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Come si prepara una presentazione con diapositive o slide

Foto di Tumisu da Pixabay

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Come si scrive una biobliografia?


Struttura dell’articolo

1. Introduzione

2 I desiderata: considerazione sugli uditori

3 Aspettative sul pubblico

4 Regole strategiche generali per progettare una presentazione

5 Regole per una buona pianificazione della presentazione con Slide

6 Critiche

7 Conclusioni

Appendice: regole


1. Introduzione

Non esiste un metodo unico per raggiungere un risultato complesso. Portare una presentazione in diapositive (sia essa in power point o in altri programmi e supporti) è un compito articolato. Quindi non esiste un metodo unico. Però possiamo comprendere la logica di fondo attraverso cui farlo e, soprattutto, chiarire i desiderata generali da rispettare.

Diciamo immediatamente che, in genere, le persone non sanno presentare niente. Infatti, nella maggioranza dei casi vogliono dire troppo oppure si perdono in dettagli inutili. E in genere, specialmente in istituzioni di alti studi, si cede troppo spesso alla tentazione di assumere che l’onere dell’ascolto sia tutto nelle mani degli uditori. Ma, quel che è più grave, si suppone che, dato il fatto che chi parla esercita un certo potere, costui si senta totalmente deresponsabilizzato circa la recezione del pubblico: chiedere se le persone hanno capito, non significa realmente interessarsi a sapere se abbiano capito davvero anche quando annuiscono (e, anzi, soprattutto quando annuiscono). In fine, in pochi cercano di chiarirsi le idee prima di averle presentate e, soprattutto, non si chiariscono le idee sul come farlo. Infatti, l’iter di queste persone è spesso l’inverso: prima non lavorano, poi si trovano molto da studiare, quindi vanno in sovraccarico e non si chiariscono le idee, in fine sono costretti dal tempo e dalle circostanze a recuperare ma senza il risultato desiderato. Finiscono in confusione. E come diceva molto giustamente Einstein, sai spiegare bene una disciplina solo quando l’hai veramente capita.

2. I desiderata: considerazione sugli uditori

Per evitare questi errori grossolani e frequentissimi sarà bene fare mente locale su quanto noi stessi non vorremmo: (a) non vorremmo essere considerati onniscienti. Prima di tutto perché non lo siamo e, in secondo luogo, perché è la classica scusa attraverso cui anche i peggiori diventano superiori: si crea il gioco psicologico del tipo “io suppongo che tu sai, così anche tu devi supporre che io so”. Evidentemente questo è un sottile stratagemma (la furbata) che, però, non aiuta alla comprensione di cosa andremo a presentare.

Ed è anche la ragione per cui la maggioranza delle persone soffre d’ansia da domande. Non siete gli unici: per molti (95%) è la norma. Infatti, andando a guardare i dettagli e non avendo le idee chiare, credono che chi gli faccia domande sia per ragioni di cattiveria ad personam. Va da sé che questo è un modo di pensare sbagliato che accolla, ancora una volta, l’onere al pubblico rispetto alla propria esposizione.

(b) Sicuramente non ci piace l’idea che gli altri pensino che noi abbiamo risorse e tempo infiniti. La nostra concentrazione ha un limite oltre il quale anche se dovessimo salvare la vita proprio grazie alle informazioni del conferenziere, comunque sarebbe oltre le nostre possibilità. E ci lasceremo morire volentieri. Quindi bisogna assumere che tutti hanno risorse e tempi limitati oltre i quali non ci ascolteranno. E faranno benissimo.

