Nel corso dei secoli, l’arte del poetare ha subito drastici ridimensionamenti, passando dall’essere prerogativa e appannaggio di pochi, spesso dotati di una profonda erudizione, all’essere accessibile pressoché universalmente. Un percorso, certo, di democraticizzazione dell’ars poetandi, e mi arrogo di ritenere che questo carattere di accessibilità ben meglio assolva alla missione salvifica della poesia: in un mondo dai connotati spesso tragicomici, la poesia è il mezzo con cui ognuno può nobilitare il proprio animo. Si ha forse ragione di ritenere che l’anelito poetico sia connaturato all’animo umano, e meglio di me ha saputo dirlo Roberto Benigni nel film La tigre e la neve (2005), con la celebre frase «Cos’è la poesia? Non chiedermelo più. Guardati dentro, la poesia sei tu». Un invito, quello di Benigni, ad abbracciare l’arma della poesia, dono concesso a chiunque lo voglia ricercare, e al contempo a rispettare questa sacra e potente attività («E vestitele bene le poesie! Cercate bene le parole!»).
Nel 1911 Schönberg entra in contatto con il pittore espressionista Wassili Kandinsky che, dopo aver ascoltato alcune composizioni del musicista viennese a Monaco, era rimasto così entusiasticamente colpito dalla sua musica, innovativa e dissacrante, da inviargli una lettera di ammirazione, in cui sottolineava anche quante affinità ci fossero tra il suo modo di fare musica e lo stile pittorico di Kandinsky stesso. Nacque, dunque, tra i due innovativi artisti un’amicizia che ebbe lunga durata e che stimolò più di una proficua collaborazione, la più importante delle quali è forse quella legata al volume Der blaue reiter, curato da Kandinsky stesso e dal collega pittore F. Marc, vero e proprio manifesto teorico dell’espressionismo nelle arti figurative. A questo volume Schönberg contribuisce, sollecitato dai due curatori, con due autoritratti (in quegli anni Schönberg si diletta, infatti, anche di pittura, e dipinge quadri piuttosto originali), con il facsimile della sua composizione Hergewächse op. 20, ma soprattutto con un breve scritto di teoria musicale, che si rivela da subito molto importante: Il rapporto con iltesto.
Il tormentato rapporto di Ezra Pound (1885-1972) con Arnaut Daniel, e più in generale con la lirica trobadorica, passa attraverso una fascinazione nata dai suoi studi presso l’Hamilton College di New York, e in seguito durante il dottorato mai concluso presso la University of Pennsylvania, e si struttura in una serie di fasi susseguenti, prima fra tutte quella del riconoscimento del limite linguistico delle traduzioni in lingua inglese operate en fin de siécle sulla scorta dei mitologizzanti preziosismi vittoriani, e con un apprezzabile mea culpa, eslege se si pensa a Pound come a un eccentrico innovatore, ben meno se si riconosce il suo rispetto devozionale per la letteratura trobadorica, Pound riconosce di aver di ciò peccato nell’operare le traduzioni di Guido Cavalcanti. È inoltre doveroso premettere alcuni dettagli sul confronto che Pound ebbe con la lirica arnaldiana: innanzitutto, Oltreoceano la letteratura europea medievale non aveva ancora visto un’incontrastata accettazione critica, né tantomeno era reverenzialmente studiata e ammirata; seguitamente, Pound approderà alla lirica del trovatore perigordino attraverso una prima fascinazione per i trovatori Peire Cardenal, Raimon de Miraval e Guiraut de Bornelh, e anche tramite la mediazione dello scritto esoterico Les secretes des troubadours. De Parsifal à Don Quichotte (1906) dello «stravagante scrittore occultista»[1] Joséphine Péladan, che egli acquistò a Parigi durante un suo deluso soggiorno.
Copyright: “Paesaggio Innevato di Rapolla in provincia di Potenza alle prime luci del mattino.”; Autrice: Rossella Castellano, 28 febbraio 2018; https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Paesaggio_di_Rapolla.jpg
Una lettura della raccolta Tra me e il mare (2022) di Flora Gilda Pianta.
