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Consigliamo Re Lear di William Shakespeare
Amleto è una tragedia di William Shakespeare, considerata tra i suoi massimi capolavori insieme a Macbeth, Re Lear, Otello e Enrico IV. E’ indubbiamente un master pièce del grande bardo di Avon ed è anche una delle tragedie sue più cupe, sia per il tema, sia per lo stile e per il personaggio dominante. In quest’opera Shakespeare indaga i risvolti di un uomo di genio (Amleto) che vive ossessionato dalla morte.
La tragedia si svolge alla corte del re di Danimarca, zio di Amleto (era il fratello del padre) e sposo della madre dello stesso. Il re di Danimarca aveva assassinato il padre di Amleto e ad esso si sostituisce. Per tale ragione, la tragedia non è soltanto l’inscenamento di una complessa relazione tra padre defunto e il figlio, ma anche tra il figlio e una madre presto risposatasi: Amleto è ossessionato tanto dalla morte del padre, quanto dal ritorno della madre ad essere donna indipendente, cioè sessualmente attiva (non più madre-donna ma amante-donna) Infatti, la madre di Amleto si risposa molto presto, giusto due mesi dopo la morte del marito e questa è una delle due principali ragioni della disperazione del figlio. Infatti, da un lato Amleto è distrutto dalla morte del padre ma, allo stesso tempo, dall’incapacità di accettare il recupero del lutto della madre, la quale è “colpevole” di aver subito accettato di risposarsi con il fratello del marito.



La realtà dei fatti è che gli scacchi vivono di scacchisti in erba, neofiti e curiosi totalmente avulsi dalla realtà dei circoli, luoghi in cui si trovano soprattutto persone della fascia di età che va dai 5 e i 18 anni e dai 50-60 fino agli over 80 e, possibilmente, maschi. Nell’interregno della fascia di età che va dai 18 ai 50 anni (per essere generosi) persone se ne vedono poche. Ci si racconta un sacco di storie per spiegare (e scusare) la latitanza della fascia di età più produttiva in ogni settore della vita di un Paese: appunto, sono impegnati a far vivere un Paese che non si può pretendere che facciano vivere anche gli scacchi. Poi i bambini sono gioiosi e gli anziani sereni! Inoltre, tra i 18 e i 60 si gioca la propria vita: si trova il compagno/compagna e se non si trova, pazienza, ma ci devi provare; si trova il lavoro e se non lo trovi lo devi cercare e per chi studia… be’, non si può pretendere che prenda troppo sul serio gli scacchi che, piaccia o non piaccia, richiede ore seduti su una sedia. Non l’ideale per chi ci sta, su una sedia, per delle ore. Sicché, insomma, gli universitari sono dei paria del mondo scacchistico.
