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Categoria: Linguistica

Pedagogia Sociale – Integrazione di Giochi e Interazione Sociale nel Processo di Apprendimento

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1.0 Introduzione

Il testo proposto “C’è gioco e gioco” redatto dalla pedagogista Barbara Zoccatelli e dalla formatrice Angela Palandri vuole dimostrare brevemente come il gioco sia uno dei primi imprinting fondamentali nei bambini sin dalla fascia di età 0-3 anni. Il bambino, infatti, si prepara alla vita giocando, impara ad affrontare le difficoltà di questa e a trovare soluzioni ai problemi che gli si pongono davanti, dapprima sottoforma di gioco, più avanti a partire dall’adolescenza sottoforma di soluzioni pratiche intellettive. È proprio attraverso il gioco che i bambini imparano i propri punti di forza e i propri punti di debolezza: non a caso nei primi anni di vita i bambini sperimentano utilizzando tutto ciò che gli passa sottomano[1], proprio perché sono alla ricerca della propria dimensione. Nella parte successiva del testo le relatrici si soffermano su quali varie tipologie di giochi il bambino ha a disposizione (migliaia) e quali sono dimostrati come i più efficaci, inoltre si soffermano brevemente sul ruolo dell’educatore nei nidi di infanzia.

Appunti di Glottologia: linguistica storica

Originariamente pubblicato in data 30 gennaio 2014

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Leggi Appunti di glottologia storica


Premessa

La linguistica storica, chiamata anche glottologia, è una branca della linguistica generale, che si occupa dello studio delle analogie delle varie famiglie linguistiche, dello studio etimologico delle parole e ancora dei rapporti diacronici presenti fra le parole. Gli strumenti che i glottologi usano in questo campo sono le stesse attestazioni storiche, ma anche gli specifici strumenti della linguistica generale come la fonologia, la morfologia, la sintassi e il lessico. Cerchiamo dunque, attraverso questi appunti, di capire l’evoluzione delle lingue, attraverso esempi e nozionistica.

Natalia Ginzburg, “La città e la casa” – Una nota linguistica

Esame linguistico del medium epistolare

 

  • 1. Introduzione e status quaestionis:

Sin dalla pubblicazione del romanzo epistolare La casa e la città (1984) di Natalia Ginzburg (1916-1991), la critica ginzburghiana ha concentrato la propria lente d’esame sulla questione spaziale, una dimensione senz’altro centrale nei romanzi della Ginzburg, accentuata dalle indagini critiche che hanno fatto seguito alla spatial turn: «La svolta “spaziale” […]. Un’inversione di tendenza, iniziata negli anni Novanta in ambito soprattutto Statunitense, e poi a partire dagli anni Zero giunta anche in Europa» (Tortora 2022: 281), un incrocio delle direttrici di ricerca tra critica letteraria e geografia, in questo caso nella sua indagine urbana. La critica che ha abbracciato la spatial turn ha visto nomi eccelsi, tra cui quelli di Pierre Bourdieu, Edward Said ed Edward Soja: un compendio dei critici della spatial turn è presentato da Enric Bou (2020: xi), e da Massimiliano Tortora (2022) in maniera ancor più dettagliata. Il contributo di Bou si inserisce nell’ambito degli studi di Emanuela Forgetta (2022) sulla questione degli “spazi urbani”, andando ad arricchire un patrimonio già notevolmente ricco di studi in prospettiva “spaziale” sui romanzi della Ginzburg.