Avvertenza dell’autore:
Il presente articolo propone un’analisi letteraria della raccolta Tra me e il mare (2022) di Flora Gilda Pianta, al fine di esaltarne le qualità strutturali e interne dei componimenti. I versi che sono riportati come citazioni sono in totale 65 e corrispondono all’11% .ca del totale della raccolta. Tutti i versi citati fanno riferimento all’edizione 2022, citata in bibliografia, e sono corredati di opportuna menzione dei versi e delle pagine di riferimento (cfr. Nota 4). L’autore, il cui unico intento è quello di proporre un’analisi dell’opera per inserirla nel ciclo di studi denominato “Studi Lucani”, si dichiara disponibile ad apportare modifiche all’articolo qualora richiesto.
Introduzione:
Una Basilicata di poeti, di gente piena di passione per l’arte di vivere e di far poesia con la quotidianità, così ha immaginato la sua terra Rocco Scotellaro quando, nell’opera Contadini del Sud, ha dato voce ai più umili e semplici contadini della Lucania, a dimostrazione di come sia proprio nella semplicità campagnola che nasca la poesia più sublime. Una poesia giocata sul distendersi dei colori della campagna lucana, sullo «zirlìo dei grilli»[1], propriamente una poesia che fosse figlia della meravigliosa realtà contadina dei piccoli paesetti lucani. A quasi un secolo dall’attività poetica di Scotellaro, di cui peraltro ancora si avverte un forte eco di ispirazione, la situazione non è certo mutata nel panorama dei poeti. Sulla scorta di poeti lucani illustri, tra cui è doveroso menzionare Leonardo Sinisgalli, Albino Pierro e Mario Trufelli,[2] nei paesini lucani che giacciono in frantumi[3]tra monti e colline, la produzione poetica è ancora viva. Certo è mutata la realtà socio-culturale, ma non è venuto meno lo spirito poetico dei lucani, che ancora si dilettano a versificare il loro quotidiano, descrivendone le più fini emozioni.
Nell’ambito dei miei personali sforzi di “studi lucani”, con il presente lavoro intendo dare lustro e risalto all’opera di una poetessa lucana contemporanea, Flora Gilda Pianta, sollevando l’attenzione della critica alla raccolta Tra me e il mare (2022).[4] Si proporrà di seguito un’analisi quanto più puntuale della strutturazione interna della raccolta, tramite cui porre in risalto le corrispondenze tematiche e strutturali dei componimenti, nonché la loro ragionata mise en recueil, per proporre infine l’analisi di alcuni dei passaggi maggiormente profondi e toccanti, il loro rapporto con la tradizione poetica e le tematiche fondamentali della raccolta.
Copyright: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Basilicata_Matera2_tango7174.jpg; 30 settembre 2010, autore: Tango7174.
Introduzione
Il presente articolo, nato sulla base di un sentimento di appartenenza ad una terra stupenda e sconosciuta quale la Basilicata, si propone di presentare rapidamente i maggiori esponenti della poesia lucana, analizzando alcuni versi che esaltano il carattere poetico di questa regione. Sarà dunque mia premura con questo lavoro, in prima istanza, porre in risalto il valore di una letteratura che mai ha goduto di grande fama, ma il cui potenziale è tale da annoverarla tra i massimi esponenti poetici italiani e successivamente fornire un breve e tecnico excursus sugli aspetti linguistici fono-morfologici della parlata dialettale di questa regione.
Articolo critico riguardante i rapporti tra la cultura araba medievale della Spagna meridionale e lo sviluppo delle letterature europee, in risposta analitica e puntuale alle accuse di separatezza tra occidente e medio-oriente.
Non tutte le stelle del firmamento appaiono all’occhio dell’osservatore uguali.
Nello sfondo scuro della notte se ne possono vedere di tremolanti e di fisse, di rossicce, giallognole, bianche e di azzurrine. Alcune sembrano partecipare perfettamente ad un disegno, ma è un inganno, perché è la proiezione che arriva a chi sta con il naso all’insù a farle apparire sapientemente integrate in una costellazione. Alcuni pensano che si muovano, ma quel moto è talmente lento da essere irrilevante. Si potrebbe pensare che talune brillino meno di talaltre, ma si cade nell’ennesimo imbroglio di questi corpi celesti, poiché quella che pare brillare meno, in realtà, è solo più distante, e il suo scintillio è sempre proprio, come un piccolo sole, non è mai uno scintillio riflesso.