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Mysterium Iniquitatis. Il mistero del male

Anonimo, Minotauro nel labirinto, mosaico romano, Conìmbriga, Portogallo. Creative Commons License

IL MISTERO DEL MALE E LA LOGICA

Il mysterium iniquitatis, il mistero del male, locuzione ideata da San Paolo nella seconda lettera ai tessalonicesi (2,7), è forse quello che più atterrisce e affascina gli esseri umani. Esso è stato affrontato dalla filosofia da diverse prospettive. Chi o che cosa è il male? Quali sono la sua origine e la sua natura? Come sconfiggerlo? Sono queste le domande con cui gli esseri umani più si sono tormentati. Per quanto possa apparire insolito, il problema del male si può incontrare anche sul cammino della logica classica, da Aristotele a Frege, benché nessuno abbia tentato di farglisi incontro da questa direzione. In particolare, partendo dal meccanismo profondo che aziona il ragionamento. Il mondo interiore, della mente, sembra corrispondere a quello esterno, della natura e dell’universo. Entrambi sembrano rispondere alle stesse regole di funzionamento. Tale corrispondenza, come vedremo nei successivi paragrafi, consentirebbe di definire il male, di capirne le cause, di presumerne gli effetti sulla vita degli esseri viventi, e di valutare se esista un modo per combatterlo.

 

IL RAGIONAMENTO E L’OPPOSIZIONE BINARIA

Nella logica e nel ragionamento, sia i connettivi vero-funzionali (negazione [non, ¬], congiunzione [e, ˄], disgiunzione [o, inclusiva vel, ˅, ed esclusiva aut, V̇], condizionale [se…allora, →] e bicondizionale [se e solo se…allora, ↔]), sia la struttura dell’induzione, della deduzione e dell’abduzione (premessa maggiore, premessa minore, conclusione), sono sempre composti da un’opposizione binaria. Lo stesso accade per le tavole di verità, il cui valore può essere o vero o falso. Per gli alberi semantici, che procedono per biforcazioni. Per i quantificatori, o universale o esistenziale. E per gli stessi principi della logica classica: principio di identità (A uguale ad A); principio di (non) contraddizione (non [A e non-A]); principio del terzo escluso (o A o non-A, e non un terzo).

I connettivi vero-funzionali sono i simboli fondamentali del linguaggio della logica formale, di quello, cioè, che non si avvale più del linguaggio naturale, e servono a comporre proposizioni complesse e a determinarne il valore di verità. L’induzione, la deduzione e l’abduzione sono i tre modi del ragionamento: l’induzione parte dal caso particolare per formulare la regola; la deduzione dalla regola per formulare il caso particolare; l’abduzione dal caso particolare per formulare la spiegazione migliore. Le tavole di verità sono delle tabelle attraverso cui si verifica il valore di verità, appunto, delle proposizioni complesse a partire da quello delle proposizioni semplici che le compongono. Gli alberi semantici costituiscono un metodo geometrico a due dimensioni per verificare la validità dei periodi logici complessi. I quantificatori sono i simboli con cui si stabilisce la quantità degli elementi di un insieme che soddisfano una certa proprietà: tutti gli elementi, secondo il quantificatore universale; o solo alcuni, secondo quello esistenziale. I tre principi della logica classica, infine, sono i fondamenti del ragionamento, ne regolano il funzionamento e ne stabiliscono la coerenza.

Ognuno di questi simboli, modi, tabelle, metodi, principi è composto o funziona attraverso un’opposizione binaria. È formato, cioè, da due elementi posti l’uno di fronte all’altro, appunto opposti (dal latino “OB + PONO”, “pongo innanzi, contro”)[1], che semplicemente si distinguono, nel grado minore di opposizione, o, nel grado maggiore, che effettivamente si contrappongono. Ogni composizione logica o ogni funzionamento logico è dato o avviene attraverso l’opposizione di due elementi, che la mente deve distinguere (dal latino “DIS + STINGUO”, “pungo qui e là, distribuisco punti o segni, separo punto per punto”), pur accostandoli, o tra cui deve scegliere, separando o eliminando. Un esempio di distinzione potrebbe essere l’operatore logico di congiunzione, che accosta due proposizioni (A e B). Un esempio di separazione o eliminazione potrebbero essere le tavole di verità e gli alberi semantici, grazie a cui si può scegliere tra vero e falso (o vero o falso), eliminando una delle due possibilità. Anche nelle proposizioni e nei periodi logici più complessi, formati da molteplici simboli e proposizioni semplici, la mente deve procedere per bivi, scomponendo in tante opposizioni binarie, fino a quella finale.

