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Sulla cartilagine dei calanchi, l’epidermide della dolomia fluttua come una cuspide

(una prolusione d’estetica di Paolo Meneghetti, Venerdì 21 Aprile al Palazzo Baronale di Scanzano Jonico, in occasione della Prima Residenza Artistica Lucana, organizzata dall’Associazione “Basilicata Wow” — www.basilicatawow.it)

La Basilicata costituisce la regione che spezza la penisola italiana, fra il Salento e la Calabria. Ciò determina la percezione d’un isolamento, se non si capisce qual sia la direzione migliore da prendere: ad est oppure ad ovest. Coerentemente, l’inflessione dialettica può diventare meticciata, fra Napoli e la Puglia. C’è poi il paradosso delle Dolomiti Lucane: al caldo mare del Sud, ma senza gli atolli dei tropici (come accadde anticamente in Triveneto). La Basilicata si sedimentò tramite le correnti di torbida. Tale processo non sembra mai concluso, percependo il “falso ondeggiamento” dei calanchi argillosi, oggi. Alfonso Gatto (nativo di Salerno, ma ispirato anche dalla Lucania) ha scritto:

Tutte le tue speranze nella vita

degli altri e per te sola il tuo sorriso

inerme, la tua mano già sparita

nel raccogliersi agli angoli del viso.

L’amore fu mortale nel pensarlo

d’altri e non tuo, lo vedevi quale

resta nel tempo chiuso col suo tarlo

Che dirti? Tu rispetti il liscio eguale

del gesto che connette la figura

e la mano ripete per ascolto,

quasi a seguirla nella sua fattura,

una sembianza che non ha più volto.

Tu sei musica forse per l’oblio

che nulla scorda e alle sue mani goccia

il filo d’acqua che gli dà l’avvio.

Sei l’erba in una lapide di roccia.

Se riponiamo le speranze sulle vite degli altri, allora si ha una mano che sparisce agli angoli del volto. Forse, è visivamente il momento in cui non “si capisce” più nulla di sé. Oppure, si conferma l’eterno dilemma fra il sacrificio ed il condizionamento. Si ama davvero senza il tornaconto personale… Ma noi lo sappiamo ed anche lo vogliamo, fin dall’inizio (dopo il “colpo di fulmine” od il corteggiamento). Questo diventerà il “tarlo” della tempia mentale, dove il “cuore” amorevole chiude il proprio tempo. Ci si sacrifica sempre eternamente. L’amore può resistere alla “roccia” della morte, al ricordo dei momenti spensierati. Per Alfonso Gatto, alla fine bisogna ricercare “il liscio” della mano, che tasta il viso solo mediante l’ascolto. Sarà qualcosa che porti la “goccia” del musicale, amando l’oblio sul destino di vivere scorrendo. Col dialogo, ritmato dal botta e risposta, è possibile sacrificarsi verso una “terza via”. Questa si renderà tutta da scoprire. Al contrario la “tempra” dell’orgoglio personale sovente causa la rottura d’un rapporto amoroso. Per Alfonso Gatto, conviene sempre che s’attutisca la roccia, mediante l’erba.

In Basilicata, noi immaginiamo che la Piana di Metaponto “ascolti” una “carezza”, datale dal Golfo “temprato” di Taranto. Con l’antropizzazione, si passa dalle rovine del tempio greco alla residenza terrazzata per i bagnanti. Oppure, le gravine di Matera (coi “tarli” fra i Sassi) avranno una miniatura nei solchi dei campi coltivati, che nella Piana di Metaponto abbondano. La famosa dolomia assume un colore rosaceo, soprattutto nei tramonti estivi, se l’aria è parecchio tersa. Tutto questo si percepirebbe in via “epidermica”. Di contro, in Basilicata le argille rivitalizzerebbero lo stato vegetativo solo per una “cartilagine” dell’introspezione. Non vale il sublime da ammirare, bensì il languore da rimuginare. Fra i sali minerali, la scarsa vegetazione riuscirebbe a proteggersi soltanto con “l’ombrello virtuale” d’una biancana. La tonalità principale si percepirà in modo “lunare”, soprattutto se alle prime ore del giorno. Ci sono cittadine che hanno la loro “biancana”, come Pisticci, al rione denominato Dirupo. Si tratta d’una scelta architettonica che nasce naturalmente: dalla tradizionale vita dei contadini. Orazio (da Venosa) immagina che:

