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Letteratura latina e il cristianesimo delle origini

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Leggi la scheda su La letteratura latina in cinque capitoli storici


Con l’editto di Costantino del 313 d.C. si segna una tappa cruciale della storia dell’impero romano d’occidente e non solo: con esso si sancisce per la prima volta una “religione di stato” propriamente detta e pone fine alle persecuzioni verso i cristiani (si rivolgono da questo momento verso chi si rifiuta di convertirsi, cosa che spesso si tralascia di ricordare). Il progressivo estendersi del cristianesimo portò non solo a un nuovo assetto politico e la formazione del clero cristiano, ma anche l’elaborazione di un nuovo assetto letterario. Attraverso il pensiero di tre importanti letterati analizziamo la nascita di questo nuovo assetto programmatico letterario.

Arnobio nacque in Africa intorno alla metà del III secolo d.C. e fu maestro di scuola a Sicca Veneria: convertitosi al cristianesimo in età avanzata, morirà nel 327 d.C.. Delle sue opere ricordiamo l’Adversus nationes, composto di sette libri: fu scritto dopo le persecuzioni nei confronti dei cristiani da parte di Diocleziano, convinto pagano. Nell’opera di Arnobio si nota molto come egli si fosse convertito in età adulta. Egli forza un’aggressività antipagana e sulle inesattezze dottrinali, e su questi due binari egli alterna un linguaggio forbito e di elegante retorica a bizzarre costruzioni fantastiche. I suoi strumenti stilistici erano la sagacia, il senso del ridicolo e la capacità di scoprire flagranti contraddizioni in tutto ciò che andava confutando.

Lucio Celio Firmiano Lattanzio nacque attorno alla metà del III d.C. secolo in Africa e fu un allievo di Arnobio, e divenne anch’esso maestro di retorica  nella Bitinia. Scrisse diverse opere apologetiche, rifacendosi allo stile di Cicerone. Inoltre dal 317, fu scelto dall’imperatore Costantino, come precettore del figlio Crispo. Delle sue opere citiamo il De opificio Dei, scritto nel 303 d.C., il quale sulle scie del De rerum natura parlava della natura per l’appunto e dell’immortalità dell’anima; scrisse anche un’opera per ricordare tutti i martiri cristiani intitolata De mortibus persecutorum. Lattanzio realizzò in tutta la sua Opera una sintesi tra i valori della cultura tradizionale e quelli cristiani, nella convinzione che la cultura pagana contenesse delle verità di fondo.

Firmico Materno probabilmente siciliano di Siracusa, fu retore ed avvocato. Fu attivo un ventennio dopo Lattanzio. Prima della conversione Firmico Materno scrisse il più grande trattato di astrologia dell’antichità latina mai pervenutoci dal titolo Matheseos libri VIII: era sicuramente un trattato di ispirazione neoplatonica, sulla quale sono concentrate le concezioni delle dottrine astrologiche e divinatorie come unica scienza. Dopo che si convertì scrisse il De errore profanarum religionum, dedicato agli imperatori Costanzo e Costante. In quest’opera inoltre Firmico Materno critica le dottrine pagane.

