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Gli intelligence studies tra Italia e il mondo Angloamericano

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Caligiuri M., Pili G., 2020, Intelligence studies – Un’analisi comparata tra l’Italia e il mondo anglo-americano, Soveria Mannelli: Rubbettino.


Il segreto dell’intelligence direttamente dalle analisi del mondo angloamericano. Dalla teoria dell’intelligence al suo modello, un saggio esplorativo e per la prima volta presentata al panorama italiano un’analisi dell’intelligence tra USA, UK e Italia. Gli intelligence studies tra Italia e resto del mondo vengono qui dettagliatamente presentati in modo chiaro, informato e incalzante dai due autori, professor Mario Caligiuri, massimo esperto di intelligence in Italia e oltre, e Dr Giangiuseppe Pili, prolifico autore a livello nazionale e internazionale. Gli autori offrono una prospettiva unica e comparativa sull’intelligence tra l’Italia, gli USA e UK mettendo in rilievo le tematiche, gli autori, gli studiosi e i modelli dell’intelligence tra due continenti e due concezioni del mondo. Una ricerca appassionata, documentata e illuminante per portare al lettore italiano le affascinanti sfaccettature della massima ricerca mondiale sulla natura e sulle cause dell’intelligence. Una intrigante ricostruzione, unica per prospettiva e dettaglio, sul mondo scientifico dell’intelligence internazionale. Vediamo allora di cosa si tratta.

Il libro inizia con una brillante delucidazione della situazione degli studi sull’intelligence in ambito nazionale (italiano). Il testo ha una natura sistematica e un obiettivo rigoroso: considerare lo stato dell’arte e l’evoluzione degli studi sull’intelligence in Italia. Il focus è universale e abbraccia i progressi istituzionali della riforma del 2007, l’esperienza maturata all’interno del contesto accademico italiano, i progressi nella diversificazione degli studi sull’intelligence tra cyber intelligence, intelligence e scienze umane, fonti dell’intelligence ed intelligence economica. Gli autori considerano estensivamente i tentativi fatti da vari studiosi considerati “classici” per questa disciplina, tra cui svetta su tutti Francesco Cossiga, autore di due fondamentali saggi sull’intelligence, uno pubblicato per Rubbettino (tra cui l’Abbecedario), nonché ispiratore dei principali progressi in sede istituzionale e accademica. La sezione dedicata agli studi sull’Italia, seguito di un prezioso e pioneristico studio del professor Caligiuri del 2003 (Università e intelligence. Un punto di vista italiano pubblicato su Per Asperam ad Veritatem e oggi disponibile sul sito di Gnosis) mette anche in luce i limiti della situazione nazionale, pur sempre con uno sguardo attento alle possibilità che il futuro può riservare. Particolarmente utile, inoltre, è l’insieme di tabelle riassuntive sui principali corsi di laurea e master italiani. Veniamo quindi a considerare la parte dello studio dedicata al contesto propriamente internazionale.

Intelligence studies è l’etichetta usata a livello internazionale per identificare le ricerche sull’intelligence che, anche in ambito angloamericano, sono definiti come intrinsecamente multidisciplinare. Precisando una ambiguità latente, per quanto gli intelligence studies si ergono a disciplina scientifica nell’ambito dell’intelligence e, quindi, dovrebbero essere inclusivi il più possibile della diversità tra esperienze di differenti intelligence communities (dove normalmente con “intelligence community” si intende la lista delle circa diciassette agenzie americane), rimane il fatto che la letteratura internazionale tende a conflagrare sulla ricerca di matrice anglo-americana e, al più, dei “five eyes” – ovvero il gruppo dei paesi anglofoni che gravitano attorno agli Stati Uniti – Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Sebbene gli intelligence studies siano, infatti, una disciplina aperta anche a studi oltre i five eyes, e infatti conta già diversi studi su altre esperienze governativo-istituzionali, essa rimane principalmente e decisamente incentrata sull’esperienza US e UK. Alcune parziali eccezioni possono essere fatte per studi sulla Germania, Francia, Giappone e, parzialmente, sulla Russia (ed URSS) e Cina. Tuttavia, per quanto eccezioni, esse sono ancora al di là – e ben oltre – la comparabilità significativa rispetto ai principali Paesi. In questo contesto, non deve certo stupire che il caso italiano sia piuttosto sconosciuto e poco esplorato nella letteratura internazionale che pubblica principalmente in lingua inglese nelle due principali riviste – International Journal of Intelligence and CounterIntelligence e Intelligence and National Security.

