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Riproducendo la contaminazione che si purifica per rispecchiamento

A Milano, dal 27 Febbraio al 5 Aprile, presso la Galleria “Limbo” era visitabile la mostra denominata Falene, con le opere degli artisti Ludovica Anversa, Federico Arani e Leilei Wu. Esteticamente, si percepisce la dialettica d’una contaminazione che si purifica per rispecchiamento, sino alla riproduzione. La falena è un insetto che s’attiva di notte. A quella si potrà associare la simbologia d’un cattivo presagio. Fenomenologicamente, il limbo non rispecchia (dal passato) né riproduce (per il futuro). Simbolicamente, la falena illuminerà il viatico per chi si crogioli nell’ansia. Ma almeno dall’arte la sospensione potrà “purificarsi” tramite lo svolazzamento? A Milano, la mostra aveva avuto la curatela di Zoe De Luca Legge.

Nella notte, che fatalmente cela le differenze (con la loro rassicurazione per l’individualità), un contrappasso per la riproduzione asessuata sarebbe garantito dall’ibridazione genetica. Il feticcio ha il conservatorismo borghese d’un plusvalore verso l’omologazione. Ma l’appagamento del proprio desiderio sarà illusorio. Il fiume del limbo evolverebbe l’oblio, in una trasformazione al post-strutturalismo per Franz Kafka: grazie alla dark ecology (da Timothy Morton). Non serve più il romanticismo d’un rispecchiamento ameno per la Natura. L’arte preferirà “forzare” sullo spazio ed il tempo, da Immanuel Kant. Quelli ci rappresentano una sorta di “limbo”, per la sensazione rispetto all’intellezione. Radicalmente, oggigiorno, dal nichilismo al costruttivismo, la catastrofe ambientale valorizzerà la bruttezza grazie allo straniamento, avendo perduto il conservatorismo “indifferente” sul localismo, affinché si sensibilizzi al progressismo sul mondialismo. Mario Perniola menziona il sex-appeal dell’inorganico. Il rock, la fantascienza, la realtà virtuale, la performance estetica, lo sport ecc… accadono ammettendo che le cose possano sentire. Lì la vitalità sarebbe solo neutra, avendo una vena artefatta. Le meduse genericamente si riproducono alternando una fase sessuata ad una asessuata. Per ibridarle sulla terraferma, noi immagineremo di ricorrere alle falene, a parità di mistero. C’interessa la percezione d’un assorbimento per la fluidità. Le falene hanno i colori spenti, fra il marrone ed il grigio, per un mimetismo di sopravvivenza che talvolta, paradossalmente, “si tradisce” dall’eccesso: grazie all’infestazione. Le meduse, pericolose in quanto urticanti, sono sgargianti pure dal “feticcio” della bioluminescenza.

Nella scultura che s’intitola THS05, Leilei Wu cerca una figurazione all’ossimoro d’un giurassico futurista. Noi immaginiamo che una proboscide abbia appesantito un tentacolo. Il progresso è ergonomico; resta però la primordialità dell’appagamento. Dal surrealismo della scultura, quanto un dinosauro acquatico si dovrà ironicamente preoccupare, strimpellando sui bottoni d’una maschera antigas? Una proboscide sembra più assorbente che afferrante. C’è pure il nero della resina biologica. Una sigla del tipo THS s’archivierebbe in riferimento ai connettori. Le falene hanno la spirotromba, al fine di succhiare il nettare dei fiori. Il catrame è adoperato come lubrificante, collante, impermeabilizzante ecc… Inquietando ironicamente, un teschio rivivrebbe solo grattandosi. Il desiderio primordiale si sfogherà all’autoerotismo, essendoci l’ispessimento della proboscide. Da un teschio imbalsamato di catrame, strettamente in merito alla riproduzione, soltanto una contaminazione potrebbe trasformarsi in inseminazione. Per Georges Bataille, l’eros è l’approvazione della vita sin dentro alla morte. A confermarcelo scientificamente, concorre la riproduzione.

Le installazioni di Leilei Wu che si chiamano SS03 n°1 ed SS03 n°2 hanno la resina biologica, ma pendono dal soffitto. Un’ingombrante catena evita d’allietare come l’altalena. Nonostante l’insistenza dei ganci, per il massimo della sicurezza, il sedile gratta. O forse qualche “divinità” ha concesso una gru per raggiungerla. Questa rimpiazza il moschettone dell’alpinista, fra le rocce la cui consunzione è apparentemente arrestata, grazie al ghiaccio. La colata sessualizzabile apparterrà all’ambrosia, per una riproduzione nell’eternità. La catena si percepisce più piatta che anulare; conta il rispecchiamento d’un tira e molla poiché l’uomo vive sul suolo puntando all’orizzonte. Se ci fosse carne da macello, allora quella si riprodurrebbe ironicamente da un ovulo… alla coque, da uno dei due sedili. La bestialità del trampoliere reggerebbe una “pesca” sugli archetipi culturali (da Carl Jung). La società civile impone di non “inabissarsi” sull’irrazionalità. Il sedile… alla coque consta di quattro depressioni: ricordiamo le gonadi della medusa quadrifoglio. Ma quanto una metallizzazione per l’osso si percepirà distopica? La quaterna appartiene anche alla meiosi, in biologia.