(c) Io non mi aspetto che gli altri sappiano chi sono. E non vedo neanche perché dovrebbero. E ancora di più mi aspetto che sappiano cosa so e cosa penso. Per tanto, se ho interesse a creare qualche aspettativa sull’uditorio, e una qualche forma di relazione amichevole, una breve ed essenziale nota biografica sarebbe auspicabile. Questo, invero, è uno dei pochi dettami ragionevoli che sono usualmente portati nelle presentazioni: ovviamente, laddove le spinte individuali sono nella stessa direzione dei vantaggi collettivi, tanto meglio per tutti (va da sé che rimarcare l’unicità della propria importanza rinfranca anche il meno narcisista. E si sa che tra un potere e un altro di umiltà ce n’è poca). Peccato che raramente questo accada…

(d) Si suppone che un pubblico di industriali sia diverso da uno di contadini, che sarà a sua volta diverso da una folla di specialisti di fisica quantistica. Se tu sei in un corso di matematica e ti espongono l’argomento come se fossero in un’aula di letteratura, va da sé che ascolti meno volentieri. Sia ben chiaro che vale anche il viceversa e non è per questo un compito più agile: la difficoltà a spiegare qualcosa è direttamente proporzionale all’ignoranza del pubblico. Infatti, tanto meno sai di qualcosa e tanto più ci vuole per seguire qualcuno che ne parla. Quindi vorremmo gli i modi e gli argomenti fossero commisurati al pubblico di riferimento.

Per tanto facciamo un elenco dei desiderata di base:

(1) Le persone sono degli esseri con capacità mentali finite e comunque non le useranno tutte per te: non ce n’è mai ragione.

(2) Le persone hanno informazioni limitate e non si può pretendere che siano cultori della materia che andrai ad esporre.

(3) Le persone in genere non sanno chi sei e non sono tenute a saperlo. Anche se tu fossi un’autorità sovrana, dovresti considerare che anche il più informato sa molto meno di quanto tu potresti pensare.

(4) Gli argomenti e le modalità di esposizione devono essere pensate e relativizzate rispetto al contesto e all’uditorio di riferimento.

3Aspettative sul pubblico

In generale, allora, suscitare interesse, stimolare le idee, fissare l’attenzione del pubblico, catturare e affascinare l’uditorio sono caratteristiche importanti per una buona presentazione. Queste caratteristiche, però, non sono sempre interesse di chi parla. Ad esempio, capita sovente che l’obiettivo di chi espone non sia quello di farsi capire, ma proprio quello di non farsi capire. Questo è un difetto che si riscontra da secoli, sin da quando Dante, Locke, Kant[1] e tanti altri si lamentavano del fatto che i “dottori” risultavano incomprensibili, usavano parole vuote e via dicendo. Ma questo è nell’ordine delle cose quando il conferenziere non ha veramente capito fino in fondo cosa sta dicendo, e allora utilizza parole tecniche per coprire la sua stessa mancanza di idee. Questo capita anche in cucina: usi molto peperoncino per coprire l’insipienza.

Altre volte, invece, l’obiettivo può essere quello di esercitare il proprio potere sull’uditorio. Molto spesso le autorità investite di poteri finiscono per voler imporre la propria volontà sui sottoposti. Per tanto essi possono decidere deliberatamente di infliggere un discorso incomprensibile al loro pubblico solo per ricordargli che, per quanto vuota o assurda possa essere la loro opinione, loro possono e vogliono imporre i loro modi, i loro tempi e le loro opinioni.

Per ottenere i risultati degli esempi sopra ci sono delle strategie, facili a imparare, ma che qui non considereremo. Qui cercheremo di presentare una riflessione metodologica per persone che hanno a cuore che il proprio uditorio capisca quello che stanno dicendo, primo dei doveri epistemici da parte di chi parla.

Secondo Richard Thaler e Cass Sunstein, le persone possono essere indirizzate gentilmente verso comportamenti virtuosi. Immaginando di essere il conferenziere, possiamo stilare alcuni desiderata:

(a) Catturare l’attenzione del pubblico,

(b) Stimolare la riflessione autonoma del pubblico,

(c) Rilassare l’attenzione su punti meno importanti,

(d) Concentrare l’attenzione in punti più importanti,

(e) Lasciare i dettagli per le domande, se ce ne saranno.

