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Politica e cultura dall’età dei gracchi al periodo cesariano (133-44 a.C.) e la figura centrale di Catullo all’interno della poesia e cultura romana

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CENNI STORICI

Il periodo storico che inizia con l’età dei Gracchi fino alla dittatura di Silla fu molto importante perché segnò l’inizio della crisi che portò al tracollo definitivo della repubblica aristocratica. Nel 133 a.C. il tribuno della plebe Tiberio Gracco presentò una nuova legge agraria. Da qui nacquero i primi problemi, come sempre accadeva in Roma sin dai primordi della repubblica, quando venivano proposte leggi agrarie che prevedevano una ridistribuzione delle terre: Gracco proponeva, mediante una nuova distribuzione di terra, di ricostruire il ceto dei piccoli proprietari agricoli, scomparsi negli anni precedenti per dar vita al fenomeno del latifondo. L’aristocrazia terriera non permise l’attuazione di questo corretto principio di redistribuzione delle risorse e Tiberio Gracco venne fatto uccidere. Dieci anni dopo nel 123 a.C., il fratello Gaio Gracco, anch’egli tribuno della plebe, ripropose il programma del fratello di più ampio respiro. Dopo il fallimento anche di questo progetto, si può parlare del “fallimento dei Gracchi”: il nodo della questione agraria era destinano a rimanere al centro della vicenda politica e sociale della tarda repubblica. Il programma dei fratelli Gracchi si era scontrato contro l’aristocrazia formata dai grandi capi militari, alla testa di milizie di proletari, per i quali l’assegnazione di terre rappresentava la ricompensa di lunghe campagne militari. Il fatto che ogni generale avesse un proprio esercito personale, portò ai conflitti che sfociarono alla guerra intrasociale dove da una parte dello schieramento c’erano i sillani, dall’altro invece i mariani. Silla, alla fine, ebbe la meglio e la sua vittoria portò all’instaurazione di una dittatura di cui era il dictator, che però non eliminò le cause profonde della crisi politica e sociale che scuoteva le basi della repubblica, come avviene spesso durante un dominio dispotico. 

L’ORATORIA

In quest’epoca segnata dai disordini sociali e dagli aspri conflitti, l’oratoria era l’unica soluzione letteraria che poteva emergere e fiorire: è proprio in questo periodo che si affermò Cicerone e per via della sua grandezza oratoria sono andati perduti i testi degli oratori precedenti. L’unica ars oratoria in conflitto con quella di Cicerone era quella di Scipione Emiliano. All’oratoria di Scipione Emiliano, Cicerone riconosceva la preziosità di una certa gravitas. Inoltre abbiamo frammenti di opere oratorie di uno dei fratelli Gracchi, Gaio, appartenente al circolo degli scipioni: infatti, entrambi i fratelli avevano ricevuto una solida educazione da ottimi maestri greci nella casa della loro madre Cornelia. Cicerone descriveva così Gaio Gracco: “Uomo di altissimo ingegno, di infiammante passione, di precoce dottrina… grave perdita subirono la società e la letteratura di Roma per la sua morte immatura” [BRUTUS 125 seg] “Non so se avrebbe avuto rivali nell’eloquenza” [ibidem].

 

