Longhua Temple, Shanghai, China Copyright: Wikimedia Commons, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Shanghai_-_Longhua_Tempel_-_0024.jpg
Xi Jinping e il discorso politico cinese: Confucio o Han Fei?
Prima di affrontare l’analisi della filosofia politica di Xi Jinping, è necessario chiarire cosa significhi oggi recuperare il pensiero dei filosofi del passato in chiave politica. Le motivazioni principali che spingono a una “rinascita” filosofica nella politica contemporanea sono essenzialmente due: da un lato, ottenere una forma di legittimazione attingendo a un passato considerato glorioso; dall’altro, delineare un modello politico da attualizzare con intenti programmatici. Questi due obiettivi, nella prassi politica, tendono spesso a sovrapporsi. La storia offre numerosi esempi in cui sia i regimi totalitari (si pensi all’uso strumentale che il nazismo fece della filosofia tedesca ottocentesca), sia le democrazie (talvolta richiamandosi proprio agli stessi autori), hanno attinto selettivamente e con finalità politiche al patrimonio filosofico del passato.
Chinese Emperor Fu Hsi, wearing traditional costume, holding the ‘Yin-yang’ symbol; Copyright: Wikimedia Commons, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Chinese_Emperor_Fu_Hsi,_wearing_traditional_costume,_Wellcome_V0018487.jpg
La filosofia politica cinese contemporanea: Rinascimento Confuciano e proposta di un modello ibrido.
Offrire una panoramica esaustiva del pensiero filosofico-politico cinese in poche righe sarebbe non solo inefficace, ma anche riduttivo e irrispettoso verso la complessità e la profondità di questa tradizione. Tuttavia, alcuni aspetti fondamentali devono necessariamente essere introdotti per poter proseguire in modo rigoroso l’analisi del problema.
In primo luogo, prenderemo in esame lo status attuale della filosofia cinese nel panorama intellettuale globale. In seguito, si analizzerà, in termini generali, il fenomeno socioculturale della riscoperta e della riattualizzazione del pensiero confuciano all’interno della politica cinese contemporanea. Infine, l’attenzione sarà rivolta ai più recenti sviluppi teorici del cosiddetto “modello politico confuciano”, proposto come possibile risposta alla crisi delle democrazie liberali.
Nelle ultime settimane, il conflitto tra Iran e Israele ha riportato al centro del dibattito il ruolo dell’Unione Europea nei grandi scenari geopolitici. La crisi in corso, con attacchi reciproci, vittime civili e un cessate il fuoco fragile mediato da attori esterni, dimostra quanto sia ancora debole la capacità dell’Europa di proporsi come soggetto strategico autonomo.
La questione non è solo militare o diplomatica: è una questione di struttura. L’Unione Europea, così com’è oggi, ha fondamentali difficoltà a comportarsi come una potenza centralizzata sul modello statunitense. La sua architettura è fatta di Stati con storie, interessi e sensibilità diverse. Il sogno di un governo federale unitario, se mai è stato realistico, appare oggi superato dagli stessi meccanismi della storia. Sebbene vi siano strumenti e istituzioni profondamente centralizzate, per vari motivi, sono ancora i capi di governo a dettare l’indirizzo strategico di ciascun stato membro e proprio in virtù di questo potere tendono ad instaurare alleanze cruciali che non necessariamente sono incluse nel perimetro dell’Unione.
Nota dell’Autore
Dopo una giornata di lavoro, quando il cielo si tinge di grigio o il tardo pomeriggio cala, spesso l’unica via di fuga è immergersi in una serie di intrattenimento. In queste serate, tra il torpore e la distrazione, ho iniziato a esplorare alcune produzioni che trattano di teorie su antichi cataclismi mai confermati scientificamente e di avvistamenti alieni. Mentre guardavo, nella mia mente si formavano pattern fantasiosi e speculazioni di ogni tipo, fino a quando non mi sono fermato a riflettere: la narrazione sugli alieni, sulle civiltà perdute e sui cataclismi che avrebbero cancellato interi continenti in tempi non troppo remoti, senza lasciare traccia, non è forse simile, per struttura e finalità teorica, a quelle narrazioni che spesso sentiamo da politici ed economisti sullo stato della nostra economia? Queste storie, benché sembrino distanti, hanno in comune una struttura narrativa che spesso va oltre la realtà tangibile. Comprendo e condivido le critiche che si possono sollevare contro questa analogia, ma mi domando: sono davvero così diverse queste due narrazioni? Vorrei approfondire questa riflessione partendo proprio da un episodio di una delle serie che ho guardato, per esplorare più a fondo questa intrigante somiglianza.
