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Autore: Giangiuseppe Pili

Giangiuseppe Pili è Ph.D. in filosofia e scienze della mente (2017). E' il fondatore di Scuola Filosofica in cui è editore, redatore e autore. Dalla data di fondazione del portale nel 2009, per SF ha scritto oltre 800 post. Egli è autore di numerosi saggi e articoli in riviste internazionali su tematiche legate all'intelligence, sicurezza e guerra. In lingua italiana ha pubblicato numerosi libri. Scacchista per passione. ---- ENGLISH PRESENTATION ------------------------------------------------- Giangiuseppe Pili - PhD philosophy and sciences of the mind (2017). He is an expert in intelligence and international security, war and philosophy. He is the founder of Scuola Filosofica (Philosophical School). He is a prolific author nationally and internationally. He is a passionate chess player and (back in the days!) amateurish movie maker.

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana – Carlo Emilio Gadda

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Scopri Filosofia e letteratura di Chiara Cozzi


Quer pasticciaccio brutto de via Merulana è un romanzo di Carlo Emilio Gadda uscito a puntate su una rivista letteraria ma edito in unico volume solo nel 1957 dalla Garzanti. Si tratta indubbiamente di uno dei massimi capolavori in lingua italiana della storia della letteratura da Dante al XXI secolo, difficile trovare paragoni in opere letterarie precedenti e successive, se non altro per densità, precisione, profondità e grandezza.

La trama del romanzo è apparentemente ispirata alla cronaca nera, pervasa da una vena quasi giallistica in cui il latrocinio di una ricca vedova (tal contessa Menegazzi) è il prodromo per il delitto quintessenziale della “donna” per eccellenza, Liliana in Balducci, amica e lontana cugina del protagonista Don Ciccio Ingravallo, ispettore di polizia molisano trapiantato a Roma, esule integrato quanto estraneo nella capitale italiana. Perché tutti siamo integrati ed estranei con la realtà che ci circonda, una delle possibili interpretazioni ultime del romanzo.

L’arte della guerra di Publio Flavio Vegezio Renato – Considerazioni analitiche e metastoriche

Abstract

L’analisi de L’arte della guerra del tattico romano Publio Flavio Vegezio Renato risulta ancora oggi di grande attualità. Assumendo un punto di vista metastorico, abbiamo cercato di rintracciare i fondamenti ultimi dell’analisi di Vegezio in modo da comprendere la logica fondamentale da cui poter trarre utile conoscenza ad uso e consumo del lettore contemporaneo.


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Ti interessa la filosofia della guerra? Leggi Filosofia pura della guerra

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L’arte della guerra (De rei militaris o Epitoma de rei militaris) è un classico degli studi del warfare, in particolare degli studi descrittivi e non propriamente strategici, cioè normativi. Publio Flavio Vegezio Renato (da ora solo Vegezio, come è universalmente noto) non è sostanzialmente interessato ad elementi generali e strategici della guerra e dell’arte militare, quelli che oggi diremmo i maggiormente connessi con la politica di uno stato (o di un impero) o che riguardano la natura della pianificazione strategica della campagna militare. Piuttosto egli è uno storico e un tattico dell’epoca classica romana. Sia detto subito che L’arte della guerra di Vegezio non è un testo scritto nel periodo repubblicano ma durante la fase epigonica dell’impero (IV secolo d.C.). L’influsso del periodo classico romano (inteso nel periodo a cavallo tra il periodo monarchico e quello repubblicano fino ad Augusto incluso in questo concetto ampio di classicità latina) si estende per tutte le pagine dell’opera di Vegezio, il quale, infatti, lungi dal considerare terminato il mandato imperiale come centro di gravitazione della civiltà, cerca di trovare i motivi per cui gli antichi eserciti romani avevano reso l’urbe il centro del mondo conosciuto (dai romani).

Percorso di letteratura italiana

Jimee, Jackie, Tom & Asha, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons

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La letteratura italiana ha una sua lunga storia, suddivisa in varie parti e ancora frammentata in molti dialetti. Sulle origini della lingua italiana consigliamo Le origini della lingua italiana: i primi documenti scritti, mentre per quanto riguarda la frammentazione della lingua all’interno della penisola italiana La lingua italiana: problemi linguistici e definizioni, e sui problemi legati alla linguistica della nostra lingua sono presenti altri due articoli: Appunti di glottologia: linguistica storica e Appunti di glottologia: linguistica storica e proprietà etimologia popolare e il tabù linguistico. Per comprendere la storia della lingua, infatti, non è senza utilità potersi costruire anche un bagaglio minimo di informazioni circa la lingua in sé stessa.

Lo spartiacque della storia della lingua italiana è senza dubbio la Divina Commedia di Dante Alighieri. Successivamente la lingua si evolve, in particolare sulla base delle riflessioni di Pietro Bembo e di altri grandi intellettuali: nell’articolo La questione della lingua italiana da Pietro Bembo a Perpaolo Pasolini passando per teorizzatori minori viene tracciata una panoramica della analisi sulla lingua italiana in quanto tale, in cui il ruolo di Pietro Bembo, Alessandro Manzoni e Pierpaolo Pasolini è certamente fondamentale. In particolare, abbiamo presentato una lunga analisi de I promessi sposi, riportata nella categoria “recensioni”.

Guerra, battaglie e rivolte nel mondo arabo – Andrea Frediani

Guerra, battaglie e rivolte nel mondo arabo di Andrea Frediani è un saggio di storia del medio oriente edito per la Feltrinelli nel 2011.

Nel primo capitolo Il crollo dell’impero ottomano e il sogno di Lawrance d’Arabia si considera la genesi della frantumazione del medio oriente (di cui viene in quel periodo coniato il nome), momento di dissoluzione di un impero millenario che, secondo l’autore, ha determinato un tracollo a livello geopolitico, etnico e culturale nell’ampia regione dell’ex impero ottomano e nell’intero mondo arabo. In analogia con il crollo degli imperi, specialmente quello romano, l’autore sottolinea il problema della ricongiunzione e rinascita di nuovi apparati sociali (statali ed economici) a seguito del termine di una organizzazione a suo modo capace di gestire un ampio e complesso mondo sociale e burocratico. All’interno di questa cornice, le potenze occidentali, specialmente l’impero inglese, francese e, poi, gli Stati Uniti e l’URSS hanno determinato in modo importante l’evoluzione dello stato di cose nel medio oriente. In questo senso, la figura di Lawrance d’Arabia assume un ruolo paradigmatico di occidentale che ha sostenuto ma indirizzato l’evoluzione storico-politica di un mondo sull’orlo dell’abisso.

Come ci guardano i continentali: la Sardegna vista dall’Italia

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Per tutti voi che non lo sapessero, in Sardegna usiamo genericamente il termine “continente” per intendere “il continente euroasiatico” e non certo quello africano che, nonostante si trovi non lontano, accessibile anche ad un’imbarcazione di piccole dimensioni con motore di meno di venticinque cavalli. D’altra parte, neppure gli africani si sono particolarmente accorti della Sardegna, se non qualche volta e non certo in proporzione a quanto accaduto in altre regioni d’Italia (specialmente la Sicilia). Questo sin dai tempi più remoti, quando i sardi, invece di imparare a combattere o, piuttosto, a diventare abili marinai vennero risospinti dal loro atavico sistema di difesa dalle fatiche all’interno della loro stessa regione: non è un caso che i centri “marittimi” della nostra terra siano abbastanza pochi (pochi in relazione ad una regione che conta oltre trecento paesi, 377, a quanto pare), abbastanza recenti e presidi di potenze ben superiori rispetto alla generale situazione sarda (spagnoli – aragonesi o catalani-, piemontesi, pisani, genovesi…).

Con la parola “continente” si intende generalmente l’Italia. Anche perché, Corsica a parte (che è nota semplicemente come “Corsica”), non siamo vicini sostanzialmente a nessuno e non siamo neppure lontani a nessuno. Il che fa della Sardegna una specie di isola che non c’è, di isola del tesoro di stevensoniana memoria, che è presente e non presente nella cartina geografica. Per questo la Sardegna è una terra che per i francesi non esiste: essi, considerando più importante la lotta eterna con l’impero inglese, continuano a prediligere l’insegnamento della zona atlantica a quella mediterranea. E così capita che andando in Francia ci sia chi non conosca la seconda isola del mediterraneo, seconda poi solo per poco. E’ anche vero che anche l’Italia sembra non sapere bene dove si trovi la Sardegna, ma di questo diremmo tra poco.

Deception Disinformazione e propaganda nelle moderne società di massa. Gagliano G.

Deception Disinformazione e propaganda nelle moderne società di massa è un libro di Giuseppe Gagliano, presidente del Cestudec (Centro Studi Strategici De Cristoforis), autore di numerosi saggi tra cui Guerra psicologica,La nascita dell’intelligence economica francese e Guerra economica. Il lavoro è edito nel 2014 dalla Fuoco Edizioni, una casa editrice molto sensibile a lavori sulla cultura della difesa, da seguire per la capacità di selezione dei testi.

Il nuovo volume di Giuseppe Gagliano è diviso in otto capitoli in cui vengono considerate le riflessioni di eminenti studiosi sulla guerra dell’informazione e sull’uso dell’informazione e della disinformazione. Nel primo capitolo si considera “la guerra dell’informazione e disinformazione nella riflessione di Vladimir Volkoff”, nel secondo “la disinformazione nella riflessione tedesca, inglese, francese e cecoslovacca”, nel terzo “disinformazione e propaganda nella riflessione di Loup Francart”, nel quarto “disinformazione e propaganda nella interpretazione di François Géré”, nel quinto “Il controllo dell’informazione nella interpretazione della École de Guerre économique”, nel sesto si considera la “guerra dell’informazione e guerra economica”, nel settimo “aspetti della guerra dell’informazione nel conflitto tra Israele e Hezbollah nella interpretazione della École de Guerre économique”, nel capitolo ottavo si considera “inganno e disinformazione nella riflessione dell’Institute for National Strategic Studies”, in fine è presente una lunga appendice in cui si tratta della guerra dell’informazione in Zaire e nella riflessione strategica contemporanea cinese.

Come si scrive una bibliografia: cosa è e a cosa serve… e quanto è noiosa!

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Saper compilare una bibliografia è prima di tutto un’arte di cui bisogna apprendere la logica di fondo. Non c’è un sistema unico per scrivere una bibliografia, principalmente perché gli scopi stessi di un apparato bibliografico variano in base alle esigenze dell’autore di un testo e in relazione a quello per cui la bibliografia è stata scritta. Saper scrivere una bibliografia è tanto utile quanto noioso. Anzi, si tratta di un compito assai spesso ingrato per qualsiasi autore, prima di tutto perché è un lavoro spesso ripetitivo e lungo. Non è un caso che gli intellettuali più illustri si avvalgano di persone specifiche[1] per ultimare questo ingrato compito.

Sapere che si tratti di un lavoro noioso non è privo della sua importanza perché il lettore disinformato sappia subito che il compito, pur essendo di estremo rilievo,non appassiona nessuno, soprattutto gli specialisti. Infatti, ogni rivista, ogni volume prevede un suo sistema di citazione, vincolato da norme precise ed esplicite, che non è necessariamente uguale agli altri. In molti casi, infatti, un apparato bibliografico usato per pubblicare un articolo in una rivista non andrebbe bene in un’altra per sole ragioni tipografiche (stile di citazione. Per come citare un testo o un articolo, si può vedere un altro articolo).