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Mese: Novembre 2025

VENERE IN CORNICE – Un pareo musicale per lo smack d’una spada / A musical sarong for the smack of a sword

Italo Zingoni immagina d’ascoltare un 33 giri, governando così la distrazione visiva (sensualmente) verso un pareo al vento. Si cita l’abito che più si doterebbe d’un tacco, ma rispetto alla puntina del giradischi. Questo scatto di Francesca esteticamente è al fashion. Lei s’appoggia con la schiena alla ringhiera d’una terrazza panoramica. Sullo sfondo, c’è la costa urbanizzata sul mare molto calmo. Francesca veste il rosso: dal bikini ad un pareo coi motivi vegetali. Le braccia si piegano, mentre le mani risalgono alle orecchie. Sarà un tentativo d’ascoltare il mare: tramite la “puntina” per l’angolo della ringhiera, che orizzontalmente ha le doghe al “lettino prendisole” per i solchi d’un vinile. Ma quanto il bikini a triangolo riuscirà a veleggiare?

Italo Zingoni imagines that he listens a 33 rpm, so governing the visual distraction (sensually) into a sarong to the wind. There the dress most equipped with a heel is mentioned, but compared to the phonograph needle. This shot with Francesca aesthetically is about fashion. She uses the back to lean against the railing of a panoramic terrace. On the background, there is the urbanized shore on the very calm sea. Francesca wears the red: from the bikini to a sarong with vegetal motifs. The arms are folded, while the hands to climb back into the ears. That will be an attempt to listen the sea: through the “needle” for the corner of the railing, which horizontally has the slats at a “sun lounger” for the grooves in a vinyl. But how much will the bikini be able to sail?

Mysterium Iniquitatis. Il mistero del male

Anonimo, Minotauro nel labirinto, mosaico romano, Conìmbriga, Portogallo. Creative Commons License

IL MISTERO DEL MALE E LA LOGICA

Il mysterium iniquitatis, il mistero del male, locuzione ideata da San Paolo nella seconda lettera ai tessalonicesi (2,7), è forse quello che più atterrisce e affascina gli esseri umani. Esso è stato affrontato dalla filosofia da diverse prospettive. Chi o che cosa è il male? Quali sono la sua origine e la sua natura? Come sconfiggerlo? Sono queste le domande con cui gli esseri umani più si sono tormentati. Per quanto possa apparire insolito, il problema del male si può incontrare anche sul cammino della logica classica, da Aristotele a Frege, benché nessuno abbia tentato di farglisi incontro da questa direzione. In particolare, partendo dal meccanismo profondo che aziona il ragionamento. Il mondo interiore, della mente, sembra corrispondere a quello esterno, della natura e dell’universo. Entrambi sembrano rispondere alle stesse regole di funzionamento. Tale corrispondenza, come vedremo nei successivi paragrafi, consentirebbe di definire il male, di capirne le cause, di presumerne gli effetti sulla vita degli esseri viventi, e di valutare se esista un modo per combatterlo.

Il coraggio di una donna romana: l’exemplum di Arria Maggiore nella letteratura greco-latina [Litterae ex Oblivio]

Pierre Lepautre, Jean-Baptiste Théodon, “Arria et Paetus”, 1968-95, Parigi, Louvre.
Copyright: Wikimedia Commons, https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Louvre_arria_et_paetus_mr2029.jpg

Introduzione:

Nell’ambito della letteratura pre-ottocentesca, come noto, è relativamente raro trovare i nomi di autrici giunte alla pubblicazione, soprattutto se il numero è comparato a quello degli autori. Non sarebbe chiaramente un confronto sensato, in quanto le condizioni socio-politiche e culturali hanno influito in maniera significativa su questo esito. A partire dal Medioevo, latino e romanzo, i nomi di autrici vedono un aumento: è da qui che si stagliano figure del calibro di Ildegarda di Bingen, Maria di Francia, santa Chiara d’Assisi (autrice di una corrispondenza con Agnese di Boemia), santa Caterina da Siena, Christine de Pizan, e ancora, seguaci del petrarchismo, Vittoria Colonna e Gaspara Stampa, e con loro la veneziana Veronica Franco.

Ben più rari sono invece i nomi di autrici se si guarda alla classicità greco-latina: dopo il magnifico magistero di Saffo, la letteratura a nome di donna è spesso limitata alla corrispondenza.[1] Caso peculiare è quello di Agrippina Minore (n. 15 – m. 59), moglie dell’imperatore Claudio e autrice di un’opera di taglio autobiografico, ad oggi perduta, come testimoniato da Tacito negli Annales, oltre che da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia e da Cassio Dione.[2]            È ben noto invece che le donne fossero tra i soggetti prediletti della poetica d’amore in lingua latina, come dimostrano gli scritti indirizzati a donne amate firmati, tra i vari, da Catullo, Tibullo e Properzio. Ugualmente prolifica è la produzione che può dirsi in voce di donna, vale a dire la narrazione poetica, o più raramente prosastica, di una protagonista femminile ma a firma di autore maschile, e in ciò basti l’esempio assai eloquente delle Heroides di Ovidio.

A Roma antica, quantomeno sul piano idealistico, era tenuta in massima considerazione la virtus, ben nota tra i valori del mos maiorum: la letteratura ha ampiamente celebrato gli uomini virtuosi, gli eroi di guerra come i sapienti, e chiunque avesse virtuosamente contribuito allo splendore dell’Urbe. Ma la virtus non era certamente prerogativa dei soli uomini. Il presente contributo si premura di analizzare l’affascinante figura di Arria Maggiore, e il ruolo di exemplum di virtù a cui è stata elevata nella cultura romana. Si andranno dunque ad analizzare le apparizioni della figura nella storiografia, e più in generale nella letteratura greco-latina, per infine considerare cosa una tale vicenda, ad oggi, ha ancora da raccontare e insegnare.

Robert Schumann: il romantico e il critico

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Quale musica dopo Beethoven? Partire dalla domanda posta da Schubert al suo amico Spaun nel 1812, è un buon modo per mettere in luce le difficoltà attraversate dai musicisti tedeschi nell’Ottocento, costantemente all’ombra dell’imponente figura artistica di Beethoven, amatissimo dalla più grande nobiltà teutonica del tempo. Come poter sviluppare la propria creatività in un periodo in cui Beethoven era venerato quasi come un profeta?

Schuman sceglie la strada della nostalgia, cosa che, di fatto, lo rende in qualche modo il perfetto rappresentante del Romanticismo impregnato dei toni e dei colori del fantastico. La sua fervente immaginazione trova inizialmente terreno fertile nella forma musicale aforistica: idee musicali immaginifiche e brevissime, che daranno vita a una “… integrazione tra immagini e musica, che non aveva avuto precedenti di tale precisione e suggestione nella musica occidentale e che ebbe conseguenze di grande portata nello sviluppo delle avanguardie ottocentesche …”[1]