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L’esploratore Daniele Castiglioni, ed il Progetto “Acque siberiane”

Recensione d’estetica per l’esploratore Daniele Castiglioni, in occasione del Festival “20 di Siberia”: 2003-2023, da lui organizzato in Ottobre a Tradate (VA)

DANIELE CASTIGLIONI ED IL VECCHIO CANALE (FRA I FIUMI OB ED ENISEJ)

Daniele Castiglioni ha percorso a remi il vecchio canale che congiungeva (con l’aiuto d’un affluente naturale) i fiumi Ob ed Enisej. Alla fine egli compirà una vera performance, contro le difficoltà del momento. Infatti d’estate le acque possono calare di molto, le zanzare colpiscono improvvisamente a sciami, i tronchi abbandonati a se stessi occludono le strettoie, i remi un po’ alla volta si logorano ecc… Naturalmente, c’è anche la difficoltà di trovare un punto di ristoro, fra i piccoli paesi lontani per centinaia di chilometri.

(courtesy to Paolo Meneghetti)

Hegel scrive che l’uomo, costruendosi una nave, va opponendo “un semplice pezzo di legno” alle “illusioni” ed alla “violenza” dei mari. Questi hanno la linea d’orizzonte che non fermerà il nostro sguardo, nella sua grande lontananza dalla terra. La “violenza” dei mari si spiega con l’alta probabilità che vi accadano i temporali. Per Hegel, è importante percepire che la nave lasci una scia. L’uomo non può mai “accasarsi” (o meglio stabilizzarsi) nel mare. La scia si percepirà come un tentativo costante di “misurazione”. L’onda del mare si dà… producendosi. Misurando qualcosa, sempre si tende ad aggiungerla. Quella è tale solo in quanto riportata a noi. Visivamente, la scia simboleggia la misurazione che (al contrario) ci “aggiungerà” al mare. La superficie ondosa è già “di riporto”: ovviamente, verso se stessa.

Daniele Castiglioni ha dovuto sopperire alla “violenza” della Natura, durante la sua traversata. Egli però voleva lasciarci una “scia”: quella d’una memoria storica. Quanto è stato bello rivedere il vecchio canale almeno parzialmente in funzione! Esteticamente la performance di Daniele Castiglioni ha una dialettica di fondo. C’è la “scia” del tronco che occlude lo scorrimento del canale, la “scia” per l’inevitabile prurito delle zanzare, la “scia” della macchina fotografica che si bagna (cadendo in acqua) ecc… Secondo le previsioni, i ristori per accasarsi mancheranno, per cui bisognerà accontentarsi d’un accamparsi. Daniele Castiglioni però alla fine avrà imparato a “misurare” se stesso, nella lotta per la sopravvivenza. Il simbolismo più positivo della “scia” è nella fiducia che alla meta ci s’arriverà, in qualche modo.

(courtesy to Paolo Meneghetti)

La taiga siberiana può oscurarsi per il fumo, dagli incendi. Alcuni villaggi sono stati abbandonati, lasciando paradossalmente i cartelli coi vecchi divieti per i turisti! L’acqua ha un tono completamente marrone, dove a nessuno verrebbe in mente di fare il bagno… La taiga per l’escursionista sembra penetrabile; ma resta il silenzio dell’uomo, lontano dai beni primari in città.

Per Bachelard, la notte si percepisce nel suo insinuarsi. Contro di quella, noi vedremo a fatica. Uno stagno ha l’acqua nel suo rimescolamento, per cui lì la notte s’insinuerebbe ancora meglio. Il torbido di giorno si mantiene! Per Decharme, da uno stagno gli uccelli mostruosi scaglierebbero le loro piume come frecce. Nel torbido sarebbe più facile percepire il rugoso.

(courtesy to Paolo Meneghetti)

Daniele Castiglioni mostra il “brutto” effetto delle punture, fra le zanzare a sciami. Sono queste dunque a far “rimescolare” le acque torbide, molto più del remo (complice l’abbassamento del livello medio, per il fiume). La barca arenata (per l’occlusione delle strettoie) favorisce la percezione complessivamente “rugosa” della taiga. La Siberia, nella sua immensità, insegna all’esploratore l’arte dell’insinuarsi. E’ qualcosa da percepire come una notte “marrone”, fra il limo dell’acqua stagnante e la “rugosità” d’un accamparsi nel sottobosco.