Dietro ogni ragionamento, dunque, pare che sia celato un procedimento mentale più originario, primitivo, rudimentale, fatto di tagli, spaccature, separazioni logiche, che potrebbe essere definito come “adduzione”, dal latino “AD + DUCO”, “porto verso, contro”.

 

L’OPPOSIZIONE BINARIA NELLA QUOTIDIANITÀ, NELLA STORIA E NELLA STORIA DEL PENSIERO

Se dalla logica si passa alla quotidianità l’opposizione binaria sembra ripresentarsi.

Le giornate degli esseri umani procedono per decisioni in cui le situazioni sono sempre scomposte in serie di opposizioni binarie, con un’opzione che viene assunta e l’altra scartata. Anche quando si presentano più opzioni la situazione e la conseguente decisione si riducono a un’opposizione binaria nella quale, secondo il criterio adottato, da una parte sta l’opzione assunta e, dall’altra, quelle scartate. Scelgo o non scelgo? Scelgo questo o quello? Scelgo questo per ottenere quello o quello per ottenere questo? Scelgo questo e rinuncio a quelli oppure scelgo uno di quelli e rinuncio a questi altri? Sono tali i quesiti che ci poniamo ogni istante. Anche nelle situazioni più complesse e articolate si procede per bivi, scomponendoli in serie di opposizioni binarie. Opposizioni binarie che possono presentare gradi diversi di contrasto, dalla semplice distinzione all’effettiva contrapposizione. Tuttavia, sembra che gli esseri umani cerchino sempre di trovarsi di fronte a bivi il più possibile divergenti, in cui le strade vadano in direzioni il più possibile opposte, come se così le decisioni apparissero più facili e vere.

Nella storia e nella storia del pensiero l’opposizione binaria sembra ripresentarsi di nuovo.

Pare che nelle epoche storiche decisive l’umanità proceda per ribaltamenti, cioè per contrapposizioni perfette.

Nella storia scientifica, ad esempio, Niccolò Copernico ribalta Claudio Tolomeo, ponendo, non la terra, ma il sole al centro dell’universo. O, meglio, non il sole, ma il centro dell’orbita terrestre, situato vicino al sole. Albert Einstein ribalta Isaac Newton, relativizzando l’assolutezza dello spazio-tempo. Max Planck ribalta Rayleigh-Jeans, frantumando la continuità dell’energia nella discrezione dei quanti. Se si volesse ridurre la storia del pensiero scientifico a una coppia di opposti continuamente ribaltati, si potrebbe indicarla, astraendo dai tre esempi riportati, con i termini di interezza (Tolomeo, Newton, Rayleigh-Jeans) e particolarizzazione (Copernico, Einstein, Planck), che si susseguono senza posa.

Nella storia filosofica, si ha il continuo ribaltamento tra fatto e sua interpretazione, tra realtà e interiorità, tra oggettività e soggettività. Fra i pensatori della soggettività, dell’interiorità, dell’interpretazione si potrebbero annoverare Platone, Cartesio, Immanuel Kant, Friedrich Nietzsche. Fra i pensatori dell’oggettività, della realtà, del fatto Aristotele, John Locke, David Hume, Auguste Comte.

Nella storia religiosa, si ha il continuo ribaltamento tra religioni cosmiche e religioni storiche. Nelle prime, il tempo è curvo e si richiude nella circolarità di eventi che si ripetono all’infinito, come ad esempio nelle credenze del mondo greco-romano. Nelle seconde, il tempo è lineare e procede verso la sua conclusione catastrofica e rivelatrice, come nelle credenze dell’ebraismo, del cristianesimo e dell’islam.

Nella storia politica, si ha il continuo ribaltamento tra governi larghi, come si diceva nei comuni italiani del Medioevo, e ristretti. La democrazia, ad esempio, appartiene ai primi. La monarchia e l’oligarchia ai secondi.

Nella storia economica l’iniziativa privata si ribalta di continuo nella pianificazione statale. Il capitalismo thatcheriano e reaganiano degli Anni Ottanta del Novecento, ad esempio, appartiene alla prima. Il capitalismo keynesiano degli Anni Trenta e il comunismo sovietico del medesimo secolo, con grado diverso, alla seconda.

