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Caratteri letterari del periodo augusteo, 43 a.C. – 17 d.C.

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Consigliamo Percorso di letteratura latina e Storia Romana parte II


Con “età augustea” gli storici intendono quel periodo che parte dalla morte di Cesare per terminare alla morte di Augusto, o ancora dalla morte di Cicerone alla morte di Ovidio, contemporanee a quelle dei due politici romani. A partire dal 43 a.C. emerge la figura di Gaio Giulio Cesare Ottaviano che si farà nominare Augustus, Augusto, un impegnativo cognomen che assume a partire dal 27 a.C. e non prima.

Questo fu un periodo di intensa produzione letteraria. A partire dal 43 a.C., anno della morte di Cicerone, cresce il giovane Virgilio che si cimenterà in quello che sarà un campo culturale particolarmente fertile. In questi stessi anni fioriscono le figure di Tito Livio, lo storico augusteo per eccellenza e più noto e celebrato storico romano, e Ovidio il celebre scrittore delle Metamorfosi e di tante altri opere importanti, senza dimenticarci Tibullo e Properzio. È giusto quindi parlare di “poesia augustea” in quanto Ottaviano, dal momento in cui sconfisse Antonio ad Azio nella celebre battaglia del 31 a.C., si impegnò con il suo entourage a promuovere un determinato tipo di cultura. E i poeti dell’epoca credono fortemente nelle potenzialità del restauratore della pax, Ottaviano: dopo un periodo che parte da Silla fino al 31 a.C. si era assistito a sanguinolenti anni di guerre civili e massacri intestini che avevano condizionato fortemente il lavoro dei letterati: troviamo differenze sostanziali nei temi pre e post battaglia di Azio. È evidente che i poeti manifestavano spesso con la loro opera il malcontento o l’approvazione generale della popolazione. Dunque i poeti di quest’epoca trovano sostegno e serenità nel loro coevo portatore di pace (intesa col modello della pax romana) Ottaviano. Dopo Azio Augusto costruì le basi per suo il principato e con Gaio Cilnio Mecenate istituì una sorta di circolo, simile a quello degli Scipioni, con la differenza che, di fatto, loro custodivano il totale controllo e instaurando una forma di egemonia culturale pulsante nel cuore di Roma. Di fatto, per citare il Conte, si crea un “Ministero della propaganda” che gestiva tutte le produzioni, le passava al vaglio e le autocensurava, ridimensionando decisamente il principio di autodeterminazione dell’arte e della singola libertas.

La nuova ideologia letteraria e culturale sarà in grado di produrre dei capolavori quali le Odi di Orazio o le Bucoliche e l’Eneide di Virgilio. In quest’ultima opera Enea diverrà il “portatore” di quelli che erano stati i valori sbagliati e giusti di Ottaviano: prima uomo d’arme e poi costruttore di utopie.

In questi anni verranno a costituirsi nuovi generi letterari, come la poesia bucolica, precedentemente assente nel panorama latino, ma già elaborata dai poeti alessandrini. Imitando i loro modelli greci Archiloco, Alceo, Teocrito, la nuova generazione di letterati latini andrà formando un genere poetico denso e pieno di pathos, capace di esprimere l’emozione di un periodo di pace. Il canone estetico della varietà detto poikilìa, caro agli alessandrini, escludeva l’uniformità pomposa dell’epica narrativa: Virgilio e i suoi contemporanei andarono in controtendenza rispetto a questo canone letterario, cercando di restringere il campo tematico e circoscrivendo l’uso poetico del linguaggio. Quindi, come detto, Virgilio scrisse opere bucoliche, Properzio e Tibullo scrissero elegie che mettevano in mostra solo i tratti emotivi che davano una coerente rappresentazione a un rapporto amoroso tormentato e ineguale. Le elegie diventato perlopiù poesie d’amore.

I poeti acquisiscono una maggiore coscienza di se stessi e la forza di una poesia capace di smuovere e commuovere le masse, influenzandone il pensiero; ovviamente il controllo del ‘Ministero della Propaganda’ era sempre forte e, dunque, Ottaviano stesso era colui che maggiormente influenzava le masse. I poeti non sono più semplicemente degli artisti, ma diventato vates, cantori ispirati destinati a trovare un ascolto emozionato e diffuso.

L’ultima fase del regime augusteo fu tempestosa. Dopo la maestosità di Virgilio la poesia si divise in due rami divergenti: da un lato la poesia celebrativa, dall’altro la poesia apolitica e disimpegnata, che ricordava molto la poesia neoterica e la scrittura di Lucrezio. Il centro gravitazionale poetico di quest’ultima fase fu Ovidio, che scrisse elegie amorose, non basate più sull’amore come scelta di vita, ma è l’amore, piuttosto, che si adatta alla vita di una società galante. Ovidio cercò di levare dalla letteratura i moralismi, ritornando ai temi della letteratura latina arcaica, e canta il piacere, gli spettacoli, i lussi, il libero amore e, nello stesso tempo, esalta il princeps che è stato capace di creare anni di felicità nell’Urbe, malgrado il ridimensionamento alla libertà di scrittura, più che di pensiero. Nel 8 d.C., probabilmente proprio per aver parlato con eccessiva disinvoltura delle contraddizioni del mondo augusteo, cadde in disgrazia e venne confinato nella città di Tomi, l’attuale Constanta, cittadina rumena affacciata sul Mar Nero.

(LA)
« Perdiderintcum me duo crimina, carmen et erroralteriusfacti culpa silendamihi »
(IT)
« Due crimini mi hanno perduto, un carme e un errore:
di questo debbo tacere quale è stata la colpa »
(Tristia 2, 1, v.207 sg. Ovidio)

IL CIRCOLO DI MECENATE

Gaio Cilnio Mecenate, come abbiamo già visto, fu il vero centro di attrazione di tutta la generazione poetica augustea, ovvero quella generazione di poeti che era nata intorno al 70 a.C. e che era morta nel 8 d.C. circa.

