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Scuolafilosofica Posts

On the understandability of the universe and the a priori proof of the existence of God

https://commons.wikimedia.org/wiki/File:2001-Sunrise.png

And there it was God – Understanding the a priori proof of existence

Anybody who tried to understand and replicate the a priori proof of the existence of God should have experienced both a sense of wonder and distrust. The wonder comes from recognizing the power of reason, able to formulate a proposition about the world that, if thinkable, should be true for its only being formulable. Namely, the truth-value of that special statement must be true in force only of its being thinkable. This cannot be as a major cause of wonder! Indeed, how many times we formulate propositions in our mind that, then, just turn to be merely possible and, if true, in force of their match to something external to them, usually some conditions in nature or any other realm to which the proposition applies (e.g., numbers). Humans as we are, we spend time thinking about possibilities, different situations, counterfactuals, and how the world can be nicer to us or how our soulmate looks. And we forget that among those speculations, there are some special that actually turn out to be true only for their own nature of being formulable.

14 febbraio 842: i giuramenti di Strasburgo – Pillola linguistica

https://en.wikipedia.org/wiki/Strasbourg#/media/File:Strasbourg_Cathedral.jpg

Introduzione:

Pur non di meno valutando l’importanza della festa degli innamorati, di celebrazione ricorrente il 14 febbraio in onore di San Valentino[1], l’occhio di passion filologica non potrà mancar di notare come il medesimo giorno sia anche ricorrenza della sottoscrizione del patto di alleanza difensiva, conosciuto come Serments de Strasbourg (Giuramenti di Strasburgo), tra Lodovico il Germanico e Carlo il Calvo, figli dell’imperatore Lodovico il Pio (778-840), contro il fratello imperatore Lotario I. Il documento in questione, di datazione 14 febbraio 842 ma attestato unicamente dal posteriore ms. lat. 9768 BnF, di cui di seguito si propone la sinossi filologica, è riconosciuto come il primo documento cancelleresco di lingua romanza. La presente pillola linguistica si premura di presentare il documento dapprima sotto un punto di vista filologico e successivamente analizzando la patina linguistica che lo contraddistingue, dimostrandone l’importanza nella diffusione della lingua romanza di riferimento. Volendo dare un taglio romanzo alla presente pillola linguistica si andrà ad analizzare la varietà francese antica riportata nel giuramento di Lodovico il Germanico.

Life as an Open-Ended act of Creation – Or Why Life is Unsolvable

Copyright owned by the Author of the Article

Introduction to the theme – Or an eternal truth about human existence

Recently I was reading about the history of monasticism and science fiction. Though quite different readings, both converged into the same problem, I was recently wondering relentlessly. Though I strive for perfection through reason, a classic philosophical understanding of human endeavor already explored in the blog, I also questioned myself on why this should be worthy. This short post will address the problem of life as an open-ended act of creation due to its ultimate unsolvability.

Because life is unsolvable, it is open to any solution compatible with a very abstract understanding of human nature as dominated by reason. I know I cannot offer the reader something as new as already stated by many, such as Aristotle and Spinoza. However, considering that the best role of any rational being is to be the voice of truth, being truth eternal, there is nothing wrong in restating what is already well known, though imperfectly uttered or formulated.[1]

Manzoni e il manoscritto ritrovato – un falso lombardo a regola d’arte

Prima pagina del manoscritto autografo de Gli sposi promessi, 1821 (Milano, Biblioteca Nazionale Braidense)
Incipit del romanzo dal manoscritto autografo Manz.B.III, 1821 (Milano, Biblioteca Nazionale Braidense).
Copyright: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:02-fronte-promessi-sposi.jpg

Introduzione:

Sin dalla pubblicazione della ventisettana, il romanzo di Manzoni è stato ampiamente analizzato in ogni sua parte. Sulla sponda della linguistica, a lungo si è preso in esame l’evoluzionismo delle scelte manzoniane, in analisi comparativa con la quarantana, mettendo in luce come il Manzoni si sia mosso in direzione di un abbandono della patina fortemente ancorata ai lombardismi, quelli che lui definì idioti lombardismi a iosa, ed in direzione di una fiorentinizzazione della lingua, con in mente un progetto di unitarietà linguistica di enorme portata. Analizzando il romanzo è tuttavia innegabile il fascino esercitato dall’introduzione che il Manzoni antepone al suo romanzo. Volendo impiegare il medesimo artificio di occultazione della autorialità, già usato da Miguel de Cervantes nel Don Chisciotte (1605), da Vincenzo Cuoco nel Platone in Italia (1804; cfr. Di Massa, Gli albori del romanzo in Italia, 2022) e da Walter Scott nell’Ivanhoe (1819), Manzoni asserì di aver ritrovato un manoscritto secentesco che narrava la vicenda dei due promessi sposi. Al fine di accrescere l’autorevolezza del fatto, Manzoni trascrive un piccolo frammento, tratto dallo scartafaccio[1], per dimostrarne la reale esistenza. Trattasi di un finto manoscritto, filologicamente parlando, creato dal Manzoni stesso, la sua autorialità è assolutamente innegabile, ed è pertanto lecito chiedersi che tipo di patina linguistica abbia impiegato per ricreare questo falso manoscritto d’ipotetica mano secentesca[2].