Era notte e nel cielo sereno, tra le stelle minori,

rifulgeva la luna quando tu,

stringendoti a me più che l’edera all’alto leccio

e avvincendomi con le tue morbide braccia…

Dunque la luna rifulgerà nella notte serena, e mentre la donna amata s’avvinghierebbe assai più dell’edera, rispetto ad un leccio. Ma quanto la passionalità del rampicante potrebbe “anestetizzare” dagli “abbagli” d’una dipendenza? Le casette bianche a schiera, le quali ci testimoniano la vita rurale, necessitano di restauri costanti. Il mecenatismo diventa utile, se scevro dalle speculazioni commerciali. Andrea Zanzotto (nato a Pieve di Soligo, TV) ha scritto che:

Mine di luna in fuga

per lumina per limina

oh più fecondo più verbo più troppo

scarti di luna-noi scaglia in abbaglio sul noi

S’immagina che le mine d’una luna siano in fuga, per lumi e soglie. Quanto di notte si percepirebbe il solo pallore d’una “grafite”? La “grigia” luna sta nella sua soglia, non potendo abbagliare come il sole. Ma la mina si scaglia, mentre da una sillabazione comincia “l’inviluppo” della comunicazione. Forse un intendere dovrà fermarsi sulla soglia d’una “luna” interpretativa. Esteticamente, ad Andrea Zanzotto interessa il decostruzionismo. Più in generale, la sociologia ci dice che le lingue “si frantumano” nei secoli. Nessuno può davvero ricostruire la civiltà antica, oggi; e soprattutto il progresso aumenta a dismisura i codici, addirittura pretendendo di conoscere l’irrealtà “futuribile”. Basta menzionare l’esempio della ChatGPT, dall’intelligenza artificiale. In Basilicata, noi percepiremo i calanchi, nella loro interezza, come “mine” frantumanti la terra, a causa del ruscellamento naturale. Ma quelli avranno le punte assai più esplosive, passando dalla grafite al petrolio, attraverso le trivellazioni industriali.

La Basilicata, parimenti al Molise, nell’immaginario collettivo abbisogna di farsi sempre esplorare. La storia ce lo conferma: dai Sassi di Matera (che fu tra le prime città a nascere) al moderno turismo via coast to coast (citando un famoso film di Rocco Papaleo, da Lauria), passando per le rovine greche di Metaponto (dove riparò un fuggitivo Pitagora, sino alla sua morte). Mancando l’urbanizzazione falsamente “selvaggia”, anzi avendo la densità demografica al penultimo posto, rispetto alla media nazionale, la Basilicata “ispira” il lirismo delle arti. Si tratterà di provare a “coinvolgere” con l’astrazione. Il vissuto avverrà isolandosi fra i “nervi” dell’interiorità, ovvero avendo sempre la “mano tesa” verso gli Altri. Possiamo menzionare il confino calanchivo di Carlo Levi, da Grassano ad Aliano. Per qualunque scrittore, diventa indispensabile quantomeno la libertà (perfino contro la dittatura) di raccontare. Nell’atmosfera lunare, la visione s’apre indefinitamente ai 360°. Allora mantenere i piedi per terra (contro l’incertezza data dalla gravità) è trovare all’orizzonte un “anello di congiunzione” fra i deboli avvallamenti. Ciascuno ha una vitalità che fugge, nei “controbalzi graffianti” dell’esteriorità situazionale. Dunque noi possiamo allacciare i calanchi al carpe diem di Orazio.

