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Waka Waka This time for Africa – Ovvero uno studio su un risultato vincente dell’industria culturale di massa.

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Questa breve analisi vuole mostrare due proprietà importanti della canzone Waka Waka (This time for Africa): primo, si tratta di un prodotto dell’industria culturale e, come tale, va considerata sul piano della lavorazione prim’ancora che del livello estetico; secondo, che essa è stata una progettazione complessa programmata per essere un “contenuto culturale vincente”, vale a dire capace di attirare l’attenzione di milioni di individui.

Un prodotto dell’industria culturale è un qualunque artefatto che contiene informazioni con il solo scopo di un guadagno, sia esso economico o di prestigio, o di entrambi. Se la definizione proposta è vaga, è solo perché la produzione dell’industria culturale è, di per sé, molto variegata e include molti artefatti culturali di genere molto diverso. La principale caratteristica, però, rimane il fine: se ogni opera d’arte deve avere un fruitore potenziale, ciò non vuol dire che essa abbia come scopo un guadagno, inteso come la massimizzazione di un’utilità tangibile. Assumiamo che l’Arte, distinta, in ciò, dalla pura produzione di artefatti culturali, sia la produzione di opere belle, cioè rimarchevoli da un punto di vista estetico. Allo stesso modo, assumiamo che la produzione di Conoscenza, in qualsiasi forma essa si presenti, sia slegata dal guadagno, come l’abbiamo precedentemente definito. In questo senso, possiamo parlare dei contenuti dei prodotti dell’industria culturale come degli artefatti informativi che non hanno come scopo né la produzione di opere esteticamente rimarchevoli, né di opere conoscitivamente rilevanti, ma solo artefatti (perché prodotti da individui attraverso strumenti) informativi (perché hanno come contenuto un materiale da consumare a livello mentale) il cui scopo è divertire lo spettatore e far avere vantaggi al produttore.

Gli infiniti modelli della musica classica

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La musica attrae l’essere umano, che la fruisce e la produce da millenni. Ogni cultura e ogni epoca ha una sua musica. Non ci interessa, qui, trattare delle varie categorie musicali, ma vogliamo mostrare perché la musica classica, ancora oggi, costituisce il centro fondamentale della nostra cultura musicale.

Con “musica classica” intendiamo genericamente tutta la produzione musicale che ha come unico scopo quello di produrre materiali sonori esteticamente rilevanti. Non ci interessa considerare prodotti il cui scopo si esaurisce nel puro e semplice intrattenimento, intendendo qualcosa di essenzialmente diverso dall’esperienza estetica. Nell’esperienza estetica l’intrattenimento è solo una conseguenza contingente e collaterale della fruizione dell’opera d’arte, mentre nell’esperienza del divertimento l’aspetto ludico, di spensieratezza è piuttosto l’aspetto principale. Abbiamo in altro luogo avuto modo di soffermarci su un caso specifico di tale genere musicale, sicché non ci ripeteremo qui. Con musica classica, allora, va intesa una categoria ben più ampia che la sola produzione musicale racchiusa tra i secoli XVII-XX, considerata “musica colta”. La categoria è più ampia e si possono inserire in essa lavori di musica rock (Pink Floyd, Beatles, Rhapsody ad esempio) o musica jazz (di Bill Evans, Wes Montgomery o Duke Ellington, giusto per fare qualche esempio). Mentre con musica non-classica va intesa tutta la produzione la cui ricerca è volta a produrre materiali di divertimento o di poesia. Si noti come le categorie di “musica di divertimento” e “musica poetica” si intendano insiemi assai diversi. In un caso, per definizione, l’esperienza estetica è limitata o marginale, nell’altro, invece, è fondamentale. Ma entrambe le categorie sfruttano un principale strumento per veicolare messaggi (per quanto blandi, possano essere talvolta): la parola. Quando la parola diventa fondamentale (come nelle canzoni) allora tale musica si può definire “poetica”.

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