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Discussioni sugli scacchi – Il bilancio di un’esperienza innovativa

Il giovedì 12 di giugno del 2014 si è chiusa un’esperienza unica, almeno, a mia memoria. Senza dubbio, è stata un’esperienza unica per il sottoscritto per molti motivi. Ma iniziamo dal principio.

Partecipo alle attività di circoli di scacchi da quando ho quattordici-quindici anni. Cioè da quasi dodici anni. Le principali iniziative sono sempre state di natura agonistica (tornei) o tecnica (lezioni di maestri o grandi maestri). Molto raramente si è presentata l’occasione per parlare degli aspetti culturali e sociali del gioco. E anche in questo caso ci si sentiva in dovere di rimanere ancorati alla storia degli scacchi in modo più o meno stringente. L’idea di considerare gli scacchi esclusivamente dalle prospettive culturali o sociali è sempre stata vista con sospetto, specialmente da chi ritiene che gli scacchi non siano semplicemente un gioco, uno strumento (di aggregazione, divertimento, condivisione…) ma un vero e proprio mestiere retribuito o diversamente retribuito, se non lo scopo intrinseco di una vita. Mettendo gli scacchi come scopo ultimo, viene a cadere la possibilità di considerare gli scacchi come qualcosa di più di un semplice gioco. Proprio perché, appunto, risulta non sempre così chiaro perché dover giocare a scacchi e non dedicarsi allo studio, alla filatelia o ad altri giochi interessanti come il go, il RisiKo!, il bridge o il poker che, per quanti sforzi si facciano per far finta di ignorarli, risultano altrettanto degni di considerazione.DSCN0357
Sin da quando cominciai a pensare gli scacchi come ad uno strumento per visualizzare le varie teorie filosofiche, compresi quanto, in realtà, il nobil gioco sia un potente veicolo culturale ancora molto sottovalutato. Quando iniziai a prendere sul serio l’idea che gli scacchi possano essere un ottimo sistema didattico per discipline altrimenti astratte e lontane, mi resi conto che gli scacchisti sono un popolo che si caratterizza per alcune proprietà psicologiche comuni che normalmente sfuggono all’attenzione: la curiosità, la socievolezza (sui generis) e il riconoscimento del valore del piacere intellettuale. Gli scacchisti, a prescindere dal loro livello di gioco, sono persone che sono spinte a cercare novità, a interrogarsi sulle mosse, a comprendere l’avversario. Queste qualità indispensabili per il giocatore si fondano sulla psicologia stessa dello scacchista. In quanto tratti caratteriali, questi elementi psicologici sono trasferibili anche in altri ambiti.

Sin da quando frequentavo il circolo di Siena, periodo fondamentale della mia vita per tante ragioni, mi resi conto che gli scacchisti amano parlare di tematiche molto diverse perché sono molto diversi i vari individui che popolano i circoli. Ma nella diversità è comune constatare negli scacchisti un profondo interesse per molti ambiti culturalmente rilevanti. Dai discorsi, dagli scambi di opinioni, dal semplice ascoltare gli altri giocatori mi accorsi che era raro trovare uno scacchista del tutto privo di interessi, passioni che collimavano con gli scacchi solo nella misura in cui si trattava di piaceri intellettuali, per così dire. Nel senso di piaceri la cui soddisfazione nasce principalmente dall’uso oculato della mente. E questa mia convinzione, nata dal basso, dalla semplice vita quotidiana nei circoli, non è mai stata sconfitta da nuova evidenza. Al contrario.

Nessuno però ci credeva. Perché molto spesso le organizzazioni scacchistiche sono funzionali ad altre attività, in particolare si ritiene, senza alcuna presa di coscienza della realtà, che gli scacchisti sono prima di tutto interessati a giocare per gli scacchi in sé. Mentre questo è vero solo limitatamente al fatto che gli scacchi sono un universo molto più ricco di quei pezzi di legno chiusi in una scatola. Durante tutti questi anni io ho avuto varie volte dimostrazione del contrario, almeno rispetto alla totalità dei giocatori che si vedono nei circoli. C’è naturalmente una minoranza, piuttosto agguerrita, all’interno delle organizzazioni scacchistiche, che ritiene il gioco fine e mezzo di una quota importante dell’esistenza. La maggioranza di questa minoranza è composta da giocatori di medio-alto livello (ma di basso livello rispetto ai vertici assoluti dello scacchismo) che spadroneggiano nei tornei lampo e semilampo (ma naturalmente anche tra questi ci sono le sane eccezioni…). Riconoscendo nella tecnica del gioco il loro principale interesse, assumendo che tutti quelli che giocano ritengano i finali più importanti delle discussioni, si convincono, perché già convinti, che gli altri siano semplicemente meno dotati di loro o, piuttosto, diversamente acculturati (essere onniscienti nella letteratura italiana, per esempio, è per loro un fatto del tutto privo di importanza).

