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La grande strategia dell’impero bizantino – Edward Luttwak

Grand Strategy

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Un articolo sull’arte della guerra romana? Publio Flavio Vegezio Renato


Dopo La grande strategia dell’impero romano Edward Luttwak, noto analista ed esperto di strategia, ritorna a riflettere sulla storia romana. Questa volta, in La grande strategia dell’impero bizantino, l’obiettivo consiste nell’indagare la storia dell’impero bizantino, sotto l’angolatura strategica. Si tratta di un testo di analisi storico-strategica di grande respiro e di grande rilevanza, sia per gli studi strategici, sia per gli studi storico-politici: un’opera la cui lettura arricchisce chiunque sia disponibile a dedicarci il tempo dovuto, nella misura in cui si tratta pur sempre dell’analisi di una delle più sottovalutate civiltà della storia occidentale. E in questo il libro di Luttwak riesce pienamente nell’intento: nel mostrare la profondità del pensiero politico, diplomatico e strategico dell’impero bizantino, almeno nel periodo precedente alla crociata del 1204, data unanime della fine dell’impero, che si trasforma in grossa città stato (Bisanzio).

L’impero bizantino trae il suo nome dalla sua capitale, Bisanzio, precedentemente nota come Costantinopoli (oggi Istanbul). Bisanzio è la sede del potere imperiale, centro della chiesa che diverrà poi ortodossa, città fortificata sia rispetto alla penetrazione da terra che da mare, porto di importanti dimensioni, sede dell’arsenale imperiale e luogo di elaborazione di dottrine militari fondamentali, come quelle dell’imperatore Maurizio, lungamente analizzata da Luttwak. Non si può sottostimare l’importanza e la centralità di Bisanzio sia in relazione all’elaborazione di una diplomazia fondata sul prestigio, sulla religione e su una potenza militare da utilizzare principalmente come forma di deterrenza e solo se necessario come arma vera e propria. Infatti, uno dei punti più importanti dell’analisi di Luttwak verte proprio su questo: la perenne minaccia dell’impero bizantino a potenze esterne più potenti o, perlomeno, potenti abbastanza da non poter mai potersi sentire del tutto sicuri.

La storia di re Enrico IV – William Shakespeare

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Consigliamo Re Lear di William Shakespeare


Falstaff: Ma dire anche io conosca in lui maggior danno che in me stesso, sarebbe dire più che quel che so. Ch’egli sia vecchio – purtroppo! – ci sono i suoi capelli ad attestarlo, ma ch’egli – con rispetto parlando – sia un puttaniere, lo nego assolutamente. Se il vin di Spagna e lo zucchero costituiscono una colpa,Iddio aiuti i peccatori! Se esser vecchio ed essere allegro costituisce una colpa, allora io conosco più di un vecchio oste che per questo è dannato; se basta esser grassi, per esser odiati, allora vuol dire che bisogna amare le vacche magre di Faraone. O, mio buon signore [rivolto al principe Harry]: bandisci da te Peto, bandisci Bardolph, bandisci Poins [tutti i compari di Falstaff]: ma il leale John Falstaff, il valoroso John Falstaff, e tanto più valoroso in quanto egli è anche il vecchio Jack Falstaff, non lo bandire dalla compagnia del tuo Harry: bandire il ritondo Jack sarebbe come bandire il mondo intero.

Harry: Eppure puoi star sicuro che lo farò![1]

La storia di re Enrico IV è una tragicommedia di William Shakespeare ed è, giustamente, considerata un supremo capolavoro del grande bardo inglese. Si tratta sicuramente di una delle opere più godibili e più affascinanti della produzione di Shakespeare, quasi incapace di scrivere lavori privi di una loro peculiare forza e interesse. La storia è ambientata alla corte inglese, il cui re, Enrico IV, è messo in discussione da alcuni nobili, per via della modalità di conquista del trono: per quanto fu designato dal predecessore, Riccardo II, Enrico IV non era il discendente in linea diretta del vecchio re. Inoltre, i nobili rivoltosi non hanno soltanto rivendicazioni politiche, ma anche personali, avocando contro il re offese ricevute a livello personale. Enrico IV, d’altra parte, è principalmente angosciato dal figlio, erede al trono (il futuro Enrico V), il principe Harry. Harry ama intrattenersi con personaggi di dubbio valore umano e sociale, tra cui svetta il ‘principe dei bricconi’, John Falstaff.