La Basilicata è diventata una regione assai gradita ai registi. Essa permette di ricreare scenografie a piacimento, senza arrecare disturbo ai cittadini. Il neorealismo esteticamente è sempre stato “genuino” nel suo racconto della vita sociale. La Basilicata si percepisce come quel “ponte” (da est ad ovest) cui nessuno tende mai a badare, in quanto “preso” da una destinazione. Vi aggiungeremo anche la “tranquillità” dell’amaca, in una cuspide lungo la Valle del Sinni, fra Maratea e Policoro. E’ un ponte che porta con sé nuove destinazioni, nella contemporaneità. La Basilicata, come le altre regioni del Sud, passa dalla povertà dell’emigrazione all’amalgama dell’immigrazione. I paradossi si ripercuotono sullo sviluppo economico. Spesso, si sente dire che i giovani italiani non hanno più la voglia di lavorare nel settore primario. L’Amaro Lucano contiene una miscelazione di trenta erbe. Questo troverà il suo contraltare nella trivellazione. In Basilicata si cerca l’olio amaramente nero di… “digestione” rapida, rispetto “all’esplosione della natura in fiore”. La percezione del calanco si rende interessante, con l’acqua che non pare molto rivitalizzante. Il ruscellamento corrode, come una trivella dalla “manata naturalmente disordinata”. Leonardo Sinisgalli (nativo di Montemurro) ha scritto:

Mi raccoglie nel suo gomito

inerte la fredda sera d’autunno.

Scorre deserta sulle foglie

e mi ridesta a ogni tonfo

dei castagni

Simbolicamente, la fredda sera d’autunno si raccoglie in un gomito inerte. Ne deriva che la linfa scorrerà ai “meri tonfi” (verso la “desertificazione” della vecchiaia). La secchezza delle rughe si può accompagnare alla gobba per l’osteoporosi. In autunno, al massimo il gomito si ridesterà nelle castagne “scoppiettanti” (già alla caduta dall’albero, oltre che al fuoco per la caldarrosta). Il turismo potrà aiutare a superare la malinconia per i villaggi isolati che si spopolano, coi giovani in cerca d’un lavoro. Oppure è il “gomito” del calanco a cedere: si pensi a Craco. Di certo subentrano i problemi cari agli ecologisti. Nell’epoca moderna, con la corsa al successo ed al profitto, si contraddice la “poesia ingentilita” per il flusso di torbida, dalla geologia. Il sollevamento delle Dolomiti Lucane fu lentissimo, oltre che (ovviamente) naturale. Una produzione seriale risulta accurata nella sua divisione del lavoro. Ciononostante serve aggiornare, a monte, la creatività del designer. Agli inizi del Duemila, lo stabilimento della FIAT a Melfi garantiva un giro d’affari di livello mondiale. Terry Tempest Williams immagina un archeologo di Boulder, che riesca a seppellire poesie nel deserto. E’ una citazione interessante, provando ad allacciare i calanchi lucani alle badlands nordamericane:

There is a man in Boulder, Utah, who buries poems in the desert. He is an archaeologist who knows through his profession that eventually his words will be excavated, that although they may not be understood now by his community, at a later date his poetry will be held as an artifact, mulled over by minds that will follow his… He listens and he studies. He pores over the artifacts that come into the museum where he works. When no one is around, he pulls out his glasses, slips on his white cotton gloves, and carefully turns the objects over and over as though some wisdom might speak to him from a sandal or basket or cradle board.

A volte le persone veramente originali non vengono “capite”, dalla loro comunità. La poesia “seppellisce” i significati quotidiani del linguaggio, per esempio con l’ermetismo. Magari, quell’archeologo un giorno sarà stato capito, e “conservato” come un reperto. Vale il primato dell’inventore (o dello scopritore): tutti i suoi successori faranno meglio a contestarlo (originalmente), rinunciando ad emularlo (manieristicamente). La zona di Boulder ha i canyon. Al museo, l’archeologo si toglie le lenti, mette i guanti di cotone e gira i reperti: un sandalo, una cesta, una culla rigida (a saggiargli la competenza). Sarà qualcosa da percepire nel “canyon” del rimuginare (del reinterpretare). Anche l’inventore (o lo scopritore) dovrà imparare a migliorare la teoria iniziale, seppur condivisa da tanti colleghi.

