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Questioni (non solo) linguistiche

 

GIANNI e PINOTTO sono i protagonisti immaginari del libro La matematica in cucina [edizione Bollati Boringhieri 2004, ristampa 2013] scritto da Enrico Giusti, fisico di formazione e matematico di professione (laureato in fisica, è stato docente universitario di Analisi matematica e Storia delle matematiche, e ha collaborato con matematici del calibro di Ennio De Giorgi ed Enrico Bombieri). I nomi dei protagonisti del libro sono ispirati a quelli di un famoso duo comico statunitense venuto alla ribalta nel secolo scorso.

Nel primo capitolo GIANNI e PINOTTO discorrono dei connettivi logici fondamentali con le relative tavole di verità e semplici circuiti elettrici che ne costituiscono modelli fisici. Quello seguente è un passo del loro dialogo, inerente all’utilizzazione di se, solo se, se e solo se nel linguaggio ordinario: «[GIANNI] – Vediamo: Ti presto il libro solo se me lo chiedi per favore, eh? [PINOTTO] – Bravo, ma forse era meglio dire: se e solo se me lo chiedi per favore. Perché a essere precisi, ti presto il libro solo se me lo chiedi per favore vuol dire che non ti presto il libro se non me lo chiedi per favore, ma non è detto che anche se me lo chiedi per favore poi io il libro te lo presti davvero. [GIANNI] – Diciamo la verità, questa è una pignoleria bella e buona. [PINOTTO] – In un certo senso è vero, e infatti se lo hai notato, ti avevo detto bravo. D’altra parte ti posso assicurare che quando due matematici discutono tra loro di qualche problema, non usano quasi mai quel linguaggio che poi viene scritto; al contrario, a volte pare che parlino cifrato, e riescono a capirsi solo tra loro» (p. 21).

Nel primo dei suoi due interventi PINOTTO effettivamente esagera nella pignoleria, sollevando una obiezione che a me sembra, francamente, fuori luogo. La frase ti presto il libro solo se me lo chiedi per favore proposta da GIANNI significa, a mio avviso: se tu me lo chiedi per favore io ti presto il libro, se tu non me lo chiedi per favore io non ti presto il libro! Se GIANNI avesse proposto, ad esempio, la frase ti presto il libro se me lo chiedi per favore, PINOTTO avrebbe avuto un motivo valido per obiettare, giacché questa frase significa che se tu me lo chiedi per favore io ti presto il libro, però, a rigor di termini, non comporta che se tu non me lo chiedessi per favore io non ti presterei il libro (sebbene nel linguaggio ordinario, frequentemente, venga utilizzata la congiunzione condizionale se con lo stesso significato di solo se). Nel mio precedente articolo Dio e gli alieni, ho citato la risposta di Guy ai giornalisti britannici che gli avevano chiesto se sarebbe stato disposto a battezzare un alieno: Solo se me lo chiedesse! (intendendo, evidentemente: se me lo chiedesse lo battezzerei, se non me lo chiedesse non lo battezzerei), e il fatto che Paul si sia dichiarato d’accordo con lui. Dunque, sotto questo aspetto, GIANNI, Guy, Paul e il sottoscritto (o, meglio, il soprascritto) la pensano allo stesso modo.

Prendendo in considerazione invece il linguaggio formalizzato della logica proposizionale classica, le espressioni se, solo se, se e solo se hanno significati diversi fra loro, i quali, oltretutto, non corrispondono esattamente ai significati delle stesse espressioni nel linguaggio ordinario (o linguaggio ‘naturale’). Infatti, indicando con P e Q due proposizioni (o enunciati, cioè frasi che sono o vere o false), per quanto concerne l’implicazione materiale si ha: P → Q (proposizione condizionale, da leggersi se P allora Q, oppure P solo se Q), falsa quando P è vera e Q è falsa, vera negli altri tre casi (prescindendo dall’esistenza di eventuali connessioni di carattere semantico fra le proposizioni P e Q), P ← Q (proposizione condizionale, da leggersi se Q allora P, oppure Q solo se P), falsa quando Q è vera e P è falsa, vera negli altri tre casi (prescindendo dall’esistenza di eventuali connessioni di carattere semantico fra le proposizioni Q e P); per quanto concerne la coimplicazione materiale si ha: P ↔ Q (proposizione bicondizionale, da leggersi Q se e solo se P, oppure P se e solo se Q), vera quando P e Q sono o entrambe vere o entrambe false, falsa negli altri due casi (prescindendo dall’esistenza di eventuali connessioni di carattere semantico fra le proposizioni P e Q). I connettivi della logica proposizionale classica sono vero-funzionali, ossia tali che la verità o la falsità della proposizione composta con essi dipende solo dalla verità o falsità delle proposizioni componenti.