Metodi di indagine dello sviluppo: il ragionamento morale – pt. 4

Foto di Tumisu da Pixabay

L’emozione morale

Abbiamo presentato alcuni studi che supportano empiricamente l’ipotesi che l’infante sia dotato di un primitivo senso morale, della capacità di distinguere il bene dal male (così, ad esempio, l’infante di tre mesi distingue il personaggio buono che aiuta dal personaggio cattivo che ostacola). Oltre agli studi citati ce ne sono molti altri che portano alla medesima conclusione: l’uomo possiede un senso morale innato, la capacità di trarre certe distinzioni e produrre certi tipi di giudizio, prima a livello implicito e non-verbale, poi in maniera esplicita e verbale, e infine, nell’età adulta, a un livello deliberato e, almeno potenzialmente, perfettamente mediato dalla ragione.

Metodi di indagine dello sviluppo: il ragionamento morale – pt. 3

Foto di Tumisu da Pixabay

Il senso morale innato: la capacità di distinguere il bene dal male. Contenuti della ricerca, aspetti metodologici e tecniche di indagine

Come possiamo verificare l’ipotesi per cui l’essere umano possiede un senso morale innato? Studiando la mente degli infanti. Ma come possiamo studiare la mente di questi esseri tanto complessi da comprendere? Un modo per farlo è sfruttare le indicazioni che possiamo dedurre da uno dei pochi comportamenti su cui essi esercitano un certo controllo (dove per ‘controllo’ ancora non si intende il ‘controllo interno o autonomo’), ovvero lo sguardo. È possibile analizzare i movimenti oculari, la direzione e i tempi di fissazione dello sguardo. Da questi comportamenti possiamo dedurre le intuizioni e lo stato mentale del bimbo.

Una analisi di Star Wars 7. Abrams J.J.

Star Wars 7 è un film prodotto dalla Disney e diretto da J.J. Abrams, noto autore di altri film e figura di spicco del nuovo cinema hollywoodiano. Il film è il primo dell’ultima saga di Guerre Stellari, avviato dall’omonimo film (1977), l’unico diretto da George Luckas nella lontana galassia degli anni 70’ del secolo XX, periodo aureo del cinema critico post-Vietnam, figlio delle contestazioni degli anni 60’, che ha saputo produrre opere geniali, quando non solo divertenti o intelligenti. E Guerre Stellari apparteneva senza dubbio ad un progetto di grande respiro, per quanto figlio di una scommessa che pochi avrebbero potuto immaginare così vincente, tanto che nessuno se l’aspettava.

Eppure, con il senno di poi, una scombinata banda di ribelli ha saputo conquistarsi l’amore del pubblico di più generazioni, quando quella banda poteva rappresentare la lotta ad un potere oppressivo, imperiale e neocoloniale, chiaramente ispirato a certi problemi ben chiari alla generazione vissuta con sopra la spada di Damocle dell’olocausto nucleare. Quando la Morte Nera colpiva, rievocava spettri ben più vicini di altri e più grandi esplosioni (le bombe da 56 megatoni, per esempio, oggi anch’esse considerate – ingiustamente – fossili. Come tutto, più o meno). Non solo, ma la saga continua ad alimentarsi sulla base delle suggestioni di quella prima saga vincente, l’unica (per il momento) che tutti hanno amato a prescindere dall’età. E uno dei pochi sintomi della vera grandezza in un universo come il nostro, è la resistenza alla prova del tempo. Legge che vale anche nelle galassie lontane lontane… vicine vicine o medie medie.

Salviamo la lingua sarda

723032849Voglio parlarvi di un tema a me molto caro: l’insegnamento del Sardo, come lingua ufficiale, nelle scuole di ogni grado nel territorio isolano. La Sardegna mi appartiene, lei mi fa sua ogni volta che mi sveglio e mi sento a casa. E’ la mia Terra e, in quanto tale, la voglio preservare in tutto e per tutto. La nostra cultura, la nostra lingua, la nostra casa devono prosperare, e di conseguenza prospererà la nostra identità.