Il primo punto è il più importante: esso è il 50% del peso complessivo di ciò che bisogna cercare di ottenere. Il resto sono solo degli accorgimenti per massimizzare l’attenzione del pubblico. Per stimolare l’attenzione del pubblico noi per primi dobbiamo essere attenti. Un metodo intramontabile è quello del missionario: se siamo per primi noi convinti di quello che stiamo dicendo, saremo più portati a presentare gli argomenti in modo convincente, visto che noi stessi vorremmo che gli altri lo pensino.

In secondo luogo, stimolare la riflessione autonoma del pubblico invita le persone ad essere curiose. E cioè ad ascoltare la nostra storia fino alla fine.

Non c’è nessuna o quasi composizione musicale classica (del periodo classico) che non abbai un adagio. Questo perché tutti i compositori ben sapevano che il loro pubblico, dopo i primi venti minuti avrebbe avuto bisogno di una pausa. E la forza mentale media non è cambiata (anzi, semmai va presunta al ribasso…). Per tanto è bene proporre qualche stacco di quando in quando, in modo che le persone possano prendere un attimo di respiro. Questo garantisce che voi possiate sottoporre i nuclei caldi del vostro argomenti in modo che l’uditorio sia massimamente concentrato su temi della massima importanza.

In fine, per evitare che le persone si perdano in argomenti capziosi e arzigogolati (o che possono essere intesi come tali), lasciate perdere i dettagli: andate dritto al solo e dichiarate pubblicamente che i dettagli potranno essere ripresi in caso di esplicita richiesta (a pochissimi interessano, alla maggioranza non interessano molto, a pochi non interessano per niente).

4. Regole strategiche generali per progettare una presentazione

Dopo queste premesse, che è bene però tenere sempre a mente, possiamo iniziare a fornire alcuni principi metodologici fondamentali per fare una presentazione con delle slide. Innanzi tutto ricordiamo i nostri desiderata:

(a) Catturare l’attenzione del pubblico,

(b) Stimolare la riflessione autonoma del pubblico,

(c) Rilassare l’attenzione su punti meno importanti,

(d) Concentrare l’attenzione in punti più importanti,

(e) Lasciare i dettagli per le domande, se ce ne saranno.

Da (a-e) seguono alcune considerazioni. In primo luogo, in base a (a) non dovete fare una presentazione che possa durare più della metà del tempo consentito a vostra disposizione. Infatti, se pensate di avere 30′ invece che 60′ siete certi che selezionate bene il vostro materiale in base a sani principi di salienza e di stringatezza. La salienza aumenta il grado di interesse relativo del materiale e diminuisce il grado di dispersione dell’attenzione del pubblico. Inoltre, pensare di avere la metà del tempo vi dà dei margini di manovra e vi consente di comprendere, in base all’umore della sala, dove mettere l’accento e quando.

Regola Strategica 1: pensa sempre di avere a disposizione al massimo i 2/3 del tempo a disposizione e utilizza 1/2 del tempo come punto di riferimento.

 

La regola 1 è un utile modo di ragionare per stimolare noi stessi. Ma non ci dice tutto. Però suggerisce il fatto che sessanta slide di contenuto sono quasi sempre troppe. Perché? Supponiamo di avere sessanta minuti. Se le slide sono sessanta e ogni slide ha una sua valenza in termini di contenuto (non sono di intermezzo o di stacco), ponendo di usare anche solo un minuto per slide avremo almeno sessanta minuti che richiederanno il massimo dell’attenzione per l’uditore. Abbiamo già detto che la media dell’attenzione dell’uditore è convenzionalmente fissata tra i 20′ e i 30′. Possiamo pretendere che ci seguano per 60′ solo calibrando pause, momenti di relativo rilassamento e concentrazione. Da qui ne discende la regola 2:

Regola Strategica 2: usa il minor numero di Slide possibile.

