Press "Enter" to skip to content

Autore: Federica Mazzocchini

Federica Mazzocchini è psicologa e psicoterapeuta, specializzata con lode presso la Scuola di Psicoterapia Erich Fromm di Prato, a orientamento psicoanalitico umanistico. È abilitata con lode all’insegnamento della filosofia e scienze umane negli istituti superiori. Unisce nella sua ricerca la profondità della psicoanalisi con la riflessione critica della filosofia e l’interesse vivo per le trasformazioni culturali e sociali contemporanee. Il suo stile di pensiero è marcatamente interdisciplinare, attento tanto all’elaborazione teorica quanto alle forme simboliche attraverso cui l’inconscio si esprime: musica, linguaggio, sogno, scrittura. Appassionata lettrice di Freud, Lacan, Fromm e Hegel, coltiva una visione del soggetto come realtà complessa, attraversata da tensioni, desideri e possibilità di trasformazione.

Espellere l’indicibile: una lettura filosofica tra psicoanalisi e dialettica

Copyright: Pixabay

1.  Introduzione: il negativo come condizione del pensiero

In questo scenario, filosofia e psicoanalisi si incontrano: entrambe sono chiamate a pensare l’impensabile, a trattenersi presso il negativo senza cedere alla tentazione del senso immediato. Il pensiero, in quanto tale, si origina sempre da una frattura: «Pensare è sempre pensare contro se stessi», scriveva Adorno, rifiutando ogni riconciliazione prematura (Adorno, 1966)[5]. È su questa frattura che questo saggio intende soffermarsi, per pensare il trauma non come un limite, ma come una soglia: il luogo stesso in cui si apre la possibilità della trasformazione.

La difficoltà a simbolizzare l’esperienza traumatica ha prodotto un incremento di fenomeni regressivi: violenza, panico morale, negazione, agiti collettivi. Tali manifestazioni possono essere comprese come “deiezioni psichiche”, secondo la felice espressione coniata da Federica Mazzocchini, ossia come espulsioni dell’indicibile che il soggetto non riesce a elaborare mentalmente. Come nota Julia Kristeva, «ciò che viene rigettato non per questo scompare. L’abietto è ciò che inquieta un’identità» (Kristeva, 1980)[4].

Desiderio e Contrappunto: la Psicoanalisi come Filosofia del Tempo Interiore

Copyright: Pixabay

 

Introduzione 

In un’epoca in cui il tempo è frammentato, accelerato, continuamente interrotto da impulsi e notifiche, ripensare il desiderio alla luce della psicoanalisi e della filosofia significa  interrogare l’essere umano nella sua essenza temporale più profonda. Il desiderio non è una  meta, né un oggetto possedibile: è ciò che ci struttura, che ci costituisce nella mancanza,  come scriveva Lacan, e che si ripete come un’eco nella storia dell’inconscio. Ma questa ripetizione, lungi dall’essere circolare, ha la struttura complessa del contrappunto: voci interiori che si sovrappongono, si rincorrono, si oppongono, e talvolta si accordano senza mai farsi unità.

La musica – e in particolare la forma contrappuntistica – ci offre una metafora potente del funzionamento psichico. Come nella fuga bachiana, l’io non si esprime in un monologo  lineare, ma in una polifonia di elementi dissociati, in tensione costante. Ogni sintomo, in questa prospettiva, è un frammento melodico ripetuto, deformato, variato. L’inconscio non parla, canta. E canta sempre la stessa assenza: quella dell’oggetto che manca e che fonda il desiderio.