Mecenate nacque ad Arezzo nel 68 a.C. da un’antica famiglia di origine etrusca di nobilissima stirpe. Non superò mai la carica di equites per scelta personale, pur avendo i sostegni potenziali per ambire a ben più alte cariche, e non ricoprì mai cariche politiche prestigiose, anche se la sua influenza su Ottaviano, lo rendeva il suo “ministro” e consigliere principale, un ruolo non istituzionale ma ben più importante di tutti gli altri, in un periodo in cui la repubblica era, ormai, solo di facciata, facciata atta a preservare il vero potere del princeps Ottaviano.

La scelta di non ostentare la sua ricchezza, esaltò ancora di più la sua autorità morale e prestigio sociale facendo sì che Orazio, Virgilio e Properzio gli dedicarono innumerevoli opere. Il tratto più costante della sua vita fu proprio la rottura con gli schemi e le cariche della repubblica: il rifiuto delle cariche ufficiali, a cui Augusto lo avrebbe potuto tranquillamente promuovere, era simbolo di un distacco dalle virtù dell’uomo politico romano, che Catone e i conservatori della generazione precedente difendevano strenuamente, come abbiamo più volte modo di ricordare.

In compenso, Mecenate si fece promotore di una vera e propria letteratura nazionale: fu il promotore di quei nuovi canoni estetici estrapolati dalla cultura alessandrina. Lui era la figura del committente, censore e allo stesso tempo del consigliere del poeta: finanziava opere e rendeva possibile la pubblicazione. Il suo circolo era fondato su stretti legami privati e individuali, ma guardava però a una letteratura che si diffondesse non solo a Roma. Come letterato non godette di grande fortuna, ma di certo questa non fu la sua ambizione. Morì nel 8 d.C. a Roma.

Il termine “mecenate”, in paesi come l’Italia e la Francia, indica una persona dotata di potere che sostiene concretamente la produzione di certi letterati ed artisti. Più in generale si parla di mecenatismo anche per il sostegno ad attività come il restauro di monumenti o il sostegno ad attività sportive. Si usa anche il termine mecenate d’impresa per indicare un finanziatore di iniziative imprenditoriali con caratteristiche innovative e di rischio dalle quali non si aspetta un ritorno finanziario diretto[1].

Se Mecenate, come letterato non brillava, non lo era neanche Augusto, il quale scrisse una tragedia intitolata Aiace, dalla quale si ispirò apertamente a Sofocle e lui stesso parlava con ironia della sua opera dicendo che Aiace invece che di spada era morto di spugna, dimostrando, con poco, di essere abbastanza intelligente da scrivere una tragedia e di esserlo pure abbastanza da poter ironizzare su di essa, fatto assai raro in un uomo di sì grande potere. Il princeps, che comunque era una persona colta e sapeva anche scrivere, compose un’opera di più degna memoria: le sue Res gestae, che però, in termini letterari, non potevano minimamente paragonarsi ai Commentarii di Cesare. Questo era un testo di propaganda ideologica in cui spiegava che la fonte politica e giustificativa dei suoi incarichi politici e istituzionali erano il risultato della volontà sia del senato che del popolo, ed enumera inoltre tutti i benefici e i doni distribuiti a Roma e ai suoi cittadini. È questa dunque più un’opera di apologia del proprio operato e di autogiustificazione.

IL CIRCOLO DI MESSALLA

Marco Valerio Messalla nacque nel 64 a.C. e perì nel 8 d.C.. Difensore di Bruto e di Cassio e, perciò, proscritto nel 43 a.C., combatté al fianco di Cassio nella battaglia di Filippi; passò poi dalla parte dei vincitori e Ottaviano lo tenne in grande considerazione: fu console nel 31 a.C. e comandò una parte della flotta nella battaglia di Azio. Esercitò dunque successivamente un patronato letterario sullo stile di quello mecenatico, in cui mise sotto la sua protezione il poeta Tibullo, col quale strinse un forte legame, quest’ultimo poco inserito nella “politica poetica” augustea. Chiaramente anche per questo motivo non ebbe una particolare influenza all’interno della Roma letteraria; Messalla fu, inoltre, un abile oratore, di cui però non ci è giunta nessuna orazione scritta e fu un notevole erudito, un grammatico e un retorico.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Conte G.B., Profilo storico della letteratura latina, Le Monnier università, Firenze, 2004.

Ovidio Tristia 2, 1, v.207 sg.

http://www.treccani.it/enciclopedia/messalla-corvino-marco-valerio/

Ovidio P. Nasone – Tristia. Testo latino a fronte, Garzanti Libri, Milano, 2005,

http://www.parodos.it/personaggi/personaggi/biosmecenate.htm

Pili W., Da Livio Andronico a Plauto passando per Nevio e Cecilio Stazio: gli albori della letteratura latina, 2013, www.scuolafilosofica.com

Pili W., Origini della letteratura latina. Il teatro romano arcaico e la figura di Livio Andronico, www.scuolafilosofica.com, 2013

Pili W., Storia romana parte II Dalla dittatura di Silla alla battaglia di Azio, www.scuolafilosofica.com, 2012,

Pili W., Caio Giulio Cesare, www.scuolafilosofica.com, 2013

Pili W., Lucrezio, www.scuolafilosofica.com, 2013

Pili W., Politica e cultura dall’età dei gracchi al periodo cesariano (133-44 a.C.) e la figura centrale di Catullo all’interno della poesia e cultura romana, www.scuolafilosofica.com, 2013


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

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