 

Sarebbe facile dimostrare la ragionevolezza di questa regola, ma qui ci limitiamo a dire che essa è talmente di buon senso che non sembra utile perdere ulteriore tempo. E’ evidente che non c’è un algoritmo di decisione per stabilire se abbiamo usato più slide del necessario. Questo perché, ancora una volta, dipende dagli obiettivi e dal nostro stile. Rimane il fatto che, a prescindere dall’obiettivo e dallo stile, meno diapositive ci sono e più potrete gestire il contenuto in modo preciso e saliente, minimizzando inutili dispersioni.

Concentriamoci ora su un altro fatto. Una slide non è altro che una pagina con delle frasi o delle immagini o entrambe. Immaginate di trovare una pagina iperdensa di caratteri: quanto leggerete in un minuto? Molto poco. Infatti, prima di tutto molto spesso non si vedono bene le slide per via di scarse qualità dell’ambiente (queste cose vanno considerate). In secondo luogo, non potete ascoltare qualcuno e leggere contemporaneamente (peggio ancora se il conferenziere parla in una lingua diversa da quella delle slide…): è cognitivamente impossibile. Per tanto, bisogna sapere che quando cambiate slide c’è un momento in cui il pubblico è catturato dalla slide e oltre il quale sta cercando di riallacciarsi al discorso che state portando avanti. Per tale ragione assumiamo la regola 3:

Regola Strategica 3: fai slide con il minimo del contenuto possibile che non sia vuoto o inutile.

 

Una frase verrà letta. Due frasi verranno lette. Tre frasi (senza contare il titolo) incominciano ad essere pesanti da leggere in contemporanea con l’esposizione. Nel caso di slide inevitabilmente iperdense conviene aiutare il lettore e leggere il contenuto a voce alta, in modo da essere in risonanza con il pubblico e siete sicuri che gli ascoltatori sono esattamente arrivati dove siete arrivati voi. Esempi:

3

Vegezio V secolo d

In fine, proponiamo l’ultima regola strategica (perché riguarda come approcciarsi alla pianificazione e non riguarda la pianificazione propriamente intesa). Essa fissa un principio di forma generale. Se voi non avete un filo logico attraverso cui presentare qualcosa, non ci si può aspettare che lo abbia o lo rintracci qualcuno che sa meno di voi. Per tanto, assumete che gli altri debbano essere condotti per mano verso il vostro percorso e non, piuttosto, pensare che voi correte e chi ci sta ci sta. Questo ragionamento era quello seguito dai nazisti quando volevano smobilitare i campi di concentramento… Che seleziona solamente chi ha più resistenza e non necessariamente chi potrebbe veramente essere interessato alla vostra prospettiva o alla vostra idea. Quindi:

Regola Strategica 4: seguite un filo logico semplice e possibilmente facile da comprendere.

5. Regole per una buona pianificazione della presentazione con Slide

Per prima cosa fissiamo l’obiettivo: esporre gli argomenti in modo chiaro e ordinato. Un errore consueto, a me sempre risultato incomprensibile, è quello di iniziare a lavorare dall’introduzione. E’ assurdo sia in senso logico che in senso cronologico iniziare dall’introduzione.

L’introduzione non è altro che un riassunto a beneficio degli uditori/lettori grazie al quale possono farsi un’idea generale dell’argomento. Un riassunto segue ad una compattazione di un materiale più lungo. La parola stessa suggerisce il fatto che esso è il risultato di una selezione di un materiale precedentemente esistente. Come potete fare un riassunto di una materia, se la materia non esiste? Infatti, se pensate all’introduzione come primo passo, ci sono solo tre possibilità: il riassunto e il contenuto si rispecchiano, il riassunto è leggermente differente dal contenuto, il contenuto e il riassunto sono due cose completamente diverse.

E’ un fatto naturale quello di voler perfezionare le nostre idee e la loro esposizione. Per chi non è abituato a lavorare con gli strumenti della scrittura, ciò è addirittura un fatto inevitabile. E così coloro che lavorano a “brutta e bella copia” (molto spesso una pessima abitudine) si stupiscono sempre del fatto che i due lavori finiscono per essere totalmente diversi. Per la stessa ragione l’introduzione composta prima del contenuto finisce spesso per essere una somma confusa di idee che, se finiscono per essere chiarite, non vengono esplicitate dall’inizio. Per questo è raro che chi inizia dal riassunto riesca nell’intento di collegare armonicamente l’introduzione con il contenuto.