In Basilicata conosciamo la tradizione d’essiccare i peperoncini, in collane, fra i vicoli cittadini. Ma non tutti gradiscono che si rimugini il piccante, in bocca! In Italia, per l’immaginario collettivo del turista che viene dal Nord, al Sud i residenti sarebbero assai più ospitali, sino ad offrire un “cesto di frutta”, oppure un selfie, dopo un casuale incontro fra gli stretti vicoli. Dialetticamente, un archeologo scopre qualcosa che in origine non si voleva “indirizzare” a qualcuno, per il futuro. Anzi una civiltà antica manco avrebbe potuto “immaginare” che alla lunga (nell’Ottocento) sarebbero stati istituzionalizzi i musei. Michel Foucault cita il monumento, che noi percepiamo valendo essenzialmente in se stesso, per la sua epoca. Non è, soprattutto per gli antichi, un tipo di creazione che mira a farsi reinterpretare in via sociologica, o storicistica. Una simile concezione piace alla modernità, avendo istituzionalizzato il museo, e quindi anche l’archeologia.

Chissà se, per l’immaginario collettivo d’un turista che provenga dal Sud, al contrario al Nord i residenti preferirebbero la riservatezza… Di certo chi è ospitale non ha proprio nulla di cui vergognarsi, né (peggio) “mantiene le distanze” solo per asocialità spuria, diffondendo in seguito, di nascosto, un pettegolezzo. Correttamente, i consorzi di produttori locali insistono sulla loro tipicità. Agli ecologisti rimangono le “grane” della futuribilità. Conta un benessere progressista; ma chissà quanto dialettico fra la globalizzazione e la glocalizzazione. Per Georges Bataille, l’uomo è una particella inserita in sistemi instabilmente aggrovigliati. La sua visione rientra nel vitalismo, cosicché la realtà si dà mediante più campi di forza. Per certi versi la Basilicata consta di grovigli: per il Golfo di Taranto, le trivelle petrolifere, i Sassi delle gravine, gli arbusti sui calanchi ecc… Fortunatamente, vi manca quello dell’urbanizzazione esagerata.

Si rischierà anche la contraddizione, più negativamente (se a partire da un idealismo, un po’ sulle orme di Greta Thunberg). Ad esempio le pale eoliche, in funzione dell’energia rinnovabile, e di cui il Sud ormai è pieno, si frappongono alle ali di quegli uccelli che hanno la stazza più grande, causandone il ferimento o la morte. La Basilicata conosce da anni progetti di valorizzazione ecosostenibile. Citiamo il ponte tibetano di Castelsaraceno, dove il record sulla lunghezza mondiale finisce per “storpiare” l’oil rush da digitalizzare per la prima volta, a Viggiano. Virtualmente, si tratta d’una trivella abbattuta, perdendo il piano verticale. Oppure citiamo il Volo dell’Angelo, fra Castelmezzano e Pietrapertosa (sovente considerati fra i più bei borghi d’Italia). Questo per certi versi “naturalizza” il disagio di cementificare le comunicazioni, in aiuto al turismo, quando oggettivamente i residenti sono pochi (quindi non ne avrebbero bisogno). Potenza si definisce al rango di città verticale, da una netta discordanza d’altitudine fra il centro storico e le periferie. L’ingegnere vi deve progettare le scale mobili, curiosamente in quantità tale da rasentare il record mondiale di Tokyo, una metropoli. E’ un modo per “lanciare” la vitalità della società. I giovani di Potenza, se hanno voglia di divertirsi, presumibilmente raggiungono Salerno, in Campania. Nelle scale mobili vediamo gli Altri che ci passano davanti all’intersezione mancata. E’ una percezione astigmatica, al contraltare artificiale dei calanchi col ruscellamento, che le piante non assorbono per vivere. I trasporti in Basilicata rappresentano spesso una barriera. Matera è un capoluogo di provincia; tuttavia le manca da decenni il collegamento ferroviario con la compagnia nazionale di Trenitalia, attraverso la direttrice naturale dalla Val Basento. In cielo, hanno più successi gli spostamenti della fauna ornitologica. Sono stati finanziati i progetti per la preservazione od il ripopolamento del capovaccaio e del falco grillaio. Albino Pierro, nativo di Tursi, ha immaginato riguardo agli innamorati:

Senza dubbio temevano

di sparire toccandosi col fiato:

eran l’uno per l’altro

la bolla di sapone colorata;

e forse lo sapevano

che dopo il fuoco scorrono torrenti

di cenere e che i pazzi

se gridano troppo

li chiudono per sempre dove nessuno

oserebbe entrar mai.

Fra il vitalismo e lo spiritualismo, l’amore sa trasformare il mero fiato in una bolla di sapone, grazie al bacio. La passionalità un po’ farebbe… “girare la testa”. Il rischio è che la condivisione ceda al proprio “contrabbalzo”, nel sentimentalismo d’una lontananza, o d’una perdita, passando dal “fuoco vivido” ad un “torrente di cenere”. Albino Pierro amava ispirarsi nella cittadina di Tursi. Posta fra i calanchi, essa è curiosamente nota per una varietà d’arancia che ha la forma schiacciata. Nelle vicinanze, Rotondella si farà immaginare come una “bolla d’argilla”, in uno “schiocco” sul mare calmo per il Golfo di Taranto, e dal suo balcone. Noi la visitiamo anche per i suoi contrafforti di contrabbalzo, mediante le Lamie di Bitonte. Questo sembrerebbe il blow-up antropomorfo per la libertà che assegniamo alle ali dei gabbiani, od al carapace delle tartarughe. Entrambi sanno librare contro la durezza delle correnti. Rammentiamo che a Policoro, sulla costa jonica, esiste un’importante riserva naturale. Più in generale, la Basilicata ha i borghi arroccati, facendosi contemplare a 360°, in via panoramica. Si tratta d’evitare la “macchietta” della cartolina, per una visita che poi “si stiri”, scorrendo grazie al servizio postale. Il “sogno” locale potrebbe essere quello d’incoraggiare i seri progetto di ripopolamento, partendo dal circuito delle “Case ad un euro”, che si vogliano ristrutturare.

P.S. In merito alla letteratura lucana, esiste un’altra pubblicazione per Scuola Filosofica:

La Basilicata esiste – Sulla meravigliosa storia linguistica e letteraria lucana

Bibliografia:

  • BATAILLE G., L’esperienza interiore, Dedalo, Bari 2002
  • FOUCAULT M., L’archeologia del sapere, Rizzoli, Milano 1997, p. 184
  • GATTO A., Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2017
  • ORAZIO, Odi ed epodi: canto secolare, Feltrinelli, Milano 2018
  • PIERRO A., Tutte le poesie, Salerno Editrice, Roma 2012
  • SINISGALLI L., Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2020
  • TEMPEST WILLIAMS T., Coyote’s canyon, Peregrine Smith Books, Layton 1989, p.48
  • ZANZOTTO A., Poesie: 1938-1986, Mondadori, Milano 2006, p. 197

Paolo Meneghetti

Paolo Meneghetti, critico d’estetica contemporanea, nasce nel 1979 a Bassano del Grappa (VI), città dove vive da sempre. Laureato in filosofia all’Università di Padova (nel 2004), egli ha scritto una tesi sull’ estetica contemporanea, in specie allacciando l’ ermeneutica di Vattimo alla fenomenologia francese (da Bachelard, Bataille, Deleuze, Derrida). Oggi Paolo Meneghetti scrive recensioni per artisti, registi, modelle, fotografi e scrittori, curando eventi (mostre o conferenze) per loro, presso musei pubblici, fondazioni culturali, galleristi privati ecc... Egli in aggiunta lavora come docente di Storia e Filosofia, presso i licei del vicentino.

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