La prima manifestazione culturalmente rilevante nel mondo degli scacchi alla quale io ho avuto il piacere di assistere, fu la presentazione del libro di Enrico Pili a Siena.In quell’occasione si presentarono trentadue persone, che è un numero sorprendente, numero che non include le quattro persone tenute a presentare il libro, autore ivi compreso. E tanto più sorprendente era il fatto che non tutti erano scacchisti. E questo è importante perché i giocatori più forti sono spesso quelli che fanno meno per coinvolgere altre persone, a parte il fatto ovvio che sono anche la minoranza assoluta della totalità dei giocatori. A chi interessa vincere, non ha importanza se ci sono quindici o due giocatori al circolo, fa poca differenza: basta che ce ne sia almeno uno diverso da se stesso, possibilmente di livello sufficiente a produrre mosse interessanti (ma possibilmente non troppo interessanti).

Comunque, il trend positivo delle presenze alle manifestazioni scacchistiche-culturali mi fu confermato anche alle mie presentazioni del libro, in cui non parteciparono meno di dodici persone, con un massimo di cinquanta e più individui alla tavola rotonda sugli scacchi e l’informatica Non solo scacchi! ad ottobre del 2013 tenutasi a Cagliari.

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E c’era un’altra considerazione: ogni qualvolta si riunivano appassionati di scacchi e non di scacchi gli interventi non solo erano straordinariamente numerosi, ma sentiti, acuti e pertinenti. Sintomo del fatto che la maggioranza delle persone scoprono di essere interessati ad un gioco che li affascinava (nel migliore dei casi) senza altro impegno.

Grazie all’audacia dell’Accademia Scacchi Milano tra maggio e giugno del 2014 nella nostra bella sede ho moderato e tenuto sei dibattiti sugli scacchi nel mondo della cultura e del pensiero: “Gli scacchi come fenomeno culturale: quanto gli scacchi hanno avuto da dire nella storia”, “Scacchi e guerra: convergenze e differenze tra due mondi paralleli”, “Scacchi e filosofia della mente”, “Scacchi e fortuna”, “Scacchi, sistemi e logica formale”, “Scacchi come strumento di pace”. Tutte queste discussioni hanno rispettato le precedenti esperienze: interesse elevato, partecipazione attiva, costruttiva e positiva, rispetto reciproco. Nella serata dedicata al tema Scacchi e fortuna ha tenuto un interessante discorso sugli elementi aleatori negli abbinamenti dei tornei l’arbitro internazionale Sergio Pagano che, con molta intelligenza, ha cercato di enumerare pregi e difetti dei vari tipi di torneo.

Le discussioni sono state seguite da una media di 13 persone, con picchi di circa 16-18 (nella prima e nella quarta) e con il minimo di 7 nella terza. Se non si tratta di numeri straordinari (ma in realtà sono, a mio modesto parere, già sorprendenti laddove mi fu detto che raramente simili iniziative si erano protratte per più di tre o quattro settimane con sempre un buon numero di partecipanti) bisogna tener conto che il numero complessivo dei partecipanti in tutte le serate è stato di circa 78 persone. Inoltre, di questi 78 in diversi sono venuti più di una volta (cinque o sei persone sono venute a quasi tutte le serate mentre altri sono venuti almeno a due o tre) e c’è stato un sorprendente ricambio: in diversi hanno partecipato una sola volta. Tenuto presente che alcuni erano di fuori Milano, altri non erano scacchisti e altri ancora frequentavano raramente la sede di gioco, oltre al fatto che l’orario (20:30 circa) e il giorno (il giovedì) non erano dei più felici, ma era anche il migliore momento che si era riuscito a trovare tra gli impegni del circolo e i giorni di chiusura della sede; tenuto conto di tutto questo, l’esser riusciti a mantenere un simile grado di interesse (mostrato molto parzialmente da questi numeri) è di per sé un segnale importante.SPQeR-Giangiuseppe-bassa1 Se questi aspetti quantitativi possono essere più o meno interessanti, anche se almeno in parte indicativi, sono molto più interessanti gli aspetti qualitativi che considereremo preliminarmente indicando un fatto molto sorprendente: non c’è stata una sola serata in cui non ho dovuto interrompere il dibattito finale perché si stavano sforando le due ore o anche le due ore e mezzo, termine oltre il quale la mia stanchezza sopravveniva le possibilità di gestione della discussione. Senza considerare le continue richieste e chiacchierate prolungate dopo la chiusura della discussione. Per non parlare di chi mi ha richiesto o rivolto domande a giorni distanti dalle serate, dimostrando, dunque, gradimento complessivo sufficiente a far proseguire nelle persone riflessioni personali.

