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Infrastrutture, la chiave della strategia

La civilizzazione è fatta di flussi. Essa si muove attraverso scambi, di merci, di denaro di cultura. È così da almeno 4 millenni. Ci sono punti attraverso cui per ragioni geografiche, fisiche ed economiche questi flussi devono necessariamente passare. Usando un linguaggio contemporaneo, potremmo chiamare questi punti Hub.

Forse la prima guerra letterariamente documentata della storia fu una guerra per un corridoio, presidiato da un Hub. Il corridoio era quello formato dallo stretto dei Dardanelli e del Bosforo e dal mare di Marmara, l’Hub si chiamava Wilusha (in lingua Hittita), o Wilion, o Ilion, o come la conosciamo noi: Troia.

Essa cominciò ad esistere circa 2600 anni prima di Cristo e fu distrutta più volte fino a scomparire del tutto verso il 950 a.C. e riapparire come insignificante villaggio verso il 750, restando tale per tutta l’antichità. Troia era questo nella sua fase di massimo splendore, attorno al 1200 a.C., era appunto un Hub, dove si concentravano traffici provenienti dalla Siria e forse ancora da più lontano, forse addirittura da India ed Afghanistan, e poi dalle coste interne del Mar Nero ed attraverso esse addirittura dal nord Europa i cui mercanti giungevano al Ponto lungo i grandi fiumi russi. Al suo culmine la città si estendeva su di una superficie di oltre trenta ettari, disponeva di imponenti mura, ben descritte da Omero, e controllava un porto che aveva la caratteristica di essere l’unico posto dove rifugiarsi, in attesa che il vento proveniente dal Nord (Borea), smettesse di soffiare impedendo di entrare nel Mar Nero. Attorno alla città si trovavano terreni fertili ed acqua potabile in abbondanza. Ad est di essa il potente impero Hittita, ad ovest i rapaci ed avventurosi Achei, che una volta colonizzate le isole egee, volevano impadronirsi di quel prezioso mercato e del suo porto. Lo scontro fra questi ultimi e la potente città dovette essere un evento straordinario, tale da influire e da essere conosciuto da tutto il mondo antico, e la cui narrazione divenne la base della cultura Occidentale.

Naturalmente dato che i guerrieri compiono gesta moralmente discutibili e non sempre allettanti per il pubblico essa dovette essere nobilitata, inserendovi una storia d’amore che riguardava principi e re. Il fatto che si uccida in nome del commercio non è mai piaciuto alle classi dirigente, che preferiscono spacciarsi per inguaribili, e francamente pericolosi, romantici. Si trattava comunque bene o male, del primo episodio della guerra tra oriente ed occidente, che tutt’oggi imperversa, e che come vedremo più avanti, tutt’oggi pertiene Hub e flussi.

L’antichità a continuato ad essere un’epoca di scambi e conflitti. Lo scontro più importante del mondo mediterraneo antico, cioè le guerre puniche, ebbe origine ancora per il controllo di un Hub, esso era la Sicilia. Si trattò del confronto fra una civiltà ascendente, quella romana ed una consolidata quella Cartaginese, oggi si chiamerebbe: “Trappola di Tucidide”. Entrambe miravano a controllare dei flussi di merci, quelli dal mediterraneo occidentale verso quello orientale e viceversa. Entrambe queste civiltà basavano il loro sviluppo sul movimento. I Cartaginesi, che erano di etnia Fenicia, semiti e marinai per vocazione, sul movimento marino. Navi da trasporto che si spingevano oltre le colonne d’Ercole fino alle coste britanniche ed alle isole Canarie.

I romani invece sul movimento terrestre. I loro eserciti che al momento dello scoppio delle guerre puniche avevano sottomesso tutta l’Italia, man mano che avanzavano costruivano strade, con una tecnologia che fino a quasi i nostri tempi è rimasta la medesima. Fu per questo motivo che l’impero romano si estese al mondo allora conosciuto e ne mantenne il controllo, mentre quello greco, più interessato a costruire monumenti, invece crollò, non appena Alessandro Magno scomparve. Le strade trasportavano oltre che truppe, flussi di merci nelle due direzioni. Lungo le strade si creavano accampamenti militari (castrum) che col tempo divenivano mercati e città: Londra, Colonia, Parigi, Torino, Aosta, Treviri e molte altre città europee nacquero così.