LO SVILUPPO DELLA STORIOGRAFIA E L’AUTOBIOGRAFIA

Dopo l’oratoria, la storiografia è il genere letterario nel quale si esprime maggiormente la crisi politico sociale dell’epoca gracchiana. Da parte degli storiografici si assiste ad un sistematico rifiuto della prosa asciutta e piana della cronaca annalistica, i cui redattori prediligevano invece una penetrazione razionale degli eventi e dei dibattiti politici: cominciano a emergere i temi cari a Cicerone quali il dibattito morale con l’influsso del razionalismo polibiano. Questa controversia è evidente nel proemio dell’opera storiografica di Sempronio Asellione, scipionico, che prese esplicitamente posizione contro l’annalistica storiografica. Qualche anno prima, sullo stesso filone polemico, Celio Antipatro, di origine plebea, aveva scritto dopo il 120 a.C. un’opera storica in sette libri che trattò esclusivamente la seconda guerra punica: non si limitò tuttavia alla secca esposizione dei fatti, ma lasciava spazio al pathos tragico e a una lettura fatta per piacere e non solo per sapere. Lo storiografico più importante dell’età sillana fu Lucio Cornelio Sisenna (120 – 67 a.C.), uomo politico di tendenze aristocratiche. Egli scrisse le Historiae che trattavano esclusivamente le vicende contemporanee, dalla guerra sociale alla morte di Silla. Anche Sisenna fu uno storiografico tragico che, come Celio Antipatro, inserì nella sua opera particolari romanzeschi e favolosi, per il quale Sisenna si ispirava a Clitarco, uno degli storici di Alessandro Magno.

In età sillana si assiste anche a un altro tipo di riproduzione letteraria derivata dagli arcaici commentarii: commentarii autobiografici ci sono giunti dal 115 a.C. con Emilio Scauro all’epoca console, altri con Rutilio Rufo, altri ancora dallo stesso Silla. In quest’epoca nacquero anche i primi studi di antiquaria, di linguistica e di filologia;  questi ultimi studi furono iniziati da Ennio Stilone, un equites nato nel 150 a.C. che si occupò dei problemi legati all’autenticità delle commedie plautine. Nel frattempo in questi anni segnati dai rivolgimenti culturali e accesi dibattiti pubblici e privati, si rifà forte l’eco delle dispute fra le scuole filologiche alessandrine e quelle di Pergamo. Attorno alla delicata questione degli studi grammaticali latini gli alessandrini auspicavano la purezza e la ratio della lingua, mentre i pergamesi (?) difendevano l’innovazione linguistica.

Assistiamo a un cambiamento di genere nell’ambito del comico, che ne portò a un conseguente declino. Sappiamo di comici come Licinio Imbrice, Trabea, Atilio e Luscio e Turpilio. Di tutti questi autori ci sono giunti solo pochi frammenti. La palliati cominciò a essere sentita sempre come più antiquata e questo ne favorì il tramonto: l’atellana e il mimo vengono preferiti. Nel corso del II secolo a.C. si svilupperà la togata, commedia di ambiente e costume romani, di cui ci sono giunti frammenti di Titinio, Afranio e di Atta: di questi abbiamo conservato solo pochi titoli e pochissimi frammenti, da cui non possiamo dedurre trame e stile metrico. L’atellana, invece, nel periodo sillano godette di una ritrovata fortuna; fu però legata ad un cambiamento nel livello culturale: questo tipo di commedia/farsa veniva ora affidata a testi scritti più elaborati e dettagliati rispetto ai semplici canovacci a liste di battute. I maggiori esponenti dell’atellana di questo periodo furono Pomponio e Novio. Tuttavia seppure l’atellana godette di una certa fortuna, fu soppiantata ben presto, dal mimo di Labelio e Siro: il termine greco per mimo sta ad indicare l’imitazione della vita reale. Originariamente i mimi andavano in scena solo durante i ludi florales. In seguito, divenne una forma artistica assai ricercata soprattutto dall’età di Cesare in poi, distaccandosi dalle tradizioni arcaiche. Il mimo aveva la caratteristica di ricercare un tono e stile realistici e veniva recitato senza maschera.

 

 IL PERIODO CESARIANO (78 – 44 a.C.)

La figura dominante nella vita culturale del periodo considerato è Cicerone, che, cominciata la sua attività sotto Silla, la terminò nel 43 a.C.: la sua “celebre morte” fu simbolo della fine di un’epoca, congiuntamente alla morte di Cesare avvenuta alle idi di marzo del 44 a.C..

In questo periodo nasce il genere letterario poetico neoterico con Catullo, Partenio e col circolo dei poetae novi. Dal 44 a.C. si affermò la figura e la poetica di Cornelio Gallo e di Virgilio.