A questo punto, però, occorre domandarsi che cosa renda possibile il fatto che la storia e la storia del pensiero non ripresentino, come l’immagine in un eterno scambio di specchi, o come i due lati della moneta, una stessa coppia di eventi e concetti primordiali eternamente ribaltati, identici ogni due movimenti, per l’eternità. Che cosa rende possibile, cioè, la varietà della storia e della storia del pensiero? Forse, tale varietà potrebbe essere l’effetto della dispersione di calore, intrinseca a ogni evento, che innesca il passare del tempo. Come ha intuito Hans Raichenbach (The direction of time, p. 29), i processi meccanici potrebbero essere reversibili, non quelli termodinamici. Nessuna cenere potrebbe riattraversare il fuoco e ridivenire ciò che era. Ogni evento produce dispersione di calore, passaggio di tempo e, perciò, cambiamento. Dunque, nulla potrebbe ripresentarsi con esattezza così com’era. Magari simile, ma mai identico.

 

IL TRIANGOLO DELLE OPPOSIZIONI

L’opposizione binaria, però, manca ancora di un elemento. Tracce di esso possono essere ravvisate già nella logica. In particolare, nel risultato delle operazioni logiche. I connettivi vero-funzionali “e” (˄), “o” (˅, V̇), “se… allora” (→), “se e solo se… allora” (↔) ne sono un esempio. Essi costituiscono il terzo elemento che ha come risultato quello di unire due proposizioni, cioè i due opposti. Ma anche la conclusione delle premesse nei tre modi del ragionamento, induzione, deduzione e abduzione, ha lo stesso risultato. Così il risultato del connettivo vero-funzionale “non” (¬), cioè il ribaltamento di valore di una proposizione, è quello di unire, appunto, l’operatore logico e la proposizione medesimi. Allo stesso modo operano le tavole di verità, gli alberi semantici e i quantificatori. E allo stesso modo operano i connettivi vero-funzionali nei tre principi della logica classica.

Nella storia e nella storia del pensiero il terzo elemento che unisce i due opposti può essere rappresentato dal grande personaggio o dal grande pensatore, o dal particolare evento o dalla particolare situazione, grazie a cui il capovolgimento storico o culturale risulta, scaturisce.

In che senso, però, il terzo elemento unisce i due opposti? Come debbono essere intesi i termini “unire” e “opposto”? L’opposto è ciascuno dei due elementi che compongono l’opposizione binaria, con grado diverso di opposizione, dalla semplice distinzione, al grado minimo, fino, al grado massimo, alla vera e propria contrapposizione. Infatti, anche il semplice essere distinti, cioè diversi, rappresenta un’opposizione. L’etimologia di “distinto”, come detto, corrisponde a “essere separato punto per punto”, e l’essere separato implica l’essere posto di fronte, appunto l’essere opposto. Quella di “diverso”, addirittura, corrisponde a “essere rivolto, volgere in direzione opposta”, dal latino “DIS + VERTO”. Per quanto riguarda la funzione del terzo elemento, cioè quella di unire, occorre precisare che “unire” sta qui per “comprendere”, nel duplice senso di “contenere” e “interpretare”. Infatti, il terzo elemento prende insieme i due opposti, li contiene e fa che siano tali, cioè posti l’uno di fronte all’altro, e, allo stesso tempo, li interpreta, cioè dà loro un senso, un significato. L’opposizione binaria non potrebbe esistere senza questo terzo elemento, come questo terzo elemento non potrebbe esistere senza l’opposizione binaria. L’una sussiste con l’altro, e viceversa. Così si compone il triangolo delle opposizioni che, in realtà, è formato da una doppia opposizione. Perché anche il terzo elemento, in quanto distinto e diverso dagli opposti, è a essi opposto. Ma tutto ciò si esplica e chiarifica se, come nel prossimo paragrafo, si passa dalla logica alla natura, al mondo, all’universo.

 

IL TRIANGOLO DELLE OPPOSIZIONI NELLA NATURA E NELL’UNIVERSO

Se dalla logica e dall’astrazione si passa alla realtà della natura, del mondo, dell’universo, l’opposizione binaria e il triangolo delle opposizioni sembrano ripresentarsi, istituendo una sorprendente somiglianza. Ciò non costituisce una prova deduttiva, ma l’affioramento di un isomorfismo che l’osservazione induttiva rende difficile ignorare.