Infatti, lungi dall’avere silenzi imbarazzanti, si avevano piuttosto continue suggestioni, domande, problemi, questioni, curiosità. E nella maggioranza dei casi si trattava di problematiche riconosciute interessanti dai più: quindi un elevato (certo, non assoluto) grado di pertinenza. A testimonianza del grande interesse medio, nelle prime due serate ho distribuito dei questionari di valutazione della serata in cui si veniva richiesto di barrare con “si o no” la risposta che si riteneva soddisfacente a rispondere ad una domanda come “vorresti ritornare?”, “il pubblico ha seguito?”, “il tema è stato interessante?” etc.. Il 90% riporta valutazioni interamente positive, barrando tutti “si”. Il restante 10% di insoddisfatti ha dichiarato di aver trovato poco chiara la discussione (1 caso) mentre in altri due ha sostenuto che la lunghezza della discussione è stata eccessiva. Ma anche gli insoddisfatti non erano “insoddisfatti assoluti” perché nel resto delle domande hanno dichiarato di apprezzare l’andamento della serata.

Le tematiche sono state scelte considerando quella che è stata la mia esperienza e quelle che erano per me più interessanti. Questo perché, per ragioni di studio o di conoscenza, ho ritenuto più saggio considerare tematiche che avevo trattato in precedenza oppure che mi stimolavano di più al ragionamento, cosa che si è rivelata particolarmente preziosa durante la penultima discussione (Scacchi, sistemi e logica formale) in cui ho avuto modo di apprezzare gli innumerevoli commenti e spunti di riflessione preziosissimi per le mie ricerche.

Ho invitato anche i partecipanti a prendere parte attiva delle serate, proponendo temi o parlando loro stessi. Nelle sei serate non ci sono stati interventi di altri scacchisti dei circoli milanesi e, togliendo il caso eccellente di Sergio Pagano, sono stato l’unico a portare un tema. Ma questo non esclude che ciò possa cambiare, se le serate ripartiranno a settembre.

In conclusione, si tratta indubbiamente di un’esperienza particolare, rara se non forse unica nel panorama dello scacchismo italiano. Infatti, non soltanto si è sostenuto pubblicamente un ciclo di discussioni aperte ad un pubblico variegato che ha risposto molto positivamente alla sfida, ma si è riusciti a mantenere sempre un buon numero di partecipanti che, sempre con ottimo spirito, hanno dato il loro contributo alla buona riuscita delle serate. Questo perché, ancora una volta, gli scacchisti sono molto di più, nel loro complesso, di semplici esecutori di mosse. E questa esperienza vuole confermare gli aspetti più positivi del movimento scacchistico italiano, all’interno del quale c’è sicuramente il tempo di giocare e imparare, ma bisogna accettare l’idea che si può fare molto altro. A mio parere, molto di più.

Colgo l’occasione qui per ringraziare l’Accademia Scacchi Milano per l’audacia e la gentilezza di concedermi questo spazio e per la loro partecipazione in prima persona. Per questo, in particolare, Fiorenza Viani è sempre stata estremamente preziosa, cortese e incoraggiante. Inoltre, voglio ringraziare per la loro sempre positiva partecipazione: Antonio, Armando, Igor, Ino, Ivano e la consorte, Marisa, Mauro e Nelson (riportati in ordine alfabetico per non fare torto a nessuno). Ringrazio anche Vezzosi ed Elia per essere venuti agli incontri. Voglio anche ricordare Volfango Rizzi, per aver pubblicizzato gli eventi e per i suoi sforzi per gli scacchi (e molto altro), e Sergio Pagano la cui chiarezza è stata notata da più persone, e che speriamo possa ritornare per una nuova occasione. Sperando, dunque, di poter replicare l’iniziativa, rimane un’esperienza positiva, così che invito tutti i volenterosi a tentare di portare nei propri circoli perché gli scacchi possono essere, non solo, ma anche questo.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

5 Comments

  1. ArmandoArmando 30 Giugno, 2014

    Condivido pienamente l’analisi sociologica, sia sulla maggioranza degli scacchisti sia sulla “fauna” di lampisti/semilampisti che giustamente consideri a parte.
    In generale vorrei complimentarmi con te per l’ottima riuscita delle due discussioni a cui sono stato presente.
    Parteciperò con grande piacere ai prossimi dibattiti, che se ho ben capito riprenderanno in autunno. A presto!

  2. Giangiuseppe PiliGiangiuseppe Pili 1 Luglio, 2014

    Grazie a te Armando per le belle parole e per la tua sempre calorosa presenza.

  3. Alessandro TaluAlessandro Talu 13 Luglio, 2014

    Ottime iniziative e bell’articolo Giangiuseppe! Appena avremo l’agognato nuovo circolo olbiese non mancheremo di invitarti! Saluti

    • Enne TechEnne Tech 13 Luglio, 2014

      Verrò senz’altro con grande piacere!

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