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Tag: Sartre

Un gioco editoriale di Jean-Paul Sartre: la finzione filologica de ‘La Nausea’

Jean-Paul Sartre
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Introduzione:

Nel 1938, alle soglie della Seconda Guerra Mondiale, Jean-Paul Sartre pubblicò per Gallimard l’opera La nausea, certamente non un romanzo stricto sensu, quanto più la pubblicazione delle pagine di un diario di Antoine Roquentin, studioso di storia nella fittizia città di Bouville, condannato a una solitaria esistenza in nome del vuoto che è l’esperienza di vita. Nell’opera si concentrano le inquietudini che l’autore avvertiva e proiettava su ogni aspetto, sino al più intimo e personale, della vita di ognuno, inquietudini che si riverseranno in egual modo, e con attenzioni ancor più penetranti, nei racconti che compongono Il muro (1939).

La mia formazione e i miei interessi di ricerca mi hanno portato certamente a godere del romanzo sartriano, ma ugualmente a notare il modus operandi dell’autore: Sartre si rende editore fittizio delle pagine diaristiche di Antoine Roquentin, attuando a tutti gli effetti un’operazione editoriale, e dunque simil-filologica. Il presente contributo parte dalla scelta di accettare il gioco proposto da Sartre: ci si propone dunque di analizzare le scelte compiute dal Sartre filologo-editore delle pagine di Roquentin, concentrandosi in particolare sulle note, per quanto relativamente esigue, che egli appone, e che testimoniano lo stato dell’immaginario manoscritto di partenza, proponendo fini e curiose congetture, ma ugualmente facendo emergere una perniciosa problematica di stampo paleografico.

La scultura è una fiamma all’esistenzialismo con la febbre

Il filosofo Bachelard ci ricorda che un tempo i sapienti solevano meditare di sera, leggendo i libri posti su tavoli ed illuminati da una candela. La fiamma costituiva l’apertura d’un mondo, guidando l’ispirazione degli intellettuali contro il “vuoto nero” dello sfondo (della mente). La candela evocava immagini senza limite, attraendo in modo indefinito (verso la sua fonte, impossibile da vedere con chiarezza). Bachelard così si convince che la fiamma gode “di vita”. Ciò vale perché la candela andrà a “combattere” contro l’oscurità, e trasfigurata di continuo la sua fonte (essenza). Ambedue le condizioni renderanno la fiamma simbolicamente intima.

Libertà, Bellezza e Verità: Estetica come Bisogno Umano. Di Sergio Pampanini

Di Sergio Pampanini

Bisogno. In realtà quando parlo di bisogno non parlo di uno stato psicologico quanto di uno stato esistenziale. Detto brutalmente, Abbagnano mi perdonerà, io penso che l’uomo si definisce per la sua libertà. La libertà è mancanza di essere che aspira ad essere. In ogni attività dell’uomo c’è l’aspirazione a raggiungere una meta di essere, di senso che dà per l’appunto il senso della nostra presenza. L’arte è una di queste strade. Insieme a tante altre strade quali per esempio il diritto, o l’economia ecc. In ognuna di queste branche del sapere, per intendersi, c’è il bisogno esistenziale dell’individuo di riconoscere il suo operato singolo all’interno di un contesto di significato generale. Un contesto che la sua opera contribuisce a sostenere da un lato e insieme un contesto che giustifica l’operato stesso. Detto questo, l’arte a differenza delle altre possibilità, ha la peculiarità di interessarsi del bello. Il bello quindi diviene la dimensione generale in cui l’artista da un lato e il fruitore dall’altro si riconoscono, l’uno contribuendo a creare opere belle (belle per gli altri in primis), il fruitore invece interessato a scoprirle e a fruirne. Entrambi accomunati dall’esigenza ripeto esistenziale (nella misura in cui il bello, declinato ovviamente in tutti i prodotti artistici correlati – ad es. letteratura, cinema, scultura, musica, balletto…. – diventa ragione di vita cioè motivo per cui vale la pena vivere).       .