Il tutto, dal quasar più remoto all’atomo più recondito, è un’armonia infinita di opposizioni che si combinano, scombinano e ricombinano in un vortice incessante. Di opposizioni in cui, attraverso il contrasto, lo scontro, il conflitto degli opposti, è spartita violentemente l’energia e la materia necessarie all’autoconservazione. Contrasto, scontro, conflitto tramite cui gli opposti possono reciprocamente annientarsi, menomarsi o ingiuriarsi. Dal buco nero che inghiotte la stella, al leone che artiglia la gazzella, alla quercia che succhia i minerali dalla terra. E l’energia e la materia vitali passano dal minerale alla pianta, dalla pianta all’erbivoro, dall’erbivoro al carnivoro, dal carnivoro al virus e al batterio, dal virus e dal batterio al minerale, e dal minerale al minerale, violentemente. Energia e materia vitali che possono assumere forme diverse, ottiche come la luce solare o stellare, acustiche come i suoni o i rumori, organiche come l’acqua o il cibo, termodinamiche come il calore, o in tutte le forme possibili secondo le leggi della fisica e della biochimica. Per l’uomo, ad esempio, l’energia e la materia necessarie all’autoconservazione possono assumere le forme del pasto e della bevuta, del raggio di sole sulla pelle, del bacio, della carezza, della parola di conforto e d’incoraggiamento che si ricevono e che ci rinfrancano o, al contrario, dell’offesa, del pugno, del colpo che si infliggono per incutere rispetto. A ogni passaggio di energia e di materia sfuma una quantità corrispondente di calore, innescando, come detto, l’irreversibilità del processo armonico delle opposizioni, che si è soliti chiamare tempo.

Le opposizioni, però, non possono accadere nel nulla, ma sempre in una porzione di spazio-tempo che le comprenda, cioè le contenga e le interpreti, e che, appunto, è costituita dal terzo elemento del triangolo delle opposizioni. Anzi, è l’opposizione stessa a creare, a costituire, a formare lo spazio-tempo, quindi il terzo elemento del triangolo delle opposizioni, in cui accadere. Il terzo elemento si combina, scombina e ricombina con le opposizioni, può trasformarsi esso stesso in elemento di un’opposizione, o l’elemento di un’opposizione o l’opposizione stessa può trasformarsi in terzo elemento. Questo può essere una persona, una pianta, un animale, una roccia, un campo gravitazionale, elettromagnetico o nucleare, o una combinazione di tutto ciò, grazie a cui l’opposizione è accolta, tenuta insieme e resa possibile, e grazie a cui riceve una giustificazione, una spiegazione, un senso.

Ma, come detto, anche il terzo elemento sta, nei confronti degli opposti, in opposizione. In genere, in questa sorta di doppia opposizione rappresentata dal triangolo delle opposizioni, il terzo elemento viene a essere quello che, nei confronti degli altri due, si trova in minore opposizione, che, cioè, si oppone in modo meno forte a che gli altri due siano, si contrastino e si scontrino. Allo stesso modo, il terzo elemento non coincide con il contesto, ma, fra tutti gli elementi del contesto in cui l’opposizione accade, viene a essere il terzo elemento quello che si oppone in modo meno forte a che l’opposizione sia, a che gli opposti si contrastino e si scontrino.

Un esempio, tratto dalla storia, potrebbe essere lo scontro tra la borghesia e il proletariato nel primo dopoguerra, rappresentanti i due opposti, nel quale si intromise Benito Mussolini e il movimento fascista, rappresentante il terzo elemento. I fascisti e il suo capo non erano gli unici protagonisti del contesto sociale italiano dell’epoca, ma furono coloro che, più di tutti, favorirono lo scontro tra la borghesia e il proletariato, che, anzi, più di tutti lo favorirono e lo influenzarono.

Un altro esempio, tratto dalla natura, potrebbe essere il contrasto tra la margherita nel suo incanto e l’ape che la sugge, rappresentanti i due opposti, favorito dal colore, dal profumo, dalla freschezza della stagione, rappresentante il terzo elemento. Non tutto, del contesto stagionale e naturale, può fungere da terzo elemento, ma solo quei fattori che meglio si incastrano con l’ape e la margherita a formare il triangolo delle opposizioni, attraverso cui la vita e la natura stessa si perpetuano.

Un ultimo esempio, tratto dalla geologia, potrebbe essere lo scontro, il contrasto, tra la resistenza molecolare del carbonio e le alte pressioni e temperature degli abissi terrestri, rappresentanti i due opposti, che dà origine al diamante. Il terzo elemento, fra tutti i possibili che offre il contesto strutturale della terra, è rappresentato dal mantello, dove si raggiungono, a circa 150-225 km di profondità, le condizioni di pressione e temperatura favorevoli alla riorganizzazione delle molecole del carbonio in quelle del diamante.

Il terzo elemento opera sull’opposizione binaria in vari modi: favorendo nell’opposizione, nel contrasto, nello scontro, uno degli opposti; favorendo lo scontro e la fusione degli opposti in qualcosa di ulteriore e differente; trattenendo lo scontro e tenendo gli opposti in equilibrio; o semplicemente assistendo lo scontro, assistendo allo scontro, cioè rendendolo possibile senza implicarvisi.

