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Tag: Tacito

Il coraggio di una donna romana: l’exemplum di Arria Maggiore nella letteratura greco-latina [Litterae ex Oblivio]

Pierre Lepautre, Jean-Baptiste Théodon, “Arria et Paetus”, 1968-95, Parigi, Louvre.
Copyright: Wikimedia Commons, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Louvre_arria_et_paetus_mr2029.jpg

Introduzione:

Nell’ambito della letteratura pre-ottocentesca, come noto, è relativamente raro trovare i nomi di autrici giunte alla pubblicazione, soprattutto se il numero è comparato a quello degli autori. Non sarebbe chiaramente un confronto sensato, in quanto le condizioni socio-politiche e culturali hanno influito in maniera significativa su questo esito. A partire dal Medioevo, latino e romanzo, i nomi di autrici vedono un aumento: è da qui che si stagliano figure del calibro di Ildegarda di Bingen, Maria di Francia, santa Chiara d’Assisi (autrice di una corrispondenza con Agnese di Boemia), santa Caterina da Siena, Christine de Pizan, e ancora, seguaci del petrarchismo, Vittoria Colonna e Gaspara Stampa, e con loro la veneziana Veronica Franco.

Ben più rari sono invece i nomi di autrici se si guarda alla classicità greco-latina: dopo il magnifico magistero di Saffo, la letteratura a nome di donna è spesso limitata alla corrispondenza.[1] Caso peculiare è quello di Agrippina Minore (n. 15 – m. 59), moglie dell’imperatore Claudio e autrice di un’opera di taglio autobiografico, ad oggi perduta, come testimoniato da Tacito negli Annales, oltre che da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia e da Cassio Dione.[2]            È ben noto invece che le donne fossero tra i soggetti prediletti della poetica d’amore in lingua latina, come dimostrano gli scritti indirizzati a donne amate firmati, tra i vari, da Catullo, Tibullo e Properzio. Ugualmente prolifica è la produzione che può dirsi in voce di donna, vale a dire la narrazione poetica, o più raramente prosastica, di una protagonista femminile ma a firma di autore maschile, e in ciò basti l’esempio assai eloquente delle Heroides di Ovidio.

A Roma antica, quantomeno sul piano idealistico, era tenuta in massima considerazione la virtus, ben nota tra i valori del mos maiorum: la letteratura ha ampiamente celebrato gli uomini virtuosi, gli eroi di guerra come i sapienti, e chiunque avesse virtuosamente contribuito allo splendore dell’Urbe. Ma la virtus non era certamente prerogativa dei soli uomini. Il presente contributo si premura di analizzare l’affascinante figura di Arria Maggiore, e il ruolo di exemplum di virtù a cui è stata elevata nella cultura romana. Si andranno dunque ad analizzare le apparizioni della figura nella storiografia, e più in generale nella letteratura greco-latina, per infine considerare cosa una tale vicenda, ad oggi, ha ancora da raccontare e insegnare.

L’epitome di Ianuario Nepoziano a Valerio Massimo: una riflessione socio-letteraria – [Litterae ex oblivio]

Valerius Maximus's Facta et dicta memorabilia: Opening Page of Book VIII of Valerius Maximus's Facta et dicta memorabilia
Valerius Maximus’s Facta et dicta memorabilia: Opening Page of Book VIII of Valerius Maximus’s Facta et dicta memorabilia. Copyright: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Flanders,_15th_century_-_Opening_Page_of_Book_VIII_of_Valerius_Maximus%27s_Facta_et_dicta_memorabilia_-_1952.274.1_-_Cleveland_Museum_of_Art.jpg#filelinks

 

Nota dell’autore: il presente contributo, sull’epitome latina di Ianuario Nepoziano, è il primo della rubrica Literrae ex oblivio (lett. “Letteratura dall’oblio”), finalizzata a rendere nota e merito di opere di letteratura latina di ogni tempo, dagli albori con Livio Andronico (III sec. a.C.) fino agli esemplari medio-latini, opere che la fortuna editoriale e l’impostazione scolastica hanno, tutt’altro che a buon diritto, dimenticato; opere affascinanti e meritevoli di studio critico filologico, linguistico e letterario.

Introduzione:

L’arte dell’epitomare, ossia del sunteggiare un’opera tendenzialmente di imponenti dimensioni, non è sicuramente prerogativa esclusiva del Tardo-Antico: la difficoltà nel gestire una mole tale di informazioni da risultare ingovernabile era un problema già sollevato, e in un certo senso affrontato con successo, già dal periodo dello splendore letterario augusteo (27 a.C. – 14 d.C.). Un suggerimento rilevante ci giunge, in questo senso, da Valerio Marziale (38/41 d.C. – 104 d.C.), che in uno dei suoi epigrammi (Apophoreta, 14, CXC)[1] rende noto di essere in possesso di un’epitome degli imponenti 142 libri dell’Ab Urbe condita di Tito Livio (59 a.C. – 17 d.C.) riassunti in un unico codice pergamenaceo (cfr. Conte 2019: 194). Le dimensioni dell’opera liviana,[2] e con esse la rilevanza storiografica della materia trattata, richiesero giocoforza una resa in epitome, difatti la tradizione manoscritta ha tramandato le Perìochae, ossia un «Livio ‘epitomizzato’ (probabilmente a scopo didattico)» (Ibidem).[3]

Caio Giulio Cesare – Vita e opere

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CRONOLOGIA BIOGRAFIA

– 13 Luglio del 100 a.C. Cesare nasce a Roma. In gioventù, per via della sua parentela con Mario e con Cinna, fu perseguitato dai sillani.

– 78 a.C. morte di Silla. Cesare rientrò a Roma dall’Asia dove aveva prestato servizio militare. Comincia in questi anni la sua attività politica e forense.

– 68 a.C. ricopre la carica di questore.

– 65 a.C. ricopre la carica di edile

– 63 a.C. ricopre la carica di pontefice massimo.

– 62 a.C. ricopre la carica di pretore

– 61 a.C. ricopre la carica di propretore nella Spagna Ulteriore.

– 60 a.C. forma con Pompeo e Crasso il primo triumvirato.

– 59 a.C. per la prima volta console; ebbe il predominio su ogni questioen rispetto all’altro console Marco Calpurnio Bibulo, gettando le basi del suo potere.

–  58 a.C. proconsole in Illiria e  nella Gallia Cisalpina e Narborense.

– 49 a.C. Cesare invade l’Italia alla testa delle sue legioni dando inizio alla guerra civile.

– 48 a.C. Vittorioso a Farsalo contro l’esercito di Pompeo, diviene in questi anni capo assoluto di Roma ricoprendo contemporaneamente sia la carica di dittatore che quella di console a partire dall’anno preceedente.

– 15 Marzo del 44 a.C. Cesare fu assassinato alle celebri idi da un gruppo di aristocratici fedeli alla repubblica, preoccupati dalle tendenze autocratiche di Cesare.

Germania – Tacito – Analisi e storia

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La Germania è un testo di presentazione degli usi e costumi dei popoli che i romani chiamavano in blocco “germani”. Essi erano dislocati al di là del Reno (a est) e a nord del Danubio, i due fiumi che costituivano il limes dell’impero. Il libro fu scritto, probabilmente, come testo da conferenza nel quale la presentazione della Germania si sviluppa su più livelli: descrizione del territorio, analisi politica, analisi sociologica ed enumerazione delle popolazioni inscritte nell’area geografica descritta. Al principio Tacito presenta la Germania in questi termini: