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Persio e Giovenale – La satira nel periodo del principato


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Sebbene Persio e Giovenale abbiano vissuto in due momenti del principato diversi l’uno dall’altro, (infatti il primo scrisse sotto Nerone, il secondo sotto Nerva e Adriano), essi hanno in comune diverse caratteristiche. Prima di tutto entrambi si ricollegano stilisticamente e spiritualmente, anche per quelli che erano i valori, alla poetica di Lucilio e soprattutto di Orazio. Ma aldilà di queste somiglianze e richiami coi due letterati a loro antecedenti, essi hanno il merito di rivoluzionare un genere letterario molto in voga nella Roma del principato. Una volta confrontate le due poetiche satiriche le innovazioni sono vistose sia nella forma che nel tipo di discorso che Persio e Giovenale utilizzano.

Prima di tutto cambia l’oggetto di riferimento a cui si indirizzavano i due satiri: se Orazio e Lucilio indirizzavano le loro opere a una ristretta cerchia di amici letterati, non era così per la nuova avanguardia satirica. Ora si scrivevano satire dirette a un pubblico generico di lettori-ascoltatori, di fronte ai quali il poeta si comporta come risolutore di vizi e virtù. Il poeta è assolve la funzione di moralizzatore al quale l’ascoltatore si affida. La satira oraziana, seppur prevedendo la critica dei cattivi costumi, era di indulgente comprensione verso le debolezze dell’essere umano e vedeva tutto con un sorriso autoironico. Ciò a differenza della satira di cui stiamo trattando perché risulta caratterizzata da un rigido sistema valoriale stoico contro i vitia.

Dal punto di vista linguistico, entrambi le satire utilizzavano il sermocotidianus, nel periodo del principato, adornato sempre più dai grecismi: d’altronde, la lingua latina conoscerà diverse fasi del suo sviluppo, passando da quella arcaica a quella classica, da quella post-classica (che comincia a far la sua comparsa in questo secolo, I sec. d.C.) a quella volgare. Analizziamo ora singolarmente le figure letterarie di Persio e Giovenale.

Aulo Persio Flacco, la cui vita ci è narrata dal grammatico Valerio Probo, nacque a Volterra nel 34 d.C. da una famiglia equestre. Mandato a Roma dalla famiglia per compiere gli studi nelle migliori scuole di grammatica e retorica. Senz’altro però colui che gli diede maggiori stimoli e input educativi fu il filosofo stoico Anneo Cornuto, il quale lo presentò fra gli altri a Lucano e Seneca. La difesa e l’apprezzamento della filosofia stoica lo portò a condurre una vita riservata e austera: visse assai brevemente, morendo infatti nel 62 d.C.. Non fu particolarmente attivo nella composizione di satire, infatti Persio non pubblicò mai niente direttamente: ma fu l’amico Cesio Basso, che dopo averle fatte leggere da Anneo Cornuto, a pubblicarle e divulgarle al pubblico. Scrisse una praetexta (una tragedia), un libro di viaggi e un elogio ad Arria Maggiore, la suocera di Traseo Peto, un maestro di Persio. Il libro delle Satire verrà pubblicato qualche anno più tardi e fu accolto da un immediato successo. Quest’opera era composta da un lungo prologo (per qualche studioso è invece l’epilogo) e da sei satire per un totale di 669 versi in esametri dattilici, nei quali polemizza in modo molto aspro contro le mode letterarie del tempo, tutto naturalmente condensato all’interno della visione stoica del mondo. Nelle sue satire Persio potrà esprimere in tutto e per tutto il suo spirito polemico e l’aspirazione alla verità di cui si fa portavoce. La sua poesia è infatti basata e ispirata da un’esigenza etica, dalla necessità di smascherare il vizio e la corruzione, contrapponendosi nettamente alle mode letterarie del tempo. Per Persio la poesia a lui contemporanea era viziata da un indegnità morale e da una degenerazione del gusto ed è per questo che nella sua opera, naturalmente con un sarcasmo molto fine, egli descriverà le molteplici forme del vizio e della corruzione con un campo lessicale inerente al corpo e al sesso, costruendo così svariate metafore. Potremo dire con un termine della storia dell’arte che le satire di Persio erano molto espressionistiche: ricordiamo la satira del poeta calvo dal ventre disfatto, la satira del gaudente depravato disteso al sole, o ancora la satira del crapulone morente al bagno fra i brutti odori esalati dal suo corpo.

Cadente, e tutta stirando la vita

Sbadigli sì la crapola di jeri,

Che par che la mascella abbi scucita? 

[Satira III, vv 85-87 traduzione Vittorio Monti]

Infine, è bene tener a mente la dottrina stoica e come doveva essere il saggio, ovvero una figura che inquadrava la sua vita in un ordine cosmico delle cose ordinate dal destino, assunto razionale, e dalla divinità, trovando in essa il fine ultimo della sua vita. Lo stoicismo di Persio è volto a entrare all’interno della morale di ognuno di noi per cercare una redenzione e una purificazione. La fama di Persio, come detto, fu immediatamente successiva alla sua morte: le Satire ebbero un grande successo però anche nei secoli successivi. I padri della chiesa, Tertulliano, Lattanzio e Girolamo, accrebbero ancora di più questa raccolta di versi, e ancora nella tarda antichità e in tutto il Medioevo la satire di Persio rimarranno di interesse letterario, laddove esse si confacevano bene ad una sacra alleanza con la nuova cultura cristiana che aveva proficuamente dialogato con la filosofia stoica, trovata in troppo così somigliante alla visione cristiana del mondo.

Giovenale, le cui testimonianze sulla vita sono poche e incerte, sarebbe nato ad Aquino nel Lazio meridionale tra il 50 e il 60 d.C., molto probabilmente da una famiglia benestante, visto che sicuramente poté seguire dei buoni studi di retorica. Infatti, al contrario di Persio, la sua vita tese sempre all’avvocatura e non alla filosofia. Si dedicò perciò alle declamazioni, per via del fatto che l’attività di avvocatura non gli bastava a sbarcare il lunario, mentre l’attività poetica arrivò probabilmente in età matura dopo la morte di Domiziano nel 96 d.C.. Visse nella condizione di cliente dei potenti, privo com’era di autonomia economica. La morte fu senz’altro posteriore al 127 d.C., anno dal quale non abbiamo più sue notizie. La sua produzione poetica è composta di 16 satire, suddivise in cinque libri per un totale di 3869 versi e devono essere state composte fra il 100 e il 127 d.C.. L’opera di Giovenale è caratterizzata da una pervasiva accidia nei confronti della società coeva. Nella prima satira, come nell’opera di Persio, è contenuto un prologo di carattere programmatico, dove Giovenale polemizza contro la moda e la sua fatuità, dichiarano il suo disgusto nei confronti della corruzione. Nella seconda satira invece, abbastanza famosa, egli aggredisce chi nasconde i vizi sotto una patina di indulgenza ed avrà modo di attaccare fortemente l’omosessualità. Nelle restanti satire declamerà in ogni modo la decadenza e l’immoralità viziosa dell’uomo e, specialmente, delle donne. La satira di Giovenale è basata su un indignatio violenta che non si risparmia dal giudizio verso tutti: al contrario di Orazio e Persio, l’indignatio di Giovenale era mirata verso la rappresentazione di una terapia che potesse placare i mali dell’uomo, anche se, di fatto, egli stesso disse che non riponeva in ciò molta fiducia nella possibilità che la sua poesia potesse realmente dare una parvenza redenzione al lettore o all’ascoltatore. Per Giovenale, le mete di una superiore nobiltà del saggio sono l’autarkeia e l’apatheia, quei beni interiori che ognuno dovrebbe avere propri per non compromettersi l’anima. La satira, per la prima volta nella storia della letteratura latina, verrà rescissa dai suoi legami con la commedia e verrà accostata dal poeta direttamente alla tragedia, laddove i temi mostrati sono dei veri e propri monstra, donandogli un gusto del sublime ottocentesco. La fama di Giovenale, ignorato completamente nel II e nel III secolo d.C., fiorisce nel IV secolo d.C. quando fra i poeti e i grammatici come Servio comincia a nascere il gusto per il gusto sublime. Più avanti nei secoli Giovenale sarà sì noto ma non emulato da Dante e Petrarca, per poi essere invece totalmente apprezzato da Ariosto, Parini, Hugo e Carducci.


BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Pili W., “Orazio”, 2013, www.scuolafilosofica.com, http://www.scuolafilosofica.com/2932/orazio

Pili W., “Caratteri letterari del periodo augusteo 43 a.C-17 d.C..” 2013, www.scuolafilosofica.com, http://www.scuolafilosofica.com/2253/caratteri-letterari-del-periodo-augusteo-43-a-c-17-d-c

Pili W., “L’apogeo della cultura cristiana: la patristica”, 2014, www.scuolafilosofica.com, http://www.scuolafilosofica.com/3462/lapogeo-della-cultura-cristiana-la-patristica

http://adalmaso.altervista.org/didattica/liceo/persio_giovenale.pdf


Wolfgang Francesco Pili

Sono nato a Cagliari nell’aprile del 1991. Ho da sempre avuto nelle mie passioni, la vita all'aria aperta, al mare o in montagna. Non disdegno fare bei trekking e belle pagaiate in kayak. Nel 2010 mi diplomo in un liceo classico di Cagliari, per poi laurearmi in Lettere Moderne con indirizzo storico sardo all'Università degli studi di Cagliari con un'avvincente tesi sulle colonie penali in Sardegna. Nel bimestre Ottobre-Dicembre 2014 ho svolto un Master in TourismQuality Management presso la Uninform di Milano, che mi ha aperto le porte del lavoro nel mondo del turismo e dell'accoglienza. Ho lavorato in hotel di città, come Genova e Cagliari, e in villaggi turistici di montagna e di mare. Oggi la mia vita è decisamente cambiata: sono un piccolo imprenditore che cerca di portare lavoro in questo paese. Sono proprietario, fondatore e titolare della pizzeria l'Ancora di Carloforte. Spero di poter sviluppare un brand, con filiali in tutto il mondo, in stile Subway. Sono stato scout, giocatore di rugby, teatrante e sono sopratutto collaboratore e social media manager di questo blog dal 2009... non poca roba! Buona lettura

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