Attingendo alla fisica, un esempio in cui il terzo elemento favorisce uno degli opposti è la fissione nucleare: nello scontro tra i neutroni liberi e i nuclei atomici di uranio 235, che provoca la reazione a catena, la tensione tra la forza nucleare forte dei neutroni e quella elettromagnetica dei protoni provoca nei nuclei atomici un eccesso di energia che li rende altamente instabili; così favorendo i neutroni liberi, che riescono a scindere gli atomi di uranio e a provocare la fissione.

Sempre attingendo alla fisica, un esempio in cui il terzo elemento favorisce la fusione degli opposti in qualcosa di ulteriore e differente è il sole: le alte pressioni e temperature che la concentrazione di massa determina nella nostra stella provocano la fusione nucleare degli atomi di idrogeno in atomi di elio.

Attingendo alla chimica, un esempio in cui il terzo elemento trattiene lo scontro e tiene gli opposti in equilibrio è qualsiasi reazione e legame chimico, ionico o covalente, in cui la forza elettrostatica mantiene legati fra loro gli atomi dei reagenti che costituiscono il prodotto o sostanza chimica nuova.

Attingendo alla biologia, un esempio di terzo elemento che assiste allo scontro, assiste lo scontro, rendendolo possibile senza implicarvisi è lo stomaco: in esso i succhi gastrici attaccano il bolo, uccidendone i batteri e scomponendolo in componenti, proteine, grassi, zuccheri, ecc…, e in sotto-componenti, fino a trasformarlo in chimo; in ciò lo stomaco contrae i propri muscoli agevolando il processo di trasformazione. Tali esempi sono tratti dall’ambito scientifico, ma altri avrebbero potuto essere presi da ambiti diversi e distanti, come la sociologia, l’arte o la religione.

Il triangolo delle opposizioni non deve essere considerato un principio metafisico lanciato nelle profondità dell’universo, affinché lo illumini. Esso è solo il risultato dell’induzione, dell’esperienza, dell’osservazione delle cose. Ogni evento dell’universo, da quelli pensati a quelli agiti o accaduti, è un triangolo di opposizioni, con due elementi che si oppongono tra loro, gli opposti, e uno, il terzo elemento, che li comprende, cioè contiene e interpreta. L’universo è una rete infinita, in infinito e caotico mutamento, le cui maglie sono intrecciate dai triangoli delle opposizioni.

 

IL TESTIMONE

Il terzo elemento del triangolo delle opposizioni potrebbe essere indicato con il termine “testimone”. Perché esso, come il testimone, assiste all’opposizione degli opposti, ma può anche, con la sua testimonianza, assistere gli opposti, influendo in vario modo, come detto, nella loro opposizione. Così, il triangolo delle opposizioni sarebbe formato dai due opposti e dal testimone che li comprende, cioè li contiene (dal latino “CUM + TENEO”, “tengo insieme”, dunque “faccio che siano [insieme]), e li interpreta (dal latino “INTER”, che racchiude la radice di “tre”, + la radice “PRAT/PRET”, “far conoscere” o la radice PRA/PAR, “trattare, negoziare”, dunque “il terzo che fa conoscere o media tra due”).

Nel corso della storia del pensiero, alcuni pensatori hanno prefigurato gli opposti. Altri hanno prefigurato il testimone.

Fra coloro che hanno prefigurato gli opposti si potrebbero citare Eraclito, Giovanni Pico della Mirandola, Niccolò Machiavelli, Karl Marx, Giacomo Leopardi e i tanti scienziati che hanno lavorato alla Meccanica Quantistica.

Diversi sono i frammenti in cui Eraclito, filosofo di Efeso vissuto tra VI e V secolo a. C., parla del mondo come armonia di contrari. Il celebre frammento 53 (DK [Diels-Kranz]): “La guerra è il padre di tutte le cose”. O il frammento 51 (DK): “Non comprendono come, pur discordando in se stesso, è concorde: armonia contrastante, come quella dell’arco e della lira”. Oppure il frammento 8 (DK): “L’opposto concorda, e dai discordi bellissima armonia”. E il frammento 10 (DK): “Congiungimenti sono intero e non intero, concorde discorde, armonico disarmonico, e da tutte le cose l’uno e dall’uno tutte le cose”.

Pico della Mirandola, umanista geniale della seconda metà del XV secolo, nel famoso discorso che Dio rivolge ad Adamo all’interno dell’Oratio de hominis dignitate (5, 22), afferma che propria della natura umana è la capacità di armonizzare gli opposti: “Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, affinché, come libero e sovrano artefice, tu possa plasmarti da te stesso nella forma che preferirai”. Per Pico l’armonia degli opposti non è, come in Eraclito, un principio fisico, ma una facoltà morale.