Si inserisce in tale schiera di studi anche il contributo di Elisabetta Mondello (2017) che, pur contribuendo alla questione “spaziale”, non tralascia di sollevare all’attenzione della critica anche la questione linguistica della letteratura ginzburghiana. Lo status quaestionis degli studi linguistici su Natalia Ginzburg ha visto contributi importanti da curatori di edizioni, tra cui spicca quella di Cesare Segre di Lessico famigliare (2010), a cultori della lingua letteraria, tra cui Eugenio Montale, che ha parlato, in proposito, della «arte sua [della Ginzburg, N.d.R.] di mimare la cadenza del chiacchiericcio» (1963: 7). Le analisi linguistiche hanno coperto in particolare Lessico famigliare, e le sue «forme verbali idiolettiche» (Casadei 2013: 11). Si segnala inoltre il contributo di Elina Suomela-Härmä (2003) in analisi dell’uso di Natalia Ginzburg dei pronomi allocutivi. Il presente saggio si propone l’obiettivo di approfondire un’analisi linguistica del romanzo epistolare La città e la casa, ponendo in luce l’arte ginzburghiana della strutturazione del medium linguistico epistolare.

Petrarca, madrigale RVF 121: una sinossi filologica e un inquadramento delle problematiche

Nota metodologica circa le problematiche riguardo la tradizione manoscritta del madrigale petrarchesco RVF 121 per mano di messer Pietro Bembo nel ms. Vat. Lat. 3197.

Avvertenza: Il presente lavoro, di ecdotica e analisi comparata e in compendio del madrigale RVF 121 nell’insieme delle testimonianze, manoscritte e a stampa, parte da un’operazione paleografica[1] del componimento sulla base di manoscritti rilevanti delle varie fasi della gestazione del Canzoniere.[2] In fase paleografica si è tentato di rimanere quanto più fedeli possibile a quanto attestato sul manoscritto di partenza. Non avendo tuttavia un intento di edizione diplomatica nel presente lavoro, quanto più interpretativa, le trascrizioni paleografiche di seguito presentate hanno subito emendazione rispetto i seguenti fenomeni: il contoide fricativo labiodentale sonoro /v/, la cui grafia è resa con quella del vocoide posteriore alto /u/, è emendato alla grafia moderna [v]; il contoide affricato dentale /ts/ o /ds/, la cui grafia è resa con quella del contoide fricativo palatale sordo /ç/, è emendato alla grafia moderna [z]; qualsivoglia grafema che nel manoscritto sia sottinteso mediante l’impiego grafico di un titulus è reso graficamente tra parentesi tonde; la punteggiatura, qualora non si sia fatto riferimento a un’edizione interpretativa, è disposta dall’autore dell’articolo sulla base delle scelte effettuate da Gianfranco Contini (1964).

Linguistica Italiana – Minimi linguistici in “Fontamara” di Ignazio Silone

Wikimedia Commons; Copyright: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Aielli_Fontamara_murale.jpg

 

  • 1. Introduzione:

Ponendo come massima d’ispirazione generale, ed assunto fondamentale del carattere d’indagine, l’idea che il socialismo sia naturalmente intrinseco alla classe proletaria[1], appare necessario conciliare questo caposaldo con un accurato ricamo del tessuto linguistico quando la finalità è quella di romanzare la realtà contadina di un piccolo paesino, fondato interamente sul lavoro nei campi ed improvvisamente portato in rovina dall’oppressione fascista. Tale è lo spirito fondamentale del romanzo Fontamara di Ignazio Silone, pubblicato nel 1930 in Svizzera[2] con l’intento di raccontare, in termini vagamente autobiografici ed amaramente ironici, una realtà in cui l’autore stesso crebbe, da cui scaturirono gli ideali rivoluzionari che lo portarono ad aderire nel 1921 al Partito Comunista (Cassata in Silone 1978:7).

Dantedì 2023 – Una prospettiva sociologica del Dante uomo del Trecento

E. Delacroix - La Barque de Dante
Copyright: https://jenikirbyhistory.getarchive.net/amp/media/the-barque-of-dante-506ac6

 

Lettura di Inferno VIII in occasione del Dantedì 2023.