DANIELE CASTIGLIONI ED IL FIUME LENA

Daniele Castiglioni ha compiuto la traversata della Lena, dalla capitale regionale di Jakutsk e sino alla foce, nel Mar Glaciale Artico. Il lunghissimo fiume può allargarsi anche per 20 km, lasciando che lo sguardo si perda quasi nel vuoto. Oltre le “fotogeniche” falesie scavate dal gelo, ci sarà per la maggiore una sconfinata piana, almeno fino alla strettoia (innanzi alla foce).

La Lena si percepisce come una “pietra angolare”, in mezzo al vuoto della taiga. Un troncone resta nel diradarsi d’un sottobosco, permettendo di risalire all’età del vecchio albero, se noi contiamo i suoi anelli. La Lena favorisce da sempre la comunicazione fra i villaggi jakuti. E’ un fiume d’inverno più “freddo” d’una “pietra”, che “angola” (con le sue anse) la sconfinata piana. Daniele Castiglioni ha disceso le acque, arrivando al parimenti fermo Mar Glaciale Artico. In realtà, lungo la Lena c’è una buona “vivacità”. A riva, dai pochi villaggi i bambini non aspettano altro che vedere il passaggio delle chiatte. Così arrivano loro i necessari alimenti, ma anche le “fantasie” sulla nazionalità dei turisti…

Per Bachelard, la barca “oziosa” (in cui passare una vacanza, al mare) si percepisce tramite la possibilità di riconquistare la propria culla (tornando all’infanzia). Essa permette di sdraiarsi verso il cielo vuoto (senza alberi, case, montagne ecc…), riposando meglio. Naturalmente l’ondeggiamento della barca in mare si percepirà come cullante. I bambini jakuti giocano sotto il cielo vuoto (della piana).

Proprio la chiatta ci pare l’elemento più simbolico della Lena. Questa si percepisce nella “pietra angolare” dell’urbanizzazione nomade. Agli albori della civiltà, l’uomo visse nelle palafitte. Una chiatta rappresenterebbe la barca che non trasporta tanto qualcuno o qualcosa (per un motivo: commerciale o turistico), bensì paradossalmente “se stessa”. L’uomo nelle palafitte conobbe una prima stanzialità solo rispettando il “nomadismo” delle acque, il cui livello poteva sempre mutare. La chiatta è visivamente piatta da percepire. Essa ergerà una sorta di “troncone”, per il molle ondeggiamento.

Bousquet scrive che < E’ un onore essere il vento, è una felicità essere la pietra >. L’uomo vive in due dimensioni: astrattamente (con la mente) o materialmente (col corpo); ma sempre nel mondo immanente. Si percepiscono al massimo grado gli elementi dell’aria e della terra rispettivamente col vento e con la pietra. Il primo si pone astrattamente, il secondo materialmente. Se l’uomo diventasse vento e pietra, allora egli rispecchierebbe se stesso nel mondo che lo “ospita”.

(courtesy to Paolo Meneghetti)

Ricordiamo che la Jacuzia consente di vedere la Via Lattea, mancando l’inquinamento luminoso. Dunque, la “pietra acquosa” del permafrost si potrà “angolare” magicamente in un “vento” delle stelle. La Via Lattea sul serio si percepisce come una “chiatta” sullo Spazio infinito.

La Jacuzia ha il permafrost (che impedisce le coltivazioni), ma anche il suo “angolarsi” mediante l’escursione termica. Daniele Castiglioni nel viaggio d’estate ha solamente sofferto il fortissimo vento, avvicinandosi alla foce artica. La chiatta è “un fermaglio” per l’acqua, sui “boccoli” delle anse. Ne deriva che essa dovrà letteralmente “pettinare” le angolazioni del vento. A Jakutsk, quanto i tubi per il riscaldamento eviteranno il sotterramento (col permafrost), a configurarsi come una “chiatta” per l’aria? Daniele Castiglioni ci mostra tutta la bellezza naturale della Lena, in cui davvero l’acqua pare “sospesa” nel vuoto, ma dal “troncone” dell’intera taiga.