Machiavelli, tra XV e XVI secolo, nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (I, 4), ragionando delle lotte tra patrizi e plebei nella Roma repubblicana, teorizza come il conflitto tra questi due gruppi sociali abbia reso l’Urbe “libera” e “potente”: “Io dico che coloro che dannono i tumulti intra i Nobili e la Plebe, mi pare che biasimino quelle cose che furono prima causa del tenere libera Roma; […] perché li buoni esempli nascano dalla buona educazione; la buona educazione, dalle buone leggi; e le buone leggi, da quelli tumulti che molti inconsideratamente dannano”. In Machiavelli l’armonia degli opposti è calata nella “verità effettuale” (Principe, 15) della politica.

Il concetto del pensatore fiorentino è ripreso, nel XIX secolo, da Marx lungo tutta la sua opera. Basti qui citare il Manifesto del Partito Comunista (cap. I): “La storia di ogni società finora esistita è storia di lotte di classe. Uomini liberi e schiavi, patrizi e plebei, baroni e servi della gleba, membri delle corporazioni e garzoni, in una parola, oppressori e oppressi, sono sempre stati in contrasto fra loro, hanno sostenuto una lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che è sempre finita con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la comune rovina delle classi in lotta”. Anche in Marx l’armonia degli opposti è calata nella realtà politica.

Agli inizi del XIX secolo Leopardi fa dell’armonia degli opposti una legge biologico-esistenziale. È noto il passo dello Zibaldone (4175, 4) in cui il giardino, sgargiante da lontano, svela, per chi lo scruti da vicino, la guerra dei viventi: “Entrate in un giardino di piante, d’erbe, di fiori. Sia pur quanto volete ridente. Sia nella più mite stagione dell’anno. Voi non potete volger lo sguardo in nessuna parte che voi non vi troviate del patimento. […] Là quella rosa è offesa dal sole, […] Là quel giglio è succhiato crudelmente da un’ape, […] Quell’albero è infestato da un formicaio, quell’altro da bruchi, da mosche, da lumache, da zanzare”.

In ambito scientifico, fra i pilastri della Meccanica Quantistica, teoria sviluppata a partire dagli inizi del XX secolo, oltre a quelli della discrezionalità o non continuità della materia e dell’energia, e dell’indeterminatezza o perturbabilità dei fenomeni da parte dell’osservatore, c’è quello della relazionalità fra fenomeni, energia e materia. Carlo Rovelli in Helgoland (pp. 87-88) fa l’esempio degli elettroni di un atomo, che appaiono solo nel punto e nel momento in cui la strumentazione dell’osservatore li cerchi, come se rispondessero alla sua chiamata, come se prima non si volessero mostrare o, addirittura, non esistessero.

Tuttavia, nessuno dei pensatori citati ha sospettato della necessaria esistenza del testimone. Nell’esempio fatto da Rovelli la relazione si genera tra elettroni e strumentazione di rilevamento, nel posto e nell’attimo in cui quelli strisciano su questa, determinandosi così i due opposti. Ma tale relazione e, con essa, gli opposti non esisterebbero se l’osservatore non avesse pensato l’esperimento e non l’avesse compreso, cioè preso, tenuto insieme e fatto conoscere. Di più, nemmeno l’osservatore esisterebbe senza gli opposti e la loro relazione, cioè senza gli elettroni e la strumentazione di rilevamento.

Fra coloro che hanno prefigurato il testimone si potrebbero citare Charles Sanders Peirce, Sigmund Freud e Ferdinand de Saussure, tutti e tre vissuti tra XIX e XX secolo.

Peirce, nel suo triangolo semiotico (la semiotica è la scienza che studia i segni e la loro significazione), immagina il segno, cioè qualsiasi cosa che rappresenta qualcos’altro, l’oggetto, cioè la cosa rappresentata dal segno, e l’interpretante, cioè il significato o effetto del segno nella mente dell’interprete (Opere, passim). Il segno e l’oggetto prefigurano gli opposti, l’interpretante il testimone.

Freud, attraverso la psicanalisi (la scienza che studia la psiche umana) scompone la mente in un triangolo di personalità, un triangolo strano, mai visto, con lati e vertici che si perdono gli uni negli altri. L’Esso, il custode delle pulsioni primordiali dell’individuo e della specie, la cui voce ordina l’autoconservazione, la riproduzione e la difesa della prole, con ogni mezzo, compresi l’inganno e la violenza. Il Superio, il custode dell’educazione dell’individuo alla socialità, impartitagli dalla famiglia, dalla scuola e dalle altre istituzioni sociali, con il compito di rammentargliela a ogni occasione, affinché la convivenza umana non si trasformi nella giungla a cui la condannerebbe l’Esso. E l’Io, il custode della razionalità, che deve mediare tra l’aggressività dell’Esso e il senso di colpa inculcato dal Superio (Introduzione alla psicoanalisi, Lezione 31, pp. 402-418). L’Esso e il Superio prefigurano gli opposti, l’Io il testimone.

