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Come si scrive una bibliografia: cosa è e a cosa serve… e quanto è noiosa!

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Saper compilare una bibliografia è prima di tutto un’arte di cui bisogna apprendere la logica di fondo. Non c’è un sistema unico per scrivere una bibliografia, principalmente perché gli scopi stessi di un apparato bibliografico variano in base alle esigenze dell’autore di un testo e in relazione a quello per cui la bibliografia è stata scritta. Saper scrivere una bibliografia è tanto utile quanto noioso. Anzi, si tratta di un compito assai spesso ingrato per qualsiasi autore, prima di tutto perché è un lavoro spesso ripetitivo e lungo. Non è un caso che gli intellettuali più illustri si avvalgano di persone specifiche[1] per ultimare questo ingrato compito.

Sapere che si tratti di un lavoro noioso non è privo della sua importanza perché il lettore disinformato sappia subito che il compito, pur essendo di estremo rilievo,non appassiona nessuno, soprattutto gli specialisti. Infatti, ogni rivista, ogni volume prevede un suo sistema di citazione, vincolato da norme precise ed esplicite, che non è necessariamente uguale agli altri. In molti casi, infatti, un apparato bibliografico usato per pubblicare un articolo in una rivista non andrebbe bene in un’altra per sole ragioni tipografiche (stile di citazione. Per come citare un testo o un articolo, si può vedere un altro articolo).

In generale, un apparato bibliografico è l’insieme dei testi citati esplicitamente in un lavoro, sia esso un libro (generalmente un saggio o un trattato) o un articolo (scientifico o di giornale) ma non in un romanzo perché nei lavori di finzione non si suppone che sia importante sapere l’origine delle fonti delle informazioni proprio perché il contesto del riferimento non richiede la veridicità dell’informazione.[2]In molti casi, però, l’apparato bibliografico serve anche ad altri due scopi: (1) rendere il lettore capace di trovare altra letteratura rispetto all’ambito considerato e (2) rimandare il lettore alla fonte esatta di particolari informazioni di cui l’autore non si assume la paternità. Circa a (2) va specificato che non sempre l’autore può utilizzare le frasi di altri senza demandarne la paternità, per ovvia correttezza o relativi diritti di autore. Circa (1) va subito notato che non sempre i testi interessanti per il lettore possono venire direttamente citati nel lavoro. Questo è il caso dei testi introduttivi rispetto ad una particolare disciplina in cui l’autore del testo, in genere un eminente specialista, fornisce in bibliografia i testi che egli ritiene importanti per la disciplina.

Ci sono anche altre esigenze che possono vincolare l’apparato bibliografico. Un testo storico deve rimandare necessariamente ad altre fonti, uno dei principi fondamentali della storiografia. Un testo di storia che non riporti in qualche modo le fonti deve essere considerato quasi sospetto e il lettore dovrà leggere con molta cautela il volume.

La bibliografia, dunque, nasce da diverse esigenze fondamentali e tutte vanno tenute in debita considerazione:

1. Rimandare il lettore alle fonti delle frasi riportate di altri autori nel corpo del testo.

2. Fornire un elenco dei testi fondamentali per comprendere quanto è stato scritto.

3. Dare al lettore la possibilità di ritrovare anche altri lavori utili nella letteratura considerata.

4. Fornire le fonti di determinati tipi di informazioni la cui paternità va attribuita a terzi.

Se è vero che, come per le citazioni, le bibliografie oggi costituiscono una sorta di perversione editoriale a cui non sono soggette quelle poche autorità il cui grado di affidabilità in una disciplina è tale che le case editrici o le riviste gli consentono la pubblicazione anche senza rimandi, è pur vero che l’apparato bibliografico, come le stesse citazioni, è di estrema importanza per aumentare il grado di affidabilità di un testo. Saper citare appropriatamente e saper costruire una bibliografia coerente è indice di intelligenza, capacità di selezione e sintesi che sono molto utili sia all’autore che al lettore, che si assume giudice ideale, visto che è anche il fruitore diretto delle informazioni (e che quindi se ne assume principalmente gli oneri e i rischi della cattiva informazione). Faccio un esempio per comprendere il punto. Se un autore burlone inserisse in bibliografia un testo inesistente, il lettore che deve assumere per vera la l’esistenza del testo potrebbe perdere giorni o settimane prima di capire che il testo non esiste…

Prima di tutto, dunque, partiamo dalla base: la bibliografia che include solo ed esclusivamente i testi citati. In genere si tratta di un tipo di bibliografia usata in testi non introduttivi ad uso e consumo di specialisti che conoscono già la materia e che quindi si suppone conoscano anche la letteratura primaria (e forse anche secondaria) della disciplina. In questo caso, l’autore deve stilare un elenco dei testi citati e riportare estesamente i riferimenti in base alle norme editoriali che vincolano le citazioni (si veda l’articolo dedicato a questo). Una volta stilata la lista, bisogna mettere i testi in ordine alfabetico rispetto al cognome dell’autore (laddove è il primo elemento che compare in citazione). Esempio:

Bibliografia

Bayly C., (2004), Nascita del mondo moderno, Mondadori, Milano.

Bergamini O., (2009), Specchi e guerra. Giornalismo e conflitti armati da Napoleone a oggi, Laterza, Roma-Bari.

Bernini S., (2009), Filosofia della guerra, un approccio epistemologico, Sintesi Dialettica, www.sintesidialettica.it

Bobbio N., (1979), Il problema della guerra e le vie della pace, il Mulino, Bologna.