La vittoria finale dei Romani sui Cartaginesi, fu dovuta ad una serie di elementi, che rendevano Roma superiore a Cartagine: l’organizzazione militare, la collaborazione fra autorità politica e militare, ma anche la creazione dal nulla di una potente flotta navale, che i romani allestirono con la collaborazione di città marittime confederate: Cuma e Neapolis. Una volta occupata la Sicilia, oltre che ottenere le abbondanti risorse agricole di cui disponeva, Roma ebbe il controllo del centro del Mediterraneo. Trasformare quest’ultimo in un lago romano, fu solo questione di tempo. A seguito della vittoria su Cartagine e della su navalizzazione, l’impero romano divenne una complessa rete di comunicazioni, di strade e di porti, che giunse fino alla Germania del Nord, e al Nord Inghilterra. Tale rete esiste praticamente ancora, visto che molte grandi strade europee, sono su tracciati Romani. Quanto alla Sicilia oggi, a parte essere la sede di una delle più importanti base aeree del mediterraneo, quella di Sigonella, essa è ancora un Hub centrale per l’intelligence e per il sistema di comunicazioni delle forze armate degli USA, nella stessa base è ospitato infatti il centro di telecomunicazioni principale delle forze armate degli Stati Uniti nel Central Command: il MUOS. Cioè il sistema che consente alle forze armate USA in Africa settentrionale e medio oriente, di connettere le unità nei campi di battaglia e nei teatri operativi di quest’area.

Le infrastrutture sono state anche la chiave strategica del più esteso impero mondiale, quello britannico. Come dice Richard Baldwin (Webuildvalue.com 13/06/2018) alla fine dell’800, le autorità coloniali di ogni area dell’Impero, dal Canada, alla Nuova Zelanda, dall’India al Kenya, iniziarono a costruire porti, ferrovie, strade e ponti. Una scelta studiata e pianificata con la solita acutezza e lungimiranza commerciale dell’Impero. Le banche furono autorizzate a concedere tutti i finanziamenti necessari. Le popolazioni locali furono inserite in massicci corsi di riqualificazione, per trasformare i contadini in operai industriali. Contemporaneamente il governo imperiale introdusse una serie di barriere doganali, per proteggere i manufatti inglesi dalla concorrenza e per creare un enorme mercato interno alle frontiere dell’impero, a cui solo i membri dell’impero stesso potevano accedere senza pagare pesanti dazi. Queste infrastrutture ancora oggi, ad esempio in India, sono efficienti, ed esse rappresentano, insieme alla cultura tecnica del personale addetto, uno dei lasciti positivi della colonizzazione.

Ma per venire all’età contemporanea, Hub ed infrastrutture restano le chiavi delle strategie egemoniche delle grandi e piccole potenze. Facciamo due esempi fondamentali.

Il primo si chiama “Nuova Via della Seta”. La via della seta era il percorso che univa l’Europa all’Impero cinese, o a quello che c’era prima dell’impero in Cina, nel corso dei secoli a partire probabilmente da 1500 anni prima di Cristo, fino all’espansione imperialistica europea in Asia nel XIX secolo. La Cina sta cercando di collegarsi attraverso una enorme rete di ferrovie, rotte navali, infrastrutture portuali, chiamata BRI (Belt and Road Initiative) alle aree del mondo che rappresentano le maggiori capacità di consumo. Lo fa investendo direttamente in questi progetti, il ché produce, nei beneficiari, anche la non sempre gradevole situazione di essere debitori di una grande potenza, che certamente non rinuncia a riscuotere, quando serve, e nel modo in cui ritiene migliore.