Introduzione:

In occasione del Dantedì[1] 2023, rivolto alla diffusione della meraviglia dantesca in ogni sua forma, è mia premura presentare un lavoro di analisi del celebre canto VIII dell’Inferno secondo una prospettiva più ampiamente sociologica, volta a dimostrare la peculiarità, di interesse storico, della mentalità dantesca che traspare. Si procederà dapprima ad una sinossi filologica di presentazione del lavoro dantesco per poi passare all’analisi interessata del celebre episodio di dialogo tra Dante e Filippo Argenti. Lo studio in questione è volto a creare dei ponti di collegamento con altri episodi tratti dalle tre cantiche, al fine di dimostrare come la mentalità dantesca, di impronta essenzialmente cristiana, differisse dai valori che, nella contemporaneità, sono attribuibili a tale etichetta. Fine ultimo del presente lavoro è presentare le sublimi peculiarità di Inferno VIII e, seguitamente, dimostrare come vi sia una netta ed insormontabile demarcazione tra l’ideologia politico-religiosa di un uomo del ‘300, puramente un uomo del suo tempo[2], e una qualsivoglia linea di pensiero, altrettanto politico-religiosa, della contemporaneità.

 

Inferno, canto VIII – una sinossi filologica e tematica

Ricostruire una sinossi filologica nello spazio di un articolo del presente calibro è impresa ben più che ardua, forse addirittura irrazionale. La tradizione di attestazione della Commedia (poi Divina a seguito del commento Boccaccesco) è caratterizzata da una sorprendente complessità a fronte delle innumerevoli attestazioni[3], tanto nella tradizione manoscritta quanto nella tradizione dei testi a stampa. Si tenterà pertanto di seguito di presentare una sinossi filologica delle prime attestazioni manoscritte, prendendo in esame due celebre manoscritti per un’analisi di taglio paleografico-filologico.

14 febbraio 842: i giuramenti di Strasburgo – Pillola linguistica

https://en.wikipedia.org/wiki/Strasbourg#/media/File:Strasbourg_Cathedral.jpg

Introduzione:

Pur non di meno valutando l’importanza della festa degli innamorati, di celebrazione ricorrente il 14 febbraio in onore di San Valentino[1], l’occhio di passion filologica non potrà mancar di notare come il medesimo giorno sia anche ricorrenza della sottoscrizione del patto di alleanza difensiva, conosciuto come Serments de Strasbourg (Giuramenti di Strasburgo), tra Lodovico il Germanico e Carlo il Calvo, figli dell’imperatore Lodovico il Pio (778-840), contro il fratello imperatore Lotario I. Il documento in questione, di datazione 14 febbraio 842 ma attestato unicamente dal posteriore ms. lat. 9768 BnF, di cui di seguito si propone la sinossi filologica, è riconosciuto come il primo documento cancelleresco di lingua romanza. La presente pillola linguistica si premura di presentare il documento dapprima sotto un punto di vista filologico e successivamente analizzando la patina linguistica che lo contraddistingue, dimostrandone l’importanza nella diffusione della lingua romanza di riferimento. Volendo dare un taglio romanzo alla presente pillola linguistica si andrà ad analizzare la varietà francese antica riportata nel giuramento di Lodovico il Germanico.

Manzoni e il manoscritto ritrovato – un falso lombardo a regola d’arte

Prima pagina del manoscritto autografo de Gli sposi promessi, 1821 (Milano, Biblioteca Nazionale Braidense)
Incipit del romanzo dal manoscritto autografo Manz.B.III, 1821 (Milano, Biblioteca Nazionale Braidense).
Copyright: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:02-fronte-promessi-sposi.jpg

Introduzione:

