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Categoria: Storia Medioevale

Foreste: una questione (urgentemente) geopolitica

Sommario

Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti… 2

Le foreste di Venezia: una questione di interesse nazionale. 3

In sintesi 9

Le Foreste italiane: un mosaico di biodiversità. 9

In sintesi 10

L’Italia, l’Europa e le foreste. 10

Strategia Nazionale delle Aree Interne. 11

Strategia Forestale Nazionale. 14

In sintesi 15

Foreste e nuove tecnologie. 15

In sintesi 17

Conclusioni 17

Bibliografia scientifica sulle foreste. 18

Riprendiamo da dove ci eravamo interrotti

Qualche anno fa, a quattro mani, scrissi un breve articolo sul ruolo delle foreste naturali in chiave geopolitica. Il titolo: “L’ultima sfida globale: le grandi foreste naturali” lasciava presagire, forse in maniera fin troppo suggestiva, quale fosse l’interpretazione che si intendeva dare della questione, altrimenti molto più legata alla fisica o alla biologia, delle foreste.

La biblioteca – Definizione e storia

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Il termine biblioteca deriva dal greco “βιβλιο- ϑήκη”, βιβλιο è infatti il termine greco che indica “libro”, mentre ϑήκη indica “un luogo di deposito”. I βιβλιοϑήκαι erano per gli autori classici i mobili in cui libri venivano collegati. Nei secoli questi luoghi di raccolta sono divenuti sempre più grandi fino a divenire delle vere biblioteche moderne. Quindi in ultima analisi la biblioteca è un luogo dove si custodiscono, in maniera diversa, come vedremo, tomi e libri di tutti i generi per una consultazione al piccolo, al medio o al vasto pubblico, com’è stato nelle varie epoche in modi diversi. Importante sottolineare la differenza fra libreria e biblioteca: il primo è un luogo di “mercato” dove comprare i libri per poter sviluppare una biblioteca privata, il secondo invece come detto è un luogo di conservazione. In quest’epoca di digitalizzazione del libro il ruolo delle librerie e delle biblioteche è sempre più importante: il rischio di perdere nozioni attraverso la digitalizzazione della carta è sempre più forte, tanto che, aumentano via via di numero le biblioteche digitali, autorizzate e non, dove poter consultare libri direttamente online, scoraggiando la nascita e lo sviluppo di nuove case editrici e di conseguenza di librerie.

Storia della geografia medievale e moderna

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Come abbiamo avuto modo di leggere nell’articolo sulla geografia antica, le numerose conoscenze apprese nell’epoca di maggiore fioritura dell’ellenismo, nei floridi circoli alessandrini, andarono perse con l’inizio dell’epoca altomedievale: cosa succedette di preciso?

Con la fine dell’impero romano, nel 476 d.C., tutte le grandi opere che erano state partorite dal genio di scienziati e stimati pensatori, andarono in gran parte perdute per via del fatto che all’epoca non era ancora stata istituita la figura importante dell’amanuense che, infatti, comparirà proprio in epoca medievale per sanare quella lacuna che era stata propria dei secoli precedenti. Un esempio per tutti: nelle conoscenze geografiche e negli scritti di Tolomeo veniva riscontrata la conoscenza dell’arcipelago delle Canarie che verrà del tutto persa fino al 1336 quando Nicoloso da Recco e Lancelotto Malocello, i due scopritori “ufficiali” dell’arcipelago, non avranno modo di comunicare al mondo la loro esistenza. Ancora più emblematico è il caso di Costantino di Antiochia: egli era un mercante bizantino, noto con il nome di Cosma Indicopleuste, “navigatore indiano”, aveva effettuato un lungo viaggio che lo portò a scoprire l’India nel 520 d.C.; egli rifiutava apertamente le idee tolomaiche e andava predicando il fatto che la terra fosse una enorme isola piana rettangolare. Decisamente un passo indietro rispetto alle prestigiose scoperte dell’epoca ellenistica di Tolomeo  e prima ancora del centro di studio dei pitagorici. Ma si possono fare anche tanti altri di questi simili esempi.

La malaria nella Sardegna medioevale

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Che profumi tra i canneti, nella macchia popolata di lepri e di pernici, quando tornava il sole a risuscitare i ceppi morti e abbandonati dei bassi vigneti. Il guaio era che il paradiso in Baronia durava tre mesi: dopo il sole diventava cattivo, si metteva a pentirsi della gioia che aveva portato tra gli uomini, impazziva anche lui, in una settimana portava il deserto.

Salvatore Satta[1]

Preliminare discussione delle fonti

… chiara dimostrazione di come la società abbia bisogno degli storici, i quali assolvono il compito professionale di ricordare ai loro concittadini ciò che questi desiderano dimenticare.

Eric J. Hobsbawm[2]

 

… sempre che ci sia dato “ricordare”…

Il silenzio è la prima parola che viene in mente pensando alle fonti della storia della Sardegna nel medioevo e non solo. Silenzio delle fonti scritte, silenzio delle tradizioni orali, per quel possono mantenersi nel tempo. E, per quanto riguarda la storia della malaria, silenzio anche degli stessi storici di professione e dilettanti.

Il sacrum barbarico.

Il nostro discorso si pone come obiettivo primo di risolvere un problema centrale e fondamentale (con ciò intendo che il problema sta al fondamento dell’analisi del tema affrontato) in relazione all’analisi del tema scelto, il problema dell’esistenza del sacro per il barbaro: ‘esiste il sacro per il barbaro?’ sarà la domanda cui cercheremo la risposta. Nello sviluppare il nostro discorso dovremo passare inevitabilmente dall’individuare i tratti caratteristici del sacrum barbarico, dal rilevare come questi tratti siano stati in relazione con la struttura sociale politica e giudiziaria propria del barbaro e come abbiano condizionato la storia dei popoli barbari quando questa storia vide l’incontro con la cultura cristiana. Porremo in verità altre domande, cui però non daremo una risposta, ma che fungeranno piuttosto da stimoli di riflessione, in quanto questioni solo poste e non già risolte. Il nostro discorso prende in considerazione i tratti comuni del barbaro spesso senza entrare nel dettaglio (e distinguo) spaziale e temporale; tratteremo del barbaro europeo vissuto nel medioevo.

La formazione dell’Europa cristiana – Peter Brown

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La formazione dell’Europa cristiana è un libro monumentale sul periodo tardoantico, vale a dire, pressappoco, dai primi secoli d. C. (200 d. C.), all’anno mille. Già su questo difficile argomento, vale a dire la ragione di una cesura di grandi periodi storici, nel libro si possono trovare interessanti osservazioni, la prima delle quali il motivo per cui la tardoantichità si è ritagliata, nel tempo, uno spazio e un’attenzione sempre maggiore. E’ pur vero che nessuno, in precedenza, ha mai creduto alle date in termini assoluti: il 476 d. C., data del crollo dell’impero romano d’Occidente, non è che uno degli anni che sarebbero potuti andar bene per segnare la fine del dominio romano occidentale. Le cose, però, sono sempre molto più sfumate, se si va a scendere nel dettaglio, ed è ciò che Brown fa.