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La guerra e la storia tra Nietzsche e Tucidide

Sul significato e l’origine dell’aforisma § 180 di Aurora. Nietzsche scrive:

«La guerra – Le grandi guerre del presente sono gli effetti dello studio della storia.»

Se è vero che Nietzsche teneva in altissima considerazione lo spirito dello storico Tucidide – ed è vero, poiché testimoniato dallo stesso Nietzsche nelle pagine del Crepuscolo degli idoli dedicate a “Quel che devo agli antichi” – allora crediamo di poter rintracciare la possibile origine di questo suo pensiero sulla guerra.

Tucidide visse nell’Atene di Pericle e nella Grecia della guerra del Peloponneso, di cui fu celebre storico, cronista e diretto testimone.

Tucidide segna, per molti moderni e contemporanei, il culmine del genio greco nella scienza storico-politica. La tradizione storiografica precedente, con Tucidide, viene rovesciata e per questo innovata, anche se il greco non era ancora pronto a cogliere, nella sua rilevanza (che forse è tale, effettivamente, solo per il moderno), la rivoluzione metodologica ch’avveniva.

Storici come Ecateo di Mileto, soprattutto, ed Erodoto, già in misura minore, pur volgendo l’attenzione alla vicenda umana, l’interpretavano in chiave sostanzialmente narrativa, ovvero poetica. Ciò che muove le vicende umane e terrestri era ancora il Regno della trascendenza. Dio, in senso nietzschiano, non era ancora trapassato (mi si passi l’espressione, traditrice ma mitigante?).

Tucidide, al contrario, opera la morte di Dio, nel senso di interpretare e raccontare gli eventi umani all’interno di un quadro concettuale in cui essi sono puri oggetti di scienza. Non più il dio a muovere i fili dell’uomo, ma un uomo senza fili mosso da leggi proprie della sua natura.

L’obbiettivo è raccontare la verità oggettiva. Per fare questo è necessario innanzitutto concentrare l’attenzione di storici non tanto sul passato più remoto ma sul presente, poiché di esso è possibile raccogliere informazioni maggiormente attendibili. Un’attenta documentazione è dunque il primo ingrediente della verità. Il secondo è la critica razionale sul materiale raccolto. L’analisi dei dati di fatto, alle volte scarsamente comprensibili senza l’apporto interpretativo e la ricostruzione metodologica dei nessi causali, è di fondamentale importanza. A tal fine è richiesta allo storico obbiettività, imparzialità e assoluta estraneità a velleità di sorta artistico poetica o narrativa. Ciò significa anche esimersi dall’esprimere giudizi personali o morali sui fatti narrati. E questo vale anche se poi, di fatto, dalle vicende narrate emerga un senso narrativo e poetico; anche se lo stile apparentemente e programmaticamente anaffettivo di Tucidide riesca, a tratti, autenticamente ed emotivamente coinvolgente.

Il racconto storico di Tucidide è volto a comprendere la verità politica degli avvenimenti, dunque la storia, ad esempio, della guerra tra gli stati di Atene e Sparta.

La fede nella verità è sostenuta dalla fede nell’esistenza di leggi (di causa-effetto) determinanti l’agire dell’uomo e dello stato, e dalla fede nell’invarianza della natura (umana) e dunque nella ripetizione della storia nel senso ch’essa è storia determinata da leggi del comportamento umano considerate immutabili.

Se queste sono le premesse, è facile vedere la coerenza della conclusione per cui la ricerca storica, ch’è ricerca delle reali connessioni causali tra gli eventi, è fonte di conoscenza utilissima per l’efficace azione politica del futuro. La storia diviene pertanto un patrimonio conoscitivo in grado di affinare e rendere più proficuo il processo di presa di decisione in materia bellica, innanzitutto. Chi voglia, dunque, dominare sull’altro si rivolga all’istruzione dello storico. L’incisività del sapere storico è dunque massima, potendo modellare il rapporto di potere tra gli stati. In questo senso, dunque, la crescita di tale sapere è, parimenti, la crescita dell’astuzia politica e militare degli stati, ora Stati.

Ecco perché Nietzsche può affermare, probabilmente suggestionato dalla visione di Tucidide, che «le grandi guerre del presente sono gli effetti dello studio della storia».

Bibliografia:

– Tucidide, La guerra del Peloponneso, Garzanti.

– Nietzsche Friedrich, Aurora; pensieri sui pregiudizi morali, Newton.


Francesco Margoni

Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive dell’Università di Trento. Studia lo sviluppo del ragionamento morale nella prima infanzia e i meccanismi cognitivi che ci permettono di interpretare il complesso mondo sociale nel quale viviamo. Collabora con la rivista di scienze e storia Prometeo e con la testata on-line Brainfactor. Per Scuola Filosofica scrive di scienza e filosofia, e pubblica un lungo commento personale ai testi vedici. E' uno storico collaboratore di Scuola Filosofica.

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