Humans purposefully act every day and all the time. They act differently, however, every single time, as they are all immersed in a changing environment.[1] As such, all actions are different, at least, according to time, where ‘time’ here is intended as conventional and landscape-time (meaning, the natural flow of events).[2] Instead, from a human perspective, it is the action taken that determines the perception of time flow and the related awareness and meaning of time change.[3] This is a flat way to understand different types of actions, however, because the order in which actions are executed does not tell anything about their different nature, that is, the type of causal events they are immersed and part of in relation to some desired effect to be determined.
As Ludwig von Mises argued, human action is based on the premise of change: “Human action is purposeful behavior. Or we may say: Action is will put into operation and transformed into agency, is aiming at ends and goals (…) [human action] is a person’s conscious adjustment to the state of the universe that determines his life.”[4] Although all actions are taken according to specific dispositional belief, that is, according to a given intention formulable in a sentence in which the factual components indicate the desired state of affairs to be reached,[5] they can be classified according to what piece of reality they are intended to bring change.
Preconditions and Premises for Understandability of Human Actions
The best way to understand the different typologies of actions is to divide them into causal/effect categories. Any purposeful human action is rationally calculated in function of given desired effects intended to be reachable through a given intention to be fully translated into the realm of extension.[6] For understanding how humans act, it is necessary to assume that they know how they can make a meaningful difference in the world of the extension.[7] In other words, they assume that they can translate their intentions into proper action, where the action is causally determined by a correspondent state of the mind, whose factual determination is also the definition of the goal to be achieved through the action itself.[8] It is assumed that any mental state is part of a chain of causes whose result is action and its associated state of mind.[9]
Qualche giorno fa, mentre la calura di un’estate che in Italia ha tardato ad arrivare, vittima di un mio non nobile vizio, con un sigaro acceso, mi sono imbattuto in un Business Plan (BP). L’ennesimo che, in pochi anni, mi trovo ad ogni angolo di posta elettronica. E mi sono domandando: ma quale è la storia di un BP?
“La società aperta e i suoi nemici” una introduzione
In questo testo presentiamo al lettore il capolavoro della filosofia politica di Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici, che, insieme a L’origine delle specie e Moby Dick, tutti dicono di aver letto e capito ma in realtà ben pochi lo hanno letto, figurarsi capito. Attacchi da ogni parte arrivano alla visione di Popper, che nonostante tutto lo sforzo, continua ad essere un faro di intelligenza e speranza per un mondo in cui, vien da dire, i veri vincitori ideologici della guerra fredda sono stati i vinti, realizzando così una condizione di rovesciamento simile a quella considerata da Philip Dick ne La svastica sul sole.
Non sono un grande esperto delle teorie del complotto o complottismo, sia in campo politico che scientifico. Non solo non sono un esperto, ma non mi interessano per niente. Prima di tutto mi annoiano, in secondo non mi affascinano. Eppure hanno generato un impressionante dibattito nel mondo internazionale, giungendo addirittura al Jouranl of Philosophy in tempi non sospetti ma generando un vasto dibattito tra gli ivory towers philosophers, il che è tutto dire.
Sono stato, mio malgrado, coinvolto da questo fenomeno per via di alcuni miei amici, i quali invece sono curiosamente attratti da queste visioni alternative, il primo ne è un grande appassionato per ragioni ideologiche. Pur non credendoci sino in fondo (ma poi vallo a sapere!), egli vorrebbe crederci, ovvero assumerle come interpretazione standard della realtà, principalmente per andare contro la “visione dominante” secondo cui la scienza è l’unica religione possibile. Dove qui, effettivamente, con “scienza” si intende genericamente qualsiasi informazione passata come vera solo perché qualche istituzione statale ha pagato per la “ricerca”. Essendo il mio amico una persona intelligente, non riesce ad accettare questa sorta di narrativa per pseudo-adulti come qualcosa di vero o, perlomeno, di bello da credere. Effettivamente, credere che la verità sia un modulo burocratico difeso dalla polizia obiettivamente non desta molta appetibilità. Pur essendo io agli antipodi di questo modo di pensare, entrambi convergiamo in una visione assai critica di questa riduzione per infanti di quello che è il processo scientifico, che è fatto di esseri umani, soldi, burocrazia e marketing, come tutto il resto. Non perché necessariamente ci sia niente di meglio, ma perché questo non trasforma un’attività umana in una attività divina. Su questo, vorremmo dire, c’è poco margine di disaccordo.