La Cina è ormai la fabbrica del mondo, su questo basa la sua egemonia, ed il suo obiettivo e raggiungere i mercati, nel modo più rapido possibile. Ma anche trasportare risorse alle sue fabbriche nel modo più rapido e avendo una formidabile capillarità di punti di raccolta. La Cina sta contemporaneamente sviluppando la propria flotta militare: Roma ha insegnato.

Le infrastrutture hanno anche una funzione difensiva. Dal 2015 si parla ad esempio del Trimarium e Intermarium. Stiamo parlando dell’area che si trova tra la Germania e la Russia. Quella Mitteleuropa che va dagli stati baltici fino alla Romania e alla Croazia, oltre che un po’ tutta la ex Jugoslavia. Essa tocca il Baltico, il mar Nero e l’Adriatico. Da qui il nome di Trimarium. Ne fanno parte Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Austria, Slovenia, Croazia, Romania e Bulgaria. Tutti stati che in un modo o nell’altro sono stati per vari periodi sottoposti al dominio imperiale tedesco (Asburgo e Terzo Reich) e Russo. Subendo come conseguenza di ciò uno sviluppo meno accentuato che nel resto d’Europa. Queste aree sono anche considerate dalla Russia un’area cuscinetto rispetto all’avversario storico tedesco.

L’obiettivo del Trimarium è costituire, all’interno dell’Unione Europea e dello spazio atlantico, quindi legato agli Stati Uniti, una comunità di intenti e di sviluppo tra questi paesi, oltre che un sistema geopolitico in funzione antirussa. Il leader è la Polonia, che vede in questa unione una rinascita dell’antica e potente, Unione di Lublino che riuniva Il Granducato di Lituania ed il regno di Polonia e incorporava le attuali: Bielorussia, Ucraina; Lituania e Polonia.

L’idea dell’Intermarium è un progetto del 2015 ideato da un alto funzionario polacco. Esso prevede la costruzione di una serie di strade, ferrovie, canali navigabili che connetterebbe la Finlandia, la Germania, gli stati baltici, con il mar mediterraneo (Porto del Pireo), il mar Nero (Costanza), passando per i vari membri dell’alleanza. Queste infrastrutture dovrebbero anche costringere i Russi e i loro gasdotti a fare i conti con un passaggio obbligato, con relativo controllo delle relazioni energetiche fra principale mercato (l’Europa) e principale produttore (la Russia) e dovrebbe costringere anche la Germania e rivedere le proprie idee sul Nordstream cioè il gasdotto che passa attraverso il baltico da S. Pietroburgo al Meclemburgo tedesco, bypassando i territorî dei membri del Trimarium. L’Intermarium non si sta realizzando materialmente, ma non è detto che non parta, prima o poi, quale mezzo di contrasto e di deterrenza verso una Russia sempre più minacciosa, almeno nella visione dei paesi dell’Europa dell’est e di una parte dell’amministrazione americana.

Oggi più che mai dunque lo sviluppo, viaggi sui binari, sull’asfalto e attraverso i tubi, e sempre di più sui cavi di fibra ottica. La rivoluzione 4.0 e 5.0 porterà il mondo ad essere sempre più piccolo.

Un ingegnere americano potrà riparare una ferrovia africana senza muoversi dal suo ufficio nella Silicon Valley. E, purtroppo, ma questo è il lato oscuro, sempre presente in ogni progresso, un militare americano (o cinese) potrà combattere la sua guerra ovunque, stando seduto davanti ad una tastiera a Washington o a Pechino.


Giovanni Ingrosso

Giovanni Ingrosso è nato a Bari il 16 aprile 1953, si è laureato a Pavia in Scienze Politiche indirizzo politica economica, a Torino in Scienze Strategiche e ha conseguito un MBA alla Scuola di Direzione Aziendale, dell’Università Bocconi. E’ autore di diversi articoli, su strategia militare e management, di un libro sull’evoluzione della guerra nel mondo moderno e post-moderno, di due romanzi di spionaggio. Ha vissuto tra il 2008 e il 2016 nel Canton Vaud e oggi vive nei pressi di Porto, Portogallo.

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