DANIELE CASTIGLIONI ED IL FIUME INDIGIRKA

Daniele Castiglioni ha affrontato le difficili rapide del fiume Indigirka, classificate anche al sesto grado. Là, spesso è accaduto che le canoe si ribaltassero, mentre il catamarano subiva molti danneggiamenti. L’Indigirka scorre tagliando a metà la catena dei Monti Cerskij, conosciuta in quanto ricca di giacimenti metalliferi. Daniele Castiglioni inizialmente ha percorso la Strada delle Ossa, oggi in alcuni tratti asfaltata e comunque carrabile. Essa fu costruita dai deportati nei gulag, per consentire l’accesso ai siti minerari. La regione dell’Indigirka ha una temperatura fra le più fredde del mondo, benché d’estate si possano raggiungere i 30 °C, i quali favoriscono le zanzare a fiotti…

Daniele Castiglioni parte dalla città mineraria di Ust-Nera. Per lui, la vitalità avrà il suo “oro” (per lo spirito d’avventura) fra i “tagli” delle rapide, nel fiume Indigirka. All’estrema purezza delle acque (senza gli scarichi industriali), s’accompagnano le molte ore di luce, durante la giornata. Daniele Castiglioni non potrà riprendere le rapide del fiume, per un malfunzionamento d’una cinepresa speciale, ancora a Mosca (prima di partire per la Siberia). Qualcosa che lui interpreta come un segno del destino: l’Indigirka va conosciuta soltanto dal vivo! E’ la metafora delle rapide, così per paradosso puramente oscure (se la taiga verdissima e la luce quotidiana scoprono un territorio maestoso nella sua silenziosità, senza i villaggi abitati).

(courtesy to Paolo Meneghetti)

Vediamo il canyon dei Monti Cerskij, da “passare al setaccio” perché brilli “l’oro” dell’audacia. Daniele Castiglioni ama ricordare che gli è difficile trovare un compagno d’avventura. Non basta saper campeggiare, senza percepire la direzione delle onde (dopo un giro di ricognizione, dalla riva, a piedi). Il canoista s’augurerà di trovare qualche ansa, dove la taiga virtualmente gli abbracci lo spirito d’avventura. Quella ci ricorderebbe un ferro di cavallo, secondo le parole di Daniele Castiglioni. L’ansa allora si percepirà come un portafortuna, prima di raggiungere il rettilineo finale, nella pianura artica. Il canyon è chiaramente abitato dagli orsi, fra gli animali “più solitari” del mondo.

Anche l’Indigirka avrà le sue “ossa”, con le acque che comportano l’erosione delle rocce. Chi cerca l’oro, proverbialmente deve “faticare” parecchio, prima di riuscire a setacciarne qualche grammo…

Goethe pensava che la Terra avesse per cielo “un’aureola” di vapori. Essa poteva “inspirare” ed “espirare” continuamente, come una persona vivente. Bachelard scrive che Goethe percepiva nel cielo una vera e propria meteorologia “della bocca”. La Terra che inspira attira a sé i vapori, condensandoli con le nubi (a monte delle piogge). E’ il caratteristico stato di “affermazione acquosa”. La Terra che invece espira rinvia in cielo i vapori, assottigliandoli, per cui noi vedremo il Sole o la notte stellata. E’ il correlato stato di negazione acquosa.

Il fiume Indigirka ha un affluente che si chiama Moma, oltrepassato il canyon fra i Monti Cerskij. E’ là che Daniele Castiglioni terminerà il suo viaggio. Soprattutto, gli interessa visitare uno fra i più splendidi naled siberiani, intesi con quelli gli strati di ghiaccio fluviale non ancora scioltisi, d’estate. E’ la metafora della terra che attira a sé i vapori, mentre le acque del Moma avrebbero le nubi. Là, il naled un tempo raggiungeva anche i 5 metri d’altezza (prima che subentrasse il problema ambientalistico del riscaldamento globale).

Ricordiamo che i Monti Cerskij distinguono la placca euroasiatica dalla placca nordamericana, le quali così si percepirebbero “nel proprio boccheggiare”. Più chiaramente, il naled del Moma ci mostra come le acque derivano “dall’aureola fra le nubi”.

Daniele Castiglioni:

www.solosiberia.it


Paolo Meneghetti

Paolo Meneghetti, critico d’estetica contemporanea, nasce nel 1979 a Bassano del Grappa (VI), città dove vive da sempre. Laureato in filosofia all’Università di Padova (nel 2004), egli ha scritto una tesi sull’ estetica contemporanea, in specie allacciando l’ ermeneutica di Vattimo alla fenomenologia francese (da Bachelard, Bataille, Deleuze, Derrida). Oggi Paolo Meneghetti scrive recensioni per artisti, registi, modelle, fotografi e scrittori, curando eventi (mostre o conferenze) per loro, presso musei pubblici, fondazioni culturali, galleristi privati ecc... Egli in aggiunta lavora come docente di Storia e Filosofia, presso i licei del vicentino.

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