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Ritmi Africani: un’associazione di volontariato.

 Di Pili G.,               www.scuolafilosofica.com

Nel 2001 è nata un’associazione umanista di volontariato dal nome affascinante: Ritmi Africani. Affascinante non è esclusivamente il nome, ma la loro breve ed intensa storia, le loro attività e i loro ideali. Andiamo a conoscerli meglio.

L’associazione nasce a Torino nel 2001, ma di recente sta aprendo una nuova sede anche Milano. Essa fonda la sua identità sui valori inalienabili dell’uomo, in particolare sull’affermazione del diritto alla dignità della vita, alla salute e all’istruzione. Ritmi Africani non ha come ideali degli astratti concetti e opera all’interno della consapevolezza che quei diritti fondamentali devono esserlo per tutti, non per pochi.

1989 – i fatti rilevanti

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Tiananmen_Square.jpg

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Tutti ci ricordiamo del muro di Berlino, della definitiva caduta di un simbolo d’illibertà, oppressione e intolleranza. Senza dubbio un grande evento, forse ingigantito in Occidente dal rumore degli scricchiolii dell’ormai fatiscente Unione Sovietica, nemico storico da sempre dei regimi liberali. L’URSS era destinata a seguire al crollo del suo muro di lì a qualche anno.

A distanza di vent’anni da quel 1989, molti si saranno dimenticati di altri avvenimenti molto importanti. Una certa signora birmana, insignita del premio Nobel per la pace, fu costretta agli arresti domiciliari. Un tizio di nome Tenzin Gyatso si oppose all’invasione cinese della sua terra natale, il Tibet, e fu costretto all’esilio in India. In una piazza di Pechino migliaia di ragazzi manifestavano contro il governo cinese per l’assenza di dialogo democratico, per l’immobilismo istituzionale e per il controllo culturale di regime. Una sonda spaziale, Voyager, inseguiva il grande pianeta blu, Nettuno. La signora era Aung San Suu Kyi, Tenzin Gyatso era il Dalai Lama e la piazza era quella di Tienanmen.

L’ignoranza non paga per sempre – Un’analisi critica della situazione carceraria in Italia.

Non molto tempo fa, due fatti piuttosto inquietanti: la morte di un giovane in prigione in circostanze oscure, Ciro Ruffo; il suicidio di un’ex brigatista, Diana Blefari. L’indignazione pubblica è sorta e tramontata, seguita a ruota dai mass media e dal ministro della Giustizia, costretto a scomode inchieste.

Aspettando i risultati, diamo uno sguardo a dati concreti. Secondo un articolo del “Corriere della Sera”, i suicidi in carcere nel solo 2009 sono stati in totale 67, [1] le morti 169. In un altro articolo, alcuni politici sostengono che la qualità di vita nelle prigioni spinga a gesti estremi, fino al suicidio. [2] In Italia, dal 1990 al 2000 c’è stato un aumento di 20.000 detenuti, cioè si è passati da 32.000 detenuti a 53.000.[3] Sempre per la stessa decade di riferimento, per ogni anno c’è stata una media di due milioni di delitti denunciati, cioè, se la popolazione italiana è di sessanta milioni, c’è una denuncia ogni trenta persone. Ma il dato più significativo viene da un’altra serie di dati: 55.624 detenuti nel 2001, quasi uno ogni mille abitanti, per 43.507 posti letto disponibili. La densità carceraria era la seconda d’Europa, inferiore solo a quella greca. In due parole: le carceri sono sovraffollate, la qualità della vita non può che essere conseguente.

L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.

Di Giangiuseppe Pili                           www.scuolafilosofica.com

Stiamo assistendo ad un fenomeno vecchio e nuovo allo stesso tempo: contrapposizione radicale tra aziende e lavoratori. Due fenomeni distinti, uniti dalla medesima causa: il recente caso FIAT e lo sciopero dei calciatori.

Quanto siano importanti queste due vicende lo mostra il fatto che è pressoché impossibile farsi un’idea di esse attraverso la stampa in generale. E’ curioso che questo fatto sia stato segnalato da un articolo de La repubblica che, però, non contribuiva in alcun modo positivo alla chiarificazione della vicenda. Ma, allora, di che si tratta?

La natura sconfitta di Spinoza – Un’analisi critica

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Il concetto di natura all’interno del sistema spinoziano, rapportato alle critiche storiche mosse dai maggiori autori del filosofo olandese riesce a sopravvivere al suo stesso autore, oppure è irragionevole assumerne ad oggi le implicazioni essenziali non incorrendo in grossolane incongruenze?


1. Evidenza Naturale

Decisamente più spesso di quanto intendiamo renderci conto, concetti oramai percepiti come elementari dalla maggior parte degli individui hanno il brutto vizio di risultare ben più sfuggenti se sottoposti ad un’analisi critica che tenti di cogliere gli elementi costitutivi del loro significato.