Del periodo cesariano non bisogna dimenticare l’importanza di Lucrezio e della corrente epicurea di cui Lucrezio fu il massimo divulgatore in Roma e grazie al quale abbiamo molte e preziose informazioni sulla filosofia di Epicuro, di cui non ci sono rimasti che pochi frammenti e le quattro celebri lettere.

Nel periodo cesariano si sviluppò l’oratoria giudiziaria e politica, il gusto per l’antiquaria e per la linguistica, le biografie e diverse forme culturali fino ad allora non approfondite sistematicamente all’interno della repubblica.

Roma conobbe lo sviluppo di un pensiero filosofico che si pone a fianco del pensiero greco e da cui vuole ereditarne la capacità di sintesi e di interpretazione della realtà, ovviamente mantenendo vive le proprie tradizioni e il mos maiorum.

 

LA POESIA NEOTERICA

Poetae novi o νεοτέροι è la sprezzante definizione di Cicerone con il quale classificava i poeti dalle tendenze innovatrici e caratterizzati dal gusto per un moderno poetare. Il processo di rinnovamento della poesia romana era un aspetto particolare del generale fenomeno di ellenizzazione dei costumi e di trasformazione dei modi di vita in conseguenza alle vittorie su del II secolo a.C. che aprirono gli orizzonti di Roma verso le culture orientali. In ambito letterario tutto ciò si manifesta con una lenta ma progressiva decadenza dei valori e delle forme della tradizione tipicamente romana, elementi cari a Catone e ai suoi seguaci; emersero nuovi gusti ed esigenze nuove dettate da una mentalità e da una sensibilità del tutto estranea e sconosciuta fino allora a Roma. Non a caso lo sviluppo delle nugae, bagatelle, ci indicava una poesia dal tono leggere e disimpegnato, di semplice intrattenimento e dalle poche pretese: ‘una poesia per tutti’. La poesia nugatoria era frutto dell’otium, dello spazio di tempo sottratto agli impegni civili e dedicato alla lettura e alle conservazioni dotte. Si ha una presa di coscienza e si rivendica un’esigenza individuale di fronte agli obblighi sociali che si manifesta, come vedremo bene in Catullo, con l’esternazione dei sentimenti privati come l’amore. Nonostante la loro profondità poetica, le nugae si pongono un gradino sotto la poesia neoterica che ha una consapevolezza poetica ben maggiore rispetto alle bagatelle.

La poesia neoterica è disinteressata nei confronti della vita attiva, spesa al servizio dello Stato, fondata sul valore del mos maiorum: andava dunque contro la definizione di civis romano. In contrapposizione a tutto ciò si ha l’affermazione dell’otium, del tempo libero dedicato alle lettere e ai piacere e alla soddisfazione dei bisogni individuali e privati. Si può parlare di una svolta etica che mostra la grave crisi dei valori cari al mos maiorum: il rifiuto della vita politicamente impegnata dove si fa largo la filosofia epicurea che rinunciava ai negotia politici e militari, per far posto alla una vita appartata e tranquilla, fatta di colti discorsi e colloqui fra amici. Fra gli epicurei e i poeti neoterici sussiste una differenza sostanziale, che li vede contrapposti nella concezione del sentimento più forte assieme al dolore e all’amore. I primi sostengono che l’eros è una malattia insidiosa da fuggire; i secondi, con Catullo per primo, sostengono invece che l’amore è il fulcro e la ragione essenziale della vita. La poesia neoterica era contraddistinta dalla brevitas, che andava predicando Callimaco e i neoterici si trovarono d’accordo in ciò, criticando fortemente la pomposità di Ennio, Volusio, Suffeno e Ortensio. I poeti neoterici svilupperanno con un sapiente labor limae il genere epigrammatico, l’epillio o poema mitologico ridotto, con larghi risvolti erotici.

