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Fallisci, fallisci sempre meglio – Elisabetta Manfucci

Manfucci, Elisabetta; (2017), Fallisci, fallisci sempre meglio, Le due Torri, Bologna.


Ci sono libri capaci di stupire nonostante ogni nostra possibile refrattarietà. Talvolta si scoprono lavori per caso, senza volerlo e, senza volerlo, si leggono con una rapidità insospettabile. C’è da dire che il lavoro di Elisabetta Manfucci ha un titolo curioso, che sfida immediatamente le nostre intuizioni ordinarie per due motivi: prima di tutto, perché intuitivamente non ci vorremmo impelagare in una lettura su un aspetto emotivo così controverso, una sfida alle nostre stesse paure. Come dice l’autrice, nonostante la vita sia costituita, inevitabilmente, di fallimenti, nessuno ama parlarne apertamente, se non con molta fatica e raramente: “Tutti vogliono presentarti i loro traguardi, le vittorie. Eppure dovremo avere il coraggio di condividere i nostri fallimenti. (…) C’è una dignità umana e vera in ogni sconfitta”.[1] In secondo luogo, il titolo ribalta la normale concezione del fallimento: non è un manuale per uomini indistruttibili, non insegna diventare invincibili. Al contrario, il titolo suggerisce che non si deve smettere di fallire, ma si deve fallire nel modo giusto. E così ci dice l’autrice:

I sogni hanno un prezzo, non smetterò mai di ripeterlo, ma se non troviamo in noi il coraggio di pagare quel prezzo, saremo massacrati dai sensi di colpa e non troveremo mai pace perché Osare è la Natura profonda di ogni essere umano. Si può fallire, si deve fallire, ma si deve ad un certo punto trovare il coraggio per fallire sempre meglio.[2]

Bisogna pur ammettere che la lettura del libro della Manfucci ha tre distintive caratteristiche che si manifestano immediatamente al lettore. In primo luogo, esso è emotivamente molto coinvolto e coinvolgente, due proprietà che non sempre vanno d’accordo. Si può anche rimanere distaccati nel leggere i resoconti di drammi di esseri umani ordinari, come quelli che vengono presentati nel testo. Tutti gli umani diventano inevitabilmente capaci di vivere l’esistenza solo al prezzo di riuscire ad astrarsene almeno in parte. Il dolore e l’empatia della vita degli altri ci sarebbe altrimenti insopportabile. Ma anche un lettore capace di molto distacco non rimarrebbe freddo. Si può essere distaccati ma partecipi. Ecco, dunque, i racconti de Fallisci, fallisci sempre meglio inducono un profondo senso di calore umano irresistibile.

La seconda caratteristica del testo è, forse, la più curiosa. Perché si può essere anche sentirsi rincuorati dal sapere che si soffre tutti, che si fallisce tutti, ma che la vita è preziosa anche nel fallimento. Ma certamente leggere in sequenza tanti fallimenti, ancorché ribaltati nel loro significato, è comunque una sfida ben ardua. Lo spettatore di cento rappresentazioni sfocate alla fine tende a vederci male anch’egli, senza volerlo. E dopo un po’ vorrebbe solo guardare da un’altra parte. Eppure, in questo caso, non è così. Avviene invece il contrario. Ovvero, la lettura diventa ipnotica, sembra impossibile smettere di leggere. E si può leggere Fallisci, fallisci sempre meglio in soli due giorni (come è capitato al sottoscritto): questo non è un caso perché si rimane letteralmente ancorati al testo fino in fondo.

La terza e ultima caratteristica è un concreto e sincero effetto catartico, liberatorio che si ha da questa lettura. Nonostante sia appunto più un testo di narrativa, che un saggio, e non è pensato per dare lezioni ultraterrene (l’autrice lo dice esplicitamente, non è certo un libro di religione), la lettura si offre al lettore come specchio indiretto per le proprie esperienze critiche, per i propri “lati oscuri” che, forse direbbe la scrittrice, sono proprio quelli che non dovrebbero considerati tali, lati – sfaccettature – sì, oscuri, no. Quindi, la serenità non intuitiva acquisita dalla mente passa alla penna per restituire racconti di vita ordinaria che da fallimenti diventano finestre su altri mondi possibili e, quindi, aperti ad ogni risultato. E senza l’apertura alla possibilità, in questo mondo, non si va da nessuna parte. Una speranza tutta umana.

Garry Kasparov disse che non si può imparare senza sbagliare e non si diventa campioni del mondo di scacchi pensando di non reiterare continuamente mosse imperfette. Questo principio è stato ripetuto da molti altri, come da Joseph Conrad[3] i cui eroi caduti sono i testimoni migliori dei fallimenti della Manfucci, ovvero coloro i quali hanno vissuto un errore e una caduta la quale è il sintomo stesso della loro umanità. E così la vita è scoprire, in fondo, che si voleva diventare grandi generali epperò si è riusciti solo ad essere dei sergenti e questo è quanto basta perché la vita perfetta non esiste, ma esiste la nostra vita. Fallisci, fallisci sempre meglio è un testo davvero sorprendente, umano e sincero. Che, tutto considerato, rimangono e rimarranno sempre qualità rare.


 Elisabetta Manfucci

Fallisci, fallisci sempre meglio

Le Due Torri

Pagine: 111


[1] Manfucci, Elisabetta; (2017), Fallisci, fallisci sempre meglio, Bologna: Le due Torri, p. 73.

[2] Ivi., Cit., p. 80.

[3] Come il lettore scoprirà presto in Pili G., (Forthcoming), “Conrad oltre la tenebra” in Cozzi C. (ed.), Filosofia e letteratura, Le Due Torri, Bologna.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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