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Tag: Locke

La filosofia e il linguaggio politico cinese. La riscoperta di Confucio e i limiti filosofici della nostra comprensione della Cina [2/3]

Chinese Emperor Fu Hsi, wearing traditional costume, holding the ‘Yin-yang’ symbol;
Copyright: Wikimedia Commons, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Chinese_Emperor_Fu_Hsi,_wearing_traditional_costume,_Wellcome_V0018487.jpg

La filosofia politica cinese contemporanea: Rinascimento Confuciano e proposta di un modello ibrido.

 

Offrire una panoramica esaustiva del pensiero filosofico-politico cinese in poche righe sarebbe non solo inefficace, ma anche riduttivo e irrispettoso verso la complessità e la profondità di questa tradizione. Tuttavia, alcuni aspetti fondamentali devono necessariamente essere introdotti per poter proseguire in modo rigoroso l’analisi del problema.

In primo luogo, prenderemo in esame lo status attuale della filosofia cinese nel panorama intellettuale globale. In seguito, si analizzerà, in termini generali, il fenomeno socioculturale della riscoperta e della riattualizzazione del pensiero confuciano all’interno della politica cinese contemporanea. Infine, l’attenzione sarà rivolta ai più recenti sviluppi teorici del cosiddetto “modello politico confuciano”, proposto come possibile risposta alla crisi delle democrazie liberali.

La filosofia e il linguaggio politico cinese. La riscoperta di Confucio e i limiti filosofici della nostra comprensione della Cina [1/3]

Confucius by Wu Daozi – Louis Le Grand, 29 novembre 2012, https://www.worldhistory.org/image/970/confucius-by-wu-daozi/

Definire il problema: l’analisi filosofico-politica della Cina e l’eurocentrismo filosofico nelle relazioni internazionali.

Nell’analisi filosofico-politologica del mondo contemporaneo, e in particolare nelle riflessioni sulla politica internazionale e sulla diplomazia, persiste in Occidente un profondo bias cognitivo e culturale nei confronti del mondo asiatico. Questo limite si rivela in modo particolarmente evidente nel caso della Cina, destinata secondo molti a diventare la maggiore potenza globale del XXI secolo. La scarsa familiarità con la tradizione filosofico-politica cinese produce fraintendimenti sistematici, sia nell’interpretazione delle dinamiche interne del potere cinese sia nella valutazione delle sue scelte strategiche in ambito internazionale. Quando si tratta di analizzare il contesto politico occidentale, si ricorre con disinvoltura a categorie concettuali appartenenti alla nostra tradizione filosofica – da Hobbes a Locke, da Machiavelli a Jefferson – generando un discorso ridondante e cristallizzato, spesso incapace di produrre reali chiavi di lettura della complessità contemporanea. Al contrario, quando si osserva la Cina, l’assenza di una solida conoscenza della sua cultura filosofico-politica porta a una lettura superficiale ed “esotica” del suo vocabolario filosofico. In questo quadro, l’uso pubblico che Xi Jinping e il Partito Comunista Cinese fanno di Confucio rappresenta un caso emblematico. Il richiamo alla tradizione confuciana viene spesso interpretato in Occidente come un’operazione estetica o propagandistica, senza coglierne la funzione reale nella costruzione di un modello politico autoritario, ma culturalmente radicato. L’obiettivo di questo studio è duplice: da un lato, analizzare criticamente l’uso politico della tradizione confuciana nella Cina contemporanea, con particolare attenzione ai discorsi ufficiali di Xi Jinping; dall’altro, interrogarsi su come questa ripresa selettiva e ideologizzata della filosofia classica sia inquadrabile all’interno della tensione tra confucianesimo e Legalismo, prendendo come riferimento il pensiero di Han Fei. Il confronto tra Confucio e Han Fei consente di evidenziare come il potere cinese contemporaneo si muova tra due poli: da un lato, l’ideale armonico e gerarchico del primo; dall’altro, il pragmatismo autoritario del secondo.

La democrazia liberale – Un modello

democrazia-liberale

La democrazia liberale è un’etichetta per un insieme di teorie che, soltanto nella loro somma, hanno costituito un corpus unitario oggi noto come “democrazia liberale”. A differenza che nella democrazia ateniese, il modello della democrazia liberale è stato oggetto di una lunga analisi teorica, quando ancora la prassi politica era tutt’altro che democratica. Il primo pensatore fondamentale per la definizione della democrazia liberale è stato Thomas Hobbes (1588-1679), fautore dell’assolutismo. Tuttavia, già in Hobbes abbiamo la definizione di alcuni diritti naturali, che verranno ripresi ed ampliati dalla successiva analisi di John Locke (1632-1704), il primo vero teorico liberale quand’anche ante litteram.

John Locke ribadisce la presenza di alcuni diritti inalienabili e la necessità di fondare la politica su di essi. Locke non è il teorizzatore della separazione dei poteri in diverse aree di attività politica (potere esecutivo, legislativo e giudiziario). La distinzione viene proposta da Montesquieu (1689-1755), sebbene anche lui non arrivi ad una definizione netta e definitiva del discrimine delle varie tipologie di azione di governo, poi diventate canoniche nelle varie democrazie liberali e nel pensiero teorico liberale democratico stesso. Infine, John Stuart Mill (1806-1873) propone una complessa teoria dello stato democratico liberale ed è proprio Mill ad essere considerato il pensatore del modello liberale par excellence.