De Saussure, nel suo triangolo linguistico (la linguistica è la scienza che studia il linguaggio umano), immagina il segno come l’arbitraria, duale e, rispetto agli altri segni, oppositiva entità psichica composta in modo indissolubile dal significante, la sua immagine acustica, l’insieme dei suoi suoni, e il significato, la sua immagine mentale, il suo concetto (Corso di linguistica generale, I, 1, pp. 83-88). Il significato e il significante prefigurano gli opposti, il segno il testimone.

Si potrebbe dire che de Saussure, Freud e Peirce, con le loro teorie, abbiano elaborato dei casi particolari, applicabili a scienze particolari, di triangolo delle opposizioni che, invece, potrebbe costituirne il modello generale.

 

IL MALE

Sopra si è detto che l’universo è una rete infinita, in infinito e caotico mutamento, le cui maglie sono intrecciate dai triangoli delle opposizioni. Rete che imprigiona tutti gli esseri, costringendoli, per la loro sopravvivenza, ad annientarsi, menomarsi, ingiuriarsi gli uni con gli altri per la conquista dell’energia e della materia vitali. Il male, allora, non consiste in altro che in questo passaggio violento dell’energia e della materia, necessarie all’autoconservazione, fra gli esseri dell’universo, in questa ruberia, estorsione, rapina di energia e materia vitali che gli esseri escogitano gli uni contro gli altri, con gradi diversi di violenza, dall’annientamento, alla menomazione, all’ingiuria. Quando l’allevatore accompagna la mucca al mattatoio, l’annienta; quando la munge, la menoma; quando la sprona, l’ingiuria. D’altro canto, la mucca si comporta allo stesso modo con il germoglio, lo stelo, il nastro d’erba. Nessuno è innocente. La colpa è il cuore del mondo. Non esiste libero arbitrio, non si può scegliere se compiere o non compiere il male, ma solo come compierlo, se compierlo in questo o in quel modo, se compierlo contro questo o quell’essere. L’unica differenza tra gli esseri umani e gli animali, le piante e le pietre sta nella coscienza, nella consapevolezza del male.

L’infelicità è lo stato di angoscia degli esseri, ansiosi di prendere l’energia e la materia perdute, e terrorizzati dal perdere quelle prese. Il buco nero insacca la stella. Il nibbio precipita sull’allodola. La vipera si richiude sulla lucertola. La talpa irrompe sul lombrico. Il tonno travolge l’alaccia. Il virus disgrega l’uomo. La quercia aspira il minerale. La cellula ingloba le molecole. La molecola imprigiona gli atomi, che imprigionano i quark, che imprigionano i quanti di energia vitale. A ritroso, i quanti di energia vitale si uniscono in quark, in atomi, in molecole, in cellule, in minerali, per ridare il giro a questo volano di violenza. L’uomo fa genocidio di agnelli, di maiali, di vitelli. L’alaccia fende il plancton. Il lombrico estrae i batteri. La lucertola arrotola la sua duplice lingua sulla zanzara. L’allodola strappa il germoglio al grano, perfora il bruco. La stella imprigiona i pianeti, che imprigionano i loro satelliti. L’universo è questa armonia maledetta, è questo male armonico.

 