In questo periodo si sviluppano dottrine antiariane. Fra gli autori principali ricordiamo Lucifero (in seguito diventato santo) vescovo di Cagliari, che per le sue accese posizioni antiariane venne anche esiliato dal 356 al 361 d.C., per via del fatto che Costanzo, l’imperatore di allora, fosse un convinto ariano. Nel periodo dell’esilio Lucifero scrisse cinque trattati. Fra gli antiariani ricordiamo senz’altro Mario Vittorino: nacque attorno al 300 d.C. in Africa e dopo aver avuto una breve formazione partì subito per Roma dove con grande successo svolse l’attività di retore. Per la sua grandezza culturale gli fu pure innalzata una statua in suo onore nel Foro imperiale. Si convertì nel 355 d.C. e dopo qualche anno dovette smettere di insegnare nelle scuole per via del veto di Giuliano, il quale stabilì che i Cristiani non potevano tenere lezioni nelle scuole pagane. Le sue opere più importanti sono l’Ars Grammatica, due commentari al De Inventione di Cicerone, il De definitionibus, l’Ad Candidum Arianum e tre inni sacri. Ilario di Poitiers nacque intorno al 315 nella cittadina francese da una famiglia benestante, convertendosi al cristianesimo in età matura, diventando nel 350 vescovo di Poitiers: nel 356 fu esiliato da Costanzo per le sue posizioni esplicitamente antiariane, per poi tornare in Gallia cinque anni dopo continuando la sua lotta contro l’eresia di Ario. Scrisse molto, per questo noi ricordiamo i lavori più importanti che sono i dodici libri del De Trinitate e il De Synodis; quest’ultimo esponeva agli occidentali la discussione che si era tenuta presso dei sinodi (concili) orientali. Senz’altro prima di Sant’Agostino, Ilario fu uno dei più raffinati scrittori del periodo cristiano, e al centro della sua argomentazione era il problema di Cristo, sul quale era appunto forte la questione fra gli ariani e i cattolici cristiani. Il suo stile era tuttavia pesante e pomposo.

Per quanto riguarda la poesia, non fu certo il periodo cristiano quello del massimo apogeo poetico romano; tuttavia non si tratta di un periodo di vuoto completo. Infatti, dopo che ci fu una “pace religiosa” e le reazioni antipagane si placarono, gli scrittori ebbero una posizione meno avversa nei confronti della poesia, un elemento comunque evidentemente tipico della cultura tradizionale romana e quindi di fatto pagana. In questo quadro emergono fuori tre figure in particolare: Giovenco era un prete spagnolo di Giliberri (nei pressi dell’odierna Granada) e consigliere ecclesiastico dell’imperatore Costantino. Egli ebbe il ruolo di riscrivere in esametri il Vangelo di Matteo, integrato con pezzi di altri vangeli: questo prese il titolo di Evangeliorum libri IV. L’opera risalente al 329-330 d.C. ha uno stile che riprendeva l’epica, elemento questo molto importante perché permetteva di rendere con parole forti e con uno stile più alto la cultura cristiana. Publilio Optaziano era un senatore pagano che caduto in disgrazia dopo Costantino, dovette convertirsi, scrivendo in seguito dei carmi a tema cristiano; la particolarità di questi carmi è che erano composti su un intreccio molto complesso, somigliante molto alle nostre parole crociate (figurativamente). Infine Tiberiano fu un poeta araldo della cultura pagana: non molto conosciuto, di lui ci è giunto qualche frammento grazie all’Antologia Latina.

Un campo molto importante lo rivestì senz’altro la storiografia di cui ci sono giunti tantissimi autori e opere. Inoltre abbiamo tra gli altri la nascita di nuovi genere storiografici come per esempio l’agiografia. Aurelio Vittore, un africano di umili origini, ebbe modo di condurre una vita agiata grazie alle sue cariche politiche fino a raggiungere la prefettura di Roma nel 389 d.C.. La sua opera più importante è l’Historia tripertita, una sorta di operetta storiografica suddivisa in tre volumi più piccoli, che narra appunto la storia di Roma dall’Origo gentis Romanae fino al De viris illustribus dove si narrano le vicende di Antonio e Cleopatra.

Eutropio fu un retore di origine italica che servì sotto l’impero di Valente, diventando di quest’ultimo il suo magister memoriae. In questi anni “di studi scolastici” ci fu sempre più il bisogno di avere alla mano dei manualetti dai quali studiare; è Eutropio uno dei primi a redigere dei cosiddetti Breviari, o in termine moderno diremmo Bignamini, che occupavano tutto lo spazio temporale della storia di Roma, dalla nascita fino alla morte di Gioviano nel 364 d.c.. La fortuna di quest’opera risiede nello stile elementare e, appunto, scolastico. In questi anni altri Breviari vennero scritti da Rufio Festo.

