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Categoria: Saggi

Beethoven’s Autobiographical Notes – A Life (Un)Like Many Others

By Joseph Karl Stieler – Google Arts & Culture, rotated and cropped to remove the potentially copyrighted photo of the frame., Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=133271390

Ludwig van Beethoven (1770-1827) is an unreplaceable milestone in the history of Western civilization, whose dimension is so crystal clear that, no matter the weaving moment of political and moral fashion of the day, his music is executed everywhere in the world. The reason is simple. Those who had the fortune to encounter and understand his music will never stop to be baffled by it, by its unique capacity to embed human sentiments inside a strict iron rational logic.

Differently from Chopin, who is so emotional to be undigestible to some, differently from Bach, whose love for abstract structure makes him the embodiment of the XVII century mechanicism, Beethoven is the unique pinnacle of intellect, reason and sensibility, a rare Kantian union of different aspects of human cognition and experience. But what about the life behind the music? Is Beethoven a man unlike many others? The answer is ambivalent when reading a selection of biographical notes and other annotations left in his Conversation Books and here, I will only draw some remarks without entering in the specificities of Beethoven’s life, which is assumed sufficiently known to the reader.

What I want to report here are the common threads that Beethoven shared with many other great thinkers. Yes, thinkers, because Beethoven only by accident was a musician, as his music is a philosophical act as Kubrick’s movies. As argued elsewhere, philosophy is not the land of written language necessarily but of argumentation for the sake of truth reached through a merciless critique of language. As such, it is pointless to draw a rigid line between Beethoven and Kant or Spinoza, to mention two major thinkers whose life wasn’t as different from Beethoven’s – Gens una sumus.

L’incoronazione della Vergine di Alessandro Bonvicini in una visione alchemica

File:Incoronazione della Vergine con i santi Michele Arcangelo, Giuseppe, Francesco e Nicola di Bari.jpg
Illustrazione 1: Alessandro Bonvicini detto il Moretto (1498-1554), l’Incoronazione della Vergine coi Santi Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele. Dipinto olio su tavola del 1534 esposto nella Chiesa dei Santi Nazaro e Celso di Brescia. Crediti: https://it.wikipedia.org/wiki/File:Incoronazione_della_Vergine_con_i_santi_Michele_Arcangelo,_Giuseppe,_Francesco_e_Nicola_di_Bari.jpg

La Basilica dei SS. Nazaro e Celso di Brescia

Entrando nella basilica dei SS. Nazaro e Celso di Brescia e procedendo sul lato di sinistra della navata, a ridosso del secondo altare decorato in marmo, si ammira la pala del Moretto del 1534, L’Incoronazione della Vergine coi Santi  Giuseppe, Francesco, Nicola e l’Arcangelo Michele (illustr. 3).

Sulla Pedagogia – Pensare l’insegnamento

Photo by form PxHere

 

Introduzione al tema – Come ho imparato dagli errori degli altri

Da quando sono in grado di pensare in modo critico, ho sperimentato una sistematica insoddisfazione verso la visione generale trasmessa dalla cosiddetta ‘istruzione pubblica’ che ho ricevuto, con la possibile eccezione della mia istruzione superiore all’Università di Siena (magistrale e dottorato svolti all’Università Vita-Salute San Raffaele – università privata). Questo ‘da quando’ è iniziato intorno ai miei ultimi tre anni di scuola secondaria perché, quando ero più giovane, tendevo a usare la mia mente per studiare più che per pensare a come avrei preferito studiare. Questa differenza critica potrebbe ben spiegare i diversi risultati che ho ottenuto durante i miei studi tra la scuola secondaria e l’università, dove ho conseguito il dottorato di ricerca in filosofia (epistemologia e filosofia politica) nei tempi richiesti. Successivamente, sono entrato a far parte delle accademie europee di istruzione superiore mentre insegnavo e valutavo epistemologia, metodi di ricerca e diversi altri corsi. Solo per dire che, dopo tutto, il cambiamento di performance vien difficile a spiegarsi esclusivamente in un mio subitaneo cambiamento.

Start up innovative – Speculazioni, geopolitica e paradossi economici

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Questa storia chiamerà in causa leggi, mercati azionari, antichi regnanti, economisti inglesi dell’età vittoriana, Paesi in competizione fra loro per avere un ridotto vantaggio l’uno sull’altro ed anche misteriosi animali mitologici. Credo che sia una buona ricetta per discutere di qualcosa che, altrimenti, sarebbe estremamente tecnico. Chiarisco fin da subito due caveat chiave di questa riflessione: in primis non sarà necessario passare in rassegna tutti gli interventi normativi statali, regionali o comunitari che riguardano le start up innovative (e che includerebbero anche le PMI innovative) e in secundis non fornirò alcun giudizio di valore sui singoli provvedimenti o decisioni dei Governi. L’obiettivo è anzitutto quello di mettere a sistema alcuni strumenti dell’analisi politica, normativa e giuridica, geopolitica, economica ed infine storica.

E questa storia prende le mosse, direbbero, in medias res, quando, a quasi un anno dal suo insediamento a Palazzo Chigi, il Governo guidato da Mario Monti approvava ad ottobre 2012 il primo decreto-legge sulle start up innovative[1].