VENERE IN CORNICE – Un astro a pinna d’intesa / A star as fin of understanding

Per Nabokov, Lolita è il fuoco del lombo. Anche la robustezza dovrà cedere… Il passo del lombo sarebbe scandito come per la lingua sul palato, sillabando il < Lo-li-ta >. Monika ha posato al mezzobusto, e per uno scatto del genere fashion. Lei porta una giacchetta a quadri in bianconero. Il colletto è lungamente aperto. Immaginiamo che la percezione d’una grande lingua possa codificare la giusta taglia della giacca. I quadri sarebbero stati intervallati dal piano cartesiano. Soprattutto, Monika ha il classico look di Lolita, mentre abbassa sul naso gli occhiali, stretti ed allungati, da sole. Il lembo del vestito che s’apre “accende” la nudità della pelle. Qualcosa che allenterà l’irrigidimento della posa, complici i quadri incerti al loro coordinamento. Lo sguardo di Monika è molto serio. Gli orecchini proveranno a “sgommare”, grazie alla loro preziosità, contro ogni pesantezza del caricamento.

According to Nabokov, Lolita is the fire of the loin. Also the robustness will have to cede… The step of the loin would be scanned like the tongue on the palate, syllabicating the < Lo-li-ta >. Monika posed through the head and shoulders, and for a shot of the fashion style. She wears a short checked jacket in black and white. The collar is opened at length. We imagine that the perception of a big tongue can codify the right size of the jacket. The squares would be interrupted by a Cartesian plane. Principally, Monika has the typical look of Lolita, while she lowers the sunglasses, tight and lengthened, on the nose. The hem of the dress that is opened “turns on” the nudity of the skin. Something that will slacken the stiffening of the pose, with the complicity of the squares uncertain in their coordination. The gaze of Monika is very serious. The earrings will try to “screech”, through their preciousness, against every heaviness of a loading.

(Courtesy of Anastasiia Knis)

[SEGNALAZIONE] War is not our Profession – Paradoxes for a Moralization and Morality of War


War is not our Profession – Paradoxes for a Moralization and Morality of War

Here we go! It is with distinct pleasure sharing this paper with my everpresent SF audience. It is the first one for this year. The topic is extremely timely: the morality of war. This is a real philosophical paper for the journal Moral Philosophy/Filosofia Morale. I thank Professor Roberto Mordacci, dean of the faculty of philosophy of Università Vita-Salute San Raffaele, for his kind invitation. It was the opportunity to write officially about Kant’s morality, one of my greatest philosophical conceptions. I reframed it and tackled the most difficult question in morals: can war be just? And the answer is resolute: no… but! And I leave you all with this hoping to have feedback on the reading.  The paper can be found here: academia and on the journal’s webpage.

Eutanasia – Dal punto di vista del paziente richiedente

Copyright dell’Autore

Premessa

Nell’Uomo la vita è concepita, affrontata, considerata sia per il suo aspetto biologico sia per il suo aspetto interiore, psicologico. Per tale motivo le fasi della vita e il suo vissuto hanno sollevato e sollevano interrogativi di varia natura sul rapporto con gli altri esseri e con se stessi. Tali interrogativi hanno avuto nel corso della storia varie risposte come la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789) o la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) o ancora si è alla ricerca di una tale risposta, se non unanime almeno ampiamente condivisa.

Introduzione alla Rubrica “Venere in Cornice”

Venere in Cornice – Copyright e riferimenti per l’uso dell’immagine sono relativi all’Autore

Venere in cornice è la nuova rubrica che raccoglie le mie recensioni d’estetica al glamour & fashion fotografico. Così, io continuo idealmente il progetto che già svolsi per “Discorsivo” Giornale, dal 2012 al 2022.