Fra i poeti neoterici è giusto soffermarci su Lutazio Càtulo, poeta di famiglia nobile nato nel 150 a.C.. Fu autore di opere di carattere storico e autobiografico, fu inoltre oratore elegante e dall’ottima dizione. Introdusse nella poesia latina gli epigrammi di stampo greco e attorno a lui si raggruppò una serie di poeti col gusto della poesia leggera. Non si trattò di un vero e proprio circolo, come quello dei Scipioni, ma doveva esserci semplicemente affinità di gusti e comunanza di orientamenti letterari. Fra questi ricordiamo Valerio Edituo, Porcio Licinio, Volcacio Sedigito, Levio (autore dell’Erotopoegnia), Mazio e Sueio. Tutti questi autori furono i precursori di quello che sarà un genere apprezzatissimo nel mondo odierno e che porterà l’affermazione di canoni e gusti letterari che non cesseranno di permanere nel panorama stilistico e poetico.

Fra i poeti neoterici dobbiamo soffermarci brevemente su alcune figure di spicco: fra queste ricordiamo Valerio Cetone, originario della Gallia Cisalpina, che rinnovò a Roma la grande tradizione dei critici filologici alessandrini. A questa figura fu vicino Furio Bibaculo di Cramone che, come ci ricordano Tacito e Quintiliano, scrisse aspri epigrammi contro Augusto e un tagliente frammento contro Orbilio. Terenzio Varrano Atacino, di Atax, scrisse poesie di stampo enniano, componendo un poema storico dal titolo Bellum Sequanicum, aderì comunque al gusto neoterico nell’opera intitolata Leucadia, una poesia erotica per la sua amata e scrisse inoltre la Chorographia, un opera di tipo geografico. Di Varrano Atacino va ricordata la traduzione delle Argonautiche di Apollonio Rodio, proseguendo dunque nella grande strada dei poeti traduttori. Altri due poeti della cerchia neoterica furono Cinna e Calvo: il primo originario di Brescia, nella Gallia Cisalpina, scrisse la Zmyrna, un poemetto di stampo alessandrino che narrava l’incestuoso amore di Mirra verso il padre. Questo poemetto oggi quasi del tutto perduto, sembra essere stato negli anni a seguire, un modello esemplare della poetica di ascendenza callimachea. Cinna scrisse anche altri epigrammi e il Propempticon, un carme augurale donato ad Asimio Pallione prima della partenza per un lungo viaggio. Per quanto riguarda Licinio Calvio, egli nacque nel 82 a.C. da un illustre famiglia plebea e fu oratore famoso. Scrisse anche altri epigrammi di invettiva politica, anche epitalami e altri componimenti di soggetto amoroso. È ora giunto il momento di soffermarci su Catullo, il poeta neoterico per eccellenza.

 

CATULLO, IL POETA NEOTERICO PAR EXCELLERE

Gaio Valerio Catullo nacque a Verona, nella Gallia Cisalpina. È importante notare come la maggioranza dei poeti neoterici siano nati e cresciuti nella Gallia Cisalpina. La sua famiglia era certamente agiata. La data di nascita è grosso modo da collocare attorno al 84 a.C. malgrado la fonte svetoniana ci tramandi l’87 a.C. e morì a trent’anni, dunque molto probabilmente nel 54 a.C.. A Roma, ove vi giunse in data non nota, conobbe personaggi di spicco a livello politico e i suoi colleghi appartenenti alla cerchia neoterica, ma è soprattutto a Roma che ebbe una relazione, la relazione par excellere, con Clodia (Lesbia nei versi) molto probabilmente sorella del tribuno Clodio Pulcro e moglie di Quinto Cecilio Metello. Nel 57 a.C. si recò in Bitinia, per un anno, come membro dell’entourage del governatore Gaio Memmio e in occasione di questo viaggio andò a visitare la tomba del fratello, esperienza attestata nel celeberrimo carme 101.

