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Gli Scacchi in Paradiso

[Nota dell’autore. Originariamente l’articolo costituiva il terzo dei miei commenti all’articolo Gli scacchi come fenomeno culturale: perché gli scacchi hanno avuto da dire nella storia dell’Occidente (11 Maggio 2014) di Giangiuseppe Pili; è stata sua l’idea di trasformarlo nel mio primo articolo in ScuolaFilosofica. Esso è stato rielaborato il 1° Maggio 2020 (Festa di San Giuseppe artigiano, Patrono dei lavoratori), con una leggera modifica del titolo.]

E poi che le parole sue restaro,
non altrimenti ferro disfavilla
che bolle, come i cerchi sfavillaro.
L’incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che ’l numero loro
più che ’l doppiar de li scacchi s’inmilla.
Io sentiva osannar di coro in coro
al punto fisso che li tiene a li ubi,
e terrà sempre, ne’ quai sempre fuoro.

(Divina Commedia, Paradiso XXVIII 88-96)

 

 

Dante e Beatrice si trovano nel cielo Cristallino (o Primo Mobile), sede dei nove cori angelici. Beatrice ha appena fugato i dubbi di Dante sulla struttura e la dinamica dei cerchi concentrici fiammeggianti (che ospitano i cori) e ruotanti intorno a quello che sembra essere il loro centro comune – il quale, in realtà, li contiene [Paradiso XXX 10-12] –, un punto luminosissimo corrispondente a Dio.
Lo sfavillio dei cerchi e il coro delle voci rivelano le presenze e i festeggiamenti degli angeli, e il numero di scintille prodotte è straordinariamente elevato. Per far intuire al lettore l’entità di questo numero (nella Bibbia si parla della moltitudine degli angeli, ad esempio, nel Libro del Profeta Daniele 7,10 e nel Libro dell’Apocalisse 5,11) Dante menziona un famoso aneddoto sull’origine del gioco degli Scacchi [a questo proposito, voglio citare il libro Scacchi (una Storia da raccontare) scritto dallo scacchista Luigi Ramini (stampato presso la tipografia Abbatelli snc di Castelplanio, in provincia di Ancona, nel 2014), p. 17-21; tuttavia l’Autore, pur ricordando versioni differenti (relativamente alla conclusione) dell’aneddoto, dubita della sua fondatezza storica].

Dante Alighieri cita il gioco degli Scacchi parlando della moltitudine degli angeli, in un Canto del Paradiso considerato dalla dantista Anna Maria Chiavacci Leonardi (1927-2014) «tra i più astratti e immateriali del poema». D’altronde, secondo la visione del Sommo Poeta fiorentino (nel solco della Tradizione Cristiana), gli angeli, oltre a essere creature puramente spirituali intermediarie fra il divino e l’umano, sono contigui, nella scala degli esseri, agli esseri umani.

[Ho utilizzato La Divina Commedia – Paradiso di Dante Alighieri, Commento di Anna Maria Chiavacci Leonardi (1994, io mi riferisco all’edizione Oscar Mondadori, ristampa 2015). La testa di Dante raffigurata sulla copertina è un particolare del celebre affresco Disputa del Sacramento realizzato dall’urbinate Raffaello Sanzio (1509 ca., Stanza della Segnatura, Musei Vaticani), riguardo al quale il 6 aprile 2020 è ricorso il Quinto Centenario della morte.]

«Credete pure che chi non sa disporre bene i pezzi nel gioco degli scacchi, giocherà male e se non sa fare scacco, non farà neppure scacco matto. Voi certo mi biasimerete perché parlo di un gioco che non esiste né deve esistere in questa casa. Da ciò potete vedere quale madre vi abbia dato Dio, se ha conosciuto anche questa vanità, ma dicono che qualche volta tale gioco sia permesso; a maggior ragione, sarà lecito a noi usarne la tattica, e vedrete come presto, se vi ricorriamo spesso, daremo scacco matto a questo Re divino, il quale non potrà sfuggirci, né lo vorrà». [Questo è un passo del Cammino di perfezione di Teresa d’Avila (1515-1582), codice dell’Escorial (utilizzo la quarta edizione Figlie di San Paolo 2012, a cura di don Luigi Borriello e suor Giovanna della Croce, p. 89), contenuto in un capitolo nel quale madre Teresa, rivolgendosi alle monache carmelitane del monastero di San Giuseppe ad Avila, parla del fondamento dell’orazione, la quale ha il suo compimento nella contemplazione. Più che presentare una particolare interpretazione del gioco degli Scacchi, l’Autrice ne propone un’applicazione assolutamente originale (e paradossale)! Teresa d’Avila fu canonizzata nel 1622 dal papa Gregorio XV, e proclamata Patrona degli scacchisti il 14 ottobre 1944 dall’allora vescovo di Madrid.]