Per quanto riguarda, invece, testi la cui elaborazione ha preso in considerazione lavori non citati esplicitamente nel testo e che non riguardano pubblicazioni settoriali, la bibliografia deve considerare sia i testi esplicitamente considerati sia quelli non esplicitamente considerati (cioè quelli di cui non compaiono citazioni nel testo). In una tesi di laurea non necessariamente compaiono tutti i lavori citati esplicitamente, ma questi vanno comunque inseriti in bibliografia. Non è un caso, infatti, che gli specialisti sono soliti leggere prima di tutto la bibliografia di un lavoro per “intuire” quelli che sono i temi e i riferimenti di fondo del lavoro, prima ancora di leggere l’indice o il corpo del testo. Quindi il lettore è avvisato: la bibliografia è spesso la prima cosa che si legge e la cui lettura determina aspettative sulla sua stessa opera. Questo vale soprattutto per lavori molto lunghi, la cui lettura richiede molto tempo e ci si chiede da subito se valga la pena (oggi come oggi, purtroppo, questa è una domanda obbligatoria!).

Rispetto alla bibliografia di testi introduttivi, talvolta si decide di inserire anche un brevissimo riassunto per ogni testo citato, così da massimizzare la possibilità del lettore di non perdersi all’interno della vasta letteratura considerata. Se questo sembra un lavoro inutile per l’autore è, invero, molto prezioso per il lettore, anche considerato il fatto che per logiche di natura spesso burocratica o di prestigio i titoli dei testi non sono del tutto attinenti (o sono, come si dice, fuorvianti) a quanto il lettore potrebbe trovare nell’opera considerata. Ad esempio, in Italia molti lavori vengono pubblicati con un titolo anche molto diverso da quello originale per ragioni di marketing. Mentre per quanto riguarda i titoli dei lavori accademici, c’è chi si lascia trasportare dalle sue peculiari ragioni burocratiche per scrivere un titolo che poi verrà messo nel curriculum a sostegno della sua carriera. Ma, naturalmente, la ratio burocratica non è sempre identica alla ratio epistemica del lettore. Perciò avere un piccolissimo riassunto (che non dovrebbe superare la riga per dimensione) dell’articolo o libro considerato è di estrema utilità per il lettore. Di questo sistema si avvale talvolta anche la Stanford Encyclopedia of Philosophy e diversi manuali seri di filosofia, storia e altre discipline.

Tra i due sistemi di cura degli apparati bibliografici ci sono infinite varianti, determinate principalmente da quanto un autore ritiene alto o basso il livello di salienza dei lavori che egli considera importanti al fine della comprensione o approfondimento del lettore. Ad esempio, per gli esperti si possono stilare bibliografie molto settoriali e circostanziate, mentre per lavori ad ampio raggio possono essere utili bibliografie più generiche. L’importante, comunque, è tener conto del target di riferimento della bibliografia e cercare di dosare le informazioni in base a quelle che sono le esigenze dei lettori ideali del testo. In questo modo si produce una bibliografia che dovrebbe dare al lettore quello che gli serve, oltre che poterlo mettere di fronte alle fonti da cui l’autore ha tratto le sue idee. Tra le varie possibilità per costruire una bibliografia sensata c’è quella di dividere le opere in categorie (esempio: in filosofia della mente si possono raggruppare i testi riguardo al funzionalismo, al dualismo mente e corpo, alla mente estesa etc., in modo da avere “sottoapparati bibliografici” che guidino il lettore alla ricerca di testi specifici).

In fine, come si è già detto, ma vale la pena di ribadirlo, la bibliografia deve riportare i riferimenti estesi dei testi (come sopra). Stesso discorso vale per le opere audiovisive o solo audio da cui si è tratta una certa informazione. In genere si tende a dividere le fonti in diversi apparati: bibliografia, filmografia, sitografia (sic!), etc.. Per quanto riguarda la “sitografia” c’è chi la divide esplicitamente dalla bibliografia (nonostante si tratti spesso di fonti scritte). Per quanto riguarda me, in genere non distinguo la sitografia dalla bibliografia a meno che non ci siano ragioni molto stringenti per farlo, ad esempio il fatto che rimando genericamente ad un sito e non ad un materiale specifico del sito, nel qual caso fornisco il riferimento esteso con in più il link all’articolo.

Adesso il lettore comprenderà bene perché scrivere una bibliografia è operazione tanto delicata e importante quanto noiosa. Noiosa perché i parametri di costruzione di una bibliografia sono diversi e non sono mai gli stessi (se non molto raramente), bisogna adeguarsi alle singole condizioni tipografiche delle riviste o dei volumi (per cui una bibliografia idonea per la rivista x non vanno bene per la rivista y, nonostante i riferimenti possano essere esattamente gli stessi!) e perché bisogna rileggere integralmente il proprio lavoro per estrapolare tutte le singole citazioni e fornire l’adeguato rimando. Inoltre, all’autore della bibliografia non va nessun tipo di riconoscimento se non il fatto di aver eseguito il proprio dovere fino in fondo nel migliore dei modi. E si sa che a tali argomenti di pura gratificazione dall’aver fatto il proprio dovere al più solo il 25% della popolazione sembra risultare sensibile (il 25% pare sia il numero delle persone che non infrangerebbe mai la legge, anche qualora ciò gli fosse di danno o potrebbe avere vantaggi dall’infrazione). Tuttavia un serio professionista deve comunque svolgere nel migliore dei modi anche la parte meno entusiasmante del proprio lavoro, sicché il lettore si armi di pazienza e si prepari ad un lavoro noioso ma importante!


[1]Spesso loro “allievi”, i servi della gleba dell’evo contemporaneo.

[2]In moltissimi romanzi si trovano falsificazioni di testi scientifici, storici e filosofici proprio per scopi estetici, operazione presente anche in opere audiovisive.


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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