Alcune riflessioni sul talento e la speranza – Sull’imprenditoria giovanile in Italia

https://pixabay.com/ – Ref. the Author

Abstract

In un mondo in cui le certezze e le speranze sul futuro sono messe gravemente in discussione, si nota l’emergere di situazioni sia individuali che sociali drammatiche, che attanagliano, in particolare, le nuove generazioni. La risposta è una rivoluzione dei concetti di utilità e di soddisfazione personale, attualizzandoli ad una maggiore presa di coscienza di quella che è la nostra identità. Nella mancanza di prospettive certe, inseguire il proprio talento non è positivo solo per l’individuo ma ha anche un valore sociale. A 26 anni dirigo due società molto diverse fra loro, con una preparazione accademica molto distante dai temi di cui mi occupo e senza aver mai avuto altre esperienze imprenditoriali. Eppure, sento che molti altri vorrebbero crearsi il proprio percorso a dispetto di superati opportunismi e ingannevoli comodità.


Ho ventisei anni, mi chiamo Cosimo e sono nato in un comune a cavallo fra le province di Pisa e di Firenze. Non ho alcuna presunzione di fornire risposte esaustive e dare asserzioni conclusive ma come tanti miei coetanei, ogni mattina, mi domando come sarà il mio futuro.

Blaise Pascal e (il suo) Dio

[Nota dell’autore. Qualche settimana fa avevo menzionato Blaise Pascal nei miei commenti a un articolo di Giangiuseppe Pili. Domenica scorsa Giangiuseppe mi ha inviato un messaggio e-mail in cui mi proponeva di scrivere un pezzo su Pascal per ScuolaFilosofica. Io gli ho risposto subito positivamente, rilevando la significativa coincidenza per cui, qualche ora prima, avevo iniziato a scrivere proprio un pezzo di tal genere per questo sito web! Tuttavia, non essendo io né un filosofo né un teologo di professione, il presente articolo non ha alcuna pretesa di esaustività né da un punto di vista filosofico né da un punto di vista teologico; vuole essere solo una riflessione (spero) articolata sul tema espresso nel titolo.]

Quest’anno ricorre il quarto centenario della nascita del filosofo e scienziato Blaise Pascal (Clermont, attuale Clermont-Ferrand, 19 giugno 1623 – Parigi, 19 agosto 1662).

Manzoni e il manoscritto ritrovato – un falso lombardo a regola d’arte

Prima pagina del manoscritto autografo de Gli sposi promessi, 1821 (Milano, Biblioteca Nazionale Braidense)
Incipit del romanzo dal manoscritto autografo Manz.B.III, 1821 (Milano, Biblioteca Nazionale Braidense).
Copyright: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:02-fronte-promessi-sposi.jpg

Introduzione:

Sin dalla pubblicazione della ventisettana, il romanzo di Manzoni è stato ampiamente analizzato in ogni sua parte. Sulla sponda della linguistica, a lungo si è preso in esame l’evoluzionismo delle scelte manzoniane, in analisi comparativa con la quarantana, mettendo in luce come il Manzoni si sia mosso in direzione di un abbandono della patina fortemente ancorata ai lombardismi, quelli che lui definì idioti lombardismi a iosa, ed in direzione di una fiorentinizzazione della lingua, con in mente un progetto di unitarietà linguistica di enorme portata. Analizzando il romanzo è tuttavia innegabile il fascino esercitato dall’introduzione che il Manzoni antepone al suo romanzo. Volendo impiegare il medesimo artificio di occultazione della autorialità, già usato da Miguel de Cervantes nel Don Chisciotte (1605), da Vincenzo Cuoco nel Platone in Italia (1804; cfr. Di Massa, Gli albori del romanzo in Italia, 2022) e da Walter Scott nell’Ivanhoe (1819), Manzoni asserì di aver ritrovato un manoscritto secentesco che narrava la vicenda dei due promessi sposi. Al fine di accrescere l’autorevolezza del fatto, Manzoni trascrive un piccolo frammento, tratto dallo scartafaccio[1], per dimostrarne la reale esistenza. Trattasi di un finto manoscritto, filologicamente parlando, creato dal Manzoni stesso, la sua autorialità è assolutamente innegabile, ed è pertanto lecito chiedersi che tipo di patina linguistica abbia impiegato per ricreare questo falso manoscritto d’ipotetica mano secentesca[2].

Emblematico DXV Dantesco – Interpretazioni sul Veltro di Dante

Di Mechanics Magazine – http://en.wikipedia.org/wiki/Image:Archimedes_lever_(Small).jpg, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1921693

«Sei tu il re dei Giudei?» «Tu lo dici: io sono re»

Giovanni 18,33-37

Illustrazione 2: Affresco di Pontorno. Gesù davanti a Pilato. Crediti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cristo_davanti_a_Pilato_(Pontormo)

In quel tempo, Pilato disse a Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re.

Apocalisse di Giovanni

Il linguaggio algebrico dei quattro angeli della devastazione

Illustrazione 1: Albrecht Dürer. “I quattro angeli della devastazione”. Xilografia datata tra il tra il 1497 e il 1498

L’Apocalisse di Giovanni mostra di sé un fatto nuovo che non è stato mai rilevato sul conto dei quattro angeli della devastazione.  Leggiamo il trafiletto AP 7,1-4 dell’Apocalisse C.E.I. Nuova Diodati che vi riguarda: