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La trilogia di Christopher Nolan – Ovvero Batman come il Cristo americano

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Pili G., (2019), Anche Kant amava Arancia Meccanica – La filosofia di Stanley Kubrick, Pistoia: Petite Plasiance

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Batman è l’unico supereroe a non essere un supereroe in senso stretto. Definire un supereroe è una di quelle operazioni linguistiche che solamente certi tipi di nerd potrebbero aver voglia di proporre con cognizione di causa. Noi ci accontenteremo di poco, ovvero un supereroe è un essere umano dotato di una o più caratteristiche essenziali non proprie della razza umana, tale che lo rendono unico in qualche particolare abilità. Infatti, le storie dei supereroi devolvono tempo a spiegarci la natura del superpotere e come esso venga acquisito. Questo è il caso dei film come Spiderman (2002), di Capitan America – Il primo vendicatore (2011) e infiniti altri. Ma per Batman le cose stanno diversamente.

Infatti, il primo Batman cinematografico più o meno recente è quello di Tim Burton (Batman (1989)), in cui non si spiega la storia e l’origine del supereroe, se non a riferimenti più o meno impliciti. D’altra parte, il film di Burton si riallaccia alla sua produzione più canonica di film del regista in cui il protagonista è un freak. Nel caso di Batman, i freak sono principalmente i suoi nemici, come è il caso esplicito del grandioso personaggio, il pinguino di Batman – Il ritorno (1992), il miglior film di Batman prima della trilogia di Nolan. I film di Burton sono ancora abbastanza “pacchiani”, nel senso che il mondo supereroico è prestato come una sorta di circo in cui i pagliacci possono essere buoni o cattivi. Ma sono loro i protagonisti, Batman è solo una scusa.

Senza la genialità di un Burton, per altro non al suo apice nei due film di Batman, la pacchianeria diventa ridicolaggine, tant’è che il terzo film di Batman post-1989 sarebbe insopportabile, se non ci fosse un attore della statura di Jim Carrey, che salva almeno in parte un film mediocre. Sorte non altrettanto felice, invece, è l’ultimo film pre-Nolan, ovvero Batman e Robin (1997), in cui neppure la maschera riesce a salvare la ridicolaggine dell’interpretazione di George Clooney & Co.. Con Christopher Nolan, Batman diventa probabilmente il primo supereroe ad entrare in qualche misura nella storia del grande cinema. Per comprendere come questo è stato possibile, bisogna comprendere le molte distinzioni che ci sono tra il Batman della trilogia e quelli precedenti.

Innanzi tutto, Batman diventa pienamente un personaggio e non una macchietta dietro ad una maschera. Batman si presta a questa operazione molto più di tutti gli altri supereroi proprio perché, di per sé, non è un supereroe. Egli non ha superpoteri, non ha una forza che Ercole avrebbe solamente sognato, non diventa una torcia umana, non lancia ragnatele. Batman è un uomo come gli altri. E proprio spiegare come sia diventato il “super” eroe, Nolan dedica di fatto più della metà del primo film e quasi 1/6 di tutta la saga. Se si considera che neppure sommando tutti i “background” di tutti gli altri film messi insieme si raggiunge tale risultato, si può capire l’importanza della “nascita” del supereroe. E a sottolineare la natura genetica della trilogia, il primo film si chiama appunto Batman Begins (2005).

Il personaggio di Bruce Wayne è il volto che si cela dietro Batman. In tutti i film precedenti Wayne appare come tale solamente in pochi fotogrammi, quasi tutti devoluti a mostrare quanto la sua vita senza maschera sia insignificante. Ma il Wayne di Nolan è diverso. Innanzi tutto, non “nasce” buono, non è il “Cristo salvatore” ma quello che lo precede. Infatti, ancora egli è vincolato alla legge del taglione, laddove concepisce la giustizia come una bilancia ideale tra torti e punizioni (questo è mostrato al principio, dove Wayne cerca di uccidere il mafioso Falcone, il mandante dell’omicidio dei due genitori). Inizia a cambiare solamente quando confessa la sua voglia di vendetta (concetto che non è al di là di un qualche tipo di nozione di giustizia di tipo non-cristiano) alla sua amica-donna Rachel. Quest’ultima indignata lo schiaffeggia ricordandogli che stava tradendo tutti i valori incarnati dalla sua famiglia.

https://youtu.be/NoSG9YK34Xs

Bruce, allora, compie il suo “viaggio nel deserto”, in una serie di paesi post-sovietici e poi da qualche parte in un misterioso paese delle montagne, dove raggiunge il suo maestro, Ra’s al Ghul, la guida della setta delle ombre.[1] Ra’s è un esplicito convinto sostenitore della legge della giustizia che prevede che ogni torto debba essere ribilanciato da una equa ridistribuzione delle punizioni. Sia chiaro, Ra’s al Ghul non ci dà una buona definizione di un sistema di “equa ridistribuzione” ed è capace di giustizia sommaria sui singoli (gli adepti passano “il corso” tagliando la testa di un criminale condannato dall’ineffabile intelligenza morale di Ra’s) che sui popoli (Gotham deve fare la fine di Roma, Bisanzio e Londra, terminate dalla setta perché troppo “corrotte”, qualsiasi cosa significhi “corrotto”). Batman rifiuta esplicitamente la legge del taglione (mai così tanto tale come in questo caso!) e piuttosto distrugge la sede della setta delle ombre, lasciando Ra’s al Ghul senza casa e svenuto.

Batman incomincia a diventare un supereroe ma non lo è. Fino a qui ha imparato che la giustizia non è vendetta o legge di ripartizione dei torti 1:1. Certo, ha anche appreso le arti della setta delle ombre e ha una forza significativa, ma non così al di là del miglior palestrato in circolazione. Torna a Gotham per continuare la linea politica ed economica della famiglia.

Infatti, se Batman diventa un supereroe lo deve all’azienda di famiglia, la Wayne Enterprise, che ha a disposizione una quantità di soldi pressoché illimitata, un arsenale di armi destinate al governo e un equipe di persone nel ramo tecnologico da far invidia anche alla NSA (visto che neppure la NSA ancora riesce a ricostruire la situation awareness in tre dimensioni e in tempo reale). Per diventare un supereroe non bastano le idee, non basta la volontà e non bastano neppure le tecniche più avanzate di arti marziali disponibili. Ci vogliono svariate decine di migliaia di sacchi di soldi e equipe di esperti nel ramo della tecnologia militare. A quelle condizioni anche un “uomo” può diventare un “supereroe”.

E’ importante osservare che non siamo al di là delle possibilità umane, in teoria. In teoria perché, in pratica, il tempo e la conoscenza di Batman nella trilogia di Nolan sono quasi rasenti l’infinito: in un tempo minimo organizza complesse operazioni che alla CIA richiederebbero studi di anni. Quindi il vero superpotere di Batman è l’attingere all’eternità, punto importante. Ma quindi chi è questo supereroe? Quale è il suo significato simbolico, se così si può dire?

Batman è il Cristo 2.0. Superman o Spiderman sono la proiezione ideale di due sfigati ovvero, due uomini normali che faticano a trovarsi una moglie e un lavoro. Una storia comune, insomma. Batman è, al contrario, un personaggio salvifico in senso molto più profondo, almeno nella visione di Nolan. Ha infatti molte caratteristiche cristologiche.

Innanzi tutto, come abbiamo visto, rifiuta consapevolmente la legge del taglione: egli non uccide mai i suoi nemici, a costo di rischiare la vita (come con il Joker dell’indimenticabile Batman – Il cavaliere Oscuro (2008)) e impegnarsi per salvare anche quella dei nemici (per esempio non li fa cadere dai palazzi senza salvarli). Egli è invece il simbolo di un superamento della logica della vendetta, salvando tutti indistintamente. Come esplicitamente dice nel film, egli non usa i modi dei suoi avversari, cazzotti a parte.

Batman è un uomo qualunque (come gli ricorda Ra’s al Ghul) ma proprio per questo è capace di ogni sacrificio. Esattamente come il Cristo, che si prende tutte le colpe dell’umanità e (per chi ci crede) le riscatta, ma non in vece di un dio condiscendente, ma in quanto dio-uomo che perdona perché sa che razza di guazzabuglio è la vita; così Batman si assume l’intera responsabilità dei “mali del mondo” (alla fine del secondo film della trilogia). Egli è un uomo normale, che si sacrifica per tutti e pure si prende le colpe di misfatti ed errori che egli stesso non ha commesso. E come simbolo il Batman di Nolan usa una versione della sua livrea piuttosto accentuata nelle braccia. Se si estendono anche le parti sotto della livrea e si allunga il busto può uscire una croce. Il lettore è invitato a provare! Ma se questo può essere al limite opinabile, il resto è quasi indubbio.