Modelli dell’individuo liberale – Riflessione sui fondamenti della Società Libera

Taken By Giangiuseppe Pili

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Introduzione

L’ispirazione e la ragione di questo lavoro si muovono all’interno del pensiero filosofico degli autori qui trattati. La causa adeguata di tale riflessione si esaurisce nella comprensione delle leggi che governano gli individui nelle loro relazioni quotidiane, siano esse fisiche o sociali. Per ciò, non ci sarebbe modo migliore che ricercare in sé stessi le ragioni dei comportamenti altrui e dei propri. Tuttavia, questo metodo, sebbene sia imprescindibile e sottoscritto da David Hume, è anche, spesso, problematico. Soprattutto, il più delle volte non raggiungiamo la chiarezza e coerenza, fonti d’ogni conoscenza. Per tale ragione, non c’è modo migliore di procedere che analizzare le proprie passioni, le proprie idee attraverso lo studio accurato, minuzioso e attento di chi, a differenza nostra, aveva le idee chiare.

Filosofia e politica – possibilità e necessità della democrazia

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Introduzione

«… in ogni ricerca scientifica bisogna continuare tranquillamente il proprio cammino con tutta l’esattezza e sincerità possibili, senza curarci di ciò con cui tal ricerca potrebbe contrastare fuori del suo dominio ed eseguirla per sé sola,  per quanto si può,  secondo verità e in modo completo »[1].

I. Kant.

Non è semplice districarsi nella realtà dei fatti soprattutto quando l’argomento riguarda proprio i fatti. E se ciò è già difficile, la situazione si aggrava quando, al posto della ragione, si mette in moto la fantasia e il desiderio: e così spesso vanno le cose quando si ha a che fare con la politica.

John Locke – Vita e Opere

By Godfrey Kneller – Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=110128

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Vita

Locke nasce a Bristol nel 1632, studia ad Oxford e lì vi insegnerà fino al 1667 per seguire il suo protettore, lord Ashley, futuro conte di Shaftensbury e esponente della nascente ala dei whig. Il filosofo si lega ad un personaggio fortemente impegnato in politica con il quale seguirà alcuni dei rivolgimenti da che movimentano l’Inghilterra di quegli anni e di cui Locke è il principale teorico.

Nel 1665 è al seguito dell’ambasciatore inglese presso l’elettore del Brandeburgo. Nel 1668 entra a far parte della Royal Society e in questi anni svolge l’attività di medico. Nel 1669 si trasferisce in Olanda perché lord Ashley viene accusato di tradimento. Tornerà in Inghilterra nell’89. Muore ad Oates nel Wessex nel 1704.

Qualità primarie e qualità secondarie – Una breve storia dell’empirismo

John Locke
Godfrey Kneller, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Thomas Hobbes Percorso di filosofia moderna


Il problema di cosa siano le proprietà delle cose, se esse siano nelle cose o concepite dalla mente umana è un problema antico quanto la Filosofia stessa. Ne parla già Platone, che vedeva le proprietà le idee, indipendenti e immateriali esistenti in un mondo distinto dal nostro. Ma subito il suo discepolo Aristotele critica tale concezione in modo molto preciso sostenendo l’implausibilità del mondo delle idee e la necessaria concezione empirista: le proprietà delle cose sono nelle cose e le conosciamo attraverso la percezione.

Ci sono dei periodi storici in cui l’operazione più importante consiste nel riprendere problemi antichi e rileggerli in chiave più attuale. Oggi viviamo in un periodo simile, in cui i problemi e il linguaggio della filosofia moderna costituiscono la base della nostra concezione filosofica ma sono ormai obsoleti, soprattutto in senso formale. Non è un caso che un linguista attento e geniale come Chomsky si rifaccia direttamente ai capisaldi della filosofia moderna per ritrovare le radici della sua concezione linguistica. In filosofia della mente non ci si può sottrarre dal dialogare con pensatori come Cartesio, Hume e Kant, ma anche con Berkeley, Locke, Spinoza o Hegel. Ma è chiaro che quegli stessi problemi e quelle stesse soluzioni e le stesse loro parole non ci piacciono più. E’ importante, dunque, oggi riuscire a ritrovare nelle radici della modernità i problemi da affrontare per consegnarli al patrimonio dell’umanità che ha da venire. Un compito, questo, non facile e pericoloso, per via del fatto che con l’attualizzazione si finisce spesso per dimenticare pezzi qui e là o per fraintendere.

Critica alla morale edonistica dell’empirismo da Hobbes a Hume

David Hume
Bandan, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo – La verità della relatività – Critica al relativismo


(1)   Tutti gli x, se x è un agente morale, allora x è egoista.

(2)   Tutti gli x, se x è un agente morale, allora x agisce in vista del proprio utile.

(3)   Dunque, tutti gli x, se x è un agente morale, allora x è egoista e x agiste in vista del proprio utile.

Tali definizioni semiformali chiariscono l’assunzione di base della morale edonistica assunta da Hobbes e poi rivista da Locke e, soprattutto, da Hume. Sebbene sia Hobbes che Hume non arrivano ai paradossi della teoria dell’uomo-economico moderno che non esclude la possibilità dell’altruismo, sebbene solo a partire da un egoismo radicale, entrambi riducono l’intero comportamento umano ad un agire puramente egoistico, vale a dire che ogni soggetto agente motiva le sue azioni in base ad un principio normativo che si fondi sulle proprie inclinazioni personali e soggettive. L’idea è molto semplice, in effetti, essa sostiene che ciascun individuo ricerchi il piacere o rifugga il dolore. La ragion-pratica assume la dimensione di un calcolo, dove essa ha la sola funzione di preordinare in modo corretto i mezzi coi fini.