Per tanto, secondo me, è consigliabile iniziare da una programmazione astratta di una sequenza ordinata di passi che ricostruiscono l’argomento. Quindi:

Regola pianificazione Slide 1: progetta una sequenza ordinata di passi che ricostruiscono il tuo argomento.

La regola sopra costituisce la formulazione dell’intento generale e del suo filo logico (quindi rispetta anche la regola strategica 4). Questo è un primo modo per rendersi chiare le idee e pensare alla selezione del materiale in funzione degli obiettivi generali (contenuto dell’argomento) e della loro forma (struttura dei passi in senso logico e cronologico). Esempio:

Ambito: Batman nel cinema

1. Batman

1.1 Chi lo ha inventato, 1.2 I classici, 1.3 L’evoluzione del personaggio, 1.4  Il Batman negli anni 70′.

2. La figura di Batman nei film di animazione.

3. Il Batman di Tim Burton

4. Interludio: tra Tim Burton e Christopher Nolan.

5. Il nuovo Batman

etc.

Come si vede, prima di tutto bisogna scriversi a parte uno schema che poi diventerà lo scheletro della vostra presentazione. Esso non andrà mostrato così come lo avete concepito, ma si deve mostrare da sé tramite la presentazione.

La prima regola è ancora qualcosa di astratto, ma fornisce un’indicazione di ciò che direte e di come lo direte. Il secondo passo, allora, dev’essere la selezione del materiale. Non tutto quello che sai dovrai anche dirlo. Non tutto deve essere mostrato. Quello che serve è una buona selezione del materiale per rendere trasparente l’argomento che vai presentando. Per questo è necessaria una preliminare buona conoscenza dell’argomento (ma questo è ovvio). Ma anche se non si conosce bene una disciplina (e non mi è chiaro cosa ciò dovrebbe significare…), rimane il principio di chiarezza dei contenuti e di linearità dell’esposizione: questo potrebbe essere alla portata di tutti. Per tanto, anche nello scomodo caso in cui non siate dei cultori della materia, andare nel panico e affliggervi non vi aiuterà. Ma un briciolo di buon senso vi dovrebbe guidare all’idea che tutto considerato non è richiesto essere dei luminari per illuminare: una lampadina è molto più utile di un faro in moltissime circostanze (invero: quasi sempre).

Nella selezione e nella composizione del contenuto pensate sempre al vostro pubblico. Se è un pubblico di specialisti cercate di presentare gli argomenti in modo asciutto e rigoroso. Il che non vuol dire né noioso né ampolloso. Significa semplicemente che presenterete l’argomento in modo commisurato al vostro uditorio. Esempio:

Ma se il pubblico è composto da persone non omogeneo in competenze (cioè quasi sempre) può valere la pena di considerare come principio di razionalità quella di pensare all’anello più debole dell’uditorio. Se anche la persona meno interessata o meno colta in materia riesce a seguirvi e finisce per interessarsi, a fortiori lo saranno gli altri. La selezione artificiale dell’attenzione operata da tanti è, in realtà, la copertura della loro paura di essere capiti. Quando questi arrivano a credere che i meno attenti siano pochi e sacrificabili, perché l’importante sono “gli altri”, egli avrà probabilmente perso l’attenzione del 90% delle persone (di cui il 50% magari non lo ascolta affatto mentre il restante 50% ha perso attenzione strada facendo). Per tanto:

Regola pianificazione Slide 2: seleziona il tuo contenuto in base al tuo uditorio.