Batman è quasi asessuato laddove dedica tutta la sua vita alla salvezza di Gotham. Nell’ultimo film, in cui ci sono molte parti inspiegate rispetto alla storia precedente, egli intrattiene l’unico rapporto sessuale certo di tutta la saga (e manco a dirlo, gli è andata molto male). La sua vita è spesa soltanto nella salvaguardia del bene comune, quale che sia il suo. Egli, infatti, non avendo neppure il sesso o l’amore a dargli delle direttive, per così dire, egoistiche, si slancia nella difesa dell’unica cosa in cui crede: il popolo di Gotham. Non ha donne, di fatto, nel senso che non ha relazioni d’amore con nessuna, quale che sia la nozione di “relazione d’amore” impiegata. E nonostante non abbia una donna e dei figli, in genere gli unici che un maschio adulto contempli in qualche misura come interessanti (stando all’immaginario comune), egli apprezza i bambini (come si vede nel primo e nell’ultimo film). Come Cristo, Batman ama i bambini e li aiuta come può (per esempio sovvenzionando gli orfanotrofi).

In sintesi, Batman è un uomo qualunque dotato di tempo e conoscenza inattingibili ad altri, capace di un sacrificio assoluto e totale nei confronti di tutta l’umanità, che gli attribuisce colpe che non ha commesso ma che lui non rifiuta di prendersi per il solo fatto di amare (o voltendo “non odiare”) anche coloro i quali non lo amano. E allora Batman è proprio un supereroe in un senso curioso, non ordinario, del termine.

Al lettore non sarà sfuggito che in quasi tutta la saga di Batman non compaia mai la figura del prete o qualsiasi evocazione di valori religiosi, che non siano inquadrati sullo stesso Batman. Anche in questo caso, l’eccezione arriva nel terzo film in cui fa la comparsa un prete, ma è talmente insignificante che non credo tolga molto alla tesi sostenuta in questo articolo. E quindi è arrivato il momento delle conclusioni.

Batman è come un americano vedrebbe oggi un Cristo. Non lo vede più in una tunica bianca, magro e capace di moltiplicare i pani e i pesci, che non interessano francamente a nessuno. Un americano vorrebbe il suo Cristo pieno di muscoli, capace di sfasciare le macchine con un pugno, prendere a calci i cattivi come John Wayne ma amorevole come una madre e un padre messi insieme. L’americano crede nel Cristo in forma di Batman perché domina la materia con la sua tecnologia e la finanza con i suoi soldi. Batman ha tutto del Cristo perché è la proiezione ideale del Cristo americano, con tutti i gadget e gli accessori del caso. Un Cristo, sì, ma so cool. E così nel cuore dell’americano pulsa l’immagine di un supereroe capace di venirlo finalmente a salvare.

La bellezza dei film di Nolan consiste proprio nell’aver unito una potente componente formale, così verosimile, ad una dimensione ideale quasi da romanticismo europeo. Ma sotto la superficie di una saga che vuole mostrare Batman come un uomo ordinario, si cela una realtà più profonda, ovvero il perpetuo senso di richiesta di salvezza per interposta persona. Non siamo proprio capaci di salvarci dai nostri peccati e la nostra vita è troppo dominata da questo senso di “decadenza e corruzione” da cui non solo non siamo capaci di salvarci ma siamo pure parte in causa. E allora non ci vuole un dio, ma un uomo comune che finalmente si riscatti dalla miseria per mostrare che è ancora possibile essere al di là del male e, come esempio, riscattare anche tutti gli altri.

Simili analisi non nascono da film banali, anche quando si tratti di una lettura estrema del personaggio. Ma a mio modesto avvisto, tutta l’apparente pedanteria del Nolan-regista, così impegnato ad essere sempre fedele ad una forma di (a volte) irritante realismo per altro a tratti implausibile, si spiega perché il suo intento è “salvare il suo personaggio”, dargli quello spessore di credibilità necessario per rendere anche solo pensabile l’equazione “Batman è il Cristo”. Certo, un Cristo a stelle e strisce, pieno di muscoli, dollari e tecnologia americana. Appunto. Che figata!


[1] Chissà perché, nonostante tutte le legnate che si sono presi in oltre due secoli, l’Oriente attira così tanto l’idea di “posto di supremi combattenti”


Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

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