A posare, è sempre il soggetto femminile. Gli scatti hanno un taglio esteticamente variegato. Si passa dalla sessione in studio alla panoramica in esterna, dal bianconero al retouching colorato, dall’outfit fashion al semplice selfie, ecc…

Naturalmente, non esiste un canone preciso in merito alla bellezza femminile. Tuttavia, io preferisco selezionare le modelle da cui sono attratto in prima persona. Non vale solo una pre-comprensione per così dire “istintuale”. Nelle mie recensioni d’estetica (funzionali per l’arte contemporanea a 360°) io ho sempre seguito il metodo fenomenologico di scrittura. Grazie a questo, è necessario un allenamento ad “entrare”, con la propria immaginazione, nelle strutture che regolano gli enti immediatamente percepiti. Si partirà dal senso più potente fra tutti: la vista.

Beethoven – Quarto Concerto per Pianoforte e Orchestra

https://www.flickr.com/photos/hansthijs/3630615912

Qualche mese fa, ho ascoltato per la prima volta il Quarto Concerto per pianoforte di Ludwig Van Beethoven, fatto raro poiché il 95% di tutta la mia conoscenza musicale deriva dalla registrazione. Di recente ho sentito il secondo di Shostakovich pianoforte concerto, che è uno dei migliori mai scritti, paragonabile a quelli di Beethoven. Quindi, è stata davvero una grande emozione. Ero così concentrato nell’ascoltare tutti i diversi dettagli e sfumature che ho tenuto gli occhi chiusi in un’analisi approfondita per tutta la durata del concerto. A mio avviso, il quarto concerto è uno dei brani musicali più stimolanti di sempre. È calmo e pieno di momenti di gioia ma sempre con una sorta di cadenza sospetta. Ho sempre associato il primo movimento alle sensazioni che ho trovato nelle indagini razionali o ad alcuni momenti dell’analisi di Sherlock Holmes. È dettagliato ed emozionante, come quando ti rendi conto che stai attraversando qualcosa di grandioso e stai aprendo la profondità del campo davanti a te. È uno stato mentale emotivo di calma. La calma della ragione che svela la verità e il profondo apprezzamento che ne deriva: questo è quello che ho sempre visto in esso. È così difficile spiegare a coloro che vivono di “emozioni” disgiunte dalla ragione che non ci ho quasi mai provato, essendo una sorta di platonico-agostiniano in questo senso: accetto l’idea che solo pochi possano relativamente comprendere ciò che sto dicendo. Sto parlando della profonda connessione tra ragione e apprezzamento, per quanto calma e profonda essa sia. Mi ricorda la concezione stoica ed epicurea dello stato d’animo ideale: contemplazione razionale della verità senza ulteriori emozioni.

Passeggiata romantica oltre le colonne d’Ercole – Gli albori del romanzo in Italia

Teofilo Patini, La morte di Jacopo Ortis (1873), olio su tela, Collezione Enzo Buzzelli, Novara;
Copyright: Wikimedia Commons; Picryl, https://picryl.com/media/patini-morte-di-jacopo-ortis-d4e2f3

Introduzione:

Per chiunque sia amante ed esperiente attivo della contemporanea società del romanzo potrà risultare alquanto interessante indagare le origini di questo genere che, nella modernità letteraria, ha assunto un carattere di totale dominanza, ponendo in ombra e relegando alla pedanteria dei colti il genere del verso, di tradizione plurisecolare ed illustre. Risulta piuttosto difficile tracciare un punto fermo oltre il quale il romanzo si può dire affermato, dato che il confine risulta alquanto sbiadito, di labile demarcazione a causa dello sperimentalismo che è andato avanti per ben lungo tempo, prima di giungere al prodotto definitivo. È tuttavia possibile individuare un terminus ante quem di stabilizzazione di un nuovo genere, in itinere verso il romanzo modernamente inteso. La prima attestazione di un romanzo propriamente detto, che dunque impieghi una prosa dal volto moderno, seppur vagamente ancorata alla tradizione classica, è il romanzo Garantua e Pantagruele di Francois Rabelais, medico e scrittore francese, che pubblica la prima edizione originale nel 1542. Questo romanzo da avvio ad una catena di opere, stilisticamente non dissimili ed altrettanto magistrali, che la critica ha definito i magnifici sette, ossia sette colonne portanti del romanzo moderno. Per ordine cronologico si ha: Miguel de Cervantes con il Don Chisciotte (1605), Daniel Defoe con Robinson Crusoe (1719); Jonathan Swift con i Viaggi di Gulliver (1726); Samuel Richardson con Pamela (1742); Henry Fielding con Tom Jones (1749); Lawrence Stern con Vita e opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo (1759).