Sin dalla pubblicazione della ventisettana, il romanzo di Manzoni è stato ampiamente analizzato in ogni sua parte. Sulla sponda della linguistica, a lungo si è preso in esame l’evoluzionismo delle scelte manzoniane, in analisi comparativa con la quarantana, mettendo in luce come il Manzoni si sia mosso in direzione di un abbandono della patina fortemente ancorata ai lombardismi, quelli che lui definì idioti lombardismi a iosa, ed in direzione di una fiorentinizzazione della lingua, con in mente un progetto di unitarietà linguistica di enorme portata. Analizzando il romanzo è tuttavia innegabile il fascino esercitato dall’introduzione che il Manzoni antepone al suo romanzo. Volendo impiegare il medesimo artificio di occultazione della autorialità, già usato da Miguel de Cervantes nel Don Chisciotte (1605), da Vincenzo Cuoco nel Platone in Italia (1804; cfr. Di Massa, Gli albori del romanzo in Italia, 2022) e da Walter Scott nell’Ivanhoe (1819), Manzoni asserì di aver ritrovato un manoscritto secentesco che narrava la vicenda dei due promessi sposi. Al fine di accrescere l’autorevolezza del fatto, Manzoni trascrive un piccolo frammento, tratto dallo scartafaccio[1], per dimostrarne la reale esistenza. Trattasi di un finto manoscritto, filologicamente parlando, creato dal Manzoni stesso, la sua autorialità è assolutamente innegabile, ed è pertanto lecito chiedersi che tipo di patina linguistica abbia impiegato per ricreare questo falso manoscritto d’ipotetica mano secentesca[2].

Linguistica italiana meridionale: Il caso di “La Nonna Sabella”

Aldo Montemarano, ‘Melfi Il Castello le mura e parte del borgo’; copyright: Wikimedia Commons, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Melfi_Il_Castello_le_mura_e_parte_del_borgo.jpg

Introduzione:

Il presente articolo si premura di dimostrare, sulla scorta di studi di linguistica italiana del meridione come quelli dell’esimio Lausberg in termini di lucanistica, come il dialetto impiegato nella realtà lucana del nord, nel presente caso nella zona del melfitano, abbia subito un progressivo allontanamento da uno stato di maggiore unitarietà linguistica ad uno stato di distacco. Per il presente studio viene impiegata la testimonianza scritta fornita dal romanzo La Nonna Sabella di Pasquale Festa Campanile (edizione Bompiani, 1983), il quale trascrive fedelmente monologhi dialettali in un panorama sincronicamente collocabile nel primo ventennio del ‘900. La finalità di dimostrazione sarà ottenuta tramite un’analitica comparazione delle trascrizioni dialettali del romanzo con la trasposizione a dialetto della contemporaneità tramite l’ausilio delle qualità di ortoepia di una parlante lucana, nata a Melfi e cresciuta nella limitrofa Rapolla.

Il presente studio si concentra in particolar modo sull’evoluzione del vocalismo, prendendo in esame inizialmente le differenze fondamentali del vocalismo siciliano con il vocalismo lucano, ed il soggiacente ma al contempo sorprendentemente indipendente vocalismo della zona di Lausberg[1], e successivamente concentrandosi sull’analisi delle evoluzioni diacroniche di questi sistemi vocalici. Si prenderanno in esame con egual attenzione analitica il consonantismo, per esaminare l’evoluzione dei nessi consonantici, ed infine il contesto storico, politico e sociale e la rispettiva influenza sul panorama linguistico. Al fine di rendere quest’analisi proficua, è necessario sottolineare come il legame tra la linguistica, la storia, la politica e la sociologia sia ineluttabilmente inscindibile, niuno trarrebbe profitto da uno studio che avesse come fondamento l’isolamento della linguistica da qualsivoglia contesto circostante. Pertanto, sarà premura del presente studio spiegare come abbiano agito le influenze di tali caratteri sul panorama della linguistica.

Nessuna cultura è un’isola

Sui rapporti linguistici tra la cultura mozarabica e la nascita delle letterature  europee medievali

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a5/Had%C3%AEth_Bay%C3%A2d_wa_Riy%C3%A2d_-_BAV_Ar368_f10r_-_Garden_scene.jpg

Abstract

Articolo critico riguardante i rapporti tra la cultura araba medievale della Spagna meridionale e lo sviluppo delle letterature europee, in risposta analitica e puntuale alle accuse di separatezza tra occidente e medio-oriente.