Ammiano Marcellino è stato uno dei letterati più importanti di questo periodo: nato in Siria attorno al 330 d.C. da una famiglia benestante di cultura greca, lo ricordiamo per aver scritto il Rerum Gestarum libri XXXI. Lo scrisse in latino e questo gli comportò, come vedremo a breve, dei problemi. La storia di Ammiano parte dal 96 d.C. (Nerva) non a caso: infatti le Storie tacitiane finivano in quell’anno. Ammiano Marcellino era dunque un convinto tacitiano da cui apprenderà stili e idee che faranno del suo scrivere l’opera storiografica più importante del periodo. A Tacito fa pensare anche il profondo inquadramento pessimistico nei confronti di un mondo completamente in sfacelo: Ammiano si vuole presentare come un laico obbiettivo, preoccupato da gli eccessi della classe dirigente politica e preoccupato che questa possa trasformare il governo dell’impero in un oligarchia. Nello stile di Ammiano citiamo senz’altro il grande uso di excursus e un uso eccessivo degli artifici retorici: di cultura e di lingua greca, Ammiano aveva appreso il latino solo a tarda età, e per questo nella sua opera, composta in latino, egli ha difficoltà nello scrivere in modo unitario e sempre comprensibile.

Molto successo in questo ebbe anche la cosiddetta letteratura d’evasione vale a dire la lettura di storie romanzate: i temi del ciclo troiano e delle imprese di Alessandro Magno erano i preferiti dai lettori. Lucio Settimio scrisse l’Ephemeris belli Troiani: l’opera afferma di essere la traduzione di un diario di un tale che si chiamava Ditti Cretese, il quale annotò, dopo la sua partecipazione alla guerra di Troia, i principali avvenimenti bellici. Giulio Valerio Polemio scrisse il primo resoconto romanzesco sulla vita di Alessandro Magno intitolato Historia Alexandri Magni e un Itinerarium Alexandri, una sorta di romanzo geografico, che assieme al primo citato formava una vera e  propria saga. Giulio Valerio scrive le sue opere con un latino popolare, aperto per così dire a tutti, pieno di termini della lingua parlata.

Un genere totalmente nuovo fu l’agiografia, vale a dire, la stesura di scritti storici sulla vita dei santi, dei monaci e dei vescovi cristiani. Una breve anticipazione di queste c’era stata nelle Passioni e negli Atti dei martiri, anche se non rimarcavano la specificità di queste. Questi scritti naturalmente proponevano di consolidare l’unità dei credenti e di rafforzare il ruolo dell’amministrazione ecclesiastica. Tra le biografie cristiane la più diffusa fu la Vita di Antonio, il cosiddetto eremita del deserto, che è il santo oggi venerato col nome di Sant’Antonio Abate: questa biografia ebbe molto successo per via dei suoi temi esotici (Antonio era copto) e per la sua vivacità romanzesca. Infine, le più antiche vite latine sono quelle di tre vescovi: Ambrogio, Martino di Tours e Agostino, scritte nel IV secolo.


Bibliografia essenziale

Conte G.B., Profilo storico della letteratura latina, Le Monnier università, Firenze, 2004.

Pili W., Cronologia di Storia Romana, www.scuolafilosofica.com, 2012.

Pili W., Storia romana parte III, www.scuolafilosofica.com, 2012

Pili W., “Cicerone”, www.scuolafilosofica.com, 2014.

Pili W., “Caratteri letterari del periodo augusteo 43 a.C-17 d.C..” 2013, www.scuolafilosofica.com, http://www.scuolafilosofica.com/2253/caratteri-letterari-del-periodo-augusteo-43-a-c-17-d-c

Pili W., “L’apogeo della cultura cristiana: la patristica”, 2014, www.scuolafilosofica.com, http://www.scuolafilosofica.com/3462/lapogeo-della-cultura-cristiana-la-patristica


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

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