 

Una volta selezionato il contenuto, potete scrivere le slide, che dovranno essere pensate come sostegni, impalcature di ciò che spiegherete a voce. Se c’è scritto tutto nelle slide, perché parlare? E soprattutto, perché vi dovrebbero ascoltare? Ascoltare qualcuno che parla piuttosto che leggere dipende dal fatto che chi parla diminuisce il carico di lavoro di chi ascolta. Se potessimo fare a meno dell’apprendimento orale, staremo tutti a casa e i conferenzieri non avrebbero alcun senso (condizione, infatti, che si realizza di quando in quando…). Se non vi prendete cura del vostro uditorio, finirete presto per perderne l’attenzione… E’ inevitabile. Per tanto, dovrete pensare alle vostre slide come dei gradini di una scala che voi salite insieme al vostro uditorio. Solamente dovete pensare che l’uditorio dovrà essere guidato da voi, ma non preso per mano: stimolare l’autoapprendimento aiuta l’attività individuale del singolo e quindi la sua curiosità.

Regola pianificazione Slide 3: seleziona il contenuto delle slide in modo che siano per te e per il tuo pubblico dei sostegni per comprendere l’argomento.

 

Una volta creata la struttura generale delle slide, una volta terminata la stesura dei contenuti, la fase che occupa il 50% del tempo di lavoro, è bene pensare agli intermezzi. Come già detto, pretendere che delle persone ascoltino di fila una o due ore di seminario, di discussione o di presentazione del progetto non è stupido. E’ folle. Neppure se lavorate alla Goldman-Sachs si crederà che i vostri clienti vi ascoltino. Anzi, proprio se lavorate alla Goldman-Sachs saprete quanto l’attenzione si giochi in attimi. Voi avete una vita, avete una mente e avrete altro da fare e avrete fatto altro prima di ascoltare qualcuno che espone un argomento. Perciò l’uditorio può ascoltarvi, al massimo deve in senso morale o istituzionale, ma non necessariamente lo farà. Nessuno vi fa un favore, non sono lì per quello. Per tanto, create degli intermezzi tra una parte e l’altra, a costo di crearli. Poi, durante la presentazione, cercare di fare qualche battuta ironica (nei modi e nei tempi) può senza dubbio aiutare. Quindi:

Regola pianificazione Slide 4: crea degli intermezzi tra un argomento e un altro.

Esempio:

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Quest’ultimo passo consiglio sia fatto mediante una slide di sole immagini, con al massimo il titolo. Le immagini catturano l’attenzione immediatamente, a differenza delle parole. Sono facili da capirsi e conseguentemente creano una diminuzione del carico di lavoro da parte del pubblico. Tanto più se sono ironiche ma di gusto. In questi casi è fondamentale calibrare bene il contenuto delle immagini al contesto in cui vi trovate (ad esempio, ad un pubblico di logici suonerà male sentire una battuta triviale, ma non una difficile proposizione che fa ridere soltanto loro).

Siamo quasi giunti alla fine. A questo punto abbiamo una struttura logica e cronologica degli argomenti ben chiara. L’abbiamo tradotta in slide concise e ordinate, con contenuti altamente salienti, che aiutano all’esposizione e alla ricezione. Inoltre, grazie agli intermezzi diamo fiato alla concentrazione dell’uditorio, ma anche alla nostra e creiamo le condizioni per una situazione di potenziale “vicinanza emotiva” tra conferenziere e uditorio. A questo punto si scende nei dettagli.

I dettagli di una presentazione sono: (a) colore dello sfondo, (b) carattere del titolo e del corpo centrale, (c) cornici delle immagini e la loro disposizione. Sembrano stupidaggini, ma tutto fa sensazione. Non dimenticate, infatti, che la presentazione in diapositive è un fatto eminentemente visivo, molto più che di estrapolazione di informazioni mediante la lettura. Questo è una di quelle ovvietà che non si osserva che raramente.