Trougnouf / CC BY-SA (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)
Cosa è il capitalismo? Cercherò di scrivere questo breve testo nel modo più semplice e chiaro che mi è possibile. Infatti, credo nella necessità di far chiarezza per chi ha l’interiore necessità di capire e non di giudicare senza capire. Chi pensa di capire qualcosa senza entrare nel merito o è un ingenuo o è un illuso e in entrambi i casi non sta impiegando al meglio la sua ragione. A chi crede che basta sentire o emozionarsi per poter aver voce in capitolo ribattiamo che, se poi lui o lei tenta di articolare asserzioni motivate, allora ha già ceduto le armi alla ragione. Quindi qui offriamo ragioni e argomenti e chi cerca qualcosa di diverso, lui o lei è invitato a pascersi della propria sicurezza non garantita da solidi argomenti in altri luoghi del web, che sicuramente fanno meglio per lei o lui. Credendo fermamente nell’idea che nessuno meglio della persona sa cosa è meglio per lei, e se il suo meglio consiste nell’emozionarsi a costo zero, bene, qui ci sarà solo l’emozione del seguire un ragionamento. Con questa essenziale considerazione in mente, proseguo senza ulteriori indugi.
Queste note sono nate da una bella conversazione con un nostro interessato lettore, che ha posto molte obiezioni pertinenti e classiche al pensiero liberale. Vivendo in un periodo che dice di essere liberale ma invece è illiberale alla radice, tali obiezioni sono interessanti per qualunque lettore di SF. Riporto solo le mie risposte.
Liberalismo, causalità e determinismo – Una difesa
Tre osservazioni. (a) Il liberalismo è compatibile con il determinismo forte – come lei suggerisce. Per il liberale ciò che conta è la possibilità d’azione in conformità con l’elaborazione dei valori a seconda di quanto uno crede o pensa. Questo l’ho esposto con molta chiarezza essendo io stesso un causalista (cioè ritiene che il libero arbitrio è un’idea filosofica errata). Questo è stato esplicitamente scritto dall’articolo “Efficienza come precondizione e valore morale“. Lì la posizione va proprio in linea con quelle evidenze empiriche che sembrano mostrare che il libero arbitrio non è in linea con le ultime ricerche scientifiche. (b) Le evidenze empiriche non eliminano la validità di alternative in questo senso. Primo, il libero arbitrio – come sosteneva Kant che era in parte causalista anche lui – è una condizione a priori e quindi non validabile empiricamente tanto è che Kant stesso lo pone come principio morale ma come indimostrabile – né sconfiggibile (come antinomia della ragione). Secondo, le evidenze scientifiche non dimostrano niente perché non sono appunto relative alle scienze dimostrative ma empiriche e, in quanto tali, suscettibili di revisione empirica. Ma in ogni caso, una tesi metafisica come il libero arbitrio rimane valida (difendibile) anche in presenza di limiti. Inoltre, il fatto solo di dire che siamo animali sociali – e quindi limitati nell’azione da elementi esterni – non significa niente se non che esistono limiti esterni. Nessun liberale direbbe il contrario. (c) Siamo passati da una analisi del liberalismo ad una analisi della libertà. Tornando al liberalismo, di nuovo, non c’è scritto da nessuna parte che il soggetto razionale è un solipsista morale. Inoltre, ma una visione alternativa in cui tutti è riposto nei fattori esterni non aiuta neppure le visioni contrarie. Sostenendo quanto sostiene, semplicemente qualsiasi visione politica diventa priva di responsabilità individuale che ricade nel paradosso che allora davvero nulla dipendendo dall’individuo tutto dipende da un non conclamato gruppo. In poche parole, una persona non risponde a me come libero cittadino razionale. Costui non esiste. Costui è un’istanza di un gruppo che si “materializza” (vallo a capire in che modo) e che mi scrive senza alcuna razionalità personale per mezzo di restrizioni naturali e sociali. Come dovrei prendere un’entità siffatta? Dal mio punto di vista, dovrei dire che non piacendo rispondere ad una macchina preimpostata non dovrei neanche rispondere. Invece, io credo che costui ha un suo punto di vista, che probabilmente non condivido ma che ha tutta la libertà e liceità di affermarlo e io ho la scelta di replicare o no. Siccome credo nel libero mercato delle idee e nel fatto che bisogna discutere per migliorare io e il lettore, rispondo supponendo che chi mi scrive sia un individuo le cui azioni sono sue in senso nitido – causalista o non causalista – e che costui è responsabile di esse. La sua storia personale, la sua appartenenza sociale (le varie, dalla famiglia, al rione alla città etc.) non mi interessano perché esse non eliminano la sua individualità e il fatto che costui è libero di causare il mondo in tal modo che io devo leggere e scrivere per dire il mio punto di vista.