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Tag: Colonia penale agricola in Sardegna

3.5 Colonia penale agricola di San Bartolomeo (Cagliari)

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Al pari di Isili la colonia di San Bartolomeo nasce come appendice del penitenziario di Cagliari. Carlo Alberto infatti, al suo undicesimo anno come re di Sardegna, nel 1842 fondò il nuovo stabilimento che avrebbe ospitato i lavoratori delle regie saline di Cagliari e di Carloforte.[1] Oltre che nelle saline, i detenuti venivano utilizzati a bordo di una nave addetta “spurgo del porto di Cagliari.”[2]

Il bagno penale di San Bartolomeo rimase tale fino a quando il ministero dell’Interno, lo sottrasse al ministero della Marina,[3] avocando a sé la diretta amministrazione e facendolo diventare una colonia agricola, senza per questo rinunciare all’impiego dei condannati nelle saline, attraverso ditte private che pagavano l’amministrazione penitenziaria per farsi ‘cedere’ dei detenuti per i lavori.

3.2 Colonia penale agricola di Sarcidano (Isili)

DZankell, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Tre anni dopo la fondazione della colonia di Castiadas, nel marzo del 1878, sorgeva nelle campagne di Isili una nuova colonia. Isili, posto al centro della Sardegna nel Sarcidano, non lontano da Laconi, aveva una economia basata prettamente sull’agricoltura e ancor di più sull’allevamento e pastorizia: infatti, la morfologia del territorio non prospettava la possibilità di grandi coltivazioni, come invece era nel Sarrabus a Castiadas. Era sorto come succursale del penitenziario di Cagliari, però divenne presto autonoma. A differenza di altre zone della Sardegna, specie quelle pianeggianti, il Sarcidano non era flagellato dalla malaria, anche se non si doveva mai trascurare la ‘potenza’ di questa malattia. Tuttavia la bonifica era necessaria: i terreni incolti, appartenenti ai vecchi ademprivi, erano sempre consistenti, e per questo da bonificare e da rendere fruibili ai futuri coloni.

Si estendeva su una superficie di circa 734 ettari, dei quali soltanto 250 coltivabili: il podere di Isili stava sopra delle rocce “giuraliassiche e il suolo era formato da macigni grandi e piccoli, più o meno emergenti. […] Il terreno destinato alle colture si hanno il calcare, l’argilla e l’arena, variamente mescolate. […] nel suolo roccioso si tengono il sughero, le querce, il leccio e nel sottobosco sono presenti lentischio, fillirea, erica, e via dicendo”[1]