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Tag: Giovanni Giolitti

Storia del fascismo italiano – 1919 al 1932

seier+seier / CC BY (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)

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Il fascismo occupa un posto di rilievo nella storia italiana. Il fascismo riguarda un movimento politico che ha determinato rivolgimenti sociali e politici di grande rilevanza, con cui la coscienza italiana deve continuamente confrontarsi per non ripeterne le follie.

Il fascismo ha alla base dei presupposti storici fondamentali: era idea corrente e comune alla maggioranza degli italiani che il risorgimento fosse rimasto incompiuto e che l’unità nazionale non fosse stata raggiunta. Ciò era alla base dello scontento generale. Appena terminata la prima guerra mondiale si avvertì l’insoddisfazione globale per “una vittoria mutilata“: troppe vittime erano cadute, troppi soldi erano stati spesi e troppi sacrifici erano stati sobbarcati dai nuclei familiari. Per non parlare delle querelle diplomatiche neppure oggi ancora del tutto sopite. Quindi la debolezza statale, la questione di una vittoria mutilata e la situazione rivoluzionaria dovuta al cosiddetto biennio rosso (1919-1920) portarono all’emergere di una figura e di un movimento, che ben avevano compreso i bisogni degli italiani. Senz’altro sia il movimento fascista prima, che quello nazista dopo, furono le espressioni dell’espansione della borghesia e del suo desiderio di giungere a una società organizzata che, appunto, fondasse le basi su questa classe sociale nonostante che entrambi i movimenti avessero una veste profondamente antiborghese e un’ideologia di avanguardia che tendeva a riconsiderare molto criticamente i valori della borghesia.

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Alla fine del diciannovesimo secolo ci fu una crisi che segnò profondamente la politica e l’economia italiana. L’obiettivo era l’evoluzione del sistema liberale, che da lì fino all’avvento del fascismo avrebbe dato vita ad ampi dibattiti politici nella penisola italiana. La fine di questo secolo è segnata senz’altro dagli sforzi economici e bellici portati avanti da una infruttuosa campagna militare coloniale decisa da Crispi, finanziata fra gli altri, dalla compagnia Rubattino.

Fu proprio questo insuccesso coloniale a determinare la caduta dello stesso Francesco Crispi nel 1896. Tuttavia la crisi politica non fu scongiurata dal solo cambiamento ai vertici e il governo successivo presieduto da Antonio di Rudinì dovette affrontare gravi crisi e tensioni: egli propose una politica conservatrice, il cui obiettivo consisteva nel reprimere con la forza tutte le proteste popolari, senza riconoscerne la legittimità e discriminava ogni forma di protesta sociale, anche perché l’ascesa del socialismo e del comunismo marxista aveva determinato una preoccupazione crescente nella destra storica.