Popper e la crescita della conoscenza

DorianKBandy, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Filosofia della mente e l’intervista al professor Silvano Tagliagambe


Una lettura, critica negli intenti, ma purtroppo ancora frammentaria, del contributo che la razionalità critica ha dato e continua a dare ad una epistemologia della “crescita della conoscenza”

Introduzione

Uno dei punti, a dire il vero rarissimi, che sembrano accordare una buona parte degli epistemologi cimentatisi nell’arduo compito di valutare criticamente il pensiero popperiano, o almeno quei pochi che io ho avuto l’occasione di conoscere, può essere a mio avviso facilmente riconosciuto nel piglio con cui il filosofo viennese viene da questi affrontato. Proprio in questo caso uno strumento eccezionalmente accessibile e semplice, come l’indice, che già  può concederci ,se ben valutato, un ottimo colpo d’occhio sull’indirizzo generale di qualsiasi testo, risulta esserci particolarmente d’aiuto per individuare sin da subito i punti cardine della critica filosofica. Una delle più complete antologie redatte su questo autore[1] inaugura una serie di articoli, rivolti a Sir Karl da una serie scelta di critici, con un saggio dal titolo: “Popper and the Vienna Circle” redatto da Viktor Kraft[2]. È singolare notare che sin da subito si inaugura quello che poi sarà un leitmotiv di molti altri approcci al medesimo problema, i rapporti fra Popper ed il Circolo di Vienna vengono confermati e smentiti al contempo proprio nelle prime righe del saggio:

Chalmers ed il confronto con i problemi della coscienza

MissLunaRose12, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons

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Consigliamo Filosofia della mente e l’intervista al professor Silvano Tagliagambe


La teoria della mente di Chalmers in una delle sue formulazioni preliminari. Una lettura critica che ne enuclea gli aspetti teorici valutandone le premesse e, soprattutto, considerandone problematicamente le conclusioni speculative.

Introduzione

 Per poter, dunque, attribuire all’uomo il suo posto nel sistema della natura vivente, e cosi caratterizzarlo, non rimane altro che dire che ha quel carattere che egli stesso si procura, in quanto sa perfezionarsi secondo fini liberamente assunti; onde egli come animale fornito di capacità di ragionare (animal rationabile) può farsi da sé un animale ragionevole (animal rationabile).

Immanuel Kant, Antropologia pragmatica, II, E

 

Mercato ed economia – Un’analisi sul pensiero Hayek

DickClarkMises di Wikipedia in inglese -https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=9473860

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 Andrea Zeppi – Chalmers e la teoria della coscienza


Introduzione

Non possiamo iniziare la disamina di una struttura teorica senza chiarirne i punti cardine. Hayek ha sempre dimostrato profondo eclettismo nel condurre i suo studi, a partire dal suo periodo di formazione[1] sino a giungere alla sua autobiografia intellettuale[2]. Tuttavia è innegabile che parallelamente a questo impulso eclettico abbia corso un  istinto sintetico altrettanto forte, se non fondamentale per poter comprendere la portata delle soluzioni avanzate dall’economista austriaco all’interno dei campi più disparati.

Scacchi e filosofia Per una introduzione alla filosofia degli scacchi

da “Noumenologia” di Emanuele Franz (Bastogi Editrice, luglio 2004)

Per avere maggiori informazioni su Emanuele Franz e la sua casa editrice: www.audaxeditrice.com.

Il gioco degli scacchi nel corso della storia è stato preso in esame sotto diversi punti di vista ed è stato analizzato sotto molteplici prospettive. La storia, la psicologia e la tecnica del gioco hanno un influenza veramente determinante nella bibliografia scacchistica esistente. Le discipline più disparate hanno avuto pregio di accostarsi a questo secolare gioco. Ma per quanto questo gioco possa aver contribuito allo sviluppo di una concezione del mondo, a un modo di intendere la vita e l’universo, difficile mi è pensare che in passato si sia data forma ad una vera e propria filosofia degli scacchi.

Ontognostica e Ontomimesis. Prolegomeni ad una Noumenologia del teatro.

A cura di Franz E.         www.scuolafilosofica.com

Ontognostica e Ontomimesis

L’autore fornisce una sorprendente prospettiva ontologica: che oltre l’Essere vi sia una forza più alta: la Mimesis. A questa forza trans ontologica tutto il resto viene subordinato e assoggettato. L’attività principale di ogni aspetto ontico diviene pertanto la simulazione e la dissimulazione, al qual vertice sta la Mimesis. Secondo ipostasi precise essa si esprime dapprima nell’Essere, poi negli enti e infine nella coscienza. Ontomimesis sarà pertanto l’intrinseca attività di finzione dell’Essere verso se stesso.