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Mese: Aprile 2025

Riproducendo la contaminazione che si purifica per rispecchiamento

A Milano, dal 27 Febbraio al 5 Aprile, presso la Galleria “Limbo” era visitabile la mostra denominata Falene, con le opere degli artisti Ludovica Anversa, Federico Arani e Leilei Wu. Esteticamente, si percepisce la dialettica d’una contaminazione che si purifica per rispecchiamento, sino alla riproduzione. La falena è un insetto che s’attiva di notte. A quella si potrà associare la simbologia d’un cattivo presagio. Fenomenologicamente, il limbo non rispecchia (dal passato) né riproduce (per il futuro). Simbolicamente, la falena illuminerà il viatico per chi si crogioli nell’ansia. Ma almeno dall’arte la sospensione potrà “purificarsi” tramite lo svolazzamento? A Milano, la mostra aveva avuto la curatela di Zoe De Luca Legge.

Un gioco editoriale di Jean-Paul Sartre: la finzione filologica de ‘La Nausea’

Jean-Paul Sartre
Copyright: Wikimedia Commons, https://picryl.com/media/jean-paul-sartre-fp-7caa91

Introduzione:

Nel 1938, alle soglie della Seconda Guerra Mondiale, Jean-Paul Sartre pubblicò per Gallimard l’opera La nausea, certamente non un romanzo stricto sensu, quanto più la pubblicazione delle pagine di un diario di Antoine Roquentin, studioso di storia nella fittizia città di Bouville, condannato a una solitaria esistenza in nome del vuoto che è l’esperienza di vita. Nell’opera si concentrano le inquietudini che l’autore avvertiva e proiettava su ogni aspetto, sino al più intimo e personale, della vita di ognuno, inquietudini che si riverseranno in egual modo, e con attenzioni ancor più penetranti, nei racconti che compongono Il muro (1939).

La mia formazione e i miei interessi di ricerca mi hanno portato certamente a godere del romanzo sartriano, ma ugualmente a notare il modus operandi dell’autore: Sartre si rende editore fittizio delle pagine diaristiche di Antoine Roquentin, attuando a tutti gli effetti un’operazione editoriale, e dunque simil-filologica. Il presente contributo parte dalla scelta di accettare il gioco proposto da Sartre: ci si propone dunque di analizzare le scelte compiute dal Sartre filologo-editore delle pagine di Roquentin, concentrandosi in particolare sulle note, per quanto relativamente esigue, che egli appone, e che testimoniano lo stato dell’immaginario manoscritto di partenza, proponendo fini e curiose congetture, ma ugualmente facendo emergere una perniciosa problematica di stampo paleografico.

Paolo Villaggio come Filosofo della Postmodernità

Scritto in onore del cinquantesimo anniversario del film “Fantozzi” (1975)

Copyright: Wikimedia Commons; https://picryl.com/media/paolo-villaggio-fantozzi-1-ffb7b1

Abstract

Paolo Villaggio, attraverso la figura di Fantozzi, ha costruito uno dei più efficaci dispositivi filosofici della cultura italiana del secondo Novecento. Lontano dal filosofo accademico, Villaggio ha saputo parlare all’Italia e solo all’Italia, radicando la sua critica non nell’astrazione teorica, ma nell’esperienza vissuta, concreta, quotidiana. Fantozzi non è solo una caricatura comica: è un tipo umano, un “uomo senza qualità” capace di incarnare le contraddizioni e le miserie del piccolo borghese nella società industriale avanzata. Attraverso la satira e l’iperbole, Villaggio mette in scena la crisi dell’individuo, la mediocrità dei rapporti sociali, la vacuità delle istituzioni – azienda, famiglia, Stato, religione – svuotate di senso e trasformate in meccanismi di oppressione. La sua forza sta nel mostrare ciò che la filosofia spesso astrae: l’uomo umiliato, silenzioso, ridicolo, che tuttavia continua a vivere, ad amare, a esistere. Fantozzi è il simbolo dell’alienazione moderna, ma anche della resistenza minima e quotidiana. È un antieroe che non si ribella per sé, ma che trova il coraggio di farlo quando guarda negli occhi chi lo ama. Villaggio agisce sul linguaggio, sulle immagini e sulle situazioni per scardinare le narrazioni dominanti. Il lessico assurdo, le situazioni iperrealistiche, la comicità grottesca sono strumenti per restituire dignità al dolore comune. In questo, Fantozzi è filosofia incarnata: non sistema, ma esperienza. Una riflessione sull’uomo in quanto tale, più antropologica che politica, dove il riso è l’unica forma di catarsi possibile. A distanza di decenni, Fantozzi continua a parlare perché è ancora vero. Perché nella sua goffaggine, nella sua solitudine, nella sua tenacia, c’è l’eco di qualcosa che riguarda tutti noi. Villaggio ha mostrato che anche l’umiliazione, se raccontata con onestà, può diventare un gesto di pensiero.


L’invisibile e il reale: UFO, crescita economica e il paradosso delle narrazioni

Nota dell’Autore
Dopo una giornata di lavoro, quando il cielo si tinge di grigio o il tardo pomeriggio cala, spesso l’unica via di fuga è immergersi in una serie di intrattenimento. In queste serate, tra il torpore e la distrazione, ho iniziato a esplorare alcune produzioni che trattano di teorie su antichi cataclismi mai confermati scientificamente e di avvistamenti alieni. Mentre guardavo, nella mia mente si formavano pattern fantasiosi e speculazioni di ogni tipo, fino a quando non mi sono fermato a riflettere: la narrazione sugli alieni, sulle civiltà perdute e sui cataclismi che avrebbero cancellato interi continenti in tempi non troppo remoti, senza lasciare traccia, non è forse simile, per struttura e finalità teorica, a quelle narrazioni che spesso sentiamo da politici ed economisti sullo stato della nostra economia? Queste storie, benché sembrino distanti, hanno in comune una struttura narrativa che spesso va oltre la realtà tangibile. Comprendo e condivido le critiche che si possono sollevare contro questa analogia, ma mi domando: sono davvero così diverse queste due narrazioni? Vorrei approfondire questa riflessione partendo proprio da un episodio di una delle serie che ho guardato, per esplorare più a fondo questa intrigante somiglianza.