Le slide sono come un “film”: ogni slide è un fotogramma e il loro scorrimento da una sensazione del fluire del tempo. Per tanto, non sfruttare la grafica sarebbe stupido (tutto ciò che conduce ad una perdita della presa dell’uditorio lo è…). Quindi, pensate alla grafica come ad una cornice ideale per il vostro contenuto. Ad esempio, se portate materiale di storia, usate delle cornici che riportino al tempo considerato. Se parlate di geografia potreste pensare di usate il verde e il marrone (colori dominanti degli atlanti di geografia fisica). E così via. Come vedete, dovete lasciarvi guidare dall’intuito e dall’associazione libera di forme e contenuti in modo che anche la grafica aiuti il lettore a vivere “l’esperienza” totale e completa della vostra presentazione.

In questo contesto anche il carattere aiuta. Esso deve essere prima di tutto leggibile (a qualsiasi condizione di luce). Prima l’utilità. Ma deve essere anche intonato con il contenuto. Anche questo aiuta e stimola il lettore. Inoltre, se possibile, selezionate due caratteri diversi per titolo e corpo del testo, in modo da creare uno stacco tra le due cose e facilitare la concettualizzazione del lettore (non importa che lui ne sia cosciente o no, anzi, tanto più se non è cosciente questi sono dettagli rilevanti perché lo influenzeranno comunque). In fine, le cornici alle immagini danno un complessivo senso di ordine che rende la slide gradevole alla vista. Una sensazione di sgradevolezza psicologica facilmente induce una inferiore recezione del contenuto da parte del lettore.

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Regola pianificazione slide 5: dopo (1-4) pensa ai dettagli: scegli lo sfondo, seleziona i caratteri migliori e cura le cornici delle immagini sequenziate in un ordine.

 

Prima di terminare, bisogna fare due operazioni di buon senso: la prima è quella di inserire una bibliografia finale, così da rimandare i lettori interessati a materiali selezionati che, oltretutto, forniscono un’ulteriore evidenza della vostra preparazione. Curate professionalmente la bibliografia. Anche in casi in cui i lettori non siano degli addetti ai lavori (non importa se studenti o professori o cultori della materia) mi sento di consigliare di inserire la bibliografia: essa dà un’idea della vostra professionalità e della vostra preparazione. La bibliografia è una cosa odiosa e noiosa quanto utile e preziosa. Esempio da una mia presentazione non accademica:

7

L’ultimo passo è la creazione di una forma (un algoritmo) che farà da indice dell’ordine logico e cronologico dei contenuti. Questa diapositiva andrebbe inserita subito dopo la slide di apertura. Se l’indice logico-argomentativo e quello espositivo fossero distinte, potrete fare due indici. Questo è molto utile per voi e per l’uditorio: si sa subito cosa direte, come lo direte e possibilmente perché lo direte. Questo aiuta a preparare le aspettative dell’uditorio.

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Regola pianificazione slide 6:

6.1 Componete un indice ragionato degli argomenti e loro connessioni (da mettere come seconda slide dopo titolo della presentazione);

6.2 Inserite bibliografia finale.

Un consiglio prima di terminare: ricordate sempre che la chiusura è importante. E’ come il dolce in un pasto. Se il dolce vi disgusta, finirete facilmente per trarre una valutazione più negativa anche del complesso. Questo perché si tende a ricordare ciò che più vi ha colpito per ultimo. Quindi, se ci riuscite, cercate di chiudere in modo brillante, riassumendo quanto detto ma, allo stesso tempo, in modo conciso e convincente: paradossalmente se riuscite in questo intento, avrete una presa sul ricordo nel pubblico molto più convincente.

5. Critiche

Due parole brevissime per una considerazione circa una delle paure più diffuse sulle presentazioni: le critiche. Le critiche sono naturali perché anche se avete fatto tutto nel migliore dei modi ci sarà sempre qualcuno che dirà che avrebbe fatto le cose diversamente (e, si suppone, meglio di voi). A parte l’arbitrarietà, la domanda è: ma perché dovrebbe importarmi di questo fatto?