IJIC & INS sono di gran lunga le più attive e influenti peer-review riviste scientifiche a livello mondiale (e ricordiamo che recentemente IJIC ha pubblicato un paper di Fabrizio Minniti e Pili sull’Intelligence italiana). Il loro raggio di interesse è vasto rispetto agli intelligence studies. INS è più orientata a studi tipicamente scritti da accademici, con un taglio più tipicamente orientato alla prosa scientifica. IJIC invece risulta più incline a considerare e trattare analisi di analisti, ex analisti ma, naturalmente, anche accademici. L’editor di IJIC è professor Jan Goldman dell’accademia militare americana The Citadel locata in South Caroline – Charleston. INS invece ha come co-editori professor Stephen Marrin della James Madison University (US) e Mark Phythian (Leicester University, UK). Le due principali riviste sono state fondate entrambe nel 1986 e costituiscono il benchmark della produzione scientifica internazionale insieme ai libri pubblicati principalmente nella Routledge che devolve intere collane agli intelligence studies, di cui una editata dal professor Richard Aldrich, uno degli storici più eminenti in UK, insieme al professor Christopher Andrews, di cui esistono diverse traduzioni in italiano. INS e IJIC sono entrambe state fondate nel 1986 che fa di questa data un simbolo stesso della nascita degli intelligence studies come disciplina scientifica, non perché non esistessero già studi in materia anche nella letteratura open ma è chiaro che il 1986 è una data storica per la disciplina, anche a guardare chi ha fondato quelle riviste – ad esempio Christopher Andrews stesso e Michael Handel, a tutt’oggi considerabili tra i capostipiti della disciplina, uno storico UK e uno stratega US. Oltre a queste due riviste, l’American Intelligence Journal, Journal of Intelligence History e il nuovo International Journal of Intelligence, Security and Public Affairs costituiscono probabilmente le più importanti realtà scientifiche che mostrano diverse tendenze negli intelligence studies. L’American Intelligence Journal è editato da un board di militari americani e da Dr William Spracher, che con grande impegno porta avanti l’AIJ. AIJ è principalmente orientato a professionisti, analisti e militari, più delle altre riviste e costituisce un giornale storico nella realtà americana. Invece, il Journal of Intelligence History è il principale riferimento in ambito storico. Infine, l’International Journal of Intelligence, Security and Public Affairs è un nuovo giornale emerso dall’esperienza spagnola in cui una rivista scientifica in lingua spagnola ha fatto il salto internazionale pubblicando materiali in inglese – ma traducendo gli abstract in spagnolo (qualcosa che forse si potrebbe imitare dalle nostre parti). Il professor Rubén Arcos della Univesidad Juan Carlos (Madrid, Spagna) è l’editor della rivista.

È difficile riportare tutti i principali studiosi degli intelligence studies proprio perché sono di esperienze accademico-professionali anche molto diverse. Impossibile non considerare Sherman Kent come uno dei padri fondatori della disciplina. Egli è da considerarsi un classico. Più recentemente, Christopher Andrews, Richard Betts, Michael Handel, Michael Herman, Arthur Hulnik, Gregory Treverton e Loch Johnson sono sicuramente tra i più influenti della seconda generazione di studiosi – cioè persone e studiosi segnati dalla partecipazione più o meno attiva alle vicende della guerra fredda, almeno intellettualmente. Venendo invece all’attuale generazione, limitandoci davvero ai più eminenti, non possiamo non considerare i già citati Christopher Andrews, Jan Goldman, Stephen Marrin, Richard Aldrich e Mark Phythian. A questi vanno indispensabilmente aggiunti Michael Warner, Peter Gill, Jack Davies, e David Kahn. Nuove generazioni di studiosi si stanno velocemente affacciando ad una disciplina che è ancora pienamente in divenire anche in ambito internazionale, se pensiamo che ancora non c’è una univoca definizione di cosa l’intelligence sia, per non parlare di discipline ancora più “esoteriche” come il counterintelligence e il signal intelligence. Per quanto sia comunque in divenire, gli intelligence studies si costituiscono all’interno della triade di discipline, storia, relazioni internazionali e scienze sociali in cui dimensioni storiche e metodologiche convivono e parlano per una ricerca in pieno divenire e, probabilmente, mai così tanto studiata.

Il libro Intelligence Studies – Un’analisi comparata tra l’Italia e il mondo anglo-americano edito da Rubbettino nel 2020 è sicuramente un momento importante per la crescita della disciplina degli intelligence studies in Italia. Speriamo allora che questa prima ricerca possa portare la sua innovazione al di qua e al di là delle Alpi.


Mario Caligiuri, Giangiuseppe Pili

Intelligence Studies – Un’analisi comparata tra l’Italia e il mondo anglo-americano

Rubbettino

Pagine 226



Giacomo Carrus

Sono nato nel 1986. Ho conseguito la Laurea in Lettere Storiche con lode all’Università di Cagliari dove attualmente frequento il primo anno della magistrale in Storia e Società. Sono co-autore del libro “La guerra fredda – Una guida al più grande confronto del XX secolo” (editore Le Due Torri) e mi occupo di Storia Medievale, in particolare della Storia Bizantina. Appassionato dell’ambito militare, con il quale ho avuto un breve trascorso nel 2011 arruolandomi nell’Esercito Italiano, sono socio della Società Italiana di Storia Militare (SISM).

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