L’opera d’arte dal titolo Cuttlebone, di Federico Arani, è percepibile da un’impronta alla smaltatura e dalla galvanizzazione d’un totem. Dall’antropologia, la selce di punta sulla freccia dà simbolicamente una “prima pietra” per superare l’aggressività istintuale, calcolandola dalla latenza (con “freddezza”). L’osso di seppia ha una preziosità, permettendo lo stampo per i gioielli: questo è anche amorevole, da parte del compratore che poi regala! Per Federico Arani, lo smalto si percepirà al passo per l’impronta. Simbolicamente, c’è un sarcofago per l’archetipo che potrà purificarsi mediante una mitologia. Coerentemente, noi immaginiamo che il totem riceva una galvanizzazione dal feticcio. Quello non soltanto segnalerà col fumo (dalla propria oscurità), giacché addirittura parlerà da una trachea.

Valutiamo l’opera d’arte che Federico Arani ha chiamato Odradek Unit-09.2 (Radio antenna carrying frame). Ci piace immaginare che l’impronta tramuti in radio. Certo l’artista ha riassemblato pezzi d’archeologia industriale. La radio diffonde il suono per milioni di persone, spiritualizzando la serialità. Federico Arani non respinge l’animismo del totem, bensì lo evolve, fatalmente all’interno d’una dark ecology alla virtualità per dark technology. Forse qualcuno immaginerà l’ingrandimento d’una carta SIM, e pareggiando lo zaino. Oggi l’escursionista è sempre guidato, anche nei territori pericolosamente inospitali. In Franz Kafka, l’odradek è qualcuno avente una forma apparentemente priva di senso. La sigla 09.2 sembra quella d’una frequenza.

Nell’installazione denominata Study for dowsing (Ear), Federico Arani cerca apertamente una sinestesia fra i sensi dell’udito e della vista. La luce rossa disegnerebbe una passionalità all’inseminazione d’una galassia. Ciò che si penetra per l’artista è l’orecchio. Probabilmente a noi spiace l’incapacità d’udire le stelle, perché in parte già le osserviamo. Il totem tramuta in un orecchio a luci rosse. Gli ossicini che fanno vibrare il suono (il martello, l’incudine e la staffa) sono le ossa più piccole del corpo umano. L’antenna, sempre stretta, si percepirà palpabile alla propagazione delle onde. Il vestibolo permette il senso razionalisticamente estatico dell’equilibrio. Esso funge un po’ da “copertura” per la nudità della pelle alla sessualità. La musica coinvolge meglio, nell’elenco delle arti. L’udito è controllato da una coclea, laddove il rispecchiamento s’allaccia alla vibrazione. Ma quanto l’orecchio rimpiazzerà una nota sul pentagramma, in questa installazione?

A Milano, Ludovica Anversa aveva esposto dei quadri ad olio su lino. Esteticamente, a lei interesserebbe una danza eterea per una porosità delle cellule, all’interno d’un corpo. Per una specie, la riproduzione è pure una custodia. Nel quadro dal titolo Bite me, tease me, forget me gli istinti primordiali si simboleggiano mediante le impronte che distorcono i geni, dal microscopio. Uno spettro punzecchia apparendo e scomparendo. Ma quanto la sua carnalità avrebbe la permeabilità al morso dell’estasi, se l’atmosfera cedesse alle “sabbie mobili”? Le cellule danzerebbero con la leggiadria “contaminata” dalla ventosa. Non c’è nemmeno una griglia per lo scolo. Forse si potrebbero generare gli stadi larvali, ricordando il filo conduttore della mostra, sulle falene. Queste “stapperanno” dalle ali i fiori, per l’impollinazione. Al surrealismo, la “griglia” dei geni si percepirà come labirintica, forzandoci a dimenticare l’uscita sul naturalismo. L’impollinazione è uno scolo soltanto indiretto.


Paolo Meneghetti

Paolo Meneghetti, critico d’estetica contemporanea, nasce nel 1979 a Bassano del Grappa (VI), città dove vive da sempre. Laureato in filosofia all’Università di Padova (nel 2004), egli ha scritto una tesi sull’ estetica contemporanea, in specie allacciando l’ ermeneutica di Vattimo alla fenomenologia francese (da Bachelard, Bataille, Deleuze, Derrida). Oggi Paolo Meneghetti scrive recensioni per artisti, registi, modelle, fotografi e scrittori, curando eventi (mostre o conferenze) per loro, presso musei pubblici, fondazioni culturali, galleristi privati ecc... Egli in aggiunta lavora come docente di Storia e Filosofia, presso i licei del vicentino.

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