Talvolta, l’implicazione materiale viene giustificata con la motivazione che essa corrisponderebbe all’implicazione utilizzata generalmente nel ragionamento matematico. Ad esempio, volendo dimostrare per assurdo un teorema avente la forma di una proposizione condizionale I → T (dove I è una proposizione detta ipotesi e T è una proposizione detta tesi del teorema), si suppone che, ammessa la verità della proposizione I, la proposizione T sia falsa, e si cerca di ricavare una contraddizione da ciò, il che comporterebbe l’impossibilità che, contemporaneamente, la proposizione I sia vera e la proposizione T sia falsa: se ne dedurrebbe la verità della proposizione condizionale I → T (si sta implicitamente assumendo, appunto, che una proposizione condizionale P → Q sia falsa solo nel caso in cui la proposizione P è vera e la proposizione Q è falsa). Occorre osservare tuttavia che, in situazioni del genere, non si è interessati all’eventualità in cui la proposizione I sia falsa! La giustificazione dell’implicazione materiale fornita nella maniera siffatta, pertanto, è debole (questo aspetto è stato evidenziato, fra gli altri, dallo storico della matematica Silvio Maracchia nel libro Breve storia della logica antica [Editrice Universitaria di Roma – La Goliardica, 1987]). L’implicazione materiale è stata criticata ripetutamente, in quanto ritenuta inadeguata a rappresentare il concetto ìntuitivo di implicazione fra due proposizioni: nella logica proposizionale classica anche una proposizione ragionevolmente “assurda” quale se due più due non è uguale a quattro allora due più due è uguale a quattro è formalmente vera (essendo due più due non è uguale a quattro una proposizione falsa e due più due è uguale a quattro una proposizione vera)! Al fine di porre rimedio a tale incongruenza, vari studiosi hanno elaborato importanti proposte alternative che, comunque, non esamino nel presente articolo.

 

Enrico Giusti è nato a Priverno, in provincia di Latina, nel 1940. Per far venire un po’ di acquolina in bocca, riporto i titoli dei capitoli de La matematica in cucina: 1. Avanti, prego, e accendete la luce; 2. Acqua calda; 3. Spaghetti; 4. Arrosto con patate; 5. Insalata; 6. Il rubinetto; 7. Qualcuno vuole il caffè?; 8. Focaccia per pane; 9. Lotterie.

In uno spot pubblicitario una nota showgirl italiana esclama: Se … non è, io non bevo caffè!, intendendo, ovviamente: se il caffè non è di quella determinata marca io non lo bevo, se è di quella determinata marca io lo bevo (si tratta di un esempio dell’utilizzo della congiunzione condizionale se con lo stesso significato di solo se).

Io, prevalentemente, bevo un solo bicchierino di caffè al giorno. E non gioco mai alle lotterie.


Giorgio Della Rocca

Sono nato il 10 Agosto 1964 a Pontinia, comune dell’Agro Pontino in provincia di Latina, e vi abito. Mi sono diplomato al Liceo Scientifico "G.B. Grassi" di Latina, e laureato in Matematica con indirizzo Didattico all’Università degli Studi "La Sapienza" di Roma. Negli anni Novanta ho svolto attività di collaborazione con "La Sapienza", anche presso la sede decentrata di Latina. Dal 1992 insegno Matematica in quello che attualmente è l’Istituto Statale di Istruzione Superiore "San Benedetto" (fondato nel 1956), situato nel territorio del comune di Latina. Altri interessi si possono evincere dai miei articoli presenti in "ScuolaFilosofica". Il mio motto: Scienza, Coscienza, Sapienza!

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