamente analizzato in ogni sua parte. Sulla sponda della linguistica, a lungo si è preso in esame l’evoluzionismo delle scelte manzoniane, in analisi comparativa con la quarantana, mettendo in luce come il Manzoni si sia mosso in direzione di un abbandono della patina fortemente ancorata ai lombardismi, quelli che lui definì idioti lombardismi a iosa, ed in direzione di una fiorentinizzazione della lingua, con in mente un progetto di unitarietà linguistica di enorme portata. Analizzando il romanzo è tuttavia innegabile il fascino esercitato dall’introduzione che il Manzoni antepone al suo romanzo. Volendo impiegare il medesimo artificio di occultazione della autorialità, già usato da Miguel de Cervantes nel Don Chisciotte (1605), da Vincenzo Cuoco nel Platone in Italia (1804; cfr. Di Massa, Gli albori del romanzo in Italia, 2022) e da Walter Scott nell’Ivanhoe (1819), Manzoni asserì di aver ritrovato un manoscritto secentesco che narrava la vicenda dei due promessi sposi. Al fine di accrescere l’autorevolezza del fatto, Manzoni trascrive un piccolo frammento, tratto dallo scartafaccio[1], per dimostrarne la reale esistenza. Trattasi di un finto manoscritto, filologicamente parlando, creato dal Manzoni stesso, la sua autorialità è assolutamente innegabile, ed è pertanto lecito chiedersi che tipo di patina linguistica abbia impiegato per ricreare questo falso manoscritto d’ipotetica mano secentesca[2].

Passeggiata romantica oltre le colonne d’Ercole – Gli albori del romanzo in Italia

Introduzione:

Per chiunque sia amante ed esperiente attivo della contemporanea società del romanzo potrà risultare alquanto interessante indagare le origini di questo genere che, nella modernità letteraria, ha assunto un carattere di totale dominanza, ponendo in ombra e relegando alla pedanteria dei colti il genere del verso, di tradizione plurisecolare ed illustre. Risulta piuttosto difficile tracciare un punto fermo oltre il quale il romanzo si può dire affermato, dato che il confine risulta alquanto sbiadito, di labile demarcazione a causa dello sperimentalismo che è andato avanti per ben lungo tempo, prima di giungere al prodotto definitivo. È tuttavia possibile individuare un terminus ante quem di stabilizzazione di un nuovo genere, in itinere verso il romanzo modernamente inteso. La prima attestazione di un romanzo propriamente detto, che dunque impieghi una prosa dal volto moderno, seppur vagamente ancorata alla tradizione classica, è il romanzo Garantua e Pantagruele di Francois Rabelais, medico e scrittore francese, che pubblica la prima edizione originale nel 1542. Questo romanzo da avvio ad una catena di opere, stilisticamente non dissimili ed altrettanto magistrali, che la critica ha definito i magnifici sette, ossia sette colonne portanti del romanzo moderno. Per ordine cronologico si ha: Miguel de Cervantes con il Don Chisciotte (1605), Daniel Defoe con Robinson Crusoe (1719); Jonathan Swift con i Viaggi di Gulliver (1726); Samuel Richardson con Pamela (1742); Henry Fielding con Tom Jones (1749); Lawrence Stern con Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo (1759).