Prima, però, di affrontare tale argomento, è necessario un piccolo passo indietro, fornendo qualche delucidazione a proposito dei processi storici in atto nell’Isola sotto il profilo linguistico della Limba, essenziale per farvi capire il mio punto di vista.
Richiamo dunque l’attenzione dei Sardi, ma anche quella di coloro che pur non essendolo, sono rimasti attratti da questa purezza che ci caratterizza.

Prima muovi poi pensa! Willy Hendriks

PrimaM

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Consigliamo Un mistero in bianco e nero – La filosofia degli scacchi!


Prima muovi e poi pensa! (2015) è un libro di difficile catalogazione all’interno della immensa e variegata letteratura scacchistica. Si tratta di un testo non privo di controversie e questo aumenta la potenziale confusione sulla sua stessa categorizzazione. Categorizzare qualcosa non è di per sé essenziale all’oggetto, però in questo caso ci aiuterebbe a fornire un’idea grossolana, ma almeno parziale dell’opera. Nel caso di Prima muovi poi pensa! questa operazione risulta obiettivamente impossibile. I motivi sono diversi. Non si tratta di un manuale di tattica, pur essendoci una buona quantità di esercizi tattici da risolvere. Di per sé non si tratta neppure di un manuale sulla strategia, anche perché Willy Hendriks (Maestro Internazionale e istruttore) è sostanzialmente scettico a quello che normalmente si intende con “strategia”, cioè una pianificazione razionale di una successione di mosse non forzate da eseguire in sede pratica nel giusto ordine. Possiamo senz’altro dire che non si tratta di un manuale di apertura né di finali, di cui Hendriks pure è parzialmente sospettoso: per i finali, in particolare, sostiene che non siano essenziali per migliorare il proprio livello di gioco almeno sino ad alte categorie (da Maestro in su). In fine, per quanto sia un testo tecnico sugli scacchi, si tratta prima di tutto di un testo godibile: questo significa pochissime varianti, autosufficienza della lettura (non sono richiesti supporti di varia natura), scorrevolezza del testo.

Metodi di indagine dello sviluppo: il ragionamento morale – pt. 2

Foto di Tumisu da Pixabay

2. L’evoluzione della morale

L’espressione ‘evoluzione umana’ può essere intesa principalmente in due sensi. Possiamo riferirci all’evoluzione ontogenetica, oggetto di studio della psicologia dello sviluppo, oppure possiamo riferirci all’evoluzione filogenetica, l’evoluzione della specie. Attraverso lo studio dell’infante, non solamente è possibile comprendere il punto di partenza dello sviluppo ontogenetico, ma è anche possibile individuare il punto di arrivo dell’evoluzione filogenetica. Studiare l’infante è per tanto indagare il precipitato più puro a nostra disposizione dell’evoluzione darwiniana della specie umana.

Metodi di indagine dello sviluppo: il ragionamento morale – pt. 1

Foto di Tumisu da Pixabay

Rendo disponibile ai lettori di ScuolaFilosofica una dispensina che ho scritto in occasione della preparazione del corso sui metodi e le tecniche di studio della cognizione morale del bambino, per gli studenti iscritti alla Facoltà di Psicologia dell’Università di Trento. Poiché il lavoro è lungo, i lettori lo trovano sul sito in diverse pubblicazioni che seguono la divisione in sei capitoli proposta nell’indice. L’autore riconosce il suo debito nei confronti di Paul Bloom, psicologo evolutivo americano, il quale ha recentemente pubblicato un ottimo lavoro introduttivo alla psicologia dello sviluppo del senso morale, Just Babies. L’autore, inoltre, ringrazia il prof. Luca Surian, dell’Università di Trento, per la guida nell’apprendimento della psicologia dello sviluppo, e la prof.ssa Renée Baillargeon dell’Università dell’Illinois ad Urbana-Champaign, per i preziosi insegnamenti su come si conducono le ricerche con i più piccolini.