L’ENÈRGHEIA

L’energia e la materia vitali, che gli esseri dell’universo si spartiscono violentemente, potrebbe essere definita anche con il neologismo, derivato dal greco antico ma adattato alla fonologia italiana, “enèrgheia”. Esso includerebbe, fra i suoi referenti, non la materia e l’energia in generale, ma solo quelle di cui un essere determinato si impadronisce in un determinato momento per vivere. Misurando l’enèrgheia, si potrebbe addirittura tentare, se si volesse mettere un grano di comico e di grottesco nella tragedia, una misurazione scientifica del male, utilizzando parametri biologico-metabolici. Al dispendio energetico giornaliero per vivere si potrebbe sottrarre il dispendio energetico giornaliero per difendersi dalla rapina di enèrgheia degli altri esseri, individui, virus, batteri, ambiente, ecc… Anche il dispendio energetico giornaliero per difendersi rientra nel male, come qualsiasi altra attività vitale, ma almeno è un male di reazione, non di azione. La formula potrebbe essere QM = MB * (MAFT – MAFD). In cui QM è la quantità di male. MB il metabolismo basale, cioè l’energia necessaria alle funzioni vitali a riposo. MAF è il moltiplicatore dell’attività fisica, cioè l’energia necessaria per l’azione e il movimento, che include il metabolismo basale stesso (MB), l’ETC o effetto termico del cibo, cioè l’energia necessaria alla digestione e all’assimilazione del cibo, l’AFS o attività fisica strutturata, cioè l’energia necessaria all’azione e al movimento volontari, e l’AFNS o attività fisica non strutturata, cioè l’energia necessaria all’azione e al movimento involontari. La lettera /T/ aggiunta a MAF indica l’attività fisica totale. La lettera /D/ aggiunta a MAF indica l’attività fisica di difesa, cioè quella spesa in opposizione al male subito. La QM o quantità di male è misurabile in chilocalorie o chilojoule giornalieri. Se si volesse, i parametri biologico-metabolici potrebbero essere tradotti in parametri fisici, grazie al calcolo dell’energia cinetica e del lavoro fisico. Anche se i calcoli fisici richiederebbero una precisione maggiore di quelli biologico-metabolici, che i parametri disponibili non potrebbero garantire.

 

IL SANTO E L’EROE

C’è qualcuno che riesce a sfuggire al vortice del male, alla sua spirale, al suo gorgo? Se non a sfuggirne, almeno a resistere al suo impeto, a rallentare la sua inesorabilità, a mitigarne i danni? Forse, il santo e l’eroe. Il santo gettandosi al margine di esso, dove il giro è più lento e le acque più distese. L’eroe gettandosi in mezzo a esso e cavalcandone i turbini. Entrambe, il santo e l’eroe, sono figure di forza, di coraggio, né di bene né di male, almeno secondo la morale comune. Sono figure insolite, carismatiche, individualistiche e utilitaristiche. Non agiscono per principi superiori o metafisici, anche se potrebbe sembrare il contrario. Agiscono per fini terreni, pratici, utili in questo mondo. Senza paura di morire, né bisogno di vivere, come gli immortali. Esemplificazioni del santo potrebbero essere Gesù in età antica, San Francesco in epoca medievale e, ai nostri giorni, Paolo Borsellino. Esemplificazioni dell’eroe potrebbero essere Annibale in età antica, Lorenzo il Magnifico in epoca rinascimentale e, ai nostri giorni, Steve Jobs. Ma questa, come si dice, è un’altra storia, un altro articolo.

 

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

  • Roberto Giovanni Timossi, Imparare a ragionare. Un manuale di logica, Marietti, Genova, 2011.
  • Hans Reichenbach, The direction of time, Dover Publications Inc., Mineola, New York, 2018.
  • Hermann Diels – Walther Kranz, I presocratici, a cura di G. Reale, Bompiani, Milano, 2006.
  • Giovanni Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate, a cura di P. Agnolucci, DigitalSoul, Montevarchi, 2018.
  • Niccolò Machiavelli, Tutte le opere storiche, politiche e letterarie, a cura di A. Capata, Newton Compton, Roma, 1998.
  • Karl Marx – Friedrich Engels, Manifesto del partito comunista, BUR, Milano, 2005.
  • Giacomo Leopardi, Zibaldone, a cura di L. Felici, Newton Compton, Roma, 20224.
  • Carlo Rovelli, Helgoland, Adelphi, Milano, 2020.
  • Charles Sanders Peirce, Opere, a cura di Massimo A. Bonfantini, Bompiani, Milano, 2003.
  • Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi, Newton Compton, Roma, 201911.
  • Ferdinand de Saussure, Corso di linguistica generale, a cura di T. De Mauro, Laterza, Bari, 201829.
  • Daniele Barni, Il santo e l’eroe, Mimesis (collana Jouvence), Sesto San Giovanni (MI), 2022.

Daniele Barni

 

 

 

[1] Questa e le altre etimologie sono tratte dal Vocabolario etimologico della lingua italiana di Ottorino Pianigiani, consultabile in rete al sito www.etimo.it


Daniele Barni

Daniele Barni è nato il 9 dicembre 1973 e vive a Sansepolcro. Insegnante. Si occupa di poesia, narrativa e saggistica. Per Italic Pequod ha pubblicato, fra le altre, la raccolta poetica L’antologia (2021); per Cartman il saggio Lo sguardo della critica: i conoscitori d’arte in Italia tra XIX e XX secolo (2016); per Mimesis, collana di filosofia Jouvence, il saggio Il santo e l’eroe (2022).

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