Di Catullo ci sono stati tramandati 116 carmi raccolti in un liber che viene suddiviso per metrica e stile in tre sezioni. Nel primo gruppo, dal carmen 1 al 60, troviamo le già citate nugae, componimenti per lo più brevi e di carattere leggero, scritte sia in endecasillabi faleci sia in trimetri giambici, scazonti e saffiche. Il secondo gruppo (61-68) abbraccia un numero di carmi decisamente inferiore, ma la quantità di versi e l’impegno stilistico, come ad esempio l’uso del raro galliambo, non sviliscono l’importanza della sezione detta dei carmina docta. Il terzo gruppo (69-116) comprende epigrammi scritti in distici elegiaci. Molto probabilmente questo Liber Catullae, non rispecchia la cronologia di scrittura delle opere ed è appunto semplicemente raggruppato per questioni di comodità dai filologi che si presero cura della redazione delle poesie catulliane. Dai carmi di Catullo ci giungono la maggior parte delle notizie biografiche così come anche dal De vitae Cesarae di Svetonio.

Il nome e la poesia di Catullo sono associati alla già citata rivolta neoterica: rivoluzione dal punto di vista del gusto letterario, ma anche rivolta etica. In questo periodo si ha uno sgretolamento degli antichi valori del mos maiorum e della civites: è il periodo dell’otium individuale che diviene anche una valida alternativa alla vita collettiva. Otium vuol dire anche tempo per la cultura, per la poesia e l’amicizia e l’amore. Questo universo fatto di amore e amicizie, altro non è che un progetto di recupero dell’intimità e dei sentimenti privati che troviamo come tematiche centrali nei carmi brevi di Catullo. Questi carmi sono caratterizzati da un paziente lavoro di cesellamento e dalla ricerca della perfezione stilistica; inoltre questi carmi danno un’impressione di immediatezza, che ha portato nei secoli al luogo comune di una poesia ingenua e spontanea nata dall’irruenza di un poeta fanciullo senza vincoli della morale e dei filtri culturali. Probabilmente queste poesie nascevano dall’irruenza, ma la spontaneità di questi carmi è la grandezza stessa di Catullo, attento nel creare carmi, mai visti a Roma, non privi di precedenti nella tradizione letteraria occidentale come l’epigramma greco.

Il destinatario di ogni carme è per lo più rappresentante di una cerchia raffinata e colta che da Catullo si aspettano un determinato stile colto e formale. Lo sfondo della poesia di Catullo è costituito dall’ambiente letterario e mondano della capitale, di cui fa parte la cerchia dei neoterici accomunati dagli stessi gusti e dagli stessi linguaggi.

Nella poesia catulliana Lesbia rappresenta la potenza dell’eros in tutte le sue forme e la stessa Lesbia rievoca la poesia di Saffo, la poetessa di Lesbo. Dunque la centralità dell’amore nei temi catulliani, dove si dà ampio respiro alle gioie, sofferenze, tradimenti, abbandoni, speranza e via dicendo, caratterizzanti tutte le vicende amorose di Catullo. L’eros, prima visto come una debolezza giovanile, ha ora un ruolo centrale nell’esistenza umana e a questo impegno amoroso, che esce fuori dai valori tradizionali romani (quindi si può parlare appunto di rivoluzione etica), Catullo impegnerà tutta la sua breve esistenza, sottraendosi dai doveri del buon cives. Catullo resterà estraneo alla politica e ai conflitti di potere che lacerarono la società tardo repubblicana, limitandosi a criticare sfuggevolmente i protagonisti di questo periodo. La recriminazione per il foedus d’amore violato da Lesbia sono un motivo insistente per Catullo che sottolinea due valori a lui cari, ovvero la fides e la pietas: il carmen 72 analizza con amarezza la perdita di ogni stima e affetto per Lesbia/Clodia, che continua però a tenere viva la passione di Catullo. Lui d’altronde è felice e sereno dal momento in cui non è mai venuto meno al patto d’amore con Lesbia, la sua unica soddisfazione di vita oltre alla poesia.