INFERNO: Assenza totale di Dio

PURGATORIO: Presenza parziale di Dio

PARADISO: Presenza totale di Dio

Certamente, è oltremodo difficile immaginarci la realtà del PARADISO. «Sta scritto infatti: Cosa che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo, ciò che Dio ha preparato per quelli che lo amano» (Prima Lettera dell’Apostolo Paolo ai Corinzi 2,9). Jean Delumeau (1923-2020), storico francese del pensiero religioso occidentale, nel libro Alla ricerca del paradiso (2010, io faccio riferimento all’edizione San Paolo 2012) ha scritto: «San Giovanni della Croce [presbitero e poeta spagnolo, XVI secolo] affermerà più tardi nella poesia Canto dell’anima che si rallegra di conoscere Dio per mezzo della fede: “Ben so io la fonte che sgorga e scorre, anche se è notte! […]”. Il “cielo” vissuto dall’anima che ha saputo chiudere gli occhi – questa è l’esperienza mistica. Ci fa capire mediante casi limite la distanza fra due discorsi sul paradiso: uno, visivo ed esteriorizzante; l’altro, senza immagini e improntato al raccoglimento. Il primo ha finito per logorarsi e, malgrado i suoi meravigliosi colori, si è trovato sempre più in equilibrio instabile in una civiltà travolta da trasformazioni formidabili e inedite. Il secondo, apparentemente, resiste meglio perché preserva maggiormente l’immenso e indicibile mistero dell’aldilà» (p. 357). Con il progredire dello studio scientifico dell’Universo e, in particolare, della Terra, «si comprese sempre più chiaramente che il paradiso terrestre era un racconto simbolico, anche se la pastorale ufficiale, riattivata oggi dai fondamentalisti, si sforzò ancora a lungo di dissimulare questa evidenza dietro una lettura letterale del racconto della Genesi» (p. 74). Nella Conclusione del libro l’Autore ha scritto: «Il cristianesimo ha sempre contrapposto alle incomprensioni e ai conflitti di quaggiù la speranza di un avvenire d’amore e trasparenza reciproci. Un’edizione tarda (Lovanio 1589) dell’Art de bien vivre et de bien mourir promette che gli eletti saranno “nell’invincibile letizia”, non solamente “per il possesso del divino diletto”, ma anche “per l’amore che avranno gli uni per gli altri; saranno uniti eternamente al loro Dio e fra sé”. […] Ecco la socievolezza e la comunicazione paradisiache alle quali aspira una civiltà che, come la nostra, rischia di diventare una somma di solitudini. Questa speranza si contrappone alla cupa affermazione di Jean-Paul Sartre: “L’inferno sono gli altri”» (p. 359-360).

Nella nostra epoca, tanti si rifiutano di credere all’esistenza di realtà spirituali non attingibili mediante la sola scienza e non riducibili alla materia-energia. Presumere che un tale atteggiamento sia idoneo a indagare la realtà nella sua interezza, però, costituisce una posizione infondatamente pretensiosa verso la realtà stessa.


Giorgio Della Rocca

Sono nato il 10 Agosto 1964 a Pontinia, comune dell’Agro Pontino in provincia di Latina, e vi abito. Mi sono diplomato al Liceo Scientifico "G.B. Grassi" di Latina, e laureato in Matematica con indirizzo Didattico all’Università degli Studi "La Sapienza" di Roma. Negli anni Novanta ho svolto attività di collaborazione con "La Sapienza", anche presso la sede decentrata di Latina. Dal 1992 insegno Matematica in quello che attualmente è l’Istituto Statale di Istruzione Superiore "San Benedetto" (fondato nel 1956), situato nel territorio del comune di Latina. Altri interessi si possono evincere dai miei articoli presenti in "ScuolaFilosofica". Il mio motto: Scienza, Coscienza, Sapienza!

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