Nessuno è esente da imperfezioni, né si può pretendere che dimentichi di essere la persona che è. In definitiva, è impensabile essere esenti da critiche. Ed è proprio per questo che, allora, l’importante è fare quel che ci si sente di fare, con le informazioni in proprio possesso. Voler evitare le critiche a tutti i costi è impossibile, perché già questo atteggiamento è criticabile (molto di più di chi accetta di avere delle critiche). Anche perché, ponendo che voi abbiate fatto il massimo in assoluto, c’è sempre chi critica addirittura le cose buone! Capita spesso che pur di infastidire, ci siano persone che criticano altri per le virtù e non per i vizi (facendo passare le virtù per vizi).

Questo non significa ignorare i difetti o ciò che gli altri vi dicono: spesso anche dietro la critica più superficiale si cela qualche considerazione interessante. E poi ci sono sempre i casi delle critiche utili o addirittura costruttive. Per questo credo che sia saggio ascoltare tutti con udito imparziale, ma senza sfasciarsi la testa nel momento di osservazioni poco gradite: tanto non si evitano e la stupidità dell’uomo è relativamente infinita. Abituarsi subito è meglio che soffrirne sul lungo periodo!

6. Conclusioni

Come già detto, non esiste uno stile unico. Persone diverse, con sensibilità diverse, con pubblico diverso e con esigenze strategiche diverse non possono produrre risultati identici. Ed è per questo che qui abbiamo proposto un ragionamento metodologico che non pretende né di essere unico né di essere esaustivo. Detto questo, rimane il fatto che i desiderata (a-e) sono universali, quale che sia il vostro contesto e il vostro obiettivo. Mettersi dalla parte di chi non vi sta facendo un favore e non vi deve niente dovrebbe essere più che un obiettivo, un dovere morale o una massima di buon senso. Fate voi. Ma di sicuro, se volete essere ascoltati, ne dovrete tener conto.

A me è capitato di parlare in contesti molto diversi (da conferenze a presentazioni di libri, da seminari universitari a tavole rotonde) e quello che ho visto è che se seguite delle semplici regole di buon senso, se vi ricordate che voi siete uguali agli altri e che non vi deve niente nessuno, allora siete probabilmente sulla buona strada per capire che essere capiti è un vostro dovere prima di tutto. In definitiva, se ragionate su questo fatto, allora troverete anche i modi per accattivare il pubblico. Certo, se partite già dalla supposizione che sia un obbligo ascoltarvi… be’, ricordate quanto sono amate le leggi dagli italiani e… dal resto della razza umana, di cui sin da Tucidide sappiamo che l’amore della legge e la natura umana non vanno quasi mai unite.

Potrete trovare su https://unisr.academia.edu/GiangiuseppePili degli esempi di mie presentazioni (accademiche e non) alla sezione “Talks”.

Regole strategiche

Regola Strategica 1: pensa sempre di avere a disposizione al massimo i 2/3 del tempo a disposizione e utilizza 1/2 del tempo come punto di riferimento.

Regola Strategica 2: usa il minor numero di Slide possibile.

Regola Strategica 3: fai slide con il minimo del contenuto possibile che non sia vuoto o inutile.

Regola Strategica 4: seguite un filo logico semplice e possibilmente facile da comprendere.

Regole di pianificazione

Regola pianificazione Slide 1: progetta una sequenza ordinata di passi che ricostruiscono il tuo argomento.

Regola pianificazione Slide 2: seleziona il tuo contenuto in base al tuo uditorio.

Regola pianificazione Slide 3: seleziona il contenuto delle slide in modo che siano per te e

per il tuo pubblico dei sostegni per comprendere l’argomento.

Regola pianificazione Slide 4: crea degli intermezzi tra un argomento e un altro.

Regola pianificazione slide 5: dopo (1-5) pensa ai dettagli: scegli lo sfondo, seleziona i caratteri migliori e cura le cornici delle immagini sequenziate in un ordine.

Regola pianificazione slide 6:

6.1 Componete un indice ragionato degli argomenti e loro connessioni (da mettere come seconda slide dopo titolo della presentazione);

6.2 Inserite bibliografia finale.

[1] Casualmente Dante morì ignorato dai coevi dotti colleghi universitari e Kant fu un professore associato…


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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