Carme 72
Dicebas quondam solum te nosseCatullum,
Lesbia, necprae me velle tenere Iovem.
Dilexitum te non tantum ut vulgusamicam,
sed pater ut gnatosdiligit et generos.
Nunc te cognovi: quare etsiimpensiusuror,
multo mi tamen es vilior et levior.
Qui potis est? inquis, quodamanteminuriatalis
Cogit amare magis, sed bene velleminus
Un tempo eri solita dire di conoscere solo Catullo,
Lesbia, e che al posto mio non avresti preferito abbracciare Giove.
Ti ho voluto bene non solo come l’uomo del popolo ama un’amica,
ma come un padre ama i figli e i nipoti.
Ora so chi sei: perciò anche se ardo più intensamente,
tuttavia per me tu sei molto più spregevole e insignificante.
– Come è possibile? – mi chiedi. Poiché un’offesa come la tua
costringe chi ama ad amare di più, ma a voler bene di meno

Per quanto concerne i carmina docta, Catullo apre una nuova pagina di storia letteraria latina. Nel carme 1 autocelebrativo del suo libello, espone bene i criteri di una nuova poetica ispirata alla brillantezza dello spirito e alla raffinatezza formale. Questa poetica rivela la sua aemulatio nei confronti della figura di Callimaco: dunque brevitas, eleganza e dottrina sono i canoni di un gusto a cui Catullo aderisce pienamente in netta contrapposizione alla pomposità di Ennio.

Con Catullo a Roma, si affermerà progressivamente l’epica neoterica con testi caratterizzati da non più di cento versi e che permettono all’autore di concentrarsi nello stile e nella raffinatezza formale. Il carmen 64 rappresenta l’epillio ideale per la cultura latina. Questo poemetto composto da 408 esametri narra delle nozze di Peleo e Teti, ma mediante la tecnica alessandrina della digressione, racconterà anche la storia di Arianna abbandonata a Nasso da Teseo. L’intreccio delle due narrazioni avrà come tema centrale la fides cara a Catullo. Per la prima volta in un mito viene rappresentata la proiezione delle aspirazioni del poeta. Catullo scrisse anche due epitalami (carme 61 e 62) dove il tema centrale è quindi quello delle nozze. Nel ciclo dei carmina docta abbiamo inoltre un omaggio a Callimaco, e si tratta del carmen 66: è una traduzione de La chioma di Berenice scritta dal poeta alessandrino: qui nella sua aemulatio Catullo esalta i valore della fides, della pietas, condannando l’adulterio e celebrando le virtù eroiche. Ma è il carmen 68 il più complesso e quello che ci riassume i temi principali della poesia di Catullo: amicizia e amore, l’attività poetica e il dolore per la morte del fratello.

Quello di Catullo fu un vero stile che derivava come abbiamo visto dagli influssi della poetica alessandrina e si basò anche in maniera più leggera alla lirica greca arcaica di Archiloco e Saffo. Il lessico è il sermofamiliaris vengono assorbiti e filtrati in un gusto aristocratico e colto che ne raffina lo stile: la poesia catulliana, così come quella callimachea, era riservata ad un élite colta.


Bibliografia

Conte G.B., Profilo storico della letteratura latina, Le Monnier università, Firenze, 2004.

Pili W., Cronologia di Storia Romana, www.scuolafilosofica.com, 2012.

Pili W., Origini della letteratura latina: il teatro romano antico e la figura di Livio Andronico, www.scuolafilosofica.com, 2013.

Pili W., Storia romana parte I, www.scuolafilosofica.com, 2012.

Pili W., Storia romana parte II, www.scuolafilosofica.com, 2012.

Pili W., Storia romana parte I, dalla fondazione alle guerre sociali, www.scuolafilosofica.com, 2012, http://www.scuolafilosofica.com/1440/storia-romana-parte-1-dalla-fondazione-alle-guerre-sociali

www.treccani.it

http://www.dirittoestoria.it/9/Monografie/De-Filippi-Dignitas-retorica-diritto.htm

 


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

2 Comments

  1. Alessandro De Cristofano Alessandro De Cristofano 25 Novembre, 2015

    caro Redattore
    posso suggerire correzioni?
    cordiali saluti
    Alessandro De Cristofano
    Pisa

    • Enne Tech Enne Tech 2 Dicembre, 2015

      Certo!

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